Simonet, Henri François

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S. (Bruxelles 1931-ivi 1996), uomo politico ed europeista belga, dopo essersi laureato in Scienze economiche e finanziarie all’Université libre di Bruxelles (ULB), trascorre due anni negli Stati Uniti (1955-1956) grazie a una borsa di studio della Belgian american educational foundation (BAEF). Ammesso come graduate fellow alla Columbia University, torna in Belgio per continuare la sua formazione all’Università di Bruxelles, dove nel 1958 ottiene un dottorato in Scienze economiche e finanziarie e in legge.

S. inizia la carriera accademica nel 1956 come assistente universitario (1956) diventando presidente dell’Institut d’études européennes nel 1975. Il suo insegnamento verte soprattutto su finanze pubbliche, strutture finanziarie europee, politica economica nei paesi in via di sviluppo, condotta economica e finanziaria delle imprese. Nel 1968, chiamato alla presidenza del consiglio d’amministrazione, gestisce la creazione di due università distinte, una francofona – l’Université Libre di Bruxelles – l’altra nederlandofona – la Vrije Universiteit Brussel.

Parallelamente alla carriera accademica S. moltiplica le sue attività. Essendo interessato alla questione congolese, nel 1958 entra a far parte come consigliere finanziario dell’Institut national d’études pour le développement du Bas-Congo. Nel 1960 è associato come consigliere politico della delegazione congolese alla Conferenza della Tavola rotonda, poi alla Tavola rotonda economica e finanziaria, che getteranno le basi dell’indipendenza del Congo. Membro del Partito socialista, partecipa ai lavori della commissione di studio del partito e della Fédération générale du travail de Belgique (FGTB). Ma l’esordio vero e proprio di S. nella carriera politica avviene nell’aprile 1961, quando diventa capo gabinetto del socialista fiammingo Antoon Spinoy, ministro degli Affari economici e dell’energia nel governo guidato da Lefèvre e Paul-Henri Charles Spaak. Segue Spinoy quando diventa vice primo ministro in carica del Coordinamento della politica economica nel governo Harmel-Spinoy (luglio 1965) (v. anche Harmel, Pierre). Volendo partecipare più attivamente alla vita politica si presenta alle elezioni comunali dell’ottobre 1964 e a quelle legislative del maggio 1965. In seguito alla scomparsa di Joseph Bracops, nel giugno 1966, è eletto borgomastro di Anderlecht (1966-1984) e membro della Camera dei rappresentanti (1966-1984). A livello locale S. si dedica soprattutto a rinnovare il suo comune, ma alla Camera e sulla stampa denuncia il declino del messaggio socialista. Nel 1970, per riformare il Partito socialista, pubblica La Gauche et la société industrielle, che provoca vivaci polemiche (Somers, 2005, p. 335).

Il 21 gennaio 1972 S. è nominato ministro degli Affari economici nel governo Eyskens-Cools. Durante il suo mandato si dedica soprattutto alla questione petrolifera e ad assicurare una prudente diversificazione dell’approvvigionamento del paese, nonché a ottenere una maggiore trasparenza nella formazione dei prezzi del petrolio (v. Somers, 2005, p. 336). La carriera europea di S. inizia di fatto nel gennaio 1973, quando il governo belga lo sceglie per occupare il seggio spettante al Belgio nella Commissione europea (1973-1977). Nominato vicepresidente della Commissione, presieduta dal francese François-Xavier Ortoli, le competenze di S. riguardano l’energia, da un lato, e l’armonizzazione in materia di fiscalità e di istituzioni finanziarie, dall’altro. In un’opera autobiografica pubblicata nel 1986, Je n’efface rien et je recommence, S. confessa di non essere entrato nella Commissione “con il fervore del crociato”: «La malinconia della giovane di buona famiglia ma priva di dote che prende il velo perché non può aspirare ad un marito era più vicina al mio stato d’animo» (v. Simonet, 1986, p. 96). In seguito al primo “choc petrolifero” dell’ottobre 1973, che vede quadruplicarsi il prezzo dell’oro nero, la questione energetica, fino a quel momento trascurata, si sposta in primo piano. Il 27 marzo 1973 S., vicepresidente della Commissione europea, pronuncia davanti al Vlaams economisch verbond (VEV), sindacato economico fiammingo, un discorso nel quale delinea i tratti di quella che dovrà essere la politica energetica dei Nove: «Qualsiasi politica energetica diretta a garantire un approvvigionamento sicuro e duraturo a costi economicamente sopportabili non potrà essere perseguita in modo isolato. È evidente che gli Stati hanno tutto da perdere tutelando una politica di rilancio nei confronti dei produttori. I negoziati in ordine sparso in cui ciascun paese sostiene i suoi interessi nazionali non potranno che portare al deterioramento delle posizioni esistenti e/o all’aumento dei prezzi. Per questa ragione ritengo importante che i responsabili della politica energetica dei paesi della Comunità discutano della possibilità di trovare una posizione coerente: nei confronti degli altri paesi consumatori (in particolare Stati Uniti e Giappone), nei confronti dei paesi produttori» (v. Simonet, 1973, p. 3). Quindi per iniziativa di S. la Commissione propone al Consiglio dei ministri di costituire degli stock e di assicurare solidalmente la sicurezza dell’approvvigionamento mediante un sistema di assegnazione delle risorse. Ma queste disposizioni che dovevano essere integrate da misure economiche e di utilizzo razionale dell’energia non saranno seguite dagli Stati membri, che tendono a non accettare i meccanismi comunitari di solidarietà a meno che non ne siano i beneficiari. «Nel corso del 1975», osserva S., «si dovette constatare l’incapacità da parte della Comunità di adottare una strategia energetica coerente. In effetti le proposte della Commissione sottoposte al Consiglio nel giugno 1975 [Objectifs 1985 de la politique énergétique et axes essentiels d’une politique de développement des ressources en energie] non furono accolte dal Consiglio» (v. Simonet, 1986, p. 113). Tuttavia S., malgrado l’assenza della Francia, riesce ad associare la Commissione ai lavori dell’Agenzia internazionale per l’energia.

