Verhofstadt, Guy

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V. (Termonde 1953), laureato in legge all’Università di Gand (1975), fa rapidamente il suo ingresso in politica nel 1976, quando viene eletto consigliere comunale. Dopo qualche mese come stagista nell’attività forense, diviene consigliere nel gabinetto politico di Willy De Clercq, poi nel 1977 suo segretario politico. Poco dopo (1979-1982) assume la presidenza dei PVV-Jongeren, la sezione giovanile del Partij voor Vrijheid en Vooruitgang (PVV), il partito per la libertà e il progresso. Con i giovani del PVV presenta al congresso del partito nell’ottobre 1979 un manifesto radicale che reclama un liberalismo rinnovato in cui sia ridotto al minimo l’intervento dello Stato: «garantire la concorrenza» ed eliminare «le concentrazioni di potere nel settore privato». In questa fase sono già presenti alcuni degli elementi che decreteranno il successo di V.: «radicalismo ideologico, giovinezza, mediatizzazione e uso di formule di funzionamento che cortocircuitano le procedure ufficiali» (v. Govaert, I, 1995, p. 18). Le riflessioni ideologiche di V. sono nutrite dalle sue numerose letture, in particolare degli economisti francesi e americani.

Alle elezioni legislative del 1981 il PVV ottiene un importante successo. De Clercq diviene nuovamente ministro delle Finanze nel 1982. È V., che ha 29 anni, a succedergli alla presidenza del partito, eletto con l’85% dei voti. Svolge quest’incarico dal 1982 al 1985, poi di nuovo dal 1989.

Fa il suo ingresso alla Camera dei rappresentanti il 7 gennaio 1985, sostituendo di nuovo De Clercq che è diventato commissario europeo. Nel novembre dello stesso anno entra nel governo Martens VI (28 novembre 1985-21 ottobre 1987), come vice primo ministro e ministro del Bilancio, della politica scientifica e della programmazione, incarico che ricopre ancora nel governo Martens VII (21 ottobre 1987-13 dicembre 1987, fino al 9 maggio 1988 per gli affari correnti). La sua azione di governo è caratterizzata da uno sforzo reale di risanamento delle finanze pubbliche, ma i progetti di riforme strutturali che dovrebbero accompagnarli non decollano. La personalità del vice primo ministro provoca non poche tensioni all’interno del governo.

Il PVV non partecipa alla nuova coalizione costituitasi dopo le elezioni del dicembre 1987. V. ritrova il suo seggio di deputato che mantiene fino al 1995 (dal 5 gennaio 1988 al 18 ottobre 1991 e dal 16 dicembre 1991 al 12 aprile 1995). Parallelamente (1985-1995) è membro del Consiglio fiammingo. All’opposizione mette a punto un primo manifesto cittadino (Burgermanifest), in cui denuncia la crescente distanza fra il cittadino e la politica che viene imputata alla polarizzazione della società belga. Il manifesto propone una serie di rimedi, come l’abolizione dell’obbligo di voto o l’instaurazione del referendum. Si tratta di un tema sul quale in seguito tornerà di frequente (un quarto manifesto cittadino sarà pubblicato nel 2006). In seguito alle elezioni legislative del 1991 V. è incaricato di formare il governo, ma non riesce a coinvolgere nel suo programma i liberali, i socialisti e gli ecologisti. Il PVV si lancia quindi in un “giro delle Fiandre”, rivolgendo un appello a tutte le forze politiche che accordano la priorità al cittadino, contro i partiti che difendono gli interessi di parte. Questo giro sfocia nella pubblicazione di un nuovo manifesto, De Weg naar Politieke Vernieuwing, che sarà seguito da un appello per raggruppare in un nuovo partito coloro che «professano idee liberali insieme ai democratici liberi nelle loro azioni e nelle loro riflessioni» (De Weg naar Politieke Vernieuwing, testo del gruppo di lavoro, 21 settembre 1992). Il nuovo partito sarà il VLD, Vlaams Liberalen en Democraten, al cui vertice è confermato V. nel giugno 1993.

