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Spidla, Vladimir

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Nato a Praga il 22 aprile 1951, S. conclude le scuole superiori nel 1970 e si iscrive alla facoltà di lettere dell’Università Carlo IV di Praga dove studia storia e preistoria, conseguendo la laurea nel 1976. Successivamente svolge numerosi lavori: addetto alla salvaguardia dei monumenti storici e della tutela dell’ambiente, archeologo, operaio in una segheria, dipendente in una latteria e in un magazzino di materiali da costruzione. Mai iscritto a un partito politico prima del 1989, nel 1990 diventa vicepresidente del Comitato nazionale distrettuale Jindrichuv Hradec, responsabile dell’istruzione, della salute, degli affari sociali e della cultura. Dal 1991 al 1996 dirige l’Ufficio del lavoro locale. Nel 1992 diventa membro del Presidio del Partito socialdemocratico ceco (Česká strana sociálně demokratická ČSSD). Nel marzo 1997 ne diventa vicepresidente e da aprile presidente. Alla Camera dei deputati, dove viene eletto nel 1996, S. è vicepresidente del Comitato parlamentare per la politica sociale e la salute. Dal 22 luglio 1998 al 12 luglio 2002 è vice primo ministro e ministro del Lavoro e degli Affari sociali, autorizzato dal governo del primo ministro Miloš Zeman a coordinare i dipartimenti del lavoro e degli affari sociali, della salute, dell’istruzione, della formazione giovanile, dell’ambiente e della cultura.

Sotto l’amministrazione Zeman, S. rappresenta l’ala sinistra del ČSSD dal 1998 al 2002. L’altro vice primo ministro è il ministro delle Finanze Pawel Mertlik, più conservatore in materia fiscale. Sia Mertlik che il primo ministro sono costretti a stringere il cosiddetto “patto d’opposizione” con il Partito civico democratico (Občanská demokratická strana, ODS), con le sue limitazioni di bilancio, mentre S. chiede una spesa sociale di più ampia portata. In effetti il “patto” indebolisce sia Zeman che Mertlik in quanto l’intesa è molto impopolare agli occhi dei seguaci del partito e del più vasto elettorato ceco. Dopo la nomina di S. a presidente del ČSSD, Mertlik si dimette dal governo. La separazione tra carica di presidente e incarico di primo ministro danneggia il primo ministro Zeman. Assumendo il controllo del ČSSD, S. sembra unire sotto la sua leadership entrambe le correnti del partito. Questa unità gli permette di evitare di rinnovare il “patto d’opposizione” con il centrodestra dell’ODS, altamente impopolare, fino alla successiva scadenza elettorale, e di conservare il sostegno degli alleati di Zeman. La determinazione con cui S. allontana il ČSSD da quest’intesa con l’opposizione, insieme a una ripresa economica accelerata dopo il 2000, creano le premesse per la seconda vittoria elettorale consecutiva a livello nazionale sull’ODS, nel giugno 2002. Ancora più decisiva è la capacità di S. di coinvolgere l’Unione cristiana e democratica-Partito popolare cecoslovacco (Křesťanská a demokratická unie-Československá strana lidová, KDU-ČSL) e l’Unione per la libertà (Unie svobody, US) nella coalizione di governo, un’impresa che Zeman non era riuscito a compiere nel 1998. Zeman critica apertamente questa formazione, in quanto indebolirebbe fortemente la libertà d’azione del ČSSD nelle scelte politiche da compiere. Comunque quest’affermazione sembra dettata più che altro dalla rivalità, in quanto S. e Zeman hanno rapporti sempre più conflittuale.

Per quanto riguarda l’Adesione all’Unione europea (UE), S. ha un approccio più da tecnocrate rispetto a Václav Havel o a Václav Klaus. Pur essendo un convinto “europeista”, è uomo più pragmatico che idealista. Il suo interesse primario consiste nell’ottenere l’adesione della Repubblica Ceca. Questa preoccupazione dipende anche dalla natura sempre più tecnica del processo di preadesione. L’ingresso nell’Unione dominerà ogni aspetto del programma del governo. Inoltre, senza badare alle restrizioni del bilancio comunitario (v. Bilancio dell’Unione europea) S. si impegna a mantenere la spesa sociale. Questa politica lo porterà infine alle dimissioni da primo ministro.

