Springer, Axel Cäsar

image_pdfimage_print

S. (Altona 1912-Berlino 1985) iniziò sedicenne il suo apprendistato nella casa editrice del padre. Quattro anni più tardi cominciò a lavorare come volontario per la “Bergedorfer Zeitung”, prima di passare alle “Altonaer Nachrichten” in veste di giornalista responsabile delle sezioni di sport e di notizie economiche.

Nel 1937 riuscì a raggiungere la posizione di vice redattore capo delle “Altonaer Nachrichten” che mantenne finché i nazisti non imposero la chiusura del giornale nel 1941. La stamperia del padre, di cui S. era diventato comproprietario, continuò comunque a esistere durante tutta la Seconda guerra mondiale. Dichiarato fisicamente non idoneo a servire nell’esercito tedesco durante la guerra, S. all’inizio pensò di usare l’indennità pagata dalle autorità naziste per la chiusura del giornale per aprire un cinema, ma non ottenne il consenso delle autorità.

Alla fine della guerra S. ottenne una concessione per dirigere una casa editrice (Hammerich & Lesser). Nel 1946 la casa editrice lanciò una nuova rivista, “Hör zu” (Ascolta), che commentava soprattutto i programmi radiofonici e che divenne ben presto la rivista per famiglie più diffusa in Europa: nel 1950 la pubblicazione raggiunse il milione di copie. Alla luce del successo di quest’impresa, S. decise di fondare nel 1948 una propria società, la Axel Springer GmbH, che negli anni successivi servì da trampolino di lancio per una serie di riviste e giornali. Insieme con John Jahr, S. ideò la rivista femminile “Constanze”, e già nel 1948 cominciò a pubblicare il suo primo giornale, “Hamburger Abendblatt”.

Ma l’innovazione principale fu il giornale scandalistico “Bild Zeitung” (1952), che nelle intenzioni di S. si ispirava al modello inglese. Noto come “il tribunale dell’uomo comune”, divenne il giornale più influente della Germania a causa dell’attrazione che esercitava su milioni di lettori. A metà degli anni Sessanta la “Bild Zeitung” stampava oltre cinque milioni di copie al giorno, all’incirca dieci volte di più del giornale più diffuso in Germania, e divenne il giornale più venduto in tutta Europa. A questo punto S. era proprietario del quotidiano tedesco più venduto, del giornale della sera più venduto (“Hamburger Abendblatt”) e del settimanale più venduto (“Hör zu”). Nel 1953 estese ulteriormente il suo impero dei media comprando testate come “Die Welt”, “Welt am Sonntag” e “Das Neue Blatt”. Tre anni dopo, iniziò la pubblicazione di “Bild am Sonntag”, edizione domenicale della “Bild Zeitung”. Inoltre fondò agenzie di viaggi e fu coinvolto anche nell’emittenza televisiva. Con l’acquisto della casa editrice Ullstein, estese i suoi interessi anche al mercato librario.

Sebbene nei primi anni di attività S. non avesse mostrato interesse per la politica, in coincidenza con la crescita del suo impero mediatico ebbe inizio il suo coinvolgimento nella politica tedesca. Dal 1949, quando la Germania fu divisa in due parti, Repubblica Federale Tedesca (RFT) e Repubblica Democratica Tedesca (RDT), la Riunificazione tedesca costituì una delle massime priorità politiche di S. Nel 1958, con un’iniziativa spettacolare e contro l’esplicito desiderio del cancelliere della Germania federale Konrad Adenauer, S. si recò a Mosca per presentare al segretario generale del Partito comunista dell’Unione Sovietica un piano finalizzato alla riunificazione delle due Germanie. Dopo aver atteso due settimane a Mosca di essere ricevuto, S. riuscì finalmente a incontrare l’uomo politico russo il 20 gennaio. Ma il colloquio si rivelò un’esperienza deludente, poiché Nikita Chruščёv respinse categoricamente il piano a causa delle sue obiezioni che investivano perfino il concetto di elezioni democratiche. Il fallimento di Mosca non impedì a S. di continuare a perseguire l’obiettivo della riunificazione. Facendo leva sui suoi media promosse una campagna massiccia che lanciava appelli per l’unificazione ed esortava la popolazione di Berlino Est a “votare con le gambe”, ovvero a lasciare la Repubblica democratica e ad andare nella Germania occidentale. S. faceva pubblicare quotidianamente sui suoi giornali il numero di tedeschi dell’Est che attraversavano il confine diretti nella Repubblica federale. Senza curarsi delle pressioni, Chruščёv acuì il conflitto imponendo un ultimatum a Berlino che doveva scadere nel maggio 1959. Fino a questa data, secondo l’ultimatum, tutti i collegamenti fra Germania occidentale e Berlino Ovest sarebbero stati chiusi. S., con un gesto di sfida, decise di costruire una nuova casa editrice a Berlino, vicino al confine con Berlino Est. L’edificio di venti piani, che si vedeva da lontano da Berlino Est, fu completato nel 1966. Il termine dell’ultimatum passò senza particolari conseguenze.