Le elezioni legislative del maggio 1995 fanno del VLD il secondo partito delle Fiandre. Ma non basta ugualmente per entrare nel governo. V., che si è posto l’obiettivo di fare del suo partito un elemento indispensabile per qualsiasi negoziato governativo, si dimette dalla presidenza del VLD. È eletto al Senato e ne diviene vicepresidente. In questo periodo si fa coinvolgere nei lavori della commissione d’inchiesta parlamentare sugli avvenimenti del Ruanda (assassinio di dieci caschi blu belgi e genocidio del 1994) di cui sarà correlatore. Nel frattempo nel giugno 1997 ritorna alla presidenza del VLD.

Alle legislative del 13 giugno 1999 i liberali diventano il più importante gruppo politico del paese. Il 12 luglio V. è nominato primo ministro, a capo di una coalizione che riunisce i socialisti, i liberali e gli ecologisti (soprannominata “l’arcobaleno”). È dal 1938 che il Belgio non ha un primo ministro liberale. Quest’ascesa al potere segna anche l’esordio del suo coinvolgimento nelle questioni europee, tanto più che si profila all’orizzonte per il Belgio la Presidenza dell’Unione europea (1° luglio-31 dicembre 2001). L’interesse europeo va crescendo in particolare dal Vertice di Nizza (dicembre 2000). Nel giugno 2001 V. lancia l’idea di un’elezione del Presidente della Commissione europea a suffragio universale. Il suo passaggio alla presidenza del Consiglio dei ministri non passa inosservato. Le priorità del Belgio sono ambiziose: riforma delle Istituzioni comunitarie, Allargamento, attuazione dell’Euro, agenda sociale. L’obiettivo consiste nel giungere a una dichiarazione che contraddistingua il Vertice europeo di Laeken in dicembre (v. Vertici). Ma gli attentati dell’11 settembre esigono un adeguamento dell’agenda europea (v. “Agenda 2000”) alla nuova situazione internazionale, in particolare attraverso una politica europea di lotta contro il terrorismo. V. vuole anche aprire il dialogo con gli “anti-globalisti”. Il 26 settembre indirizza loro una lettera in cui riconosce la legittimità delle loro preoccupazioni, ma ritiene che si debba rispondere con una maggiore e non minore globalizzazione. Immagina un forum delle associazioni di cooperazione continentali, una sorta di Federalismo mondiale che dovrebbe inquadrare la globalizzazione e garantirne il carattere etico.

Il Consiglio europeo di Laeken del 14 e 15 dicembre 2001 è preceduto da viaggi nelle diverse capitali europee. In Italia V. ottiene l’accordo di Silvio Berlusconi sulla questione del Mandato d’arresto europeo. Accanto alla Politica europea di sicurezza e di difesa il principale obiettivo del vertice è la discussione e l’adozione del testo della dichiarazione di Laeken, che definisce a grandi linee una visione comune dell’avvenire dell’Europa e il metodo adottato per le riforme istituzionali indispensabili al buon funzionamento di un’Europa allargata. Sotto la presidenza di V. si decide di convocare una Convenzione sull’avvenire dell’Europa che raccolga i rappresentanti dei capi di Stato o di governo degli Stati membri e della Commissione europea, membri dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo, con la partecipazione dei Paesi candidati all’adesione (v. Convenzione europea). Si tratta «di mettere in moto un processo di costituzionalizzazione per l’Europa». V. si rallegra per l’originalità della procedura e spera di aver contribuito così al sogno di vedere l’Europa «raggiungere la nuova sintesi alla quale il mondo aspira» (discorso di fronte al Parlamento europeo, 17 dicembre 2001). Quindi si interesserà da vicino dei lavori della Convenzione.

Le elezioni del 18 maggio 2003 vedono la sua riconferma a primo ministro per il periodo 2003-2007, questa volta a capo di una coalizione di socialisti e liberali (detta “la violetta”).

