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Monaco, Riccardo

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M. (Genova 1909-Roma 2000) nel 1930, sotto la guida di Giuseppe Ottolenghi, conseguì la laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Torino con una tesi in Diritto internazionale sui rapporti tra il diritto internazionale e il diritto interno, ottenendo nel 1933 la libera docenza nella stessa materia.

Tuttavia, fin dai primi anni della sua attività di studioso emerse la spiccata propensione di M. a collegare i propri interessi teorici alla concretezza dei rapporti giuricidi. Conferma di questa sua naturale inclinazione a non limitarsi alla speculazione teorica fine a se stessa, ma al contrario, a prestare attenzione alla sua ricaduta nella prassi, è la sua carriera di magistrato che lo vide uditore presso il Tribunale di Torino, pretore a Perosa Argentina, giudice presso il Tribunale di Cuneo e giudice istruttore nuovamente a Torino. Infine, prima di abbandonare la magistratura, a riprova dell’imprescindibile legame tra teoria e prassi che contraddistinse la sua attività di giurista, M. partecipò ai lavori di riforma dei codici, che portarono alla emanazione del codice di procedura civile, del codice civile e del codice della navigazione. In particolare, il contributo di M. fu determinante per la formulazione delle norme di diritto internazionale privato del codice di navigazione.

Nel 1939, vinto il concorso per la cattedra di Diritto internazionale, insegnò prima a Cagliari e poi all’università di Modena. Infine, nel 1942, venne chiamato a Torino alla cattedra di Istituzioni di diritto pubblico. Negli anni torinesi, rifacendosi alla teoria istituzionale di Santi Romano, M. enunciò la propria costruzione sistematica del diritto internazionale e approfondì lo studio del diritto internazionale privato.

Tuttavia, la sua naturale inclinazione a considerare la speculazione teorica collegata imprescindibilmente con la prassi, lo portò a decidere nel 1949 di rientrare in magistratura come consigliere di Stato. In realtà, alla decisione contribuì in maniera fondamentale l’incarico di seguire i problemi legati all’esecuzione dei trattati di pace (cui si aggiunsero quelli collegati ai negoziati per la creazione della Organizzazione europea per la cooperazione economica), che M. aveva assunto nel 1947 presso l’ufficio trattati del ministero degli Affari esteri (MAE), di cui in seguito divenne direttore. Inoltre, nel 1953 e nel 1955 prese parte come componente della delegazione italiana rispettivamente alla Conferenza di Roma per la formazione di una Comunità politica europea e alla Conferenza di Messina per il rilancio della cooperazione europea.

I quasi vent’anni di collaborazione con il MAE in diversi uffici (ufficio trattati, contenzioso diplomatico e dei trattati e degli affari legislativi), incisero notevolmente sugli interessi di studio di M. che, distaccandosi dai temi classi del diritto internazionale pubblico e privato, oggetto dei suoi studi fino a quel momento, si rivolse ai temi delle nuove forme di cooperazione tra gli Stati sviluppatasi nel secondo dopoguerra. La sensibilità e l’attenzione per questi nuovi fenomeni trovarono conferma nel fatto che M. fu chiamato nel 1956 a tenere il primo corso in Italia di Organizzazione internazionale presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Roma “La Sapienza”.

Dopo avere pubblicato alcuni scritti sulla Comunità europea del carbone e dell’acciaio, la nascita delle due nuove comunità fu motivo di ulteriore approfondimento che lo portarono a fondare nel 1961 la “Rivista di diritto europeo”, di cui in seguito fu anche direttore, nonché alla pubblicazione dei volumi Primi lineamenti di diritto pubblico europeo (1962), Commentario al Trattato istitutivo della CEE (1965) e Manuale di diritto comunitario (1983).

Nella comprensione del sistema comunitario il contributo teorico di M. è stato notevole. Egli fu il primo nell’ambito della dottrina internazionalistica a capire che il fenomeno dell’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della) rappresentava un unicum nel panorama delle forme di cooperazione istituzionalizzata tra Stati. M. comprese infatti che le tre Comunità non erano semplici unioni di Stati, bensì comunità sopranazionali nelle quali le forme di cooperazione erano molto più accentuate di quelle esistenti nelle consuete organizzazioni internazionali. Sempre tra i primi, si accorse che l’efficacia diretta delle norme comunitarie nell’ordinamento nazionale (v. anche Diritto comunitario) metteva in discussione il tradizionale principio della distinzione e separazione tra ordinamento internazionale e interno, con la conseguenza che tale principio non sembrava potere più trovare applicazione nei rapporti tra i due ordinamenti. Come per le sue precedenti esperienze, alla fase speculativa seguì quella di operatore calato nella realtà concreta dei rapporti giuridici: dall’8 ottobre 1964 al 3 febbraio 1976 fu giudice alla Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea) di Lussemburgo. Dopo avere lasciato la Corte di giustizia, M. fu segretario generale e in seguito presidente dell’Istituto per l’unificazione del diritto privato (UNIDROIT).

Massimo Orzan (2010)