Partito contadino polacco

La rappresentanza degli agricoltori in un paese fortemente agricolo come la Polonia fu contesa da diversi partiti politici polacchi. Durante gli anni Novanta il Partito contadino polacco (Polskie stronnictwo ludowe, PSL) svolse tale funzione con ottimi risultati. Quale erede del Partito popolare unito (Zjednoczone stronnictwo ludowe, ZSL) di orientamento comunista, il PSL acquistò in breve tempo consenso e legittimità dopo aver lasciato il blocco del Partito operaio unificato polacco (Polska zjednoczona partia robotnicza, PZPR) e aver aiutato Solidarność a ottenere la maggioranza nel parlamento dopo il 1989. Il PSL mantenne una vasta rete locale di organizzazioni ausiliarie, ad esempio le brigate dei vigili del fuoco volontari, e ciò rafforzò la fedeltà degli agricoltori ereditata dall’epoca comunista.

Il Partito contadino polacco si rifaceva alla secolare tradizione ideologica dei movimenti contadini della Polonia divisa degli inizi del XX secolo, nella fattispecie all’agrarismo (v. Dziewanowski, 1996). Inizialmente l’ethos politico del PSL si basava sulla concezione, mutuata dall’agrarismo, della nazione come organismo in cui gli agricoltori hanno un ruolo fondamentale. La fusione di nazionalismo e ideologia contadina dava luogo a un approccio sociale conservatore che, nel caso polacco, era fortemente legato al cattolicesimo (v. PSL, 1997).

La confluenza di nazionalismo e ideologia contadina propria dell’agrarismo derivava dalla concomitanza della mobilitazione contadina con il processo di formazione dello Stato nazionale tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. La lotta per l’emancipazione contadina e per la ridistribuzione della terra all’inizio del XX secolo si sviluppò nel quadro della rivendicazione nazionalistica dell’indipendenza. L’ideologia agraria, quindi, associava la lotta dei nazionalisti per l’indipendenza della Polonia alla rivendicazione di una riforma agraria mirata a trasferire la terra a unità agricole a conduzione familiare. Il programma agrario per il nuovo Stato indipendente mirava ad assicurare un’equa distribuzione della terra opponendosi a una riforma agraria volta a uno sfruttamento commercialmente più redditizio. Il programma economico del PSL si basava sull’idea che i contadini fossero il principale gruppo sociale a dover essere ricompensato per le disuguaglianze generate dal mercato.

Il PSL si oppose al piano Balcerowicz, sia a parole che nei fatti, prima e dopo il suo ingresso nel governo di coalizione con l’Alleanza della sinistra democratica (Sojusz lewicy demokratycznej, SLD) nel 1993. La cosiddetta “terapia shock”, sostenevano gli esponenti del PSL, non prevedeva un piano per lo sviluppo dell’agricoltura, mentre il gradualismo ne aveva uno ben preciso: lo sfruttamento agricolo basato su aziende a conduzione familiare (v. PSL, 1991). Questo programma costituì anche la base per la promozione della privatizzazione delle aziende agricole di proprietà dello Stato, che sarebbe dovuta servire «principalmente per la ricostruzione dell’economia familiare» (v. PSL, 1991). La difesa delle piccole proprietà contadine portò il PSL a opporsi alla politica agraria sotto il governo comunista, che rischiava di dare adito a rivendicazioni sulle proprietà contadine da parte di altre istituzioni, quali la Chiesa.

Nel 1993 il PSL sembrava aver conquistato la fiducia della popolazione rurale, ottenendo più del 15% dei voti. Al pari dei partiti agrari della Scandinavia alcuni decenni prima, il PSL approfittò di un sistema partitico molto frammentato per spostarsi verso il centro ed entrare nel governo come partner di minoranza dell’SLD. Inoltre, lo sforzo di recuperare un’immagine moderata portò il PSL a ristabilire buone relazioni con la gerarchia della Chiesa cattolica (v. Dziewanowski, 1996).

