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Krenz, Egon

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K. (Kolberg 1937) alla vigilia della guerra, a causa dell’espulsione della popolazione di etnia tedesca dalle zone orientali, si stabilì a Damgarten che, in quanto territorio di occupazione sovietica, sarebbe in seguito diventato uno Stato della Germania Est o Repubblica Democratica tedesca (Deutsche Demokratische Republik, DDR), fondata ufficialmente nel 1949). Ancora studente si unì all’organizzazione comunista giovanile Ernst Thälmann, fondata nel 1948. Nel 1953 aderì all’organizzazione giovanile ufficiale Freie Deutsche Jugend (FDJ). Due anni dopo, nel 1955, aderì al primo partito, la SED (Sozialistische Einheitspartei Deutschland) e al sindacato FDGB. (Freie deutsche Gewerkschaftsbund). Dopo aver conseguito la laurea per l’abilitazione all’insegnamento nel 1957 presso un’istituzione universitaria, si unì all’esercito nazionale popolare (Nationale Volksarmee, NVA) per un totale di due anni di servizio. Nel 1958 venne delegato alla quinta conferenza del partito comunista SED, come rappresentante dell’NVA.

La sua carriera professionale da militante comunista ebbe inizio nel 1959 allorché K. avanzò nella scala gerarchica dell’organizzazione giovanile FDJ, dapprima come leader dell’unità regionale, nel biennio 1960-61 come primo segretario a livello distrettuale a Rostock e, ancora, dal 1961 al 1964 in qualità di segretario del Comitato centrale della FDJ, responsabile dell’attività della FDJ nelle università e negli istituti scolastici. K., che era riconosciuto come potenziale candidato politicamente affidabile per alti incarichi all’interno della gerarchia comunista, dal 1964 al 1967 venne inviato a Mosca a studiare presso l’Università del Partito comunista sovietico, dove si laureò in Scienze sociali. Al suo ritorno nella Germania Est, venne nominato segretario del Comitato centrale della FDJ, responsabile della sezione agitazione e propaganda del movimento, nonché dell’indottrinamento nelle scuole. Egli ebbe tale ruolo di direzione ideologica dal 1967 al 1974. La sua influente posizione all’interno della gerarchia comunista venne confermata dal fatto di ricevere diverse altre nomine nel 1971, a soli 34 anni.

Tra il 1971 e il 1974 fu alla guida dell’organizzazione dei Giovani pionieri Ernst Thälmann grazie alla quale egli stesso aveva abbracciato l’ideologia comunista nella prima adolescenza.

Inoltre, nel 1971 (e fino al 1990) diventò membro del parlamento (Volkskammer) e per i primi dieci anni fu pure membro del comitato di presidenza del Volkskammer. La sua carriera fu coronata dallo status di candidato del Comitato centrale del Partito comunista, sempre nel 1971. Soltanto due anni dopo, nel 1973, diventò membro dello stesso Comitato. La base dei suoi incarichi politici rimase sempre la sua posizione nella FDJ – l’unica organizzazione giovanile legale nella Germania Est che includeva ogni singolo bambino tedesco orientale. K. era al vertice dell’organizzazione, in qualità di primo segretario del Comitato centrale della FDJ, a partire dal 1974 e fino al 1983. Nel 1983 egli fu nominato membro del Politbro (abbreviazione di Ufficio politico, dal tedesco Politburo) e così entrò a far parte dell’esecutivo del Partito comunista e dell’“avanguardia del popolo”, che aveva il potere di controllare lo Stato. Già nel 1981 era diventato membro della presidenza collegiale della DDR, lo Staatsrat, e nel 1984 fu nominato numero due dopo Erich Honecker (1912-1994), a lungo leader, che guidò la DDR dal 1971 fino al 1989, fino a quando fu costretto a dimettersi.