S. viene nominato primo ministro il 12 luglio 2002. I negoziati con l’Unione europea vengono conclusi con successo senza particolari contrasti. Nel giugno 2003 il governo di S. gestisce positivamente il referendum sull’adesione alla UE (sul 77% dei votanti il 55,2% si esprime a favore dell’entrata nell’UE), mentre il Presidente della Repubblica Klaus non prende una posizione ufficiale in merito al referendum. L’ODS, malgrado la spaccatura interna sulla questione, sostiene il voto a favore dell’adesione. S. ha messo in gioco il futuro del suo governo e del ČSSD sull’esito favorevole del referendum e sulla conclusione positiva dell’adesione all’Unione. Allo stesso tempo vuole misurarsi con una nuova sfida ancor prima che si conosca l’esito del referendum, dichiarando esplicitamente che il governo si dimetterà se la legislatura dovesse respingere i suoi progetti per le riforme finanziarie. Fin dalla crisi economica del 1995 la Repubblica Ceca ha avuto notevoli problemi di bilancio. Inoltre il processo di adesione all’Unione ha aumentato la pressione finanziaria, in quanto la Repubblica Ceca dovrebbe versare immediatamente una quota di adesione, mentre i trasferimenti della UE, in cambio, sarebbero destinati ad aree politiche specifiche come l’agricoltura e la politica regionale piuttosto che al bilancio globale. Questo processo comporta un riorientamento complessivo del bilancio. Nel settembre 2003 S. riesce a superare indenne un voto di sfiducia contro di lui voluto dall’ODS sulle sue proposte di riforma delle finanze pubbliche. Queste riforme del bilancio provocano veti presidenziali su aspetti importanti dei progetti di riforma e divisioni interne nel ČSSD. In primo luogo, l’opposizione di Klaus alla politica fiscale governativa mira a indirizzare il governo verso politiche più liberali e a indebolire il governo guidato dal ČSSD. In secondo luogo, i sostenitori di Zeman nel ČSSD cercano di ostacolare la sua amministrazione, specialmente dopo che S. ha fatto fallire il progetto di Zeman di essere nominato presidente del ČSSD alla Camera dei deputati al principio del 2003. La coalizione risulta indebolita anche per la defezione di numerosi membri del Parlamento, passati da partner della coalizione all’ODS. Le critiche di Zeman sulla coalizione formata nel 2002 con l’US assumono maggior peso quando, nel marzo 2004, molti membri del Parlamento appartenenti all’US si dimettono dal partito e si allineano all’ODS. La posizione vulnerabile di S. spinge i partner della coalizione a chiedere diritti di veto sulle nomine di governo.

Nel maggio 2004 S. riesce a superare a stento il voto di fiducia all’interno del ČSSD, ma sembra aver perso la volontà di continuare la sua battaglia politica. Oltre 1000 membri del Parlamento appartenenti al ČSSD votano contro di lui e il risultato delle prime elezioni europee è deludente per il partito. S. si dimette quindi da primo ministro e da capo del ČSSD. Il popolare ministro degli Interni Stanislas Gross subentra a S. nel ruolo di primo ministro. Di conseguenza S. viene “dirottato” a Bruxelles e nominato commissario europeo per l’Occupazione e gli Affari sociali nella Commissione europea guidata dal presidente José Manuel Durão Barroso, sostituendo l’uomo politico ceco designato in un primo tempo, l’ambasciatore Pavel Telička. In questo ruolo S. torna ai suoi interessi originari, ai problemi del lavoro e agli affari sociali. L’esempio di Zeman ha insegnato al nuovo primo ministro Gross a tenere a distanza i potenziali nemici all’interno del ČSSD.

Christian C. van Stolk (2009)

Bibliografia

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Bouc F., Back to where we were, in “Prague Post”, 18 aprile 2001.

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Shafir M., Czech ruling coalition dealt severe blow, in “RFE/RL Feature Stories”, 16 giugno 2004.

Spritzer D., Financial package heads for debate, in “Prague Post”, 25 settembre 2003.