Associazione delle Nazioni dell’Asia Sud-Orientale

image_pdfimage_print

Fin dagli anni Cinquanta furono numerosi i tentativi di creare organizzazioni regionali nel Sudest asiatico principalmente a fini di sicurezza antisovietica, tra i quali l’Associazione del Sudest asiatico (ASA), comprendente Filippine, Tailandia e Malesia, che tuttavia fallì a causa di dispute territoriali tra i paesi membri. Tali precedenti evidenziavano la necessità di un’organizzazione cui partecipassero anche i paesi più potenti della regione, come ad esempio l’Indonesia. Con la Bangkok declaration del 1967 nacque così l’ASEAN (Association of South East Asian nations), fondata da Indonesia, Tailandia, Malesia, Singapore e Filippine con obiettivi principalmente politici: promuovere la stabilità regionale, assicurare la sopravvivenza dei paesi membri, in particolare tutelando la regione da interventi esterni (soprattutto sovietici) e limitare la competizione tra di essi. La nuova organizzazione sarebbe servita anche a promuovere la cooperazione economica e il benessere sociale dei paesi membri attraverso programmi comuni e alla creazione di uno spazio di incontro e di confronto per la soluzione di eventuali divergenze tra i membri. La Dichiarazione di Bangkok prevedeva inoltre una “cooperazione funzionale” che avrebbe dovuto coprire i settori di scienza e tecnologia, ambiente, cultura e informazione, sviluppo sociale, controllo di droghe e narcotici, servizio civile.

Per una descrizione sintetica dell’azione dell’ASEAN, che al 2008 comprende 10 paesi (oltre ai paesi fondatori, Vietnam, Cambogia, Brunei, Laos e Birmania), è utile distinguere tre settori rilevanti: la cooperazione politica e di sicurezza, la cooperazione economica e le relazioni esterne.

Nonostante la sicurezza fosse un obiettivo primario, all’ASEAN non furono inizialmente assegnate competenze dirette su controversie politiche o questioni di sicurezza militare. Il collasso dei regimi antisovietici in Vietnam del Sud e in Cambogia nel 1975 indusse tuttavia a uno sviluppo politico dell’organizzazione, al fine di contenere il pericolo espansionista e destabilizzante del Vietnam comunista. Così, dopo l’approvazione già nel 1971 della “dichiarazione” che definiva il Sudest asiatico come una Zona di pace, libertà e neutralità, (Zone of peace, freedom and neutrality, ZOPFAN), nel 1976 la Conferenza di Bali dei capi di Stato e di governo produsse due accordi su altrettante dimensioni della sicurezza: la Dichiarazione della concordia dell’ASEAN (Declaration of ASEAN concord), imperniata sull’aspetto economico della sicurezza, che definì le aree su cui costruire la cooperazione economica; il Trattato di amicizia e cooperazione (Treaty of amity and cooperation, TAC) che, oltre a promuovere la cooperazione in diverse aree per lo sviluppo economico, la pace e la stabilità nella regione, obbligava i firmatari a risolvere in modo pacifico le controversie attraverso la consultazione reciproca.

L’occupazione della Cambogia da parte del Vietnam, dal 1978 al 1990, pose l’ASEAN al centro dell’attenzione mondiale, dato che a essa venne riconosciuto un importante ruolo diplomatico e di stabilizzazione nella contrapposizione tra due comunismi, quello sovietico e quello cinese, rappresentati rispettivamente da Vietnam e Cambogia. Il maggior successo raggiunto dall’organizzazione fu proprio l’adesione di entrambi i paesi un tempo nemici, nel 1995 e nel 1999. Per effetto di questa crisi regionale e della minaccia vietnamita, si consolidò nell’ASEAN l’abitudine alla consultazione e alla cooperazione, che ne rafforzò l’efficacia rispetto agli obiettivi perseguiti. L’ulteriore sviluppo, dunque, fu ancora una volta effetto di variabili esterne all’ASEAN, che subì l’influenza cogente delle grandi potenze da cui voleva difendere i suoi membri.

Il crollo del Muro di Berlino (v. Germania) e la soluzione della crisi cambogiana ridefinirono il contesto internazionale d’azione per l’ASEAN, che reagì tentando di ritagliarsi un ruolo finalmente importante dal punto di vista politico e promuovendo nel 1994 la costituzione dell’ASEAN regional forum (ARF), un contesto di dialogo regolare ed informale tra i ministri degli Esteri di 25 paesi ASEAN e non (tra cui Australia, Canada, Stati Uniti, India, Giappone, Cina, Russia e Unione europea) su questioni legate alla sicurezza della regione, promuovendo fiducia e trasparenza.