K. fu istruito per diventare un funzionario comunista. Fu uno dei pochi a ricevere una formazione da parte del regime comunista come potenziale futuro leader della Germania Est. Per ironia della storia, K. sarebbe poi effettivamente diventato capo di Stato, ma soltanto per pochi mesi e per assistere impotente alla caduta del regime comunista all’indomani della Perestrojka, processo avviato dal presidente sovietico Michail Gorbačëv.

La difficoltà a valutare sino a oggi il ruolo di K. come politico – membro del Volkskammer, dello Staatstrat e del Politburo – è legata alla natura del regime comunista nella Germania Est e a una certa mancanza di studi analitici sul funzionamento effettivo del sistema. Non è noto se K. abbia svolto un ruolo indipendente da funzionario comunista, o se piuttosto sia stato un funzionario fantoccio senza molte idee e strategie proprie.

È comunque evidente che l’organizzazione giovanile FDJ, creata da colui che sarebbe in seguito divenuto capo di partito e di Stato, Erich Honecker, ebbe un ruolo centrale nell’indottrinamento della gioventù della Germania Est. La FDJ venne anche usata come “arma dogmatica” contro le organizzazioni e le istituzioni clericali giovanili, conflitto che dominò gli anni Cinquanta, prima dell’incarico di K. Dagli anni Sessanta in poi, la posizione di vantaggio delle organizzazioni giovanili comuniste rispetto a quelle religiose o ad altre istituzioni non comuniste si era consolidata e K., dalla propria posizione ai vertici della FDJ, dovette solo continuare a operare su una strada già battuta. Esistono prove che testimoniano come K. sia stato un comunista più dogmatico di molti altri, forse più appassionato del necessario e probabilmente più dogmatico di quanto il sistema comunista potesse accettare alla fine degli anni Ottanta, quando egli finalmente arrivò al potere. K. si schierò a favore della violenta azione militare compiuta dal governo comunista cinese contro gli studenti in rivolta nella capitale Beijing tra il 2 e il 4 giugno 1989. Giustificò il repressivo intervento di Stato ritenendolo un atto necessario per ristabilire l’ordine pubblico. Inoltre, espresse la sua solidarietà nei confronti del regime comunista cinese durante una visita a Beijing il 1° ottobre 1989, in occasione dei festeggiamenti del 40° anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese.

K. potrebbe essere considerato un fautore della linea dura sulla scia del suo mentore Erich Honecker al quale succedette nell’ottobre del 1989. Prima del drammatico cambiamento nel regime della Germania Est, a cui seguì di lì a poco il completo crollo, K. fu incaricato della sicurezza interna. Egli sostiene a ragione che all’epoca non si verificò alcun massacro simile all’azione di polizia cinese compiuta soltanto quattro mesi prima a opera delle forze dell’ordine della DDR contro i partecipanti della grande manifestazione svoltasi a Lipsia il 9 ottobre 1989. La polizia si mantenne invece nelle retrovie e permise alle masse di manifestare pubblicamente il proprio malcontento nei confronti della situazione politica ed economica del paese. Quando migliaia di tedeschi dell’Est fuggirono dal paese attraverso la Cecoslovacchia e l’Ungheria occupando pertanto le ambasciate della Germania Ovest a Berlino Est, Varsavia e Praga e spostandosi verso la Germania attraverso l’Austria, il regime della DDR destituì Erich Honecker, capo di Stato per lungo tempo, a favore di K.

Il 18 ottobre 1989, K. prese il posto di Honecker come segretario generale del Comitato centrale, vale a dire leader del partito comunista SED. Sei giorni dopo, il 24 ottobre 1989, fu nominato presidente dello Staatstrat e del Consiglio nazionale di difesa, sulla falsariga di Honecker, che aveva concentrato il potere del partito e dello Stato in un’unica persona. Malgrado i suoi sforzi, i cambiamenti avvennero decisamente troppo tardi e i drammatici sviluppi dell’ottobre e del novembre 1989 sfociarono nelle dimissioni dell’intero Comitato centrale e del Politburo il 3 dicembre. K. stesso si dimise dalla carica di presidente dello Staatstrat il 6 dicembre 1989. Un mese più tardi, nel gennaio 1990, quando il suo partito si sciolse e venne trasformato in Partei des demokratischen Sozialismus (PDS), K., membro di lunga data e funzionario senior per più di 15 anni, ne venne estromesso.

