Dialogo euro-arabo

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Inquadramento storico

Nell´ambito della Comunità economica europea, la questione dei rapporti con i paesi terzi del Mediterraneo (PTM) sorge negli anni Sessanta, soprattutto tramite la Francia, interessata a mantenere i legami commerciali preferenziali derivanti dal passato rapporto coloniale con alcuni paesi del Nordafrica. Tuttavia, si deve aspettare il Vertice di Parigi del 19 ottobre 1972 per definire un accordo e programma sulla strategia di cooperazione con i paesi mediterranei. Nasce così la Politica globale mediterranea, che copre il periodo che va dal 1976 al 1990. L’asse centrale di questo approccio cooperativo è il libero accesso ai mercati della Comunità per i manufatti dei paesi del Sud. Ne sono esclusi i prodotti agricoli (v. anche Processo di Barcellona; Partenariato euromediterraneo).

Nonostante i propositi, i risultati per entrambi le parti sono deludenti. Le ragioni si devono, soprattutto, alla crisi del settore tessile europeo che impone “autolimitazioni” alle esportazioni verso l’area mediterranea e alle conseguenze dell’allargamento della Comunità verso i paesi europei del Sud (Spagna, Grecia e Portogallo) con la conseguente competizione nel mercato dei prodotti agricoli.

La crisi petrolifera del 1973 apre un nuovo ciclo di rapporti, dovuto alla presa di coscienza dei paesi europei della loro dipendenza reale verso il mondo arabo per via dei rifornimenti di petrolio. Nel 1974 nasce il Dialogo euro-arabo, un forum permanente per la discussione e il dialogo su temi d´interesse comune, che, comunque, non prevede una cooperazione strutturata e approfondita. L´approccio precipuo della politica verso i PTM è di firmare accordi individuali con ciascun paese. L´approccio si differenzia dall´altro dominio simile di politica estera della Comunità, quello per i paesi degli Stati dell’Africa sub sahariana, Carabi e Pacifico (ACP), basato su un accordo globale tra la Comunità e il gruppo. La Comunità firma Accordi di Associazione con Turchia, Malta e Cipro. Con gli altri paesi si concludono, invece, solo accordi di cooperazione che prevedono relazioni commerciali privilegiate. La Politica globale mediterranea non soddisfa i PTM, che vedono aumentare le differenze economiche e sociali tra loro e i paesi europei. Le differenze economiche sono la causa principale dell´aumento dei problemi di stabilità nell’area e dell´emigrazione verso l´Europa. L´aumento dei flussi migratori e l’ascesa di movimenti islamisti nel nord Africa (principalmente la vittoria alle elezioni legislative del partito islamista, Fronte islamico di salvezza, in Algeria nel 1991), destano allarme e la Comunità europea diventa fortemente preoccupata per la stabilità nel Mediterraneo.

Tale preoccupazione porta l’Unione europea, agli inizi degli anni Novanta, a riformulare la strategia nel Mediterraneo. Nel 1990 la Commissione europea presenta il documento, “Un nuovo profilo per la politica mediterranea – Proposta per il periodo 1992-1996”, che costituisce l’avvio di una nuova politica, definita “Politica mediterranea rinnovata”. Sono anche adottati programmi di assistenza specifici come i Programmi integrati mediterranei (MED), tesi ad aiutare lo sviluppo economico, tecnologico e sociale nei PTM. Successivamente, vengono migliorati gli accordi bilaterali di cooperazione o di associazione conclusi in precedenza.

Gli anni Novanta e il Processo di Barcellona

Durante gli anni Novanta, la stabilità e lo sviluppo nel Mediterraneo diventano in misura crescente questioni all’ordine del giorno. L´Unione europea (UE) decide di dare maggiore attenzione al Mediterraneo. Il 27 e 28 novembre 1995 viene celebrata a Barcellona la prima Conferenza ministeriale euro-mediterranea (v. Processo di Barcellona). Dopo due decenni di intensi scambi commerciali su base bilaterale, questa iniziativa inaugura un vero e proprio “Spazio euromediterraneo”, un quadro globale di cooperazione che include tutti i paesi, concepito come un unico insieme politico e geografico. La conferenza ha gettato le basi di un quadro multilaterale che associa strettamente gli aspetti economici e di sicurezza e comprende, inoltre, le dimensioni umana, sociale e culturale.

