Goes van Naters, Marinus van der

image_pdfimage_print

V.d.G. (Nimega 1900-Wassenaar 2005) è stato un uomo politico olandese, socialista e federalista, membro dell’Assemblea ad hoc e parlamentare europeo.

Personalità sanguigna, quella del rode jonker (nobile rosso) – così denominato per esprimere la contraddizione tra le sue origini aristocratiche e l’affiliazione al partito socialista –, spesso incline a vibrare attacchi violenti nei confronti degli oppositori e a nutrire i suoi interventi pubblici di inedita passione. V.d.G. dedicò l’intero arco della sua esistenza alla politica, alla quale continuò ad interessarsi sistematicamente anche ultracentenario, dall’ultima dimora di Wassenaar. Mancava, in verità, di tatto e di diplomazia, lacune che provocarono, oltre a ripetuti ed accesi contrasti con i colleghi all’Aia, il rapido tramonto della sua leadership nel partito socialdemocratico olandese (Partij van de Arbeid, PvdA). Coraggioso, erudito e fedele ai suoi principi, contribuì a scrivere le pagine più significative dell’impegno europeista della Tweede Kamer (la Camera dei deputati del Parlamento dei Paesi Bassi).

Cresciuto in un ambiente colto e raffinato ed educato secondo i principi del protestantesimo liberale, v.d.G. frequentò il liceo nella città natale, mentre, nel 1919, la vocazione per gli studi giuridici lo condusse a Leida, ove rimase fino al 1923. Neolaureato tornò a Nimega, iniziando a esercitare la professione di avvocato presso lo studio legale del padre. Pur dedicandosi con devozione all’impegno forense, non trascurò di approfondire gli aspetti teorici del diritto. Nel 1930, infatti, conseguì il dottorato di ricerca in giurisprudenza, presentando una tesi sulla concezione socialdemocratica dello stato, all’interno della quale individuava in un sistema politico ampiamente decentrato lo strumento più idoneo a garantire l’efficienza realizzativa. (v. Heinen, 1988, vol. 3, pp. 346-440). Al di là dell’originalità dei contenuti, il lavoro di v.d.G. evidenziava chiaramente un’estesa conoscenza del patrimonio ideologico socialista, nonché un forte coinvolgimento intellettuale dell’autore rispetto ai temi affrontati. In effetti, già nel 1918, il giovane jonker aveva irreversibilmente plasmato la propria coscienza politica attorno alla lezione del socialismo, in virtù di una genuina fascinazione per la personalità e per la vicenda di Jelles Troelstra, cofondatore del partito socialdemocratico olandese (Sociaal-democratische Arbeiderspartij, SDAP) e protagonista del primo tentativo, presto fallito, di proclamare la rivoluzione socialista nei Paesi Bassi.

Nel 1930, trasferitosi a Heerlen, cattolicissima cittadina del Limburgo, iniziò a svolgere la funzione di consulente legale nell’ambito del Nederlands Verbond van Vakverenigingen (NNV), il sindacato socialista nazionale. Un contesto vivace, quello del NNV, nonché vetrina di tutto rilievo per proporre la figura dell’intraprendente avvocato di Nimega all’attenzione della leadership dello SDAP. E proprio in virtù dei diversi apprezzamenti ricevuti dalla dirigenza socialdemocratica, dal 1935 v.d.G. intraprese, nell’ambito dell’amministrazione del partito, una brillante ascesa, della quale l’elezione alla Camera, l’8 giugno del 1937, rappresentò un prestigioso, seppur naturale, approdo.

Oltre a marcare uno spartiacque di grande significato per sua la carriera politica, gli anni Trenta segnarono anche un momento di importante formazione per la coscienza europeista di v.d.G. Non che il rode jonker si accostasse da assoluto neofita al dibattito sull’unità del vecchio continente sviluppatosi all’indomani della Grande guerra. Il suo primo approccio teorico alle tematiche dell’europeismo, infatti, risaliva agli anni di Leida, quando l’allora studente di giurisprudenza aveva avviato una personale riflessione sul concetto di sovranazionalità. Non certo in virtù di un’intrinseca originalità speculativa, senza nulla togliere al pur elevato spessore intellettuale del giovane studioso. Piuttosto per merito degli insegnamenti del suo professore di diritto costituzionale, Hugo Krabbe, il quale, già nel 1915, nell’ambito del saggio De moderne Staatsidee, aveva indicato nella sovranazionalità uno strumento fondamentale di risoluzione delle controversie interstatali.

