Cavaco Silva, Anibal

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C. (Boliqueime 1939) conseguì la laurea in Economia nell’ottobre del 1964 col massimo dei voti. Cominciò a lavorare come ricercatore presso il Centro di finanza ed economia della Fondazione Calouste Gulbenkian e divenne un esperto di finanza pubblica. Le difficoltà di ottenere un dottorato di ricerca in Portogallo e la fama della York University in materia di Finanza pubblica spinsero C. a optare per l’università inglese, dove conseguì il dottorato. Il tempo trascorso nel Regno Unito fu determinante per C. sotto il profilo politico: il contatto diretto con la democrazia britannica consolidò in lui la convinzione che tale sistema politico fosse la soluzione migliore per il Portogallo. C. assisté al lungo sciopero dei minatori del 1973 e alle elezioni democratiche che portarono i conservatori, in conflitto con i minatori, a perdere contro i laburisti.

C. e la sua famiglia tornarono in Portogallo poco dopo la rivoluzione del 25 aprile 1974 che portò alla restaurazione della democrazia e alla decolonizzazione. Tornò alla Fondazione Gulbenkian e alla sua facoltà. Nel 1977 C. diresse il prestigioso Dipartimento di Studi della Banca del Portogallo e l’anno seguente si trasferì dalla sua facoltà alla Universidade Nova di Lisbona.

C. ammirava Francisco Sá Carneiro, leader del Partido social democrata (PSD), il quale a dispetto del nome si collocava nel centrodestra della scena politica. Su invito di un collega dell’università, nel maggio del 1974, C. contribuì a stilare il manifesto economico del PSD, divenendone membro nel settembre del 1976. La sua crescente notorietà spinse Sá Carneiro a consultare C. in merito a questioni economiche. Questi contatti culminarono nel 1979 nell’invito a C. da parte del leader del PSD ad assumere la carica di ministro delle Finanze nel governo di Alleanza democratica (formata dal PSD, dai cristiano-democratici del CDS e dal Partido popular monárquico, PPM). C. si affermò sulla scena pubblica come controllore competente e rigoroso delle finanze portoghesi.

Il 4 dicembre 1980, il primo ministro Sá Carneiro morì in un incidente aereo. C. lasciò il governo poco dopo, quando Francisco Pinto Balsemão, che a suo avviso non aveva le doti necessarie per assumere la leadership, divenne primo ministro. Nel luglio 1982 ebbe un notevole impatto politico la richiesta delle dimissioni di Balsemão avanzata da C. e da Eurico de Melo, un altro membro influente del partito. C. dichiarato dichiarò di aver deciso solo all’ultimo momento di partecipare nel maggio del 1985 al Congresso del PSD, che lo elesse suo leader. Egli riteneva che la sopravvivenza del partito fosse a rischio a causa di dissidi interni. C. fece appello ai suoi stretti legami con Sá Carneiro e si schierò a favore di Diogo Freitas do Amaral, precedente leader del Centro democrático social (CDS), come candidato del PSD alle presidenziali. I suoi discorsi furono ben accolti; decise quindi di concorrere per la leadership del partito dopo la morte di Carlos Mota Pinto, in lizza con il favorito João Salgueiro. Inaspettatamente C. vinse per 57 voti con una maggioranza del 52%. Nel suo discorso di accettazione dell’incarico ricordò al suo partito che la priorità fondamentale di quest’ultimo doveva rimanere l’integrazione europea – il Portogallo sarebbe diventato Stato membro il 1° gennaio 1986 (v. anche Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). All’epoca, il PSD era il partner minoritario nella coalizione con i socialisti. Per continuare a governare, C. chiese importanti riforme politiche alle quali i socialisti si opposero. La mancanza di un accordo portò alle dimissioni dei ministri del PSD dal loro incarico il giorno seguente alla firma del Trattato di Adesione alla CEE del 12 giugno 1985 e alle elezioni anticipate. La campagna del PSD si concentrò sulla figura di C. e sulla sua volontà di modernizzare il Portogallo, criticando lo status quo difeso dal Partito socialista. La strategia funzionò, il PSD fu il partito più votato con quasi il 30% dei voti e 88 seggi in parlamento su 250. Il PSD trasse vantaggi dalla presenza del nuovo partito dei sostenitori del Presidente Ramalho Eanes, il Partido renovador democrático (PRD), il quale era cresciuto a spese di tutti i partiti salvo quello di C. Il 6 novembre 1985, C. divenne primo ministro. In Parlamento questi poteva contare sul sostegno del CDS e sull’astensione del PRD. Il candidato presidenziale di C., Freitas do Amaral, fu battuto per pochi voti dal socialista Mario Soares nel febbraio 1986. Nel novembre 1987, il PRD ritirò il suo appoggio e il voto parlamentare di sfiducia portò a nuove elezioni.

