Douglas-Home, Alec

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D.-H. nacque a Londra il 2 luglio 1903, e morì a Berwickshire, in Scozia, il 9 ottobre 1995. I suoi genitori erano entrambi esponenti dell’alta aristocrazia scozzese. Il padre, Charles Cospatrick Archibald Douglas-Home, era il 13° conte di Home, mentre la madre, Lilian Lambton, era figlia di Frederick Lambton, XIV conte di Durham.

Dopo aver frequentato la scuola elementare privata di Ludgrove, D.-H. proseguì la propria formazione all’Eton College e, infine, al Christ Church College di Oxford, dove conseguì una laurea in storia. Accantonata la prospettiva di gestire gli affari di famiglia e scartata la possibilità di intraprendere la carriera militare, D.-H. decise di impegnarsi nella vita politica. Dopo aver inutilmente tentato di farsi eleggere nel collegio elettorale di Coatbridge nel 1929, riuscì a conquistare un seggio parlamentare nel collegio elettorale di Lanark nel 1931 come rappresentante dei conservatori scozzesi, i cosiddetti Unionisti.

Durante la sua prima legislatura alla Camera dei Comuni, D.-H. si limitò a interpretare il proprio ruolo di deputato in appoggio al governo di unità nazionale guidato da Ramsey MacDonald. Tuttavia, in seguito alla seconda rielezione avvenuta nel 1935, si vide attribuire le cariche di segretario speciale, in qualità di membro della Camera dei Comuni, presso il ministero del Lavoro e presso il ministero per la Scozia, prima di accettare la proposta di diventare segretario speciale, in qualità di membro della Camera dei Comuni, presso il cancelliere dello Scacchiere Neville Chamberlain.

D.-H. conservò il suo posto accanto a Chamberlain anche dopo che questi succedette a Stanley Baldwin come primo ministro britannico. In tale ruolo, prese attivamente parte alla politica di appeasement perseguita dal governo britannico verso il governo nazista, e partecipò sca dei Sudeti in cambio della generica assicurazione da parte della Germania di non avanzare ulteriori rivendicazioni territoriali.

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, D.-H. chiese di essere arruolato come ufficiale del Lanarkshire Yeomanry, ma l’amministrazione medica dell’esercito rigettò la sua richiesta per motivi di salute. Gli specialisti di Edimburgo gli diagnosticarono una grave forma di tubercolosi spinale che lo tenne immobilizzato per due anni. Durante questo periodo di inattività, D.-H. si tenne comunque costantemente aggiornato sull’andamento delle operazioni belliche e sull’evoluzione del dibattito politico, maturando una accesa diffidenza verso Stalin, e un profondo e duraturo sentimento anticomunista.

Tornato a Londra nel 1944, nonostante le dure critiche rivolte alla scelta anglo-americana di concedere parte della Polonia all’Unione Sovietica, ricevette la nomina a sottosegretario, in qualità di membro della Camera dei Comuni, presso il ministero degli Affari esteri del governo di transizione presieduto da Winston Churchill. L’inattesa vittoria del Partito laburista alle elezioni del 1945 coincise per D.-H- con la sconfitta nel collegio elettorale di Lanark e con la perdita del seggio parlamentare.

Il ritorno alla Camera dei Comini avvenne solo con la tornata elettorale del 1950, ma già nel 1951, in seguito alla morte del padre e alla conseguente attribuzione del titolo di XIV conte di Home, D.-H. dovette nuovamente rinunciare alla Camera dei Comuni e occupare il posto lasciato in eredità dal padre alla Camera dei Lord.

Il passaggio di collocazione parlamentare non ostacolò minimamente la sua carriera politica. Quando Churchill fu nuovamente eletto primo ministro nel 1951, D.-H. venne infatti nominato ministro di Stato per la Scozia, una carica che con James Stuart aveva contribuito a far nascere, e che seppe interpretare con impegno e efficacia. Grazie alla sua attività di governo, la Scozia ottenne una considerevole iniezione di capitali in forma di sussidi e prestiti a favore del proprio sistema agricolo, sovvenzioni per la riforestazione delle proprie zone montuose, un rafforzamento della propria rete elettrica nelle aree periferiche e ingenti fondi per il miglioramento della propria rete viaria.

