Stoltenberg, Gerhard

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S. nacque il 29 settembre 1928 a Kiel, in Germania. Il padre era un pastore protestante, la madre insegnante. Poco si sa dell’infanzia di S. nella piccola città settentrionale di Hohenstein e a Bad Oldesloe. Costretto a interrompere gli studi nel 1944 quando fu chiamato alle armi, come migliaia di altri ragazzi, per l’insensata e disastrosa battaglia “finale” della Seconda guerra mondiale, S. prese servizio nell’unità antiaerea della marina tedesca; catturato dall’esercito britannico, restò prigioniero di guerra sino all’autunno del 1945.

Assunto come segretario al municipio di Bad Oldesloe, proseguì gli studi e già durante questi anni, nel 1947, entrò nel partito Cristiano democratico (Christilch-soziale Union, CDU), svolgendo attività di partito come volontario a livello locale. Laureatosi nel 1949, S. intraprese la carriera accademica studiando storia contemporanea, economia, scienze sociali e filosofia all’università di Kiel. Negli stessi anni lavorò come giornalista per varie testate locali, e trascorse parecchi mesi negli Stati Uniti. Nel febbraio 1954 conseguì il dottorato con una tesi intitolata Il Reichstag tedesco: 1871-1873. Assistente all’università di Kiel, fu poi chiamato come lettore alla facoltà di Magistero. Nel 1960 conseguì l’abilitazione con una tesi sui Movimenti politici dei contadini dello Schleswig-Holstein: 1919-1933, ed ebbe l’incarico di lettore all’università di Kiel.

Parallelamente alla carriera accademica, continuò quella all’interno del partito. Da capo dell’organizzazione giovanile della CDU dello Schleswig-Holstein (1951), S. divenne capo della organizzazione giovanile federale dal 1955 al 1961, e fu altresì eletto membro del parlamento regionale dello Schleswig-Holstein nel 1954-1957. Iniziò quindi la sua carriera politica a livello nazionale, interrotta solo da due brevi periodi in cui lavorò alle industrie Krupp a Essen (1965 e 1969-1970).

Nel 1957 S. fu eletto al parlamento tedesco (Bundestag) ad appena 29 anni, diventando il parlamentare più giovane. Conservò l’incarico parlamentare sino al 1971, ma nel 1983 rientrò nel Bundestag per varie tornate legislative sino al 1998. A partire dagli anni Sessanta si dedicò interamente alla politica, sia nel legislativo che nell’esecutivo. Tra il 1965 e il 1992 coprì tre diversi incarichi nel governo federale: nel 1965-1969, durante il cancellierato di Ludwig Erhard e Kurt Georg Kiesinger, fu ministro per la Scienza e la ricerca; sotto Helmut Josef Michael Kohl (1982-89) divenne ministro delle Finanze e ministro della Difesa (1989-1992).

Nell’intervallo, quando il governo federale era guidato dai socialdemocratici, ricoprì la carica di ministro presidente dello Schleswig-Holstein.

S. aveva 37 anni quando fu nominato nel secondo governo di Ludwig Erhard ministro della Scienza e della ricerca, ministero che aveva sostituito quello per la Ricerca nucleare. Nonostante la giovane età, ma col consistente sostegno dei sostenitori locali e grazie alla conoscenza approfondita del funzionamento delle istituzioni accademiche – derivante dalle esperienze come lettore e come inviato della CDU alla Commissione per il finanziamento dei costi di ricerca e sviluppo – nei quattro anni in cui restò in carica S. riuscì ad aumentare il budget del suo ministero del 120%; promosse una serie di riforme dei piani di studi universitari e introdusse corsi di studio più brevi; istituì nuove università pubbliche e ampliò quelle esistenti; estese i campi di ricerca finanziati dallo Stato, incentrati prevalentemente sulla ricerca nucleare e sui progetti spaziali. I suoi sforzi furono appoggiati da un dibattito pubblico sul sistema di istruzione e sulla ricerca nella Germania occidentale sviluppatosi già nel 1964.

