Lamers, Karl

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L. (Königswinter, Vestfalia 1935) consegue il diploma presso l’Aloisiuskolleg di Bad Godesberg (Vestfalia meridionale) nel 1956 e intraprende, poi, gli studi in giurisprudenza e politologia, prima all’università di Bonn e poi di Colonia. Il suo impegno politico comincia nel 1955 tra le fila della Christlich demokratische Union (CDU) ed è immediatamente così intenso che si accontenta di sostenere solo il primo esame di Stato per dedicarsi completamente alla politica.

Nel novembre del 1966 L. dirige l’istituto scolastico Karl Arnold a Bad Godesberg, nel 1968 diventa presidente regionale (Renania) della Junge Union (unione dei giovani cristiano-democratici) e si mette in luce nel gruppo regionale della CDU nel cui consiglio direttivo è eletto nel 1971. Dal 1975 al 1981 ne è invece il vicepresidente regionale.

Per ben due volte, nel 1972 e nel 1976, cerca di ottenere senza successo un mandato al Bundestag e il fallimento è ascritto dalla stampa dell’epoca alle sue idee spesso poco convenzionali che gli valsero il nomignolo di Roter Karl (“Karl il rosso”; “Süddeutsche Zeitung”, 23 aprile 1992). In occasione delle elezioni del 1980 L. è eletto finalmente al Bundestag, ma attira l’attenzione su di sé solo nel 1987 quando sostituisce Jürgen Todenhöfer alla presidenza della sottocommissione al disarmo della commissione esteri e diventa portavoce per la politica del disarmo all’interno del gruppo parlamentare CDU/Christlich-soziale Union (CSU). Egli si dimostra sempre più un antesignano di quella che sarà la “politica di distensione” nei confronti degli Stati dell’Est e sostenitore di una più stretta collaborazione tra Francia e Germania dell’ovest (v. Germania). Nella primavera del 1989 L. presenta le sue 17 riflessioni sul riassetto politico dell’Europa all’interno delle quali sottolinea gli obblighi morali di Bonn nei confronti di quegli Stati dell’Est europeo ormai liberi dall’influenza dell’Unione Sovietica. Egli lotta per l’allontanamento da una visione isolata della politica per il disarmo e propone invece di operare all’interno di un grande contesto politico che veda impegnate tutte le nazioni europee.

Dopo le elezioni politiche del 1990, succede a Michaela Geiger (CSU) alla carica di portavoce per la politica estera del gruppo parlamentare CDU/CSU. In questo ruolo L., secondo gli osservatori dell’epoca, è uno degli ideatori e promotori dell’unione fra CDU e CSU. Nel 1993 interviene nella discussione aperta in merito alla partecipazione delle forze armate tedesche, come di “forze di pace”, all’intervento dell’ONU nei Balcani.

Nel 1994 L. è coautore del cosiddetto “Documento Schäuble-L.” (v. anche Schäuble, Wolfgang) sull’evoluzione dell’Unione europea (UE): i due autori espongono l’idea per la quale gli Stati che rappresentano il cuore dell’Europa (Germania e Francia) sarebbero i precursori del processo di unificazione europea. Grazie a questo documento L. è confermato nel suo incarico e diventa un interlocutore molto richiesto in tutte le grandi capitali europee. Nel corso della legislatura 1994-98 L. preme per un veloce Allargamento ad est dell’Europa, promuove il completamento europeo dell’allargamento a Est dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (North Altantic treaty organization, NATO) e si esprime a favore del proseguimento dell’impiego della Stabilization force (SFOR) in Bosnia.

Dopo le elezioni del 1998 che portano al governo la coalizione guidata da Gerhard Schröder (Sozialdemokratisce Partei Deutschlands, SPD), l’Unione (CDU/CSU), ormai all’opposizione, conferma nuovamente a L. l’incarico di portavoce per la politica estera. Il suo intervento del dicembre del 1998, in merito a una riforma della NATO in cui l’Europa intervenga come un soggetto unico, ottiene grande considerazione. L. lavora per ottenere un maggiore coinvolgimento europeo nelle questioni mediorientali e nel Nord Africa. Egli esprime al Bundestag il proprio scetticismo sull’intervento nell’ex Iugoslavia e nel Kosovo e nel 1999 afferma che per raggiungere una pace durevole nei Balcani è necessario riformare la politica della NATO. L. si esprime in favore dell’abbandono dell’idea falsata di un Kosovo unito e multietnico che si collochi all’interno dei confini della federazione iugoslava: è necessario, invece, riconoscere e realizzare un’effettiva divisione del paese in due zone indipendenti, una albanese e l’altra serba.

Nelle discussioni sull’allargamento a Est dell’Unione europea, L. chiede un’ampia riforma istituzionale e sollecita l’allora ministro degli Esteri Joschka Fischer a dare più sostanza al discorso sull’Europa che avrebbe tenuto nel maggio 2000 a Berlino (“Die Woche”, 19 maggio 2000).

L. causa irritazione all’interno del suo stesso partito all’inizio del 2001 con le sue critiche al sistema di difesa antimissile degli Stati Uniti e con le sue affermazioni secondo le quali gli europei non dovrebbero lasciare solo agli americani il compito di rappresentare gli interessi occidentali nel mondo.

Con il suo ultimo discorso sulle “relazioni transatlantiche”, L. si congeda dal parlamento e dai suoi colleghi di partito. Si dimette dai suoi incarichi pubblici alla fine della legislatura nell’ottobre del 2002.

Agata Marchetti (2005)