Arricchito di un sì fertile sostrato concettuale, il 1° maggio del 1930, l’avvocato di Nimega non poteva restare impermeabile al richiamo di Aristide Briand, all’epoca ministro degli Esteri francese, alla costruzione di un “regime di Unione federale europea”. Di fatto, il Mémorandum dello statista transalpino divenne oggetto di un esame approfondito da parte di v.d.G., essenziale per informare di nuovi elementi e irrobustire ulteriormente le sue convinzioni europeistiche. E il piano di Briand costituì certo un fondamentale riferimento teorico per il fervente socialdemocratico olandese allorché, durante la Seconda guerra mondiale, e soprattutto nei campi di prigionia nazista, egli compì il passaggio decisivo da una non precisata sensibilità europeistica all’autentica militanza federalista. Una svolta cui contribuirono in misura forse ancor più diretta le frequentazioni che, a Buchenwald, Haaren e Sint-Michielsgestel successivamente, intercorsero tra v.d.G. e illustri esponenti del Federalismo dei Paesi Bassi, nonché personalità di elevatissima caratura morale e intellettuale, Hendrik Brugmans in primis.

A fronte dell’impegno profuso, dal 1940 al maggio del 1945, nella riflessione sul possibile superamento dello stato nazionale, liberata l’Olanda dall’occupazione del Reich, il rode jonker preferì temporaneamente allontanarsi dai circoli federalisti per dedicarsi in via esclusiva alla politica nazionale. Le questioni all’ordine del giorno sull’agenda dell’Aia, del resto, erano molteplici e cogenti: la ricostruzione politico-economica, la ridefinizione dei rapporti con la Germania, le turbolente relazioni con le colonie. Assunta la leadership del PvdA – la formazione partitica, nata nel 1946 come erede dell’obsoleto SDAP, di cui fu cofondatore – l’avvocato di Nimega intervenne risolutamente, e non senza abbandonarsi a eccessi passionali, sulla scena politica. In prima battuta, con riguardo al problema della Germania, si schierò con decisione tra i propugnatori della correzione del confine orientale olandese ai danni del vicino tedesco, a titolo di equo risarcimento bellico. Di conseguenza, entrò a far parte del Nederlandsch Comité voor Gebieduitbreiding (Comitato olandese per l’ampliamento territoriale), composto da figure di primo piano del policy-making nazionale e coordinato dall’ex ministro delle Finanze, Johannes van den Broek. Piuttosto controversa, in verità, la scelta di v.d.G. di aderire al Comité, in stridente contrasto, quanto meno, con l’ampiamente professato credo europeista e federalista, e che tuttavia trovava una sua spiegazione ragionevole nell’impeto di rivalsa dell’ex deportato politico nei confronti dell’oppressore sconfitto.

In tema di riassetto, nazionale e continentale, il deputato socialista, come era prevedibile, accolse con solerzia l’invito alla cooperazione intereuropea lanciato dal generale George Marshall nel giugno del 1947 (v. Piano Marshall). Già nel marzo del 1948, infatti, secondo una prospettiva non troppo lontana dal Funzionalismo monnetiano (v. Monnet, Jean) – anche con riferimento all’obiettivo condiviso di giungere alla costruzione di un’Europa federale –, v.d.G. presentava all’Aia, insieme al cattolico P.J.S. (Jos) Serrarens, una mozione (accolta dalla Tweede Kamer il successivo 28 aprile) in cui proponeva di affidare il ripristino e la gestione dei settori più carenti e al contempo più vitali dell’economia europea a organi sovranazionali. In tale ottica, l’ancipite apparato istituzionale del Consiglio d’Europa – formalmente istituito a Londra, il 5 maggio 1949 e costituito da un Comitato dei ministri e da un’Assemblea consultiva – era ritenuto dall’europeista olandese, oltre che espressione dell’effettiva volontà degli Stati continentali di modificare il sistema delle reciproche relazioni e di garantire, in tal modo, il mantenimento della pace in Europa, anche e soprattutto il fulcro di una federazione europea di quanto mai prossima realizzazione. Inutile dire, pertanto, dell’amarezza del rode jonker – che pure, dall’agosto del 1949 all’aprile del 1959, in qualità di delegato dell’Aia e vicepresidente presso l’Assemblea consultiva, si era tenacemente impegnato ad accrescere il prestigio e l’efficienza del Consiglio d’Europa – nel constatare il cristallizzarsi della fisionomia intergovernativa dell’istituzione di Strasburgo.