S. continuò a tenersi minuziosamente al corrente di tutti gli sviluppi nei paesi dell’Est europeo. Nel febbraio 1961 informò i servizi segreti americani del pericolo imminente che Chruščёv potesse trasformare il confine del settore di Berlino in un confine di Stato. Poco dopo le sue apprensioni si rivelarono esatte, quando Walter Ulbricht, segretario generale del Partito socialista unificato della Repubblica democratica, ordinò la costruzione del Muro di Berlino. In un incontro con Konrad Adenauer, Ulbricht affermò che S. era indirettamente responsabile di questi eventi in quanto le pubblicazioni della sua casa editrice avevano arroventato il clima. Allora S. decise che i suoi giornali avrebbero usato le virgolette riferendosi alla RDT: spiegò che le virgolette dovevano rendere esplicito il fatto che la RDT non era né Germania, né repubblica, né democratica.

Negli anni Sessanta gli affari di S. si estesero in molte direzioni: acquistò infatti altre testate scandalistiche (“Mittag”, 1964), riviste per giovani (“Bravo” e “Twen”, 1965) e una rivista sportiva (“Kicker”, 1965). Il fatto che il principale rivale di S., Rudolf Augstein, decise di stampare il suo settimanale “Der Spiegel” negli stabilimenti di S. rappresentò per quest’ultimo un ulteriore successo. In occasione dell’accordo tra i due tycoon più influenti dei media tedeschi, Augstein promise che avrebbe smesso di affermare che S. era il tedesco che più aveva guadagnato dalla divisione della Germania. In diverse circostanze, infatti, Augstein aveva messo in luce le agevolazioni fiscali ottenute da S. a Berlino per la costruzione della sua casa editrice. S. si fece anche un nome come importante sponsor di parchi e d’arte. Inoltre destinò ingenti somme di denaro a iniziative benefiche.

Nel 1967 S. formulò quattro principi basilari cui avrebbero dovuto attenersi tutti i giornalisti che lavoravano nel suo impero mediatico. I cronisti dovevano rivolgere i loro sforzi all’unificazione della Germania, alla riconciliazione fra tedeschi ed ebrei, al rifiuto di ogni tipo di totalitarismo politico, alla difesa dell’economia sociale di mercato. Questi principi andarono a formare una sorta di costituzione dell’impero Springer. In seguito, in questa lista furono effettuate due modifiche. Nel 1990, dopo l’unificazione, il primo principio fu cambiato nel senso di sostegno alla costituzione tedesca e alla Germania membro della comunità occidentale di Stati. Il nuovo principio quindi metteva in risalto l’appoggio al processo di integrazione europea e gli sforzi per unire i popoli d’Europa (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). Inoltre, dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, il comitato direttivo della Springer aggiunse ai quattro tradizionali un quinto principio che sottolineava il supporto all’alleanza transatlantica, evidenziando in tal modo la comunanza di valori esistente con gli Stati Uniti. Questi obiettivi esplicitamente politici sotto forma di principi non impedirono a S. di affermare che i suoi giornali non erano interessati a fare politica quanto piuttosto a descriverla.