Nel 1966, dopo le dimissioni di Erhard, S. fu invitato alla direzione della cancelleria dal cancelliere Kurt Georg Kiesinger, ma rifiutò l’offerta per conservare il ministero per la Scienza e la ricerca. A partire dal 1968 incoraggiò progetti per l’elaborazione elettronica dei dati, per lo sviluppo tecnologico in medicina e per la messa a punto di procedimenti compatibili con l’ambiente. Se l’operato di S. era apprezzato dal suo partito ma anche dai socialdemocratici della Sozialdemokratische Partei Deutschlands (SPD), S. non riuscì però a trovare un terreno d’incontro con il movimento studentesco del 1968 e con l’opposizione extraparlamentare (Außerparlamentarische Opposition, APO), le cui richieste e il cui modo di pensare e di comunicare gli erano profondamente estranei. S. dovette abbandonare il suo incarico di governo nel 1969, quando alle elezioni del Bundestag le frazioni della SPD-FDP (Freie demokratische Partei) ottennero la maggioranza scalzando la coalizione CDU/CSU e Willy Brandt divenne nuovo capo del governo

Dopo un interludio di 13 mesi in cui lavorò alle Industrie Krupp di Essen, S. assunse nuovamente un’importante carica politica a livello statale. Nel 1971, quando il suo partito ottenne una maggioranza sorprendentemente netta di quasi il 52% (contro il 46% di quattro anni prima), fu eletto ministro presidente dello Schleswig-Holstein. S. fu uno dei ministri presidenti più popolari, e il mandato gli fu rinnovato due volte, mentre alle elezioni nazionali il suo partito perdeva drammaticamente voti nello Schleswig-Holstein.

Durante il suo mandato S. cercò di rilevare la televisione di Stato e l’emittente radiofonica NDR (Norddeutscher Rundfunk), gestita fino ad allora da tre Stati della Germania occidentale (Amburgo, Bassa Sassonia e Schleswig-Holstein); nel 1978 S. annullò il contratto preesistente e nel 1980 firmò un nuovo contratto con il solo ministro presidente della Bassa Sassonia, escludendo Amburgo. Ma nello stesso anno il nuovo contratto fu annullato dal tribunale amministrativo, e Amburgo fu riammessa.

Proseguiva intanto la carriera politica a livello nazionale di S., che nel frattempo aveva assunto anche la leadership della branca locale del suo partito (CDU dello Schleswig-Holstein). Nella prima metà degli anni Settanta rappresentò un serio concorrente per l’astro nascente dei conservatori tedeschi, Helmut Kohl, ma rifiutò un confronto aperto. Dopo la nomina di Kohl a candidato ufficiale della CDU, S. abbandonò il seggio parlamentare nel Bundestag e si dedicò alla politica locale. Solo nel 1979 accettò l’incarico di stratega economico alla direzione nazionale della CDU. In considerazione della esperienza di S. in materia, nel 1982 Kohl lo nominò ministro federale delle Finanze. Il nuovo incarico nel governo federale obbligò S. ad abbandonare la carica di ministro presidente a Kiel.

Scopo di S. era quello di diminuire l’impegno economico diretto dello Stato, che rappresentava oltre il 50% del PIL. Procedette quindi a un drastico taglio della spesa pubblica al fine di ridurre del 56% l’aliquota massima della tassa sul reddito. Con questa politica fiscale S. mirava a incoraggiare le imprese con una riduzione delle imposte sul reddito e sui profitti, tagli alle spese sociali e un aumento delle tasse sui consumi (l’imposta sul valore aggiunto a tasso ridotto passò dal 6,5 al 7% e quella ordinaria dal 13 al 14%). S. perseguiva l’obiettivo di una “economia sociale di mercato”, e a partire dal 1984 ridusse le aziende pubbliche vendendo quote di importanti industrie tedesche come le società per l’energia elettrica VEBA (Vereinigte Elektrizitäts- und Bergwerks-AG) e VIAG (Vereinigte Industrie Unternehmen-AG) e la Volkswagen. La decisione di richiedere prestiti temporanei senza interessi alle fasce della popolazione a più alto reddito fu invalidata dalla Corte costituzionale federale (Bundesverfassungsgericht).

Nel 1987 S. era il politico più amato della Germania federale, superando in popolarità anche il cancelliere Kohl. Ma ben presto le sue sorti mutarono a seguito del suo pesante coinvolgimento nello “scandalo Waterkant”. Uwe Barschel, successore di S. alla carica di ministro presidente dello Schleswig-Holstein, aveva iniziato una campagna diffamatoria contro il suo concorrente dell’opposizione Björn Engholm (SPD), accusandolo di frode fiscale, omosessualità e intercettazioni telefoniche ma declinando però ogni responsabilità. Quando i suoi reati divennero di dominio pubblico, Barschel si dimise, e pochi giorni dopo fu trovato morto in una camera d’albergo a Ginevra. S., ancora a capo della CDU dello Schleswig-Holstein, aveva difeso Barschel incoraggiandolo a mantenere la linea adottata per far fronte alla vicenda.