Durante questa fase D.-H. dovette risiedere in Scozia e, per questo motivo, rimase un personaggio relativamente sconosciuto negli ambienti politici e istituzionali londinesi. Tuttavia, questo non impedì al nuovo primo ministro britannico, Anthony Eden, di nominarlo segretario ai Rapporti con il Commonwealth nel proprio governo formato nel 1955. Anche in questo caso, sebbene si trattasse di un ruolo governativo considerato di secondo piano, D.-H. seppe distinguersi, sia attraverso il fallito ma generoso tentativo di favorire un governo multirazziale in Rhodesia sia, soprattutto, attraverso la paziente e intelligente opera di ricucitura dei rapporti con e tra i paesi del Commonwealth durante la crisi di Suez. Peraltro, in seguito alle dimissioni di Lord Salisbury nel 1957, ebbe l’occasione di aggiungere al proprio ruolo di segretario ai Rapporti con il Commonwealth la prestigiosa carica di presidente della Camera dei Lord.

Grazie all’esperienza compiuta all’interno del gabinetto di Eden, D.-H. riuscì anche a definire con maggiore chiarezza le proprie coordinate ideologiche. Alle radicate convinzioni anticomuniste si aggiunse infatti una precisa consapevolezza dell’impossibilità per la Gran Bretagna (v. Regno Unito) di continuare a recitare un ruolo di grande potenza sullo scacchiere globale. L’urgenza di consolidare un potente argine contro la minaccia sovietica e la necessità di rilanciare le sorti della Gran Bretagna in una dimensione appropriata al suo nuovo rango internazionale spingevano verso un comune orizzonte. La scelta europea, intesa come avvicinamento della Gran Bretagna alla sfera comunitaria, poteva in questo senso rappresentare sia una più efficace risposta alla minaccia comunista sia una possibile ricetta contro il declino britannico.

A questo punto, D.-H. era pronto per accompagnare la svolta europeista che il governo conservatore guidato da Harold Macmillan impresse alla politica britannica a partire dal 1960. Con la nomina di D.-H. alla carica di segretario agli Affari esteri si completò infatti una strategia che, nella visione del primo ministro britannico, mirava a rafforzare la componente filocomunitaria interna alla compagine governativa britannica. Il pretesto per portare a compimento questo disegno venne offerto dalle dimissioni di Derick Heathcoat Amory dalla carica di cancelliere dello Scacchiere nel 1960, e dalla sua sostituzione con l’ex segretario agli Affari esteri Selwyn Lloyd. Macmillan approfittò dell’occasione per realizzare un ampio rimpasto di governo attraverso cui riportò Peter Thorneycroft nel gabinetto in qualità di segretario all’aviazione civile, procedette alla nomina di Arthur Christopher John Soames a segretario all’Agricoltura, attribuì la carica di segretario ai Rapporti con il Commonwealth a Duncan Sundys e, soprattutto, sostituì Selwyn Lloyd con D.-H. al ministero degli Affari esteri. Accanto a D.-H., Macmillan pose l’ex capogruppo conservatore Edward Heath che, con il titolo di Lord del sigillo privato, avrebbe avuto il compito di riferire alla Camera dei Comuni in tema di affari esteri, oltre alla specifica responsabilità di gestire i negoziati comunitari al posto di Reginald Maudling.

La nomina di D.-H non fu affatto scontata. Macmillan inizialmente nutriva dubbi sull’opportunità di avanzare la candidatura di un uomo che era stato in qualche modo coinvolto nella catastrofica politica di appeasement di Chamberlain e che, seppure per gravi motivi di salute, aveva evitato la guerra. I circoli progressisti, e persino la corrente di sinistra e gruppi di giovani parlamentari dello stesso Partito conservatore consideravano la prospettiva di un peer alla guida del ministero degli Affari esteri come una scelta provocatoria e reazionaria. La grande stampa si scagliò quasi unanimemente e con toni durissimi contro la designazione, tanto che il “Daily Mirror” arrivò a definire la nomina di D.-H. come la più insensata da quando Caligola aveva promosso il suo cavallo preferito a senatore. Lo stesso D.-H. ebbe qualche esitazione a accettare una carica che vedeva incompatibile con il proprio stato di salute e con il proprio ruolo istituzionale all’interno della Camera dei Lord.

Tuttavia, una volta compiuta la scelta, Macmillan si mostrò irremovibile, e il gruppo parlamentare conservatore decise di accantonare i dubbi e di schierarsi compattamente al fianco del proprio primo ministro quando il capo dell’opposizione laburista, Hugh Gaitskell, chiese e ottenne una discussione e un voto specifici per impedirne la nomina. In seguito, D.-H. assunse diverse iniziative e dimostrò qualità che gli permisero di ottenere la stima e il plauso anche di numerosi ambienti e personalità che inizialmente erano stati scettici o ostili nei suoi confronti.