Nel 1968 S. raggiunse il vertice del suo potere nei media e nella politica tedesca. I suoi giornali controllavano una parte sostanziale del mercato mediatico nazionale. Per quanto riguarda i quotidiani, la sua casa editrice possedeva il 39% del mercato e nel settore delle riviste il 18%. Il governo federale si vide costretto a designare una commissione per i media, che giunse alla conclusione che il controllo di una parte tanto consistente dei media tedeschi da parte di un’unica società poneva una seria minaccia alla libertà di stampa in Germania. A nessuna casa editrice doveva essere consentito di controllare oltre il 40% del mercato giornali dei quotidiani e più del 5% del mercato delle riviste. Il rivale di S., Augstein, proprietario del settimanale “Der Spiegel”, chiese al Parlamento tedesco di approvare una “legge Springer” con l’obiettivo di limitarne il potere. S., nel tentativo di resistere agli attacchi, decise di vendere parte del suo impero mediatico (circa il 15%).

L’enorme potere di S. negli anni Sessanta lo rese uno dei bersagli principali della protesta studentesca alla fine del decennio. Gli studenti, sostenendo che egli costituiva una seria minaccia alla libertà di stampa e usava i media per plagiare l’opinione pubblica, chiedevano la sua espropriazione. Durante le agitazioni studentesche del 1968, i contestatori cercarono in diverse occasioni di assaltare la casa editrice Springer. In particolare l’atteggiamento della casa editrice rispetto alla guerra del Vietnam attirò forti critiche. S., anticomunista convinto, sostenne vigorosamente gli Stati Uniti durante il conflitto e descrisse questa guerra come una lotta per liberare il mondo dal comunismo. In celebri dichiarazioni affermò che «il maiale resta un maiale anche se viene ripulito» e che «combattere il comunismo è come combattere il cancro». I suoi giornali “Bild” e “Die Welt” attaccavano il comunismo e tutti i suoi “simpatizzanti”, vale a dire chiunque fosse collocato a sinistra del centro politico. Le proteste universitarie fecero esplodere le critiche nei confronti di S. anche fra i sindacalisti e gli intellettuali, agli occhi dei quali egli incarnava l’establishment che si opponeva a qualsiasi cambiamento dell’ordine tradizionale.

A sua volta S. criticò aspramente il movimento studentesco. La campagna lanciata dalla casa editrice contro Rudi Dutschke, uno dei leader più importanti degli studenti, fu diffusamente considerata all’origine del tentato omicidio di cui questi fu vittima nell’aprile del 1968. Il processo contro l’assalitore, Josef Bachman, dimostrò che la campagna orchestrata dalla “Bild Zeitung” aveva incentivato l’uomo a compiere il suo gesto. Dodici anni dopo Dutschke morì per le conseguenze tardive dell’attentato. Questo inasprì la situazione fra gli studenti – che lanciarono lo slogan “Bild schoß mit” (“Spariamo anche alla Bild”) – e la casa editrice Springer. Gruppi di dimostranti cercarono di bloccare la distribuzione dei giornali di S. Nel 1974 lo scrittore Heinrich Böll, ispirandosi a questi eventi, scrisse un romanzo (Die verlorene Ehre der Katharina Blum, trad. it. L’onore perduto di Katharina Blum) in cui raccontava il destino di una donna la cui esistenza veniva distrutta dalle aggressioni senza scrupoli di un giornale. Mentre la maggior parte degli attacchi contro S. in un primo tempo era stata non violenta, la situazione si surriscaldò nei primi anni Settanta. Nel 1972 il quartier generale della casa editrice ad Amburgo fu bersaglio di un attacco con bombe da parte della Rote Armee Fraktion, un gruppo della sinistra radicale tedesca. Settanta impiegati rimasero feriti nell’attentato. Un anno dopo furono attaccate due delle case di S. Si disse anche che il terrorista internazionale Carlos fosse stato incaricato di uccidere S. In questo clima di violenza che si arroventò dopo l’assassinio di due importanti imprenditori tedeschi, S. decise di portare sempre con sé una pillola di cianuro per suicidarsi se fosse stato rapito. Inoltre, nel caso di un’invasione da parte dell’Unione Sovietica, S. aveva organizzato un piano per fuggire in Danimarca. La sua casa di Berlino disponeva di una via di fuga sotterranea che gli avrebbe consentito di scappare senza dare nell’occhio.

