Spazio di libertà, sicurezza e giustizia

Il concetto di “spazio di libertà, sicurezza e giustizia” (SLSG) fa il suo ingresso nel vocabolario politico-giuridico europeo nel 1997, quando il Trattato di Amsterdam inserisce tra gli obiettivi fondamentali della Unione europea (UE) quello di «conservare e sviluppare l’Unione quale spazio di libertà, sicurezza e giustizia in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l’asilo, l’immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest’ultima» (art. 2, TUE) (v. anche Lotta alla criminalità internazionale e contro la droga). La finalità strategica originaria di questa importante modifica dei Trattati era quella di conferire maggior rilievo, dignità e unitarietà a un insieme eterogeneo di materie, fino ad allora stipate con scarsa chiarezza politica negli informi contenitori del “terzo pilastro” (v. Pilastri dell’Unione europea) e del settore Giustizia e affari interni.

Proprio mentre lo stesso Trattato di Amsterdam scindeva il “terzo pilastro” originario, eretto a Maastricht (v. Trattato di Maastricht), in due tronconi fondamentali – quello della politica migratoria e della Cooperazione giudiziaria in materia civile, entrambe in via di comunitarizzazione, da un lato, e quello della Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, la cui natura intergovernativa (v. Cooperazione intergovernativa) veniva contestualmente temperata, dall’altro – lo “spazio di libertà, sicurezza e giustizia” subentrava come un concetto-ombrello, idealmente teso a garantire la coerenza complessiva di un policy field sempre più vasto, dinamico e conflittuale.

Questa grandiosa operazione di architettura concettuale trovava compimento con il Consiglio straordinario di Tampere, svoltosi nell’ottobre 1999 sotto presidenza finlandese, le cui Conclusioni contengono un importante tentativo di sistematizzazione dei principi (definiti “capisaldi”) che dovrebbero guidare lo sviluppo futuro dello SLSG. Questo documento, che a distanza di alcuni anni mantiene notevole rilevanza storico-politica, traccia la fisionomia essenziale dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, insistendo fortemente sulla stretta interdipendenza tra questi tre valori irrinunciabili e fondanti. In particolare, a partire dalla centralità assoluta della libertà (di circolazione e non solo), nel progetto europeo, le Conclusioni di Tampere si soffermano sul fatto che per «godere della libertà è necessario uno spazio autentico di giustizia, in cui i cittadini possano rivolgersi ai tribunali e alle autorità di qualsiasi Stato membro con la stessa facilità che nel loro» e in cui i «criminali non devono poter sfruttare le differenze esistenti tra i sistemi giudiziari degli Stati membri» (punto 5). Poche righe dopo, si afferma solennemente che «le persone hanno il diritto di esigere che l’Unione affronti la minaccia alla loro libertà e ai loro diritti giuridici costituita dalle forme più gravi di criminalità. Per opporsi a queste minacce occorre uno sforzo comune per prevenire e combattere il crimine e la criminalità organizzata nell’intera Unione» (punto 6).

In sintesi, non c’è libertà – si afferma – senza giustizia e sicurezza. Su questa equazione a tre variabili – da cui sono assenti altri valori fondanti la tradizione politica europea (in primis l’uguaglianza) – si basa il vasto e impegnativo progetto politico dello SLSG.

Proprio la complessità strutturale dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, e l’esigenza programmatica di un equilibrio rigoroso tra le sue diverse componenti richiedono una regia forte ai fini della sua realizzazione concreta. Nel corso dell’ultimo quinquennio, la Commissione europea si è adoperata attivamente per svolgere tale compito, con l’obiettivo di assicurare continuità e organicità al processo di policy-making in questo campo. Lo strumento principe di tale sforzo è il “Quadro di controllo per l’esame dei progressi compiuti nella creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell’Unione europea”. Si tratta di un ampio documento di programmazione interistituzionale soft (che cioè non vincola l’azione delle Istituzioni comunitarie e, in particolare, l’attività normativa del Consiglio dei ministri), aggiornato semestralmente dalla Direzione generale Giustizia e affari interni della Commissione europea.

Malgrado l’impegno dell’esecutivo di Bruxelles, lo SLSG rimane però, a oggi, una costruzione politica con una prevalente connotazione intergovernativa, anche nei settori attualmente in corso di “comunitarizzazione”. Questa impostazione di fondo spiega perché, in realtà, il grado di avanzamento del processo di integrazione nei diversi ambiti che compongono lo SLSG sia molto diseguale (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). Soprattutto nell’ambito delle Politiche dell’immigrazione e dell’asilo e alla Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, la viva e costante attenzione politica dedicata alla “sicurezza” e, più recentemente, alla “giustizia”, ha eclissato gli sviluppi, assai più sporadici e meno organici, in tema di “libertà” e diritti fondamentali. Ai fini di un riequilibrio e della costruzione di uno SLSG armonioso, una profonda riforma istituzionale – quale solo in parte era stata proposta dalla Convenzione per il futuro dell’Europa nel 2003 (v. Convenzione europea) – appare come una necessità improcrastinabile.

Ferruccio Pastore (2007)