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La Malfa, Ugo

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L.M. (Palermo 1903-Roma 1980), come Alcide De Gasperi e altri uomini politici italiani che furono protagonisti nel secondo dopoguerra della ricostruzione italiana e della scelta occidentale, maturò il suo europeismo nel vivo dei problemi politici di quegli anni, a cui lo portava la sua formazione politica liberal-democratica e antifascista e soprattutto economica, negli anni Trenta, tra crisi del libero scambio e intervento statale nelle economie nazionali.

Da queste esperienze aveva maturato, come altri, la convinzione che le politiche di sviluppo debbano tener conto delle dimensioni del mercato, in quanto queste definiscono la competitività e la capacità produttiva delle imprese, valutando in primo luogo le potenzialità di un sistema economico, organizzato su scala continentale europea. L’avvio del Piano Marshall confermava questo indirizzo.

Seguì con attenzione l’avvio della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), alla cui istituzione partecipò come rappresentante italiano. Nel 1951, come ministro del Commercio con l’estero nel VI governo De Gasperi, fu artefice di uno dei più importanti indirizzi di politica economica di quel periodo, con la liberalizzazione degli scambi, che proiettò il sistema industriale italiano sul mercato internazionale, attuando le procedure dell’Accordo Generale sulle Tariffe e il Commercio (GATT) previste dagli accordi di Bretton Woods, a cui l’Italia aveva aderito nel 1947 e che, malgrado le forti opposizioni interne d’ordine politico e sociale, diede una spinta decisiva alla modernizzazione del paese.

L.M. difese strenuamente la politica centrista dei governi De Gasperi, subendo il contraccolpo della caduta della Comunità europea di difesa (CED) e della sconfitta elettorale del 1953. Divenuta la personalità di maggior rilievo del Partito repubblicano italiano (PRI) e assumendone di fatto la leadership, a partire dal 1954 fu uno dei protagonisti più decisi nella lenta preparazione del centrosinistra, con l’ingresso dei socialisti al governo.

La politica europeista fu uno dei cardini di questa sua nuova linea politica. L.M. aderiva allora al Comitato d’azione per gli Stati Uniti d’Europa creato da Jean Monnet, con il quale avrebbe collaborato fino al suo scioglimento nel 1972. Divenuto segretario politico del PRI ed entrato nel primo governo di centrosinistra come ministro del Bilancio, nel 1962 patrocinò l’adesione britannica al Mercato comune. Fortemente avverso alla politica del generale Charles de Gaulle, vide nel rapporto con il Regno Unito, e nella possibile creazione di un’intesa anglo-italiana, un necessario contrappeso all’asse franco-tedesco che si andava allora costituendo su iniziativa del Presidente francese. L’intento di L.M. era anche quello di tener ferma, con l’appoggio inglese, una linea europeista che si mantenesse in sintonia con la politica atlantica e con le prospettive federaliste che erano state proprie dell’epoca degasperiana (v. Federalismo). Superando contrasti all’interno dello stesso governo italiano, da parte di chi non voleva accentuare troppo la distanza con le posizioni francesi, L.M. portò avanti con un iniziale successo questa linea di avvicinamento anglo-italiano, a partire dalla visita a Roma del primo ministro britannico Harold Macmillan, nel 1962, anche se la complessa situazione europea indusse gli inglesi a non dare a quei segni di avvicinamento tra i due paesi la rilevanza su cui puntava L.M.

L’indebolimento della coalizione di centrosinistra in Italia, a seguito del ridimensionamento dei suoi intenti riformisti e della crisi valutaria che determinò un arresto del rapido processo di sviluppo che aveva caratterizzato la seconda metà degli anni Cinquanta, indeboliva nella Comunità economica europea (CEE) la posizione italiana. Sebbene L.M., dopo il ritorno dei laburisti al governo con Harold Wilson, avesse stretto rapporti anche con quest’ultimo, dovette subire il veto all’ingresso della Gran Bretagna da parte della Francia gollista, che fece poi tramontare del tutto questa sua prospettiva.