Ma, per quanto cocente, la delusione delle aspettative federaliste di v.d.G. fu soltanto l’anticamera di un ben più doloroso passaggio della sua lunga carriera politica. Il 15 gennaio 1951, infatti, il presidente dei deputati del PvdA si trovava costretto a rassegnare le dimissioni dall’incarico, dopo aver inutilmente tentato di persuadere l’allora primo ministro Willem Drees, anche ricorrendo a toni forti, a pervenire a una soluzione diplomatica della scottante questione indonesiana.

Il congedo forzato dalla guida del partito non comportò l’abbandono della funzione parlamentare; al contrario, oltre a conservare la carica di deputato del PvdA – distinguendosi peraltro per la fermezza con cui sostenne, nell’autunno del 1957, la rapida ratifica dei Trattati di Roma da parte della Tweede Kamer –, dal 1952 il “nobile rosso” venne designato rappresentante dell’Aia all’Assemblea della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), esercitando il mandato fino al 1967.

In tale ambito, l’energico europeista olandese visse uno dei momenti più alti della storia dell’integrazione continentale sul piano del fermento propositivo (v. Integrazione, teorie della), come pure dell’entusiasmo federalista. Partecipò, infatti, ai lavori dell’Assemblea ad hoc, costituita il 10 settembre 1952 sotto la presidenza di Paul-Henri Spaak, e incaricata di progettare il trattato istitutivo di una Comunità politica europea (CPE). La vitalità del contesto in cui si trovò ad operare sollecitò significativamente la riflessione politica di v.d.G., il quale, proprio in quel periodo, presentò al Consiglio d’Europa una delle sue iniziative più apprezzabili, per forza creativa oltre che per rigore concettuale e programmatico. Si trattava del piano di “europeizzazione” della Saar, elaborato tra il 1952 e il 1954, con il quale il rappresentante dell’Aia a Strasburgo suggeriva di porre il conteso territorio sotto il controllo di un Alto commissariato sovranazionale. Un’iniziativa di valore, divenuta oggetto di concreta attenzione e di serrate trattative tra i governi francese e tedesco – cui v.d.G. prese parte attiva in qualità di mediatore e portavoce dell’istanza europeista – ma destinata a tramontare in via definitiva dopo il 23 ottobre 1955, allorché i cittadini del Saarland, chiamati a pronunciarsi mediante referendum, si espressero decisamente a favore della riunificazione con la Germania.

Al di là della sfortunata sorte della sua coraggiosa proposta, fino al 1967, anno in cui abbandonò simultaneamente la Camera olandese e il Parlamento europeo, il rode jonker continuò a portare avanti le proprie battaglie personali con straordinaria tenacia, sia a livello nazionale, sia nel contesto comunitario, mostrando particolare sensibilità per le tematiche della cooperazione allo sviluppo, con specifico riguardo al problema africano, e della tutela ambientale.

Prima di ritirarsi definitivamente a Wassenaar, chiudendo con ciò il capitolo della sua vita professionale e istituzionale, l’ultrasettantenne avvocato di Nimega non si lasciò comunque sfuggire l’esperienza della didattica accademica, nonché la possibilità di contribuire direttamente alla crescita culturale dell’Africa, accettando, nel 1970, l’incarico di professore in visita di diritto e sociologia offertogli dall’Università del Ruanda.

Tornato in Olanda, nel 1973, si dedicò alla stesura della sua autobiografia, pregiata ricostruzione della vicenda pubblica e umana di un illustre testimone del Novecento pubblicata nel 1980. Contestualmente, la voce critica di v.d.G. continuava a risuonare dalle colonne dei quotidiani del PvdA. E i suoi attacchi veementi, che peraltro non risparmiavano neanche politici del calibro e della popolarità di Wim Kok, alimentarono più di qualche tensione all’interno del partito.

Giulia Vassallo (2012)

Bibliografia

Brouwer W.L., Idealen en ambities: Marinus van der Goes van Naters als bemiddelaar in de Saarkwestie, 1952-1954, in “Politieke Opstellen”, n. 15-16, 1995-1996.

Goslinga H., “Rode jonker” leerde al vroeg schelden, in “Trouw”, 16 februari 2005.

Heijmans T., Van der Goes van Naters (104) dood, in “De Volkskrant”, 15 februari 2005.

Heinen A., Netherlands political parties and pressure groups in the discussion on European Union”, in W. Lipgens, W. Loth (a cura di), Documents on the history of European integration, vol. 3, De Gruyter, Berlin-New York 1988.