Callaghan, James

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C. (Portsmouth 1912-Lewes 2005) iniziò a lavorare come impiegato all’ufficio delle imposte prima di essere assunto dal Trades union congress (TUC). Durante la Seconda guerra mondiale fu ufficiale nella Royal Navy e nel 1945 divenne deputato dei laburisti per Cardiff. Continuò a rappresentare il collegio di Cardiff fino a quando si ritirò nel 1987 ed entrò alla Camera dei Lord come barone di Cardiff. Ricoprì tutte le alte cariche di Stato: cancelliere, segretario per gli Affari interni, segretario per gli Affari esteri e primo ministro. A parte il suo incarico di segretario per gli Affari interni, nell’ambito di tutte le sue cariche politiche partecipò alle fasi iniziali dell’Adesione del Regno Unito alla Comunità economica europea.

C. era un pragmatico e non un idealista (v. Pimlott, 1992, p. 332), capace di affrontare i periodi politici turbolenti con molta più calma di quanto riuscissero a fare i suoi colleghi. La sua capacità di conciliare le opinioni dei suoi colleghi membri del Gabinetto lo rese popolare agli occhi di Harold Wilson, quando questi era primo ministro, e in seguito tra i suoi ministri quando ricoprì lui stesso tale carica (v. Healey, 1989, p. 431).

In relazione alla Comunità europea, il pragmatismo di C. disorientò e rassicurò allo stesso tempo i suoi colleghi. Le sue opinioni furono sempre condizionate dalle circostanze del momento, risultando così contraddittorie. Nell’ottobre 1966, il cancelliere dello Scacchiere C. si mostrò scettico (v. Castle, 1984, p. 178; Pimlott, 1992, p. 437) sull’ingresso nella CEE, temendo l’impatto che questo avrebbe avuto sull’economia del paese; nel novembre 1966 lo appoggiò, avvertendo la necessità di infondere fiducia in considerazione dell’imminente rottura con la Rhodesia (v. Castel 1984, p. 183; Parr, Pine, 2006, p. 114). A partire dall’agosto 1967, divenne un sostenitore della candidatura, mettendo in gioco la sua carriera garantendo che il paese non ci avrebbe rimesso aderendo alla CEE (ivi, p. 116). Nel 1973, quando il primo ministro conservatore Edward Heath, acconsentì all’adesione del Regno Unito, C. si oppose alle condizioni di ingresso, diventando così il leader della campagna antieuropeista (v. Pimlott, 1992, p. 581; Rogers, 2000, p. 125). Nel febbraio 1974, quando i laburisti ritornarono al governo, C. da ministro degli Affari esteri si batté perché il paese rimanesse nella CEE rinegoziando però le condizioni di adesione (v. Pimlott, 1992, p. 635; Benn, 1995, p. 312). In ogni occasione, la maggior parte dei colleghi di C. si lasciò guidare dai suoi ragionamenti, sebbene ci fossero sempre membri del Gabinetto antieuropeisti in grado di minacciare l’unità del partito su tale questione.

I cambiamenti di opinione di C. convinsero alcuni suoi colleghi che egli non avesse alcuna opinione in merito alla CEE, ma forse a torto. Bernard Donoughue, il suo più importante consigliere politico, riteneva che C. simpatizzasse per il vecchio Commonwealth e che avrebbe perseguito qualsiasi politica che potesse avvantaggiarlo (v. Donoughue, 1987, p. 57). Le spiegazioni fornite dallo stesso C. sembrano supportare questa tesi. Egli affermò che non nutriva alcun interesse per gli aspetti economici dell’adesione alla CEE del Regno Unito: «La salvezza economica della Gran Bretagna dipendeva da noi stessi, che fossimo dentro o fuori la Comunità non avrebbe influito granché sul risultato» (v. Callaghan, 1987, p. 305). Tuttavia, C. sostenne l’adesione alla CEE per motivi politici, nella convinzione che essa avrebbe garantito alle ex colonie britanniche una maggiore considerazione dei loro interessi da parte della Comunità. Verosimilmente fu tale ragionamento che lo portò a modificare così spesso il suo approccio. In alternativa, secondo quanto riferito a Pimlott (v. Pimlott, 1992, p. 635) da un “alto funzionario”, le opinioni di C. furono sempre il riflesso di quelle di Wilson.

Nel 1973, Wilson aveva cercato di tenere unito il suo partito garantendo la rinegoziazione delle condizioni di adesione. Il manifesto laburista del febbraio 1974 affermava che le condizioni da rinegoziare dovevano includere i seguenti punti: modifiche della Politica agricola comune (PAC), in modo da salvaguardare l’accesso dei prodotti agricoli del Commonwealth ai mercati alimentari del Regno Unito, insieme all’estensione delle politiche comunitarie di “commercio e aiuti” a tutti i paesi in via di sviluppo; riforma del bilancio comunitario (v. Bilancio dell’Unione europea); rifiuto dell’Unione economica e monetaria (UEM); nessuna applicazione dell’IVA ai beni di prima necessità e mantenimento dei poteri parlamentari britannici nelle politiche regionali, industriali e fiscali. Le più importanti tra tutte queste questioni erano quelle relative al bilancio e alla PAC. Negli anni Settanta la PAC assorbiva tre quarti del bilancio comunitario e sosteneva i livelli minimi di prezzo dei prodotti alimentari. Questa disposizione era a svantaggio del Regno Unito, che aveva un piccolo settore agricolo e importava metà dei prodotti alimentari dal Commonwealth a prezzi contenuti e quindi non aveva alcun interesse a sostenere la politica comunitaria (v. Griffiths, 2006, pp. 174-175).

