Azione comune del Consiglio dell’Unione europea

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Prevista dal Trattato di Maastricht (firmato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993)  fino al Trattato di Lisbona (2007-2009), l’azione comune (Council Joint Action, CJA) era una procedura decisionale riguardante la Politica estera e di sicurezza comune (PESC, art. J. 3 Trattato sull’UE, TUE), la Politica europea di sicurezza e difesa (PESD, il ramo operativo della PESC, oggi rinominata Politica di sicurezza e difesa comune, PSDC; art. J. 4 TUE), e la Cooperazione nei settori della Giustizia e affari interni (GAI, art. K. 3 TUE). Attraverso l’adozione di azioni comuni, all’UE, e ai suoi Stati membri, era data la possibilità di perseguire gli obiettivi indicati dai Trattati e dagli orientamenti strategici espressi dal Consiglio europeo, nella misura in cui tali obiettivi fossero stati più facilmente conseguibili con una cooperazione sovranazionale che attraverso l’azione dei singoli paesi.

Le azioni comuni venivano adottate tramite una decisione unanime del Consiglio dell’Unione europea basata sugli orientamenti generali del Consiglio europeo o, in alcuni casi specifici, su iniziativa di un qualsiasi Stato membro o della Commissione. Il Consiglio aveva il compito di fissare la portata precisa dell’azione, i suoi obiettivi generali e particolari, i mezzi, le procedure, le condizioni, nonché, eventualmente, la sua durata. Il Consiglio, sempre all’unanimità, poteva decidere quali questioni riguardanti l’approvazione o la realizzazione di un’azione comune potessero essere prese a Maggioranza qualificata. Successivamente, a partire dal Trattato di Amsterdam (1997-1999), è stato possibile approvare a maggioranza qualificata anche le azioni comuni adottate sulla base di una Strategia comune del Consiglio europeo, e le decisioni relative all’attuazione di un’azione comune.

L’adozione di un’azione comune presupponeva che essa rispettasse gli obiettivi dell’UE e il complesso delle norme comunitarie in vigore, oltre a vincolare gli Stati membri ad assumere delle posizioni e una condotta conforme all’azione.

La Pesc/Pesd e la cooperazione GAI rappresentavano i due pilastri intergovernativi che, a fianco di quello comunitario della Comunità economica europea (Cee), componevano l’architettura ideata a Maastricht sulla quale si reggeva l’Ue. Considerata perciò la natura intergovernativa degli ambiti in cui era possibile adottare delle azioni comuni, un coinvolgimento del Parlamento europeo o della Commissione non era previsto (a esclusione, di come è stato menzionato, del potere di iniziativa detenuto dalla Commissione in taluni casi). Limitata anche la competenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, incaricata di controllare principalmente che le azioni rispettassero l’acquis communautaire (v. Acquis comunitario).

Quali esempi di azioni comuni possono essere citate il lancio della missione Pesc sullo Stato di diritto in Kosovo – EULEX Kosovo, Consiglio dell’Unione europea, Azione comune relativa alla missione dell’Unione europea sullo Stato di diritto in Kosovo (EULEX KOSOVO), 2008/124/PESC, 4 febbraio 2008 –, oppure l’azione comune per la lotta contro la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale dei bambini nell’ambito della cooperazione GAI – Consiglio dell’Unione europea, Azione comune relativa alla missione dell’Unione europea sullo Stato di diritto in Kosovo (EULEX KOSOVO), 2008/124/PESC, 4 febbraio 2008.

Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e l’estensione della procedura legislativa ordinaria alle decisioni inerenti allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia (ex Gai), l’adozione delle azioni comuni persiste nel solo ambito Pesc/Psdc (art. 25 Tue), rimasto intergovernativo. Il Trattato di Lisbona ha tuttavia semplificato la denominazione degli atti attraverso i quali l’UE conduce la sua politica estera, eliminando la distinzione formale tra posizioni e azioni comuni. Entrambe sono rinominate, indistintamente, decisioni del Consiglio. Come per le precedenti azioni le decisioni Pesc/Psdc sono prese all’unanimità degli Stati membri sulla base degli orientamenti generali e delle linee strategiche definite dal Consiglio europeo. Alla figura dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (introdotta dal Trattato di Lisbona) è assegnato un potere di iniziativa che si affianca a quello degli Stati membri. Infine, per facilitare l’adozione di decisioni, il Trattato vigente ha introdotto la possibilità di una cosiddetta “astensione costruttiva” da parte di quegli Stati non interessati alla decisione ma al contempo neppure contrari a essa. In questo caso, è permesso che il paese possa astenersi non applicando la decisione, ma accettando che si impegni l’UE. Tale condizione non può verificarsi se i membri del Consiglio che ricorrono all’astensione costruttiva sono almeno un terzo degli Stati membri, che a loro volta totalizzano almeno un terzo della popolazione dell’Unione.

Lorenzo Vai (2017)