Ferri, Mauro

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  1. (Roma 1920), proveniente da una famiglia di media borghesia cattolica, compì gli studi secondari presso i gesuiti e si laureò in giurisprudenza nel 1942.

Al momento della caduta del fascismo, F. si trovava a Castel San Niccolò, in provincia di Arezzo, paese d’origine del padre, dove entrò in contatto con ambienti antifascisti, aderendo al Comitato di liberazione locale. Disertò la chiamata alle armi della Repubblica sociale italiane e si sottrasse ad un arresto per propaganda antifascista nel gennaio del 1944. Subito dopo la Liberazione fu nominato dal Comitato di liberazione nazionale (CLN) assessore nella giunta comunale di Castel San Niccolò. Nel giugno del 1945, sempre su proposta del CLN, fu designato sindaco, carica poi riconfermata l’anno seguente dalla consultazione elettorale. Rimase sindaco fino alla fine del 1950. Dal 1951 al 1964 fu consigliere comunale ad Arezzo. Dal 1951 al 1955 ricoprì anche la carica di consigliere provinciale di Arezzo.

Nel frattempo, dal maggio 1945, F. aveva aderito al Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP). All’interno del partito F. fu a più riprese, tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Sessanta, segretario della Federazione socialista aretina. Nel maggio 1949 venne chiamato far parte del Comitato centrale del Partito socialista italiano (PSI), entrò poi nella Direzione nazionale del partito nel novembre 1965 dove rimase, fino al luglio 1969.

Nel 1953 fu eletto deputato per la circoscrizione di Siena-Arezzo-Grosseto. Rieletto nel 1958, svolse il ruolo di segretario del gruppo parlamentare del PSI per tutta la legislatura. Di nuovo eletto alla Camera nel 1963, ricoprì la carica di vicepresidente del gruppo parlamentare del PSI dal maggio al dicembre 1963. Nel dicembre 1963 divenne presidente del gruppo socialista e, dopo l’unificazione, presidente del gruppo parlamentare PSI-Partito socialista democratico italiano (PSDI). Rieletto deputato nel 1968, fu di nuovo presidente del gruppo parlamentare e membro della Commissione esteri. Nel luglio 1969, F. lasciò il PSI per fondare il Partito socialista unitario, di cui fu il segretario fino alla vigilia delle elezioni del 1972, quando venne sostituito da Mario Tanassi. Rieletto per l’ultima volta alla Camera nel maggio 1972, fu nominato ministro dell’Industria, Commercio e Artigianato nel II governo di Giulio Andreotti (giugno 1972-giugno 1973). Abbandonato l’incarico ministeriale, continuò a fare parte della Direzione nazionale del PSDI, come responsabile dei rapporti internazionali.

Nel 1979 fu eletto al Parlamento europeo nelle prime elezioni dirette (v. anche Elezioni dirette del Parlamento europeo), come capolista del PSDI nella circoscrizione di Milano. Da parlamentare europeo F. si avvicinò alle posizioni di Altiero Spinelli e del Club del Coccodrillo, sostenendo la proposta di istituzione di una Commissione istituzionale incaricata di dare vita al progetto di un nuovo trattato sull’Unione europea. Approvata dall’Assemblea il 9 luglio 1981 la costituzione di una Commissione istituzionale composta da 37 membri, F., che già era membro del Comitato ad hoc sui diritti delle donne e presiedeva la Commissione giuridica, ne divenne il presidente, mentre Spinelli fu designato relatore-coordinatore. Da questa posizione F., in stretta collaborazione con Spinelli, fu uno dei principali artefici del progetto di Trattato per l’Unione europea che venne approvato dal Parlamento il 14 febbraio 1984.

Successivamente F. venne chiamato, come rappresentante del Presidente del Consiglio dei Ministri italiano Bettino Craxi, a fare parte del Comitato, inizialmente denominato Spaak 2, incaricato dal Consiglio europeo di Fontainebleau di studiare le possibili riforme istituzionali della Comunità (v. Accordi di Fontainebleau). Il Comitato, presieduto dal senatore irlandese James Dooge, presentò le conclusioni del suo lavoro al Consiglio europeo di Bruxelles del 29-30 marzo 1985. Nelle settimane seguenti F., insieme al Consigliere di ambasciata Roberto Nigido, fu incaricato dal Presidente del Consiglio di svolgere una serie di contatti al più alto livello nelle capitali comunitarie allo scopo di individuare le basi di un possibile accordo in vista della convocazione di una Conferenza intergovernativa (v. Conferenze intergovernative) incaricata di discutere la riforma dei Trattati. La missione di F. risultò di sicura utilità, contribuendo a chiarire le posizioni dei “minimalisti”, cioè i paesi più restii verso l’Approfondimento dell’integrazione (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della) (Regno Unito, Danimarca, Grecia), e a rinsaldare la solidarietà dei sei paesi fondatori. A coronamento del suo impegno in ambito europeo, nel giugno 1986 F. fu eletto presidente del Consiglio italiano del Movimento europeo, carica che lasciò al momento in cui fu chiamato a far parte della Corte costituzionale.

Nel gennaio 1986 fu designato dal Parlamento a far parte del Consiglio superiore della magistratura. Divenuto membro della Corte costituzionale nell’ottobre 1987, ne è stato presidente dal 23 ottobre 1995 al 4 novembre 1996.

Francesco Petrini (2009)