C. si aspettava, come riferì all’antieuropeista Tony Benn, di poter trovare un compromesso su parte di questi problemi, e attraversò un anno di difficili riunioni con le controparti degli altri Stati membri. Wilson gli accordò pieni poteri, dal momento che le loro opinioni in linea di massima concordavano. C. prese parte a tutte le riunioni dei ministri degli esteri della CEE pur reputandole inutili poiché, sebbene la questione del bilancio britannico fosse sempre all’ordine del giorno, in realtà non venne mai discussa in quanto utilizzata dagli altri ministri degli esteri come occasione per esprimere le proprie lamentele.

C. fece anche visita al presidente della Commissione europea e ai leader di Francia e Germania. Nessuno di loro fu incoraggiante. La questione del bilancio si scontrò con l’insistenza con cui i leader della CEE sostenevano che le “risorse proprie” della Comunità erano inviolabili. C. e Wilson suggerirono che anziché ridurre il contributo della Gran Bretagna, la CEE aumentasse i trasferimenti dal bilancio comunitario all’isola. In alternativa, proposero che qualsiasi Stato con un PIL inferiore rispetto alla media CEE non avrebbe dovuto essere un contribuente netto. L’idea fu accolta favorevolmente, ma, secondo C., tale correttivo al meccanismo di bilancio non risolse il problema.

Non si raggiunsero molti risultati né riguardo agli scambi con il Commonwealth né riguardo alla PAC. C. affermò che il Regno Unito non era obbligato ad aderire all’UEM (sebbene fosse allora solo un “obiettivo proclamato”), che l’IVA sarebbe rimasta inalterata (sebbene non avesse mai corso il rischio di essere modificata) e che la firma della prima delle. Convenzioni di Lomé avrebbe aiutato le ex colonie britanniche (sebbene quest’ultimo punto non fosse stato incluso nei negoziati di rinegoziazione, il governo britannico si attribuì tale merito). Inoltre, era stato creato un fondo di sviluppo regionale. Anche questo punto non era incluso nelle trattative di rinegoziazione, ma C. sperava che, grazie a tale fondo, il Regno Unito avrebbe potuto recuperare parte della somma versata a titolo di contributo al bilancio comunitario, poiché il paese aveva diverse regioni in declino che potevano beneficiare degli aiuti comunitari.

I risultati si dimostrarono ben poco significativi. I costi della PAC aumentarono, il meccanismo di bilancio non venne mai usato e, a seguito della reazione degli Stati membri alla crisi petrolifera del 1973, le somme del nuovo Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) si dimostrarono troppo basse per poter risultare utili. Bache e George (v. Bache, George, 2006, p. 141) hanno così riassunto la situazione: «[la rinegoziazione] implicò una buona dose di teatralità e di retorica nazionalista da parte del governo britannico. Ciò che non comportò fu un reale cambiamento delle condizioni di adesione».

Ciò nonostante, il governo poté sostenere di aver raggiunto le condizioni per indire il referendum. Dopo le seconde elezioni politiche del 1974, che ridussero la maggioranza di governo, la situazione era difficile. Secondo Pimlott (v. Pimlott, 1992, p. 635) «C., da ministro degli Affari Esteri, condusse un gioco ambiguo con impareggiabile destrezza, pronunciando un discorso aggressivo a Bruxelles il 1° aprile (per accontentare gli anti-europeisti) a cui fece seguire nei mesi successivi parole più tranquillanti». Inoltre, C. convinse Schmidt a partecipare alla Conferenza del Partito laburista del 1974; il discorso che questi tenne fu così efficace che il partito divenne un po’ più conciliante verso l’adesione alla CEE.

C. condusse una campagna a favore del “sì” e il referendum indicò che circa due terzi degli elettori preferiva rimanere nella CEE. C. notò che la campagna a favore del “sì” aveva ricevuto maggiori finanziamenti, era stata meglio organizzata e sostenuta inoltre dagli altri principali partiti politici e da alcuni paesi del Commonwealth. Tuttavia, il risultato non fu schiacciante. Solo il 64% degli elettori si recò alle urne (v. Pilkington, 2000).

Nel 1976 Harold Wilson si dimise da primo ministro e C. venne eletto leader del Partito laburista. Nel ruolo di primo ministro ebbe scarsa influenza sulla Comunità. Era in carica nel 1977, quando fu approvata la legge che stabiliva l’elezione a suffragio diretto del Parlamento europeo (v. Elezioni dirette del Parlamento europeo). A parte questo e fatta salva la sua propensione verso la Cooperazione politica europea, C. mostrò uno scarso spirito comunitario portando il Regno Unito nel Sistema monetario europeo, ma non partecipando al meccanismo di cambio.

Janet Mather (2010)

Bibliografia

Bache I., George S., Politics in the European Union, Oxford University Press, Oxford 2006.

Castle B., The Castle diaries 1964-70 (Weidenfield &Nicolson, London 1984.

Donoughue B., Prime Minister: the conduct of policy under Harold Wilson and James, Cape, London 1987.

Griffiths R., A dismal decade? European integration in the 1970s in D. Dinan (a cura di), Origins and Evolution of the European Union, Oxford University Press, Oxford 2006.

Healey D., The time of my life, Penguin, Harmondsworth 1989.

Parr H., Pine M., Policy towards European Economic Community, in P. Dorey (a cura di), The Labour governments 1964-70, Routledge, London 2006.

Pilkington C., Britain in the European Union today, Manchester University Press, Manchester 2000.

Pimlott B., Harold Wilson HarperCollins, London 1992.