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Statuto dei parlamentari europei

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Il Parlamento europeo (PE) ha adottato, con decisione del 28 ottobre 2005, lo Statuto dei parlamentari europei, destinato a trovare applicazione a partire dalla legislatura 2009/2014. Si tratta di un complesso di regole che mira a definire uno status unico dei membri del Parlamento europeo, colmando così una differenziazione tra i parlamentari derivante dall’applicazione nei loro confronti delle diverse normative nazionali. L’approvazione di questo Statuto, letta “in combinato disposto” con gli sforzi per la definizione di una procedura elettorale uniforme di elezione degli stessi (che ha trovato una prima concretizzazione nella decisione 2002/722 del Consiglio dei ministri che introduce una serie di “principi comuni” in materia) evidenzia la volontà di giungere a una totale “europeizzazione” dei membri del PE, dando così contenuto al cambiamento, introdotto con la citata decisione 2002/722/CEE ma a oggi solo terminologico, del loro ruolo di «rappresentanti nazionali al Parlamento europeo» in quello di «membri nazionali del Parlamento europeo».

Il riconoscimento ai membri di un Parlamento di una serie di prerogative può farsi risalire alle prime assemblee di rappresentanti del periodo feudale e trova fondamento, soprattutto a partire dai Parlamenti ottocenteschi, nella esigenza di tutelare da interferenze esterne non tanto i singoli parlamentari quanto le istituzioni parlamentari nel loro complesso. Ogni ordinamento giuridico ha così individuato, in modo talvolta graduale, istituti di garanzia del parlamentare e della sua attività. Alcune prerogative sono comunque generalmente previste, come l’immunità dagli arresti, l’insindacabilità per le opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni, il divieto di mandato imperativo, sia nella sua accezione più tradizionale di assenza di legami giuridici tra elettori ed eletto sia nella sua forma, politicamente più attuale, di legame tra parlamentare e partito che ne ha proposto la candidatura.

Ai parlamentari europei è stato sin dal primo momento riconosciuto uno status privilegiato. Tuttavia, poiché considerati inizialmente come rappresentanti del popolo nazionale che li aveva eletti, l’insieme delle prerogative riconosciute a ciascuno è stato quello del paese di elezione. Ciò ha determinato, in virtù delle diverse storie dei singoli parlamenti dei paesi che compongono l’UE (v. Parlamenti nazionali), una differenza, talvolta sensibile, su aspetti rilevanti quali l’immunità (che non viene comunque disciplinata nello statuto), l’insindacabilità, l’indennità.

Lo Statuto dei parlamentari europei, nel perseguire la finalità di uniformare lo status dei membri del PE, in taluni casi si è limitato a individuare il minimo comune denominatore dei diversi istituti presenti nelle legislazioni nazionali; in altri, soprattutto quelli riguardanti gli aspetti previdenziali e assistenziali, ha introdotto una disciplina innovativa rispetto a molte realtà statali. In riferimento al primo gruppo di prerogative, viene riconosciuta la libertà e indipendenza dei deputati. Pertanto è nullo qualsiasi accordo sulla modalità di esercizio dell’incarico parlamentare, dal momento che i deputati non possono essere vincolati da istruzioni o ricevere mandati imperativi. Inoltre, ed è questo un aspetto di particolare interesse, viene esplicitamente stabilita la nullità di qualsiasi accordo stipulato con il proprio partito o con altri soggetti, avente a oggetto dimissioni anticipate rispetto al termine della legislatura. Viene così codificata la regola, che negli Stati nazionali si presenta essenzialmente in forma consuetudinaria, che non siano accettate le dimissioni di un parlamentare qualora egli non le ripresenti una seconda volta in aula (al fine di evitare il ricorso dei partiti alle cosiddette “dimissioni in bianco”) e che il parlamentare non decada dalla carica qualora fuoriesca durante la legislatura dal partito che lo ha candidato alle elezioni. Nello Statuto viene dato rilievo anche al diritto del parlamentare di essere messo nelle migliori condizioni possibili per poter partecipare ai lavori dell’Assemblea. Per questo motivo è previsto che i deputati abbiano un incondizionato diritto di iniziativa, che possano accedere a tutti i documenti in possesso del Parlamento, fatta eccezione per quelli personali dei singoli, che i documenti stessi siano sempre tradotti in tutte le lingue ufficiali dell’Unione (v. Lingue), che vi sia la traduzione simultanea in tutte le lingue ufficiali di ogni intervento orale pronunciato nelle sedi parlamentari.

Particolare attenzione è dedicata, nello Statuto, agli aspetti legati all’indennità dell’europarlamentare, anche in considerazione della sensibile differenza a oggi esistente tra i deputati dei diversi paesi. Il principio base è il diritto a tale indennità, a garanzia dell’indipendenza del parlamentare, come previsto in tutti gli ordinamenti nazionali. Il cambiamento ora previsto sta nell’omogeneizzazione di tale compenso, che non viene più calcolato in base a quanto percepito dai membri dei parlamenti nazionali di elezione, bensì viene prefissato nello Statuto, utilizzando come parametro il trattamento economico di base di un giudice della Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea) e calcolandone una percentuale (38,5%). Questa indennità è a carico del bilancio comunitario (v. Bilancio dell’Unione europea) e sottoposta a una tassazione. Carattere innovativo presenta la previsione di una indennità provvisoria, riconosciuta all’europarlamentare non rieletto, della durata massima di ventiquattro mesi, che mira a garantire una fonte di reddito all’ex deputato in attesa di un altro incarico o dell’inizio di una nuova attività lavorativa. In linea con gli ordinamenti nazionali, agli ex europarlamentari è riconosciuto, al compimento del sessantatreesimo anno, anche il diritto alla pensione, a prescindere da altri trattamenti pensionistici. È interessante notare che di tale pensione è prevista la reversibilità, elemento questo non innovativo rispetto ai diritti nazionali, anche qualora il coniuge superstite contragga nuovo matrimonio, conformemente al diritto vigente nella Comunità economica europea e in base al principio che «si tratta di una prestazione specifica e non di una previdenza» (14 considerando dello Statuto). Inoltre tale reversibilità spetta anche ai conviventi in unioni di fatto, a condizione che negli Stati membri questi ultimi siano equiparati ai coniugi.

Anna Papa (2009)