Durante i tre anni in cui ricoprì il proprio ruolo, D.-H. si mosse infatti con abilità su diversi fronti, dal contributo alla soluzione della seconda crisi di Berlino ai proficui rapporti con il presidente americano John Fitzgerald Kennedy durante la crisi dei missili a Cuba, dalla gestione della crisi congolese agli interventi sullo scenario laotiano passando per l’impegno nella soluzione della difficile transizione in Rhodesia. Accanto a questi compiti, D.-H. dovette occuparsi della gestione politica della questione comunitaria, sebbene Heath ne avesse la responsabilità negoziale diretta.

Durante un giro di viaggi diplomatici nelle principali capitali europee condotto tra agosto e novembre 1960, D.-H. ebbe modo di registrare l’impossibilità non solo di riattivare la proposta di una zona europea di libero scambio, ma anche di poter creare forme particolari di associazione tra Comunità economica europea e Associazione europea di libero scambio, o tra Comunità economica europea e Gran Bretagna. Nonostante l’atteggiamento conciliante dell’Italia, la Francia non era assolutamente disposta a concedere trattamenti di favore alla Gran Bretagna, e la Germania non era a sua volta disposta a mettere in pericolo i propri rapporti con la Francia pur di concedere trattamenti preferenziali alla Gran Bretagna.

La verifica di queste condizioni politiche, unita alle continue pressioni verso un ricompattamento del blocco occidentale europeo provenienti dagli Stati Uniti, alla progressiva disgregazione dell’impero britannico, alla grave crisi economica nazionale, ai primi risultati e alle conseguenti accelerazioni della messa in opera dell’Unione doganale comunitaria e agli esiti dei lavori del comitato presieduto da Frank Lee condussero il primo ministro Macmillan e, con lui, lo stesso D.-H. a ritenere necessaria l’apertura di formali negoziati di adesione della Gran Bretagna alle Comunità europee il 9 agosto 1961.

Pur non partecipando in maniera diretta ai negoziati, D.-H. fu il principale referente politico del capo della delegazione britannica Edward Heath e, insieme al primo ministro Macmillan, la figura britannica di riferimento nei contatti tra le cancellerie europee. La sua intransigente determinazione nel voler preservare le relazioni tra Gran Bretagna e Commonwealth e, soprattutto, la sua ostentata predisposizione a anteporre i rapporti transatlantici alle relazioni intraeuropee della Gran Bretagna contribuirono a determinare il fallimento dei negoziati. In particolare, la priorità di assicurarsi l’indipendenza nucleare attraverso la collaborazione tecnologica bilaterale con gli Stati Uniti, culminata con gli accordi di Nassau relativi alla cessione dei missili statunitensi a testata nucleare Polaris il 21 dicembre 1962, e il consenso alla scelta statunitense di chiudere il cerchio dei paesi con potenzialità atomiche, emerso chiaramente ai negoziati sul Trattato per il bando degli esperimenti atomici, segnarono la rottura con la Francia e, con essa, il veto all’adesione britannica decretato dal presidente francese Charles de Gaulle il 14 gennaio 1963.

Il disastroso esito della prima richiesta britannica di adesione alle Comunità europee non ostacolò però la vicenda politica personale di D.-H. Addirittura, la sua carriera conobbe a breve una ulteriore decisiva accelerazione dopo che Macmillan fu costretto per una combinazione di problemi di salute, guai giudiziari e crisi di consensi a dimettersi dalle cariche di capo del Partito conservatore e di primo ministro britannico l’8 ottobre 1963. Nel corso di una confusa consultazione interna al Partito conservatore, D.-H. seppe inserirsi tra i principali contendenti alla successione, Richard Butler e Quintin Hogg, e presentarsi come unica personalità capace di garantire continuità di governo, e compattezza nel partito.