Sul piano politico S. avversò la politica del nuovo governo di Willy Brandt diretta a stabilire relazioni più strette con la Germania orientale (Ostpolitik). Mentre Brandt parlava di due Stati tedeschi di un’unica nazione, S. continuava a perseguire l’obiettivo della riunificazione della Germania. Pretese che i direttori dei suoi giornali mettessero sempre in prima pagina le informazioni riguardanti fughe riuscite o fallite dalla Germania orientale. Riteneva comunque che la libertà fosse un obiettivo ancora più importante della riunificazione e dichiarò che avrebbe accettato la divisione della Germania in due parti se fosse stato sicuro che in entrambe la popolazione sarebbe stata libera. Un altro obiettivo prioritario continuava a essere la riconciliazione fra tedeschi ed ebrei. Influenzato dalle sue esperienze personali durante la Seconda guerra mondiale, quando aveva visto rastrellare gli ebrei destinati ai campi di concentramento, S. era profondamente convinto che l’odio dei tedeschi verso gli ebrei fosse il nodo principale del XX secolo. Nel 1966 visitò per la prima volta Israele e nel 1973 volò in questo paese per dimostrare il suo sostegno alla guerra di Yom Kippur. Come riconoscimento per queste iniziative ricevette una laurea honoris causa dall’Università di Bar-Ilan nel 1974. Da quel momento si recò più volte in Israele e acquistò anche una casa a Gerusalemme.

Negli anni seguenti S. continuò a espandere il suo guppo di media. Già nel 1970 le diverse case editrici erano state unificate nell’Axel Springer Verlag AG. S. era proprietario unico e capo del consiglio direttivo della nuova società. Sebbene inizialmente si fosse impegnato a vendere parte della società all’editore Bertelsmann, ben presto tornò sulla sua decisione. Nel 1976 annunciò la vendita di “Die Welt” alla “Frankfurter Allgemeine Zeitung”, ma poi all’ultimo momento fece di nuovo marcia indietro. Ormai stanco del business dei giornali, S. cercò di introdursi nel settore televisivo. Dal momento che le stazioni televisive private in Germania non erano ammesse, S. esplorò tecnologie alternative, tra cui una prima versione del teletext, ma senza successo. Solo poco prima della sua scomparsa riuscì a inserirsi nel settore radiofonico.

Nei tardi anni Settanta la Springer fu coinvolta in numerosi scandali. Nel 1977 il giornalista Günter Wallraff, dopo aver lavorato sotto pseudonimo nell’ufficio editoriale della “Bild” a Hannover, scrisse un libro in cui raccontava le sue esperienze e rivelava le discutibili prassi giornalistiche in uso al giornale. La “Bild” in seguito denunciò Wallraff perché quest’ultimo aveva dichiarato che i giornalisti del quotidiano l’avevano spiato, ma il tribunale si pronunciò a favore di Wallraff. Nel 1978, inoltre, il giornale fu costretto dal tribunale a pagare un indennizzo di 50.000 marchi per danni a una studentessa che aveva definito “terrorista”. Alla luce di questi scandali, a partire dagli anni Ottanta molti popolari scrittori rifiutarono di scrivere per i giornali del gruppo Springer.

Negli ultimi anni della sua vita S. cercò di vendere la compagnia, che concentrava la più grande proprietà di giornali della Germania, pubblicando 36 fra quotidiani e riviste in cui lavoravano 12.000 persone. Ma i tentativi di vendere alla Burda Verlag furono bloccati; alla fine Burda acquistò meno del 25% della Springer e nel 1985 S. vendette un altro 49% delle azioni.

Andreas Dür (2010)

Bibliografia

Jacobi C., Axel Springer, in L. Gall (a cura di), Die großen Deutschen unserer Epoche, Propyläen-Verlag, Berlin 1995.

Jacobs H., Müller, U. (a cura di), Augstein, Springer & Co., Orell Fussli, Zürich 1990.

Jürgs M., Der Verleger, Ullstein-Taschenbuchverlag, München 2001.

Müller H., Press power, Macdonald, London 1969.

Wallraff G., Der Aufmacher, Manchester University Press, Manchester 1990.