L.M., fuori dal governo, continuò tuttavia nella sua contrapposizione alla politica gollista, nel triennio della crisi comunitaria, 1964-66, schierandosi infine contro il Compromesso di Lussemburgo.

Negli anni Settanta l’approccio alla politica europeista di L.M. mutò angolazione, privilegiando problemi economici e monetari interni. L’instabilità del dollaro lo spingeva a caldeggiare il progetto di moneta unica europea che Jean Monnet patrocinava, partecipando attivamente alle riunioni del Comitato su questi temi. Dopo la decisione di Nixon, dell’agosto 1971, di revocare la convertibilità del dollaro, L.M. avrebbe patrocinato l’ingresso dell’Italia nel “Serpente monetario europeo”.

L’aggravarsi della crisi economica e finanziaria interna ed internazionale, l’uscita dal “serpente” dell’Italia nel 1972 e la sua svalutazione, apriva un ciclo economico per l’Italia a cui L.M. guardava con estrema preoccupazione e che prese a fargli concepire il rapporto con l’Europa comunitaria come il presupposto di un insieme di vincoli esterni necessari, rispetto ai comportamenti non virtuosi della finanza pubblica italiana.

Nel 1973 tornava al governo come ministro del Tesoro nel IV governo di Mariano Rumor, incarico che avrebbe tenuto nel seguente V° governo di Aldo Moro, fino al gennaio 1976. Gli anni Settanta furono anni di crisi della partecipazione italiana alla CEE, dovute principalmente alle sue difficoltà interne; quando nel secondo semestre del 1975 l’Italia assunse la presidenza della Comunità, fu L.M. a sollecitare Moro a riassumere l’iniziativa europeista con una lettera aperta in cui sottolineava come «la nostra presidenza della Comunità non può concludersi senza che l’Italia abbia tentato, pur col peso modesto cui la sua condizione interna la condanna, un minimo di rilancio».

E l’Italia, sulla base di questo suggerimento, in un momento di disarticolazione della Comunità, decise di giocare la carta del rilancio istituzionale, riuscendo al Consiglio europeo del dicembre 1975 a fissare la data delle Elezioni dirette del Parlamento europeo al maggio-giugno 1978, anche se poi la stesura della convenzione avrebbe portato la data al giugno 1979.

L.M., nella seconda metà degli anni Settanta, patrocinò l’ingresso del Partito comunista nella maggioranza di governo, passaggio che riteneva necessario per il risanamento della finanza pubblica e dell’economia nazionale, e che aveva un suo punto di convergenza proprio nelle politiche europeistiche, che i comunisti italiani presero allora a porre al centro della loro attenzione. Tra il 1976 e il 1979 appoggiò i governi di unità nazionale presieduti da Giulio Andreotti.

Dopo l’assassinio del leader democristiano Aldo Moro, nel 1978, sostenne fermamente il ritorno della lira nel Serpente monetario, che fu una delle cause dichiarate dell’uscita dalla maggioranza parlamentare dei comunisti. Nel 1979, incaricato dal Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, di formare il nuovo governo tentava, senza riuscire, di ricucire quell’alleanza.

Piero Craveri (2012)

Bibliografia

Mechi L., L’Europa di Ugo La Malfa, Franco Angeli, Milano 2003.         

Olivi B., L’Italia nella CEE degli anni ’70, in La politica estera italiana, a cura di E. Ronziti, Edizioni di Comunità, Milano, 1977.

Savona P., Grilli E. (a cura di), Ugo La Malfa, Senza Europa avrete il deserto, Rubbettino, Soveria Manelli 2005.

Soddu P., Ugo La Malfa, il riformista moderno, Carocci, Roma, 2008.

Spinelli, A., Diario europeo, 1970-1976, Il Mulino, Bologna 1992.

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