La conferenza rappresenta una vera svolta: per la prima volta i quindici paesi membri dell’Unione europea e dodici paesi del sud e dell’est del Mediterraneo (Algeria, Tunisia, Marocco, Egitto, Israele, Giordania, Autorità nazionale palestinese, Libano, Siria, Turchia, Cipro e Malta) si accordano su un documento finale (Dichiarazione sul partenariato euromediterraneo) e su un programma di attività per metterlo in atto. L´idea su cui si impernia la conferenza è che la stabilità economica e politica, condizione per garantire la sicurezza dell’area, dovrà essere attuata attraverso la realizzazione entro il 2010 di una zona di libero scambio comprendente i paesi del bacino mediterraneo. Il programma è anche centrato sui temi dell’assistenza e del dialogo reciproco nei settori della sicurezza, del rispetto delle diversità culturali e religiose e della tutela dei Diritti dell’uomo. I 12 paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo (Malta e Cipro sono diventati membri dell’UE il 1° maggio 2004) sono legati all’Unione europea da accordi di vario tipo ed intensità. In effetti, il partenariato euro-mediterraneo viene realizzato su due livelli complementari: la dimensione bilaterale, che riguarda le relazioni bilaterali fra l’UE e ciascuno dei PTM (che poggiano sugli Accordi euromediterranei di associazione) e la dimensione regionale che riguarda l’UE e i PTM nel loro complesso e si occupa di temi e problemi comuni ai partner mediterranei. L’aspetto bilaterale della politica euromediterranea si concretizza attraverso la stipulazione di Accordi di associazione tra l’UE e i 10 paesi della sponda meridionale del Mediterraneo. Attualmente i paesi che hanno già firmato tali accordi sono: Tunisia (firmato nel 1995 ed entrato in vigore nel 1998), Israele (firmato nel 1995 ed entrato in vigore nel 2000); Marocco (firmato nel 1996 ed entrato in vigore nel 2000); Territori autonomi palestinesi (firmato ed entrato in vigore nel 1997); Giordania (firmato nel novembre 1997 ed entrato in vigore nel 2002). Gli accordi con Egitto (2001), Libano e Algeria (2002), sono in corso di ratifica. La Siria è ancora in fase negoziale. La Libia non rientra nel partenariato ma gode, per il momento, dello status di “osservatore” e come tale viene invitata a essere presente ai vertici. Cipro e Malta, che rientravano nei PTM, sono entrati nell´UE nel 2004. La Turchia rientra tra i PTM, ma gode anche dello status di “paese candidato all’adesione” e quindi partecipa anche alle iniziative di preparazione all’adesione (v. Paesi candidati all’adesione).

L’approccio regionale si focalizza su tre assi principali. Il primo, relativo alla politica e alla sicurezza, mira a creare un’area comune, in cui predomini la pace e la stabilità, con l’implementazione di azioni comuni volte a garantire la sicurezza ed il rispetto dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto. L’asse economico e finanziario si propone di creare un’area di prosperità condivisa attraverso un partenariato economico e finanziario da realizzarsi progressivamente, in primo luogo, attraverso una zona di libero scambio entro il 2010, che dovrebbe generare benefici economici comuni a lungo termine, grazie ad un maggior flusso di investimenti e alla riallocazione delle risorse europee nei paesi che attualmente beneficiano dei Fondi MEDA. Il terzo asse, relativo alla dimensione culturale, sociale e umana, ha l´obiettivo non solo di avvicinare i sistemi politici ed economici, ma anche di favorire l’incontro tra le diverse culture e i diversi popoli, in modo da far sì che l’integrazione tra i paesi coinvolti sia completa, facendo leva sulla società civile, la cooperazione decentrata e le organizzazioni non governative (ONG).

Il programma MEDA è il principale strumento finanziario del Partenariato euromediterraneo, con 5.458 milioni di euro stanziati dal 1995 al 2004. Un’altra importante fonte di finanziamento è la Banca europea per gli investimenti (BEI) che eroga prestiti destinati a finanziare progetti di sviluppo. Dal 2004 i PTM (esclusa la Turchia, ma con l’aggiunta della Libia e di alcune delle ex repubbliche sovietiche), rientrano nella nuova “Politica di prossimità” (2004) e dal 2007 beneficiano dello strumento di finanziamento della Politica europea di vicinato o ENPI (European neighbourhood policy instrument).

Dalla prima Conferenza di Barcellona, si sono svolte altre 7 Conferenze coinvolgendo i ministri degli Esteri, oltre a due Conferenze “informali” e ad una serie di riunioni ministeriali che hanno riguardato settori specifici di cooperazione. Il 27 e 28 novembre 2005, a dieci anni dalla prima Conferenza di Barcellona, la medesima città ha ospitato la Conferenza euromediterranea “Barcellona +10”. Il vertice, che per la prima volta doveva riunire gli Stati partecipanti a livello di capi di Stato e di governo per testimoniare l’importanza attribuita alla cooperazione con i PTM (sottolineata anche dal fatto che il 2005 era l’“anno del Mediterraneo”), non ha riscontrato il successo sperato: i paesi arabi, ad eccezione di Turchia e Palestina, non si sono fatti rappresentare dai capi di Stato e ciò ha conseguentemente ridotto l’impatto del vertice. Oggetto di contrasto è stata in particolare la definizione di terrorismo (ovvero la distinzione, inaccettabile per l’Europa, fra terroristi e resistenti o liberatori, cioè coloro che usano violenza per liberare il proprio paese da una situazione di “occupazione”). ll progresso del partenariato risente molto dell´impasse nel conflitto arabo-israeliano. Il Processo di Barcellona non ha l´ambizione di sostituirsi alle altre azioni ed iniziative intraprese a favore della pacificazione, della stabilità e dello sviluppo della regione, ma l’assenza di una soluzione al conflitto palestinese-israeliano è un importante fattore di divisione e continua ad avvelenare le relazioni dei partner Euromed. Il deterioramento della situazione nel conflitto in questione ha finito quasi per bloccare il Processo di Barcellona, dimostrando la preponderanza dei fattori “sicurezza” sulla operatività di tale processo.

Maria do Céu Pinto (2007)