Una volta conquistato il ruolo di capo del Partito conservatore, si aprì naturalmente la prospettiva di un’ascesa alla massima carica del governo. Grazie al sostegno della Regina Elisabetta II e dello stesso Macmillan, e nonostante i malumori espressi da ampi settori dell’opinione pubblica e dello stesso governo, D.-H. poté così essere nominato primo ministro il 19 ottobre 1963. Contestualmente, in base a una consuetudine che imponeva l’appartenenza del primo ministro alla Camera dei Comuni e l’incompatibilità sostanziale tra rango aristocratico e presidenza del Consiglio dei ministri, D.-H. fu costretto a rinunciare al proprio titolo nobiliare, a rassegnare le dimissioni dalla Camera dei Lord e a conquistare un seggio alla Camera dei Comuni nelle elezioni suppletive della circoscrizione elettorale di Kinross e West Perthshire.

L’esperienza di capo di gabinetto fu però breve. Le controverse modalità della sua nomina, l’opacità mediatica della sua figura, la sua inesperienza negli affari interni e l’anacronismo della sua discendenza nobiliare, uniti alle polemiche defezioni di importanti personalità del precedente governo come Ian Macleod ed Enoch Powell, minarono sin dall’inizio la sua credibilità. Parallelamente, l’incapacità di riequilibrare il bilancio statale e la bilancia dei pagamenti e il sostegno a misure impopolari come l’abolizione dell’accordo di prezzo imposto sulla fissazione di prezzi minimi sui prodotti al dettaglio, uniti all’ascesa di una leadership giovane e ambiziosa nel Partito laburista, segnarono prima la crisi e poi la fine della sua amministrazione.

Seppure con un ridotto scarto di voti, le elezioni generali del 1964 videro infatti la sconfitta del Partito conservatore, e la vittoria del Partito laburista di Harold Wilson.

Ugualmente breve fu l’esperienza di H.-D. come capo dell’opposizione. Le critiche alla sua gestione della fase di governo e della campagna elettorale, insieme al diffuso desiderio di rinnovare stile, uomini e programmi, convinsero i maggiorenti del Partito conservatore a indire elezioni interne per la nomina di un nuovo presidente. Grazie alla riforma del partito promossa dallo stesso D.-H., la nuova successione avvenne in maniera meno caotica e traumatica rispetto alla precedente. Nel 1965 Heath divenne così il nuovo capo del Partito conservatore e dell’opposizione parlamentare, imponendosi rispettivamente su Enoch Powell e Reginald Maudling.

D.-H. riprese il suo posto alla Camera dei Lord, ritornando al proprio antico impegno a favore dello sviluppo dell’autonomismo scozzese e mettendosi disciplinatamente a disposizione del nuovo capo del partito. Il suo atteggiamento di leale collaborazione e le sue riconosciute capacità e conoscenze internazionali, fecero ancora una volta pensare a lui come a una risorsa indispensabile per il Partito conservatore in tema di politica estera.

Heath decise infatti di indicare D.-H. come segretario ai Rapporti con il Commonwealth e agli Affari esteri nel proprio governo ombra e, dopo la vittoria elettorale del 1970, di nominarlo nuovamente segretario agli Affari esteri nel proprio governo.

Il secondo mandato come segretario agli Affari esteri fu caratterizzato da luci e ombre. Da una parte, fu funestato dallo scandalo della vendita di armi al Sudafrica, dall’aggravarsi della crisi in Rhodesia e da un generale allentamento nei rapporti con gli Stati Uniti di Richard Nixon. Dall’altra, fu segnato dalla brillante operazione di individuazione e espulsione di 105 spie sovietiche dal territorio britannico e, soprattutto, dal felice esito dei nuovi negoziati per l’ingresso della Gran Bretagna nelle Comunità europee, formalizzato il 1° gennaio 1973. Con l’adesione britannica alle Comunità europee si compiva finalmente un percorso durato dodici anni, in cui D.-H. aveva investito, pur tra titubanze e contraddizioni, gran parte delle proprie energie politiche e ideali.

Dopo la nuova sconfitta del Partito conservatore a opera del Partito laburista di Wilson alle elezioni generali del 1974, D.-H. abbandonò definitivamente la Camera dei Comuni, dove era tornato in seguito alle elezioni del 1970, e rientrò stabilmente nella Camera dei Lord con un life peerage come Lord Home of the Hirsel. Da quel momento, D.-H. scomparve definitivamente dalla ribalta della vita politica britannica, limitandosi a sostenere la causa scozzese con interventi parlamentari e, soprattutto, con il proprio impegno a favore del referendum del 1979 sulla devoluzione.

Simone Paoli (2010)

Bibliografia

Denman R., Missed chances, Britain and Europe in the twentieth century, Cassell, London 1996.

Douglas-Home A., The way the wind blows, William Collins Sons & Co, London 1976.

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