Lo scandalo e la morte misteriosa del principale attore coinvolto (il caso della morte di Barschel resterà irrisolto), resero S. una figura politica sospetta nella scena politica della Germania Ovest. L’anno successivo divenne evidente come S. avesse perduto il suo potere all’interno della CDU dello Schleswig-Holstein; nel 1988, infatti, i delegati nominarono Heiko Hoffmann come candidato alle elezioni al posto del favorito di S., Henning Schwarz. Nelle successive elezioni il partito perse un terzo dei voti, e quindi la maggioranza per governare. A vincere le elezioni fu Björn Engholm, candidato della SPD all’opposizione e vittima della campagna diffamatoria, che divenne ministro presidente dello Schleswig-Holstein. Nel gennaio del 1989 S. non ripresentò la propria candidatura alla direzione della CDU locale. Subito dopo, dovette lasciare il ministero delle Finanze e nell’aprile del 1989 fu sostituito da Theo Waigel.

Nonostante le crescenti critiche dei media tedeschi, il consuntivo dell’operato di S. fu piuttosto positivo: nel 1989 l’indebitamento aggiuntivo annuale per la compensazione del deficit pubblico raggiunse il suo minimo storico dal 1972, e nei 6 anni e mezzo in cui S. rimase in carica furono creati 1,6 milioni di nuovi posti di lavoro.

A livello internazionale, S. come ministro delle Finanze fu considerato un esponente rispettabile e affidabile della Repubblica Federale Tedesca. Fu membro dei vertici dei G7 nonché un attore di primo piano della Comunità economica europea (CEE). A livello mondiale era fautore delle riduzioni del debito per i paesi in via di sviluppo; all’interno della Comunità europea fu S., rappresentante del rispettato se non temuto marco tedesco, che in qualità di capo del Consiglio dei ministri dell’economia e delle finanze al Vertice di Bruxelles del 1987 riuscì a far approvare le norme per la libera circolazione di capitali all’interno della Comunità europea – una precondizione essenziale per la successiva introduzione della moneta unica.

Il mutato corso della politica mondiale nel 1989 segnò un’altra svolta nella carriera politica di S. Quando Kohl modificò la composizione del suo terzo governo e Theo Waigel prese il posto del sessantunenne S., questi conservò nondimeno la carica di ministro federale della Difesa. In questo nuovo ruolo si trovò ben presto a fare i conti con il cambiamento più drammatico nella strategia militare della Germania postbellica.

Nell’ottobre del 1990, dopo il crollo del nemico del passato – la Repubblica Democratica Tedesca e il suo esercito –, avveniva l’unificazione con la Repubblica Federale Tedesca. Il crollo dei regimi comunisti, la caduta del Muro di Berlino e l’unificazione tedesca misero in discussione il ruolo speciale della Germania nel dopoguerra e durante la Guerra fredda. La Germania fu chiamata a partecipare a missioni di pace internazionali: ad esempio, durante la guerra del Golfo del 1990-1991 fornì unità aeree nell’ambito dell’operazione dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) con base in Turchia per sostenere le forze alleate contro le truppe irachene. In questa occasione la Germania rifiutò di partecipare alle operazioni dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), scegliendo invece di coprire una cospicua quota delle spese militari. Parallelamente agli sviluppi politici internazionali, l’attuazione dell’unificazione tedesca, anche con riguardo ai due eserciti, divenne un compito cruciale per il governo tedesco.

S. – che sin dall’inizio era stato sostenitore della piena integrazione dell’esercito della Germania occidentale (Nazionale Volksarmee, NVA) nelle forze armate della Germania occidentale (Bundeswehr) – dovette adattarsi agli accordi internazionali guidati dal ministro degli Esteri Hans-Dietrich Genscher. Questi accordi, che quasi subito, dietro richiesta dell’allora presidente degli Stati Uniti George Bush furono modificati in accordo con le idee di S., prevedevano uno status più neutrale della NVA e del territorio dell’ex Repubblica Democratica Tedesca (DDR), che doveva restare escluso dalla NATO. All’inizio del 1990, dopo le elezioni del Parlamento della Germania orientale, l’interlocutore di S. come ministro della Difesa fu l’attivista per i diritti civili Rainer Eppelmann, fautore della separazione dei due eserciti. A seguito dell’accordo di Mosca “due-più-quattro” del 12 settembre 1990, S. poteva dare corso alla sua idea originaria favorevole all’unificazione dei due eserciti, e a partire dal 3 ottobre del 1990, data dell’unificazione dei due Stati, la fusione del Bundeswehr e della NVA divenne il suo principale compito come ministro della Difesa. Visto in retrospettiva, si trattava di un compito estremamente arduo; circa 135.000 membri dell’esercito della Germania Est – 60.000 soldati regolari, 40.000 civili e 35.000 soldati di leva – dovevano essere integrati in una forza armata tedesca unificata. Parallelamente, l’equipaggiamento doveva essere integrato o distrutto: 10.000 carri armati, 100.000 veicoli di altro tipo e 300 tonnellate di munizioni. Nonostante l’opposizione degli ufficiali della Germania Ovest, S. decise di integrare nell’esercito tedesco unificato tutti gli ufficiali che non avessero partecipato ad azioni criminali quando erano in servizio nella Germania orientale. Già a luglio del 1991 l’Unità speciale per l’integrazione dei membri dell’esercito e dell’equipaggiamento della NVA nelle forze armate unificate tedesche aveva terminato il suo compito e poteva essere sciolta.