Dopo la conclusione del mandato di Altiero Spinelli nel luglio 1976, S. eredita il dipartimento dell’Industria e a questo titolo viene incaricato di occuparsi del dossier siderurgico. Per fronteggiare la crisi del settore il commissario belga propone alla Commissione una duplice strategia, per riorganizzare la produzione e al tempo stesso definire un sistema di protezione delle industrie più deboli durante il periodo necessario alla ristrutturazione. Sostenuta da Ortoli, la strategia elaborata da S. viene adottata dalla Commissione il 20 dicembre 1976. Questo sistema sarà prolungato prendendo il nome di Rapporto di Davignon (Étienne Davignon, nel gennaio 1976, succede a S. nella Commissione).

Ministro degli Esteri dal 1977 al 18 maggio 1980 – si occupa prioritariamente della questione della pace in Medio Oriente e delle delicate relazioni fra Belgio e Zaire – S. durante il secondo semestre del 1977 assume la presidenza del Consiglio dei ministri delle Comunità europee. A questo titolo è coinvolto nella preparazione delle Elezioni dirette del Parlamento europeo a suffragio universale e nell’attuazione della sesta direttiva relativa alla Tassa sul valore aggiunto (TVA), cardine del meccanismo delle risorse proprie della Comunità. Avendo ricevuto la domanda di adesione della Spagna, S. si mostra favorevole all’allargamento della Comunità europea e chiede una ridistribuzione delle ricchezze a beneficio dei paesi aderenti (v. Somers, 2005, p. 337). Sempre a nome del Consiglio S. denuncia il regime di apartheid in vigore nel Sud Africa (Conferenza mondiale contro l’Apartheid di Lagos nell’agosto 1977; Assemblea generale delle Nazioni Unite, settembre 1977).

In aperto conflitto con le gerarchie socialiste, S. si dimette nel corso del 1984 da tutti i suoi incarichi politici (consigliere comunale, borgomastro, deputato). L’anno seguente torna alla politica con il Parti réformateur libéral (PRL) e siede ancora alla Camera e al Senato, continuando a interessarsi dei problemi di politica estera e di difesa. Dal 1991 gravi problemi di salute lo allontanano dall’arena politica.

Coinvolto negli affari europei più per caso che per scelta, S. sta al gioco, ossia «compie il suo dovere di Europeo» (v. Simonet, 1986, p. 118) per conferire una dimensione politica reale alla Comunità europea.

Jeneviève Duchenne (2010)

Bibliografia

Beyer De Ryke L., Georis M., Gerard J., Le tiercé Belgique. Omer Vaneudenhove, Henri Simonet, Paul Vanden Boeynants, Editions Arts & Voyages, Bruxelles 1970.

Binnemans C.-L., Henri Simonet ou le bon usage du pouvoir, Editions Labor, Bruxelles 1971.

Simonet H., Allocution du vice-président Henri Simonet (27 marzo 1973), in “Europe. Documents”, n. 729, 3 aprile 1973.

Simonet H., Je n’efface rien et je recommence, Hatier, Bruxelles 1986.

Somers J., Henri Simonet, in Nouvelle biographie nationale, to. VIII, Académie royale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgique, Bruxelles 2005.