Il risultato elettorale fu un terremoto per la politica portoghese: il PDS vinse con una netta maggioranza, il 50,2% dei voti. Era la prima volta dal 1975 che un singolo partito otteneva la maggioranza. Il PDS aveva beneficiato di un favorevole clima economico internazionale e dello stanziamento di fondi della Comunità economica europea (CEE). Le riforme intraprese dal partito nel governo di minoranza avevano riscosso una certa popolarità presso gli elettori, considerata l’assenza di iniziative dei governi precedenti. L’elettorato era stanco dell’instabilità del governo – dal 1975 al 1987 si erano susseguite sei elezioni parlamentari. Il PSD beneficiò inoltre delle divisioni e della debolezza dei partiti di opposizione, in particolare dei Socialisti, che avevano perso il loro leader carismatico, Soares, eletto alla presidenza della Repubblica. A ogni modo, il principale elemento favorevole della campagna fu il carisma e la popolarità di C. Silva, che non proveniva dalle élites urbane ma era di estrazione medio-bassa e metteva in risalto le proprie competenze economiche piuttosto che le sue conoscenze negli ambienti della politica.

L’obiettivo primario di C. era quello di riportare il Portogallo a una libera economia di mercato dopo che gli eccessi rivoluzionari del 1975 avevano determinato la nazionalizzazione dei più importanti settori dell’economia. Nell’estate del 1989, in accordo con i socialisti, la costituzione fu modificata, eliminando i riferimenti al socialismo e autorizzando il governo a privatizzare le imprese statali. Il governo cominciò a ritirarsi dall’industria, dalla finanza e dal settore dei servizi. Nelle elezioni del 1991, C. riuscì addirittura ad aumentare leggermente la propria maggioranza con il 50,43% dei voti. La campagna del PSD s’incentrò nuovamente su C. e sulla necessità da parte del governo di maggioranza di garantire stabilità politica e progresso economico.

Sul fronte interno, C. fu il premier della II Repubblica che detenne la carica per il periodo più lungo (1985-1995), e fu responsabile di un pacchetto di riforme strutturali che trasformarono il Portogallo da un’economia di Stato non competitiva a un’economia di mercato sempre più capace di affrontare la sfida dell’integrazione europea. L’impresa più significativa fu la revoca delle leggi sulla nazionalizzazione e la privatizzazione della maggior parte delle industrie di Stato. In particolare, la vendita e l’apertura dei media all’iniziativa privata aumentarono la libertà di espressione e la qualità dell’informazione. Il completamento della riforma agraria portò a una più efficiente gestione del settore agricolo. La riforma fiscale e dell’occupazione ebbe come risultato un sistema di tassazione più efficiente e un mercato del lavoro più flessibile. L’obbligo scolastico fu portato da sei a nove anni. Furono aumentati i fondi per la sicurezza sociale e per la prima volta ne beneficiarono anche gli agricoltori. Si attuò una ristrutturazione del ministero della Difesa e delle Forze armate. Le riforme di C. presentavano dei punti deboli: l’eccedenza di personale e l’inefficienza del settore pubblico, la lentezza dell’apparato giudiziario e un sistema educativo insufficiente, in particolare nell’ambito scientifico. Gli sforzi per migliorare l’agricoltura e l’industria portoghesi avrebbero potuto essere più incisivi. L’evasione fiscale rimaneva alta e le leggi sul lavoro avrebbero necessitato di maggiore flessibilità.

Gli indicatori economici del decennio in cui C. rimase in carica risultarono postivi. Inflazione fu ridotta dal 19% nel 1985 al 4,5% un decennio dopo, il tasso più basso in 25 anni. Il prodotto nazionale lordo (PNL) pro capite confrontato con la media della CEE, salì dal 53,1% nel 1985 al 64% nel 1994. Il debito pubblico ridotto dal 12% al 5,8% del PNL nel 1994. La disoccupazione scese dall’11% nel 1989 al 4,5% nel 1992. Le cifre furono favorite da un clima internazionale propizio e dall’iniezione di fondi Europei per lo sviluppo.