Come ministro della Difesa, S. fu impegnato non solo a organizzare e gestire l’unificazione, ma anche a definire la strategia futura dell’esercito tedesco come unità di pace internazionale, e non più come fattore della politica della Guerra fredda. Decise così di ridurre a 30.000 il numero di soldati e ufficiali fino al 2000, e di ridurre altresì l’acquisto di nuove armi. La sua proposta di destinare il nuovo esercito tedesco a missioni di pace internazionali, per quanto oggi valida, era in anticipo sui tempi, e nel 1992 fu respinta dal Consiglio di gabinetto. Due anni dopo, quando S. si era già dimesso dal suo incarico, la Corte costituzionale si pronunciò in favore della partecipazione dell’esercito tedesco a missioni guidate o decise dall’ONU.

Gli importanti traguardi raggiunti da S. in qualità di ministro della Difesa furono offuscati da due incidenti che vennero interpretati come segnale di una perdita di controllo all’interno del ministero. Nell’autunno del 1991 fu divulgata la notizia di un tentativo – illegale secondo la normativa tedesca – di inviare carri armati provenienti dall’equipaggiamento della NVA al Mossad, i servizi segreti israeliani. Il secondo incidente, di natura assai simile, concerneva la vendita di 15.000 carri armati all’esercito turco, accusato di utilizzare armi tedesche nei conflitti interni contro la minoranza curda, in violazione della decisione della Commissione parlamentare bilancio del novembre 1991. S. fu costretto a dare le dimissioni da ministro della Difesa. Gli succedette il segretario generale della CDU Volker Rühe.

Dopo le ingloriose dimissioni da ministro federare, nel settembre 1992, alla fine di una lunga e ricca carriera, S. fu nominato dal cancelliere Helmut Kohl rappresentante della cooperazione franco-tedesca, incarico che detenne sino all’ottobre 1995. S. restò anche consigliere della CDU per le politiche economiche e fiscali, e fu nominato presidente della fondazione di orientamento conservatore Konrad Adenauer Stiftung. Nel 1977 divenne presidente della fondazione del Bundestag Otto von Bismark Stiftung. Restò membro del Bundestag sino al 1998, quando diede le dimissioni all’età di 78 anni. Poco prima della morte restò coinvolto in un altro scandalo. Una commissione d’indagine parlamentare chiese a S. di testimoniare su un’altra controversa compravendita di armi, risalente al 1991 – la vendita di 36 carri armati all’Arabia Saudita.

S. trascorse complessivamente 29 anni come membro del Bundestag, 14 anni come membro del governo, a capo di tre diversi ministeri, e fu primo ministro per 11 anni. Ricevette varie onorificenze: la Grande croce al merito della Repubblica Federale Tedesca nel 1969, la Gran croce al merito con stella e fascia nel 1973, la Medaglia Ludwig-Erhard nel 1999 e il Premio Hermann-Ehler nel 1999. Nonostante il suo attivo impegno internazionale, in particolare all’interno della Comunità europea, S. non ricevette alcuna decorazione da altri paesi. Oltre che agli scandali in cui fu ripetutamente coinvolto, questa mancanza di riconoscimenti può essere imputata all’atteggiamento freddo e distaccato di S., che gli valse il soprannome di “gelo che viene dal Nord”.

Nella vita privata, S. si interessava di letteratura storico-politica, amava sciare e giocare a golf, era un intenditore di arte orientale e di pittura classicistica. Sposato e con due figli, morì di cancro il 23 novembre 2001 all’età di 73 anni.

Anton Legerer (2010)

Bibliografia

Brügge B., Über Gerhard Stoltenberg, Bonn Aktuell, Stuttgart 1982.

Stoltenberg G., Staat und Wissenschaft. Zukunftsaufgaben der Wissenschafts- und Bildungspolitik, Seewald, Stuttgart 1969.

Stoltenberg G., Unsere Verantwortung für eine gute Zukunft. Ausgewählte Reden 1982-1986, Olzog, Monaco 1986.

Stoltenberg G., Wendepunkte. Stationen deutscher Politik 1947-1990, Siedler, Berlin 1997.

Stoltenberg G., Erinnerungen und Entwicklungen: deutsche Zeitgeschichte 1945-1999, Mittler, Amburgo 1999.