Durante il periodo in cui l’SLD fu al governo emersero forti divisioni al suo interno. Il suo leader, Waldemar Pawlak, adottò un approccio tradizionale riguardo all’identità del partito, all’elettorato e alla posizione sulla riforma agraria. Tale posizione era in contrasto con gli orientamenti della fazione guidata da Roman Jagelinski, ministro dell’Agricoltura, fautore di una riforma agraria basata sullo sfruttamento della terra su larga scala. La fazione di Jagelinski assunse la leadership del partito quando Jaroslaw Kalinowski sostituì Waldemar Pawlak dopo la schiacciante sconfitta del partito alle elezioni parlamentari del 1977 (v. Szczerbiak, 2002). Secondo Kalinowski il partito aveva definito in maniera troppo limitata la sua base elettorale, assumendo «il ruolo di un sindacato» (v. Czaczkowa, 2002).

Jaroslaw Kalinowski riuscì a smorzare il dibattito all’interno del partito ridefinendo l’identità politica ed economica del PSL in modo da renderlo un possibile partito di coalizione sia per il centrodestra sia per il centrosinistra. La leadership di Kalinowski impose una generale strategia di apertura verso un elettorato più vasto, non più circoscritto alla tradizionale base rurale. La riluttanza dell’SLD nel costituire un’alleanza con il PSL derivava dal governo del 1993-1997, in cui i deputati del PSL boicottarono spesso le riforme legislative proposte dall’SLD. Nel 2001 infine il PSL entrò nel governo e il suo leader divenne vice primo ministro, ministro dell’Agricoltura e negoziatore del controverso capitolo sull’agricoltura con la Commissione europea.

Già all’inizio degli anni Novanta il PSL aveva espresso forti dubbi sull’opportunità di aprire i mercati agricoli all’Unione europea (UE). «Essendo favorevoli all’integrazione della Polonia nella CEE, sottolineiamo la necessità di esaminare se questo percorso ci porterà a un falso obiettivo. Dovremmo sapere se l’integrazione è distinta da un fondamentalismo liberale» (v. PSL, 1997). Il PSL riteneva altresì che la formula di un’“Europa delle nazioni” fosse la più adatta per la Polonia. Quando cominciarono a vedersi gli effetti degli Accordi di associazione del 1991, il PSL divenne particolarmente critico nei confronti dell’atteggiamento protezionista dell’UE verso i prodotti agricoli polacchi, e chiese di rinegoziare tale posizione.

La discriminazione avvertita dagli agricoltori polacchi determinò per lungo tempo un atteggiamento di scarsa fiducia nei confronti dell’UE. Nel 1997 la posizione protezionista dell’UE veniva ancora menzionata nelle dichiarazioni del partito: «Non si può tollerare l’asimmetria a favore dell’UE nell’apertura del mercato polacco ai prodotti agricoli» (v. PSL, 1997). Tuttavia, poiché non si conoscevano ancora tutte le implicazioni dell’adesione, sia in termini di accesso ai mercati europei, sia relativamente ai contributi diretti al reddito della Politica agricola comune (PAC), la posizione del PSL rimase subordinata alle concessioni dell’UE nei confronti dell’agricoltura polacca.

Nel periodo che precedette le elezioni del 2001 la posizione del PSL relativamente all’integrazione europea cambiò considerevolmente. Questo mutato atteggiamento emerse chiaramente nelle dichiarazioni dei suoi leader e divenne ufficiale quando Jaroslaw Kalinowski, negoziatore principale per le questioni agricole, accettò i periodi di transizione proposti sulla vendita di terre agli stranieri. Dopo alcuni scontri relativi ai negoziati sull’agricoltura all’interno del governo di coalizione SLD-PSL, Kalinowski accettò il livello di sussidi offerti dall’UE al Consiglio europeo di Copenaghen del dicembre 2002. Il PSL pose come condizione fondamentale per ottenere il sostegno agricoltori della popolazione rurale all’integrazione nell’UE la creazione di una situazione paritaria tra gli agricoltori polacchi e quelli dell’UE, mantenere anziché il mantenimento di un alto livello di sovvenzioni dalla PAC (v. PSL, 1999).

Madalena Pontes-Resende (2009)