Cosa era successo nel frattempo? Dopo la sua nomina come capo del partito e di Stato, K. era intenzionato ad avviare delle riforme – ma solo in parte. La funzione superiore del partito in quanto potere dominante nella Germania Est doveva essere preservata. Per raggiungere tale obiettivo, che era ciò contro cui la maggior parte della popolazione si opponeva e manifestava, il partito aveva falsificato i risultati delle elezioni municipali già sei mesi prima, nel maggio 1989. Fu rivendicata una maggioranza del 98,85% con un’affluenza alle urne del 98,77% mentre gli attivisti dei diritti civili avevano accertato l’esistenza di brogli elettorali osservando in segreto il conteggio dei voti. K., responsabile della supervisione delle elezioni, dichiarò e confermò l’esattezza dei risultati elettorali secondo l’annuncio ufficiale. Quale che fosse la credibilità che K. aveva conquistato fino ad allora fra la popolazione della Germania Est, non aveva più presa in quel momento. Quale che fosse la sua disponibilità a effettuare le riforme e i cambiamenti che aveva promesso ed enunciato il 18 ottobre 1989 – giorno della sua nomina a leader del partito – non gli sarebbe più stata accordata fiducia. Dopo la caduta del regime comunista, venne provata la falsificazione dei risultati elettorali.

Oltre ad aver perso credibilità tra la popolazione della Germania Est, K. Ottenne l’incarico troppo tardi perché fossero possibili cambiamenti significativi, come egli stesso ammise in una pubblicazione successiva (1999). La protesta pubblica aveva preso il via con la prima “Manifestazione del lunedì” a cui aderirono circa 1000 partecipanti, il 4 settembre 1989 davanti a una chiesa di Lipsia (Nikolaikirche). Da quel giorno in poi, ogni lunedì si tenne una manifestazione in quello stesso luogo nonostante i tentativi delle forze di polizia di impedirne lo svolgimento. Alcuni giorni dopo, fu formato un movimento di opposizione denominato Aufbruch 89-Neues Forum a Berlino Est, seguito dapprima da Demokratie Jetzt e poi da Demokratischer Aufbruch, il primo partito non comunista riconosciuto, anch’esso a Berlino Est. In vista delle imminenti celebrazioni del 7 ottobre 1989, quando il regime avrebbe celebrato il 40° anniversario sia della sua nascita che di quella dello Stato e anche Gorbačëv avrebbe preso parte ai festeggiamenti, la violenza di Stato colpì i dimostranti nell’intento di reprimere atteggiamenti e comportamenti di contestazione. Il 2 ottobre, la più grande “manifestazione del lunedì” svoltasi fino a quel momento a Lipsia, fu teatro di atti di vera violenza. K. era a capo del comitato centrale delle forze di sicurezza e perciò responsabile delle azioni della polizia e di altre forze paramilitari come le brigate operaie.

A questo punto il regime comunista dovette affrontare due sfide importanti: una parte della popolazione invocava le sue dimissioni e la fondazione di un governo eletto democraticamente, altri richiedevano non solo cambiamenti democratici, ma anche la riunificazione con la Germania Ovest. Lo stesso governo della Germania Ovest, grazie a trattative segrete condotte tramite la Chiesa protestante e cattolica a vantaggio dell’economia della Germania Est – fece ulteriori pressioni per la Riunificazione tedesca. Anche i sovietici spinsero perché si avviassero delle riforme. Le pressioni provenienti da quasi tutti i fronti paralizzarono completamente il regime, spingendo decine di migliaia di persone a manifestare pubblicamente fino a raggiungere l’apice di 120.000 partecipanti il 16 ottobre 1989. Diversamente da quanto era accaduto 15 giorni prima, quella manifestazione non fu attaccata né dalle forze di polizia né dalle brigate operaie. Non è ancora chiaro se sia stato K., come egli ha più volte ribadito, a fermare il potenziale massacro ordinato da Honecker.