Quanto al settore economico, i primi tentativi ASEAN di facilitare la cooperazione per sostenere lo sviluppo dei paesi membri fallirono a causa della competizione eccessiva tra di essi, nonostante già dal 1968 la Comunità economica europea li incoraggiasse ad agire come un attore unitario. La cooperazione economica ASEAN fu determinata dalla dialettica tra due elementi differenti e in parte contrastanti: da un lato l’esigenza di evitare la marginalizzazione dei paesi del Sudest asiatico nel contesto della globalizzazione, con particolare riferimento all’attrazione di investimenti esteri diretti; dall’altro il timore di tali paesi di essere dominati dall’esterno, sia con riferimento alla potenza egemonica statunitense che con riferimento ai capitali globali. Dopo l’adesione nel 1989 all’Asia-Pacific economic cooperation (APEC), forum interregionale a guida statunitense, l’ASEAN lanciò dunque nel 1992 l’Area ASEAN di libero scambio (ASEAN free trade area, AFTA) che, stimolata dall’emergere di iniziative quali l’Accordo nordamericano per il libero scambio (NAFTA) e il Mercato unico nel contesto dell’integrazione europea (v. Mercato unico europeo), si poneva l’obiettivo di creare le condizioni migliori affinché i propri paesi membri potessero reggere il confronto con la Cina nell’attrarre investimenti esteri. Inizialmente l’AFTA si diede l’obiettivo di armonizzare le tariffe doganali a un livello tra zero e 5% in 15 anni, poi questo termine venne considerato troppo lungo e ridotto a 10 anni nel settembre 1994. Lo schema della Tariffa preferenziale effettiva comune (Common effective preferential tariff, CEPT) veniva firmato a Singapore il 28 gennaio 1992 ed entrava in vigore il 1° gennaio 1993. Si può dire che a partire dalla fine del 1995 l’AFTA ha realizzato in buona misura un’integrazione del mercato, andando oltre il precedente concetto di “cooperazione”. Dal 2005 non sono praticamente più applicate tariffe superiori al 5%, e per più del 60% dei prodotti le tariffe sono state abolite.

Lo scoppio della crisi economica asiatica nel 1997 da un lato sfidò la credibilità interna e internazionale dell’ASEAN dato che, sopraffatta dagli interessi nazionali dei singoli paesi, essa non riuscì a fornirvi risposte unitarie ed efficaci; dall’altro evidenziò la ritrosia degli Stati Uniti ad offrire soccorso alle economie della regione in difficoltà. L’ASEAN si dotò dunque di nuove politiche e di nuovi strumenti economico-politici: il Piano di azione di Hanoi del 1998, da implementarsi in sei anni, prevedeva l’accelerazione dell’AFTA, l’implementazione dell’accordo su un’Area di investimenti ASEAN (AIA), in grado di attrarre investimenti esteri, la liberalizzazione dei servizi; i meeting “ASEAN+3”, iniziati nel 1996 tra i 10 paesi ASEAN e Giappone, Corea del Sud e Cina per discutere l’architettura finanziaria dell’Asia Pacifico, furono rilanciati – e oggi costituiscono uno degli interessi maggiori dei paesi del Sudest asiatico – per aumentare la forza economica della regione e offrire un contrappeso asiatico all’egemonia statunitense esercitata nel contesto dell’APEC.

Nel campo delle relazioni esterne, va menzionato innanzitutto il rapporto con l’Unione europea (UE), che rappresenta il partner più antico dell’ASEAN. Il dialogo tra le due organizzazioni iniziò informalmente nel 1972 e fu formalizzato il 7 marzo 1980 con la firma dell’Accordo di cooperazione ASEAN-Comunità europea a Kuala Lumpur. Il Comitato misto di cooperazione ASEAN-UE (Joint cooperation committee, JCC) tenne la sua prima riunione a Manila il 28-29 novembre 1980 per poi riunirsi regolarmente ogni 18 mesi e dare vita ad una serie di sottocomitati settoriali che si riuniscono annualmente. I ministri degli Affari esteri dell’ASEAN e dell’UE tennero invece una prima conferenza congiunta nel giugno 1978 a Pattaya, in Tailandia, e da allora si incontrano ogni due anni. Attraverso il JCC, l’UE ha collaborato ai programmi dell’ASEAN di coordinamento istituzionale per l’ambiente, per lo sviluppo delle risorse umane, degli scambi scientifici e tecnici, e nel controllo degli stupefacenti. La cooperazione in questi settori implica una maggiore partecipazione delle istituzioni finanziarie europee e un più ampio accesso dell’ASEAN alla tecnologia europea.