Europeista convinto, C. ritiene che l’ingresso nell’Unione europea sia stato molto vantaggioso per il Portogallo, fungendo da elemento propulsore per la modernizzazione del paese. I mercati dell’UE, l’afflusso di investimenti e i fondi comunitari a suo avviso hanno modernizzato l’economia portoghese. Ulteriori vantaggi a seguito dell’adesione all’UE sono stati l’adozione di una moneta unica (v. Unione economica e monetaria; Euro), che ha portato stabilità monetaria, e l’accresciuto potere negoziale in quanto membro dell’Unione, proteggendo, ad esempio, il settore tessile portoghese in occasione dell’Uruguay Round dell’Accordo generale sulle tariffe e il commercio (GATT-UR) (v. Organizzazione mondiale del commercio). Ciò su cui il Portogallo insiste all’interno dell’UE è che gli sviluppi politici ed economici debbano tenere conto della coesione sociale ed economica, in modo che i membri meno sviluppati non cadano nel circolo vizioso di una crescente povertà e divergenza economica. Inoltre, il Portogallo è favorevole all’unione politica perché, come spiega C., «una posizione contraria all’unione politica indebolisce la posizione negoziale del Portogallo e danneggia le priorità nazionali, ossia lo sviluppo economico e sociale del paese e la sua influenza internazionale. Sono consapevole che la difesa degli interessi del Portogallo debba procedere di pari passo con il rafforzamento dell’integrazione europea» (v. Silva, 2004, p. 185).

Nel 1986, durante i negoziati sull’Atto unico europeo (AUE), C. perseguì con successo due obiettivi: che esso non influisse sulle condizioni per l’ingresso del paese; l’inclusione di una Politica di coesione sociale ed economica, secondo una posizione condivisa da Spagna, Irlanda) e Grecia. Alla riunione del Consiglio europeo a Londra nel dicembre 1986, con l’aiuto del cancelliere Helmut Kohl e del presidente della Commissione Delors (v. Delors, Jacques), il Portogallo ottenne un finanziamento quinquennale di 500 milioni di euro per lo sviluppo dell’industria portoghese. Prima dell’adesione, il Portogallo aveva negoziato uno stanziamento decennale di 700 milioni di euro per la sua agricoltura.

Per quanto riguarda la riunificazione della Germania (v. anche Riunificazione tedesca) e l’espansione dell’UE verso Est, il Portogallo aveva deciso inizialmente di astenersi dalla discussione, mantenendosi fedele a una posizione storica di non ingerenza nelle questioni relative all’Europa orientale. Nel 1994, C. riconobbe che l’espansione verso Est era necessaria per la stabilità e la sicurezza dell’Europa e per la solidarietà con i paesi neodemocratici. Il rischio era che il Portogallo diventasse più periferico con lo spostamento del centro di gravità dell’UE verso Est, che crescesse la competizione per l’economia portoghese e che diminuissero gli investimenti esteri. L’opportunità era invece rappresentata dall’apertura economica dell’Est alle fabbriche portoghesi.

Il governo C., avallato da un’indagine del ministero delle Finanze, giudicò pericoloso per il Portogallo non poter ricorrere a quella stabilità monetaria che l’Unione economica e monetaria (UEM) garantiva. Al Consiglio europeo di Madrid del giugno 1989, le preoccupazioni del Portogallo si sarebbero riflesse nell’articolo 29 del rapporto della Commissione Delors (v. anche Commissione europea), che raccomandò il rafforzamento di politiche comunitarie regionali e strutturali per evitare effetti negativi sulle regioni meno sviluppate. Il Portogallo entrò a far parte del Sistema monetario europeo (SME) il 6 aprile 1992, una decisione che suscitò sorpresa, dal momento che la maggior parte degli osservatori riteneva che il paese non fosse in grado di ottemperare ai severi parametri. Secondo C., se il Portogallo non avesse preso quella decisione, non avrebbe fatto parte della prima ondata dell’UEM. L’espansione verso Est dell’UE rafforzò la convinzione di C. che il Portogallo dovesse far parte fin dall’inizio dell’Unione monetaria per la crescente importanza del mercato unico allargato (v. Mercato unico europeo).

