Criteri di Convergenza

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Per “criteri di convergenza” si intende un insieme di requisiti richiesti agli Stati membri per l’adesione alla terza fase dell’Unione economica e monetaria (UEM) (v. anche Criteri di adesione), enunciati a Maastricht in un protocollo allegato al Trattato istitutivo della Comunità europea (v. Trattato di Maastricht).

Il rispetto di tali criteri era volto a realizzare tra le economie aderenti all’area una convergenza tale da consentirle uno sviluppo equilibrato e costante. I quattro criteri contenevano requisiti fondamentali in materia di finanza pubblica, stabilità dei prezzi, tassi di cambio e livelli dei tassi di interesse.

Per quanto concerne la finanza pubblica, Maastricht stabiliva la regola generale per cui avrebbero potuto aderire all’UEM i paesi che non fossero stati oggetto di una decisione del Consiglio dei ministri circa l’esistenza di un disavanzo eccessivo. Questo principio fu ulteriormente esplicitato dalla Commissione europea nel valutare il rispetto del criterio da parte dei membri. Il collegio utilizzò a questo scopo due distinti parametri: il rapporto tra il disavanzo pubblico e il prodotto interno lordo, che doveva essere inferiore al 3%, e il rapporto fra debito pubblico lordo e PIL, che non doveva superare il 60%. Di questi, al momento dell’avvio dell’UEM si adottò però una interpretazione flessibile e dai paesi non in grado di rispettarli fu accettato l’impegno a un riavvicinamento tendenziale e costante.

Il secondo criterio, la stabilità dei prezzi, venne definito sulla base di un tasso di inflazione non superiore all’1,5% di quello dei tre Stati membri più virtuosi, che avevano cioè ottenuto la maggiore stabilità.

Per quanto concerne i tassi di cambio, al fine di aderire alla moneta unica (v. Euro) Maastricht richiedeva che ogni Stato membro avesse partecipato al meccanismo di cambio del Sistema monetario europeo senza gravi tensioni e senza soluzione di continuità per almeno due anni.

Il tasso di interesse nominale medio a lungo termine, infine, non doveva aver superato di oltre due punti percentuali quello dei tre Stati membri che avevano conseguito il migliore risultato in termini di stabilità dei prezzi.

Il rispetto di questi criteri fu preso in esame dal Consiglio dei ministri delle Finanze nel maggio del 1998 sulla base delle valutazioni della Commissione e della Banca centrale europea (v. anche Sistema europeo di Banche centrali). Su questa base il Consiglio individuò gli 11 paesi (dei 15 allora membri) che erano in grado di aderire alla moneta unica fin dal suo avvio. Rimasero esclusi Danimarca, Regno Unito, Svezia e Grecia.

Danimarca e Regno Unito non furono in realtà sottoposti all’esame avendo ottenuto a Maastricht una clausola di opting-out dalla moneta unica. Similmente la Svezia non soddisfaceva il criterio dei tassi di cambio perché, non intendendo partecipare alla moneta unica, non aveva mai aderito allo SME. La Grecia, infine, pur non soddisfacendo allora i criteri, adeguò in seguito la propria economia per aderire all’UEM nel 2001, due anni dopo il suo avvio.

I criteri di convergenza continuano oggi a essere il punto di riferimento per l’adesione all’UEM di ogni nuovo Stato membro.

Principalmente su richiesta tedesca, per i timori legati all’adesione di paesi, come Italia e Belgio, con una tradizione di bilancio meno rigorosa, il Consiglio europeo di Amsterdam del 1997 stipulò un Patto di stabilità e di crescita. Lo scopo del Patto era il mantenimento di una disciplina di bilancio anche tra i paesi già integrati nell’UEM; a questo scopo veniva conferita al Consiglio la facoltà di sanzionare ogni membro che si astenesse dal prendere i provvedimenti necessari a risanare una situazione di deficit eccessivo.

Il rispetto degli altri criteri fu invece diversamente garantito. Il Sistema monetario europeo venne sostituito da un meccanismo di cambio comune, mentre il controllo dei tassi di cambio e la politica monetario fu affidato alla Banca centrale europea.

Flavia Zanon (2009)