Europa “alla carta”

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L’espressione “Europa alla carta” indica un modo di Integrazione differenziata secondo cui i vari Stati membri hanno la facoltà di selezionare – in analogia con chi sceglie dal menu di un ristorante – il settore politico al quale vorrebbero partecipare, conservando al tempo stesso un numero minimo di obiettivi comuni. In questo caso quindi, non vi è un obiettivo comune a tutti gli Stati membri, come invece è il caso nell’Europa “a più velocità” in cui la differenza è data dal diverso ritmo dell’integrazione, restando ciascuno libero di sottrarsi all’integrazione in quei settori ritenuti irrinunciabile dominio della sovranità nazionale (v. anche Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). In effetti, il risultato dell’applicazione di un tale metodo potrebbe essere quello di un’Europa a “cerchi concentrici” o a “più strati”, con un centro che condivide un livello di integrazione maggiore e una periferia che aderisce soltanto ad alcuni aspetti, quelli economici per lo più, della costruzione europea.

Il primo a parlare di Europa à la carte fu nel 1965 il francese Louis Armand, che già era stato il primo presidente dell’Comunità europea dell’energia atomica (CEEA o Euratom), descrivendo in via ipotetica una situazione in cui lo sviluppo della cooperazione in settori non direttamente coperti dai Trattati di Roma fosse affidato alla libera adesione di ciascuno Stato membro ed eventualmente di paesi al di fuori della Comunità. Tale schema ha conosciuto un’applicazione concreta con l’avvio nel 1967 della cooperazione in materia di ricerca scientifica su base puramente intergovernativa (v. Cooperazione intergovernativa), fra i Sei della Comunità economica europea (CEE) e altri tredici paesi europei (progetto Cooperazione scientifica e tecnica).

Dopo l’ingresso del Regno Unito nella Comunità, la prospettiva di un’Europa alla carta si è fatta più concreta, soprattutto con l’incremento dei casi di opting-out concessi al Regno Unito e a Stati come la Danimarca, più recalcitranti verso l’estensione dell’integrazione a settori diversi dal commercio e gli scambi, e con la realizzazione dell’Allargamento a Est dell’Unione nel quale molti vedono il rischio di una diluizione degli aspetti sovranazionali della costruzione europea a favore della costruzione di una grande area di scambi. A questa tendenza hanno reagito gli Stati che invece considerano l’integrazione il mezzo più adatto a salvaguardare il loro potere di influenza su una scena internazionale caratterizzata da una crescente interdipendenza. Si è così contrapposto all’idea dell’Europa à la carte il progetto del cosiddetto “nocciolo duro”, cioè la creazione di un nucleo di Stati intenzionati ad approfondire l’integrazione reciproca al di là degli aspetti puramente economici, in una prospettiva di lungo termine esplicitamente federale (v. Federalismo). L’idea di un’Europa “a cerchi concentrici” attorno al nucleo centrale degli Stati uniti d’Europa, composto dai sei paesi fondatori, fu avanzata per la prima volta in un articolo pubblicato da due alti funzionari dello staff di Helmut Josef Michael Kohl, Michael Mertes e Norbert Prill, nel luglio 1989, nel momento in cui si andava definendo la possibilità concreta dell’unificazione tedesca (v. Germania). Il concetto di Kerneuropa, o nucleo duro, è stato proposto nei primi anni Novanta dagli ambienti della Christlich demokratisce Unione Deutschlands/Christlich-soziale Union (CDU/CSU) tedesca, in particolare in un documento del settembre 1994 redatto a cura del gruppo parlamentare, all’epoca più in risposta ai timori per l’ingresso nell’Unione economica e monetaria di un paese come l’Italia di scarse virtù dal punto di vista economico-finanziario che per la volontà di raggiungere livelli maggiori di integrazione. È significativo, comunque, il fatto che in esso si affermava a chiare lettere che «nonostante le difficoltà giuridiche e pratiche, l’idea di geometria variabile o di un’Europa a più velocità dovrebbe essere istituzionalizzata nel trattato sull’Unione […]; in caso contrario, l’Unione resterà limitata alla cooperazione intergovernativa favorevole all’Europa à la carte».

La realizzazione dell’allargamento e la nuova situazione internazionale venutasi a creare dopo i fatti dell’11 settembre 2001, con le conseguenze nei rapporti euroatlantici, hanno riportato in auge il tema della definizione dell’identità europea anche in campo politico, da molti ritenuta possibile solo attraverso l’istituzione di un gruppo ristretto di Stati, il “gruppo dei pionieri” invocato dal presidente francese Jacques Chirac di fronte al Bundestag il 27 giugno 2000, disposti a procedere sulla via dell’integrazione politica.

Francesco Petrini (2007)