Oltre alle relazioni esterne normalmente condotte dai paesi ASEAN attraverso i canali diplomatici, i Comitati nazionali e l’ARF, l’Associazione ha stretto nel tempo rapporti speciali con alcuni soggetti di diritto internazionale denominati “Dialogue partners”, o “Soci di dialogo”. Il primo ad essere riconosciuto come tale fu l’UE (1972), seguita da Nuova Zelanda (1975); Australia, Canada, Giappone e Stati Uniti (1977); Corea del Sud (1991); India (1995); Cina e Russia (1996). Un ulteriore “socio di dialogo” è rappresentato dallo United Nations development programme (UNDP), che dal 1977 fornisce all’Associazione assistenza a progetti per l’ambiente, per il trasferimento delle tecnologie, lo sviluppo delle risorse umane, lo sviluppo sociale, la cultura e l’informazione e per il controllo sugli stupefacenti. Il Programma sub-regionale ASEAN-UNDP (ASEAN-UNDP Sub-regional programme, ASP) assiste gli Stati membri dell’ASEAN nella cooperazione regionale. L’UNDP ha infine fornito al Segretariato dell’ASEAN assistenza tecnica e nella creazione dell’Unità di cooperazione ASEAN (ASEAN cooperation unit, ACU).

La cosiddetta “ASEAN way” al regionalismo, sviluppatasi a causa del timore di una parte dei paesi coinvolti di subire un’intrusione negli affari nazionali, indica l’assenza di una solida struttura organizzativa, un sistema basato su reti di rapporti informali e poco istituzionalizzati tra i paesi coinvolti, consultazioni costanti, un processo decisionale basato sul consensus e l’assoluta centralità della sovranità dei paesi membri nella vita dell’organizzazione. In risposta a sfide e a minacce esterne, tuttavia, l’ASEAN andò gradualmente istituzionalizzandosi.

Al tempo della Bangkok Declaration, al vertice dell’organizzazione vi era il Meeting ministeriale annuale che riuniva i ministri degli Esteri per la produzione delle decisioni più rilevanti; esso veniva supportato dal Comitato permanente ASEAN (ASEAN standing committee, ASC) che si occupava degli affari quotidiani dell’ASEAN, ed entrambi dai Segretariati ASEAN in ogni paese membro, che si riunivano periodicamente. Dopo il summit di Bali del 1976, cominciarono a tenersi incontri informali periodici dei capi di Stato e di governo e nacque il Meeting dei ministri economici; cominciarono a tenersi anche meeting dei direttori generali dei ministeri degli Esteri, che pur non essendo espressamente previsti erano molto rilevanti; fu istituito un debole Segretariato centrale con sede a Giacarta. Il Vertice di Singapore del 1992 introdusse nuovi mutamenti nella struttura: i vertici dei capi di Stato e di governo vennero istituzionalizzati e da allora si tengono ogni tre anni, con incontri informali negli intervalli; venne migliorato lo status del segretario generale, ora nominato per 5 anni, che poteva avviare, consigliare, coordinare ed implementare attività dell’ASEAN; fu istituzionalizzato un Meeting dei direttori generali dei ministeri della Difesa e degli Esteri per trattare temi di sicurezza regionale. Un nuovo potenziamento del Segretariato, infine, fu prodotto in conseguenza della crisi economica del 1997.

