Couve de Murville, Maurice

C. de M. (Reims 1907-Parigi 1999), proveniente da una famiglia protestante, figlio di un magistrato, studia legge e lettere fino al conseguimento di due diplomi e al tempo stesso è allievo dell’École libre des sciences politiques, da cui esce nel 1930, primo in graduatoria nel concorso dell’Ispettorato delle finanze. Inizia una carriera di alto funzionario, in un primo tempo nel mondo della finanza, poi in quello della diplomazia dopo la Seconda guerra mondiale, per entrare nel 1958 nella vita politica come ministro degli Esteri; nel 1968 è eletto deputato della Seine e viene nominato primo ministro.

In realtà, le questioni economiche e quelle diplomatiche sono legate molto presto, fin dagli anni Trenta, nella carriera di C. de M. Come fa notare Maurice Vaïsse (v., 2005): «è coinvolto molto presto, come vice direttore del Mouvement général des fonds nei negoziati internazionali, franco-italiani, franco-tedeschi e franco-britannici, il che rappresenta per un giovane che ha meno di trent’anni una bella iniziazione all’Europa, nel contesto difficile del periodo fra le due guerre». Nel settembre 1940 è nominato direttore delle finanze estere e dei cambi. Come membro della Commissione per l’armistizio di Wiesbaden, impedisce ai tedeschi di mettere le mani sul deposito di oro della Banca di Francia. Il regime di Vichy gli revoca l’incarico, quindi C. de M., dopo lo sbarco angloamericano nell’Africa del Nord, lascia la Francia metropolitana e raggiunge Algeri nel marzo 1943. Qui si mette al servizio del generale Giraud, che il 12 aprile lo nomina segretario generale del suo “Comitato imperiale”, poi lo fa entrare al Comitato francese di liberazione nazionale (CFLN), il 7 giugno, come commissario alle finanze. C. e M. si avvicina gradualmente al generale Charles de Gaulle, ma in seguito alle pressioni americane deve abbandonare il suo incarico nel CFLN. Nel 1944 gli viene affidata l’importante missione di ristabilire i rapporti tra la Francia e l’Italia, poi, a partire dal 1945, come direttore generale degli affari politici al Quai d’Orsay, di impostare la politica francese in Germania. In queste funzioni è al tempo stesso testimone e attore delle premesse della costruzione europea e delle tensioni della Guerra fredda.

Ma nel 1950 è allontanato dal ministero degli Esteri da Robert Schuman, del quale non condivide le opinioni, senza però essere ostile alla Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA). Per otto anni, fino alla caduta della IV Repubblica, la carriera di C. de M. prosegue fuori della Francia. Nel 1950, a 43 anni, ottiene la carica di ambasciatore di Francia. Dapprima ambasciatore in Egitto (1950-1954), C. de M. è nominato in seguito da Mendès France rappresentante permanente della Francia presso l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), poi ambasciatore a Washington (1954-1956), infine ambasciatore a Bonn (1956-1958). Malgrado si sia allontanato dalla Francia, C. de M. si interessa da vicino alla realizzazione della costruzione europea sotto la IV Repubblica. Non è mai stato federalista (v. Federalismo), ma ritiene che le soluzioni tradizionali – patti e alleanze – siano inadeguate alle nuove realtà internazionali. È assolutamente contrario alla Comunità europea di difesa (CED). Si interessa soprattutto della dimensione economica della costruzione europea, del trionfo di un’economia di mercato che ai suoi occhi è la sola soluzione per far uscire la Francia dal protezionismo. Infine, comprende molto precocemente che l’elemento essenziale per l’Europa è la riconciliazione franco-tedesca.

Al momento del ritorno al potere del generale de Gaulle, C. de M. è richiamato a Parigi per assumere l’incarico di ministro degli Esteri. de Gaulle conosceva C. de M. dall’epoca del CFLN e i contatti fra i due non si sono mai interrotti sotto la IV Repubblica. Il nuovo ministro dispone, del resto, di un’esperienza diplomatica solida e variegata. Conosce bene gli affari europei e, in particolare, la Germania e il suo cancelliere Konrad Adenauer, ma ha anche vissuto in Egitto quando ha preso il potere Nasser, un periodo chiave per questo paese e per l’inizio della sostituzione delle vecchie potenze europee con gli Stati Uniti e l’URSS nel 1956. Ben presto de Gaulle può apprezzare ancora di più le qualità del suo ministro, alle quali rende omaggio nelle sue Mémoires d’espoir, nel capitolo dedicato all’Europa, elogiando «una capacità che pochi altri hanno eguagliato nel corso di una Storia difficile» e mettendo in risalto i talenti del titolare del Quai d’Orsay: «Couve de Murville ha un dono. In mezzo ai problemi che si intrecciano e agli argomenti che si accavallano, distingue immediatamente l’essenziale da quello che è secondario, è chiaro e preciso nelle materie che i calcoli rendono oscure e confuse. Ha esperienza, perché nel corso di una grande carriera ha trattato numerose questioni d’attualità e ha conosciuto direttamente molti uomini. È sicuro di sé, avendo la certezza di restare a lungo nel posto al quale l’ho destinato. Ha i modi giusti, essendo abile nel prendere contatto ascoltando, osservando, annotando, poi distinguendosi, al momento opportuno, nella formulazione autorevole di una posizione che non abbandonerà più. Possiede la fede, perché è convinto che la Francia non possa continuare a vivere se non al livello più alto, che con de Gaulle questo può essere realizzato, che niente conta all’infuori di lavorare in questa direzione. È quello che noi faremo nel vasto campo dell’Europa».