Il 17 ottobre furono richieste le dimissioni di Honecker e si fece il nome di K. come suo possibile successore. In un discorso trasmesso dai media, K. dichiarò la sua disponibilità ad attuare delle riforme – in seno al sistema socialista. Nei giorni seguenti giunsero notizie devastanti per il nuovo leader di Stato. L’economia della Germania Est era sul punto di crollare ed era necessaria una intensa cooperazione con i paesi “capitalisti”. K. licenziò la maggior parte dei funzionari del vecchio establishment e riuscì a rimpiazzarli con dei fedeli seguaci della SED. Il 7 novembre si dimise il governo e il giorno seguente il Politburo. L’indebolimento del partito e della leadership dello Stato portarono all’apertura del Muro di Berlino, il 9 novembre 1989, all’indomani di una conferenza stampa nella quale Günther Schabowski aveva erroneamente dichiarato la libera circolazione dei cittadini della DDR. I tedeschi dell’Est presero sul serio tale dichiarazione e corsero in massa verso le frontiere dove la polizia di confine, impreparata, non poté far altro che lasciar passare tutti coloro che lo desideravano. Erano le ore 23.14 del 9 novembre 1989 quando finalmente quella barriera fu rimossa per sempre. Il 18 novembre 1989 un nuovo governo sotto la guida del ministro Hans Modrow fu nominato e accettato dal parlamento. Per la prima volta i rappresentanti dell’opposizione entrarono a far parte del governo, ma i membri della SED continuavano a predominare. Soltanto il 1° dicembre l’egemonia costituzionale della SED venne ufficialmente annullata.

Le manifestazioni continue in seguito alla scoperta degli enormi privilegi di cui godevano leader politici e funzionari di partito nella loro vita quotidiana, costrinsero il 3 dicembre il Comitato centrale e il Politburo sotto K. a rassegnare le dimissioni. Di conseguenza il partito si trovò d’improvviso senza leadership. Tre giorni dopo K. si dimise da capo dello Staatsrat e del Consiglio nazionale della difesa. Il ruolo da leader di K. nella DDR non era durato nemmeno due mesi e aveva portato al crollo totale, sia del partito che dello Stato.

Il successivo ruolo pubblico di K. fu quello di testimone e di imputato del regime comunista nel seguito giudiziario della DDR. Già in precedenza, nel 1990, egli aveva pubblicato le sue memorie che non furono accolte con molto entusiasmo per il suo velato intento apologetico. Durante il processo contro Wolfgang Berghofer e Werner Moke – rispettivamente sindaco e presidente della SED di Dresda – per aver manipolato i risultati delle elezioni comunali, K. fu ascoltato come testimone in quanto aveva diretto la più alta autorità elettorale. Egli negò qualsiasi coinvolgimento e conoscenza di quelle vicende che avevano portato a un’intensificazione dell’opposizione attiva nell’autunno del 1989.