Il Portogallo non avrebbe accettato il Trattato di Maastricht senza la concessione di fondi per la coesione per affrontare la crescente concorrenza risultante dall’UEM. Posizione, questa, condivisa da Irlanda, Italia, Grecia e Spagna. Al vertice della Comunità europea nel dicembre 1992 a Edimburgo, il Portogallo ottenne 1000 milioni di euro di finanziamenti dal Fondo di coesione per il periodo 1993-1999, il doppio dell’importo rispetto al periodo precedente 1988-1992. Il premier spagnolo, Felipe Marquez González, sarebbe stato il principale artefice nella negoziazione delle concessioni. A Maastricht, altre decisioni risultarono favorevoli al Portogallo, come la creazione della Cittadinanza europea, che confermava la libera circolazione dei lavoratori (v. anche Libera circolazione delle persone), e il mantenimento del potere di esercitare l’iniziativa legislativa nelle mani della Commissione europea, pur riconoscendo un ruolo più importante al Parlamento europeo. C. pone l’accento sull’importante ruolo della Commissione e, in particolare, del presidente Jacques Delors, nell’aiutare il Portogallo, un piccolo paese con un’economia arretrata, a raggiungere i suoi obiettivi.

Nel gennaio 1992, il Portogallo per la prima volta assunse la Presidenza dell’Unione europea. Il periodo era molto difficile per via del genocidio in corso in Iugoslavia, l’implosione dell’Unione sovietica, gli sforzi dell’UE di stabilizzare l’Europa orientale e il “no” danese a Maastricht (v. anche Danimarca). La decisione più importante della presidenza portoghese, appoggiata dai ministri degli Esteri dell’UE (v. Consiglio dei ministri), fu di non riaprire i negoziati di Maastricht dopo il no al referendum in Danimarca. Altri elementi di rilievo furono la firma dello Spazio economico europeo (SEE) con l’Associazione europea di libero scambio (European free trade agreement, EFTA) e la riforma della Politica agricola comune (PAC), che collegava la produzione alla domanda.

I rigidi parametri per l’ingresso nella moneta unica europea furono raggiunti a costi economici e politici: la disoccupazione aumentò, gli investimenti esteri si stabilizzarono e le esportazioni diminuirono. La flessione economica segnò l’inizio della fine del governo del PSD. Fino al 1995, il partito, in coalizione o da solo, era stato al potere per sedici anni, perdendo progressivamente contatti con l’elettorato. Era accusato di autoritarismo e nepotismo, percorso da dissidi interni, privo di idee nuove e colpito da scandali finanziari. La crescente impopolarità del governo portò il presidente Soares a contrastarne le azioni in maniera crescente. Vi fu inoltre un aumento di scioperi, in particolare nella compagnia aerea di proprietà dello Stato, e dimostrazioni della polizia e dei pendolari contro l’aumento dei pedaggi sui ponti a Lisbona, che il governo si dimostrò incapace a tenere sotto controllo senza ricorrere all’azione delle forze di polizia antisommossa, ripresa in diretta dalla televisione.

Nel gennaio del 1995, stanco dei conflitti con il presidente e delle beghe interne al suo partito, C. dichiarò pubblicamente la sua decisione di non contestare la leadership del partito e di portare a termine il suo mandato. I socialisti vinsero le elezioni di ottobre e formarono un governo di minoranza. Nel gennaio 1996, C. perse le elezioni presidenziali con un margine ristretto nei confronti del candidato socialista, Jorge Sampaio, e tornò alla carriera accademica. Dieci anni dopo vinse le elezioni presidenziali contro un’opposizione di sinistra frammentata. Il mandato quinquennale è iniziato il 9 marzo 2006.

Nicolau  Andresen-Leitão (2008)

Bibliografia        

Figueiredo R.P., Aníbal Cavaco Silva e o PSD (1985-1995), A Pós-Consolidação do Regime Democrático Português, Hugin, Lisbona 2004.

Lima F., O meu tempo com Cavaco Silva, Bertrand, Lisbona 2004.

Silva A.C., As Reformas da década, Bertrand, Lisbona 1995.

Silva A.C., Autobiografia politica, Temas & Debates, Lisbona 2002.

Silva A.C., Autobiografia política, Temas & Debates, Lisbona 2004.