Tutte le testimonianze e tutti gli studi storici confermano che C. de M. è stato «uno dei principali artefici della costruzione europea negli anni Sessanta, elaborando la politica agricola comune e vigilando affinché la Francia svolga un ruolo costruttivo nel Mercato comune» (v. Vaïsse, 2005). Non si può non constatare, come afferma Paul-Marie de La Gorce, che «l’Europa, in effetti, occupa la maggior parte delle pagine di Une politique étrangère e che dal principio alla fine è stata una preoccupazione essenziale, se non privilegiata, di Couve de Murville, ministro degli Affari esteri». C. de M appare anche come il direttore d’orchestra della diplomazia francese a Bruxelles e la sua competenza è al tempo stesso ammirata e temuta dai suoi omologhi stranieri. La delegazione francese, formata dai ministri degli Esteri e dell’Agricoltura, da Olivier Wormser (direttore degli affari economici) e da Jean-Marc Boegner, è imbattibile sugli argomenti più tecnici all’ordine del giorno. Secondo Adenauer, «è la Francia che a Bruxelles occupa il primo posto, perché Couve de Murville è sempre presente e ascoltato».

Le grandi battaglie europee guidate dal ministro riguardano gli esordi del Mercato comune, la realizzazione della politica agricola e la difesa degli interessi francesi. Grazie alle sue convinzioni liberiste, C. de M. è l’artefice della creazione dell’Unione doganale. Nel 1962 mette in atto, secondo le parole del generale de Gaulle, «il grande gioco», cioè obbliga gli europei ad accettare l’integrazione dell’agricoltura nel Mercato comune. «A Bruxelles», scrive de Gaulle nelle sue Mémoires d’espoir, «i nostri ministri: Couve de Murville, Baumgartner, Pisani [v. Pisani, Edgar] segnalano molto chiaramente che siamo pronti alla rottura se non verrà fatto il necessario». E ottengono la vittoria il 14 gennaio 1962. È sempre a C. de M. che spetta il compito di rifiutare l’adesione britannica al Mercato comune. In seguito C. de M. spiegherà che non si era fatto alcuno scrupolo pensando che, almeno per il momento, il Regno Unito non poteva entrare nel Mercato comune. Non smetterà mai di battersi per impedire alla Gran Bretagna di turbare la coppia franco-tedesca. Infatti, ai suoi occhi, l’asse Parigi-Bonn è essenziale e C. de M. è uno degli artefici principali della riconciliazione franco-tedesca, a fianco del generale de Gaulle.

Il ruolo importante svolto personalmente da C. de M. nelle relazioni franco-tedesche testimonia il suo contributo alla politica della grandeur condotta tra il 1958 e il 1969 da Charles de Gaulle. Il ministro però non è un semplice esecutore. Esistono anche divergenze fra il presidente e il ministro, in primo luogo sull’unione politica europea, che C. de M. considera un’«idea chimerica» e in secondo luogo sull’apertura del gennaio 1969 all’ambasciatore Arthur Christopher Soames circa l’adesione britannica alla Comunità economica europea.

Dopo l’abbandono del generale de Gaulle e la fine del veto francese alla candidatura britannica decisa da Georges Pompidou, C. de M. persiste nella sua posizione nei confronti della Gran Bretagna: «ritenevo che si procedesse troppo in fretta e che non avessimo ottenuto nessun tipo di garanzia dall’Inghilterra», dichiara nel 1994, aggiungendo: «prova ne è che per anni e anni si è parlato del suo contributo al finanziamento della Comunità e che questa crisi è durata per tutti quegli anni». Tuttavia, il ruolo svolto da C. de M. nella politica francese non si conclude nel 1969. L’ex primo ministro ritrova il suo seggio di deputato di Parigi nel 1973 e resta in Parlamento fino al 1995, prima all’Assemblea nazionale fino al 1986 e in seguito al Senato fino al 1995. La sua esperienza spiega l’elezione alla presidenza della Commissione affari esteri al Palais-Bourbon, dal 1973 al 1981. L’ultimo intervento importante di C. de M. sull’Europa risale al 1992, in merito al Trattato di Maastricht e al referendum voluto da François Mitterrand per la ratifica del trattato. Come Michel Debré e Pierre Messmer, e diversamente da Jacques Chaban-Delmas e Jacques Chirac, C. de M. sostiene Charles Pasqua e Philippe Seguin nella mobilitazione per il “no”. Queste prese di posizione opposte sottolineano la profonda divisione dei gollisti sulla costruzione europea dopo l’abbandono del generale de Gaulle. La vittoria del “sì” rappresenta una sconfitta per il vecchio artefice della politica europea della Francia negli anni Sessanta. Trent’anni dopo il contesto economico, diplomatico e militare internazionale è molto cambiato e una nuova generazione domina ormai nella famiglia gollista: pur non essendo isolato, nella sua ostilità all’Unione europea, C. de M. incarna ormai il passato più che il presente di una “certa idea dell’Europa” all’interno del partito gollista. La sua posizione è affine a quella di coloro che alla fine del XX secolo si allontanano dal RPR per orientarsi verso movimenti sovranisti, per fedeltà al discorso e alla pratica gollisti dell’inizio della V Repubblica.

Bernard Lachaise (2012)