Un nuovo futuro per l’organizzazione, dal punto di vista delle sue attività e della sua struttura, è stato progettato nel novembre 2007, quando i leader dei paesi ASEAN hanno firmato la “ASEAN Charter”, documento di portata costituzionale che affonda le sue radici in una serie di documenti precedenti, il primo dei quali è rappresentato dalla cosiddetta “ASEAN vision 2020”, prodotta a Kuala Lumpur nel 1997, che fissò un insieme di punti programmatici mirati a guidare l’evoluzione dell’organizzazione e dei suoi paesi membri: l’ASEAN veniva concepita come un concerto di nazioni del Sudest asiatico aperto verso l’esterno, pacifico, stabile e prospero, una vera e propria comunità di caring societies solidali nel perseguire un comune e dinamico sviluppo. Il Summit di Bali del 2003, con la seconda Dichiarazione di concordia dell’ASEAN (Declaration of ASEAN concord II) riaffermò la volontà dei paesi membri di perseguire tali obiettivi con responsabilità condivisa e con un «più forte senso di comunità» e contestualmente lanciò il progetto costituzionale di una “ASEAN Charter” che formalizzasse l’istituzione di un’“Asean Community”. La Carta, che entrerà in vigore quando tutti i dieci paesi membri avranno depositato la loro ratifica (ad aprile 2008 le ratifiche sono sei), incardina la nuova Comunità su tre pilastri: una Comunità economica ASEAN (ASEAN economic community, AEC), che dovrebbe portare alla creazione di un mercato unico e realizzare l’obiettivo di un’integrazione economica che implichi la libera circolazione non solo delle merci, ma anche dei servizi, delle persone e dei capitali; una Comunità di sicurezza ASEAN (ASEAN security community, ASC) che, rafforzando la cooperazione politica e di sicurezza, si propone di garantire rapporti pacifici tra i paesi membri attraverso nuovi meccanismi per la risoluzione delle controversie e un approccio “comprensivo” alla sicurezza, secondo una concezione multidimensionale che leghi tra loro l’aspetto politico, economico, sociale e culturale; una Comunità socio-culturale ASEAN (ASEAN socio-cultural community, ASCC), che rafforzi la cooperazione in diversi settori (dalla salute pubblica all’aumento della popolazione, dall’ambiente alla disoccupazione) in modo che i cittadini della Comunità siano posti nella condizione di beneficiare al meglio dell’integrazione regionale (v. Integrazione, metodo della).

La Carta per la prima volta codifica un’organica diplomazia del Sudest asiatico e fissa i principi e gli obiettivi chiave dell’organizzazione: in particolare, accanto al tradizionale principio dell’assoluto rispetto della sovrana eguaglianza e del consensus nel processo decisionale, viene formalmente introdotto tra le priorità (il che costituisce una novità assoluta nella storia dell’ASEAN) il rispetto dei diritti umani, dei valori democratici e delle libertà fondamentali, che trova a proprio corollario l’istituzione (anch’essa novità assoluta) di un organo ASEAN per i diritti umani (v. Diritti dell’uomo). È previsto inoltre il conferimento all’organizzazione della personalità giuridica e vengono introdotti formalmente diversi obiettivi che sono focalizzati sui bisogni fondamentali dell’essere umano, introducendo una concezione focalizzata sulla persona umana anziché statocentrica nella vita dell’ASEAN e nei rapporti tra i paesi membri. Dal punto di vista istituzionale, le riunioni dell’ASEAN Summit diventano annuali e vengono previsti un Consiglio della comunità di sicurezza, uno della Comunità economica e uno della Comunità socio-culturale dell’ASEAN, ognuno dei quali ha il compito di assicurare l’implementazione delle decisioni dei summit dei capi di Stato e di governo e di sottoporre ad esso raccomandazioni nei settori di propria competenza; viene istituito a Giacarta il Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri, che sostiene il lavoro dei Consigli della Comunità dell’ASEAN e coordina i segretariati nazionali con gli organi di livello ministeriale; viene individuata una singola presidenza per tutti gli organi chiave dell’organizzazione e le riunioni dei ministri degli Affari esteri vengono istituzionalizzate nel Consiglio di coordinamento dell’ASEAN, che si riunisce ogni sei mesi. Nell’ambito della cooperazione economica, la Carta introduce la partecipazione flessibile, cioè la possibilità dell’opting-out da parte di uno o più paesi da impegni economici che essi possono comunque concorrere a determinare. Infine, al fine di creare un’identità regionale comune nel contesto dell’ASEAN, vengono individuati un motto comune (One vision, one identity, one community), una bandiera dell’organizzazione, un simbolo, una ricorrenza dell’ASEAN (8 agosto) e un inno.

Tali sviluppi rendono evidente in che misura si sia verificato in tempi recenti un avvicinamento al modello europeo di regionalismo basato, tra l’altro, sui principi dei diritti umani, dello Stato di diritto e della democrazia, sulla sicurezza umana e multidimensionale e sulla centralità del diritto e delle istituzioni.

Giovanni Finizio (2008)  

Bibliografia

Eliassen K., Børve Arnesen C., Comparison of European and Southeast Asian integration, in European Union and new regionalism, a cura di M. Telò, Ashgate, Aldershot 2007.

Fort B., Webber D. (a cura di), Regional integration in East Asia and Europe, Routledge, London 2006.

Kermarec B., L’UE et l’ASEAN: Globalisation et intégrations règionales in Europe et en Asie, L’Harmattan, Paris 2003.

Nesadurai H., Globalisation and economic security in East Asia, Routledge, London 2005.