Lo stesso K. fu accusato in vari processi di omicidio colposo e di corresponsabilità assieme a diversi altri funzionari politici dell’ex regime della Germania Est. Il 9 gennaio 1995 il pubblico ministero berlinese accusò K., l’ex leader sindacale Harry Tisch, il presidente della SED di Berlino Günther Schabowski, il vicesegretario del Politburo Horst Dohlus, il viceministro presidente Günther Kleiber, il capo ideologo della SED Kurt Hager e il capo della sezione della SED nel Volkskammer, Erich Mückenberger, di responsabilità nelle morti avvenute nei pressi del Muro di Berlino e al confine con la Germania Ovest, quando i cittadini in fuga dall’Est vennero uccisi. K. negò ogni responsabilità e definì il processo “la giustizia del vincitore”, come incostituzionale e in violazione del diritto internazionale. In seguito K. difese se stesso e il regime della DDR, affermando la sovranità limitata dovuta al dominio sovietico sul regime. Durante la sua testimonianza di fronte alla corte, nella seduta del 24 luglio 1997, espresse il suo dispiacere per le vittime, ma nuovamente negò responsabilità personali per il cosiddetto “ordine di sparare”. Egli capovolse l’accusa originaria e presentò sé stesso come vittima della giustizia del vincitore, riferendosi in tal modo alla persecuzione di McCarthy negli USA durante la Guerra fredda. Sostenne che il processo contro la sua persona fosse spinto da motivi politici e pertanto violava il diritto internazionale. Evidenziò le proprie convinzioni dichiarando: «non ero né fatalista né una marionetta; ero e sono ancora un socialista». Un mese dopo, il 25 agosto 1997, K. fu condannato a 6 anni e mezzo di reclusione per omicidio colposo accertato in quattro casi. Il processo fu uno degli strumenti più importanti per i tedeschi per chiudere col passato del regime comunista nella zona est del territorio. Il processo si protrasse per oltre 115 giorni con molti testimoni e migliaia di pagine protocollate. Nella sentenza si riconosceva “il suo serio impegno” a limitare l’uso delle armi al confine e a rendere possibile una svolta politica pacifica (Wende) nella Germania Est nel 1989/90. L’appello alla sentenza presentato da K. e da altri fu respinto dall’Alta corte tedesca nel 1999. K., il quale non voleva o forse non poteva accettare la decisione di una corte non comunista, si appellò un’altra volta alla Corte europea dei diritti dell’uomo. La sentenza della Corte stabilì che “non vi fu violazione dell’articolo 7 § 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (nessuna pena in mancanza di legge)”. La Corte affermò altresì all’unanimità che non vi era stata alcuna discriminazione che violasse l’Articolo 14 della Convenzione (proibizione della discriminazione).

Nella sua dichiarazione dopo la sentenza, letta dal figlio Carsten durante la conferenza stampa internazionale del 25 agosto 1997, K. fece di nuovo riferimento alla valenza politica del suo processo dichiarando: «entro in prigione non come criminale ma come politico della DDR che, grazie alle decisioni adottate contro lo stato d’emergenza il 9 novembre 1989, ha contribuito a evitare una guerra civile». K. non trascorse molti anni in carcere. Il decorso della sentenza fu interrotto dalle richieste di appello per quasi due anni e mezzo e dopo che egli entrò in carcere il 13 gennaio 2000, riuscì entro poco tempo a ottenere il privilegio della semilibertà, cioè gli fu permesso di uscire dal carcere durante le ore diurne per lavoro. Il 18 dicembre 2003 fu rimesso in libertà. Non accettò mai né la sentenza, né la pena e considerò entrambi come un prolungamento della «Guerra fredda nelle aule del Tribunale» e come una «privazione di libertà per motivi politici», formule con cui probabilmente aveva avuto fin troppa dimestichezza, considerati la sua mentalità politica e i suoi incarichi precedenti, semplicemente in una prospettiva ribaltata, dal punto di vista del partito al potere e dell’autorità di Stato. Fino a oggi, K. è stato uno dei pochi ex politici comunisti che hanno continuato a difendere la vecchia Germania Est.

Anton Legerer  (2012)

Bibliografia

Krenz E., König H., Rettner G., Wenn Mauern fallen: die friedliche Revolution. Vorgeschichte, Ablauf, Auswirkungen, Neff, Vienna 1990.

Krenz E., Ciesielski A., Ich war und bin Sozialist. Anmerkungen von Egon Krenz über ihn – ein Sittenbild unserer Gesellschaft, Scheunenverlag, Kückenshagen 1997.

Krenz E., Herbst ’89, Neues Leben, Berlino 1999.

Krenz E., Briefe und Zeugnisse, Neues Leben, Berlino 2000.