Nel 2004 circola il suo nome per la successione a Romano Prodi alla testa della Commissione europea. Pur essendo sostenuto dal tandem franco-tedesco, il “candidato dei federalisti” non riesce a ottenere l’unanimità, in particolare a causa delle posizioni assunte durante la crisi irachena. Infatti V. aveva organizzato insieme a Jacques Chirac, Gerhard Schröder e Jean-Claude Junker, nell’aprile 2003, un vertice sulla politica europea di difesa, considerato una sfida all’Alleanza atlantica che il Regno Unito, la Polonia e l’Italia non gli perdonano.

In seguito al rifiuto del trattato costituzionale da parte di francesi e olandesi, nel 2005, V. pubblica un manifesto europeo, Gli Stati Uniti d’Europa. Manifesto per una nuova Europa (De Verenigde Staten van Europa: manifest voor een nieuw Europa, Houtekiet, Anvers-Amsterdam 2005). Ritiene che «la Costituzione non sia stata respinta perché era troppo ambiziosa ma piuttosto perché mancava di ambizioni» (v. Verhofstadt, 2006, p. 65). Se i paesi non sono tutti disposti ad accettare “più” Europa, V. propone di fare dei paesi della zona euro un nocciolo duro, “gli Stati uniti d’Europa”, che dovrebbero dotarsi di un governo e di una strategia socio-economica comunitaria per rispondere alle sfide della mondializzazione e dell’invecchiamento. Questo traguardo può essere raggiunto tramite la convergenza (fissazione di minimi e massimi relativi alle norme sociali e fiscali) e consistenti sforzi di ricerca e di sviluppo (aumentare il budget in materia fino a farlo diventare il più importante dopo quello investito nell’agricoltura). È necessario inoltre costruire uno spazio europeo di giustizia e di sicurezza, dotandolo di un esercito e di una diplomazia comuni. Il finanziamento sarà assicurato da risorse proprie (tasse sul consumo e tasse ambientali) che garantirebbero l’autonomia. Il vocabolario delle istituzioni dovrà essere adattato e al posto della Commissione ci sarà un governo con un presidente a termine eletto a suffragio universale diretto. Secondo V. «l’idea degli Stati Uniti d’Europa è la sola opzione per il vecchio continente» (v. Verhofstadt, 2006, p. 9). Gli Stati che non desiderano farne parte si riuniranno in una confederazione di Stati, “l’Organizzazione degli Stati europei”.

Davanti al Parlamento europeo, il 31 maggio 2006, V. ribadisce la sua convinzione che l’Europa abbia bisogno, oltre all’allargamento, anche di un maggior Approfondimento. Non c’è dubbio che l’Unione diventerà più federale e politica, ma si tratta di sapere se «questo accadrà in tempo». Per raggiungere quest’obiettivo gli europei devono avere coraggio politico. Quando nel 2007 il nuovo presidente francese Nicolas Sarkozy chiede un trattato semplificato, V. rifiuta che il testo sia svuotato della sua sostanza. Se è necessario fare delle concessioni, la Personalità giuridica dell’Unione europea va preservata, come pure il carattere vincolante della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Invece concorda con il presidente francese sulla necessità di creare un governo economico per la zona euro.

Sul piano nazionale V. è di nuovo consigliere comunale di Gand dall’ottobre 2006. Si presenta alle elezioni federali del 10 giugno 2007 nella lista dell’Open-VLD, nuova denominazione del cartello VLD-Vivant dal mese di febbraio. Malgrado il numero significativo di voti di preferenza che ottiene, il terzo mandato a cui aspira è compromesso a causa del calo del suo partito (perdita di 7 dei 25 seggi alla Camera), nella scia di quello già subito alle elezioni regionali del 2004. Il cristiano-democratico Yves Leterme stenta a formare un nuovo governo e, dopo oltre sei mesi di crisi, il re si rivolge a V. perché costituisca un governo provvisorio, che guida dal 21 dicembre 2007 al 20 marzo 2008. Dal 30 gennaio V. 1995 è ministro di Stato.

Natacha Wittorski (2008)

Bibliografia

Govaert S., Du PLP-PVV au VLD. I. 1971-1991, in “Courrier hebdomadaire”, n. 1501-1502, 1995.

Govaert S., Du PLP-PVV au VLD. II. 1992-1995, in “Courrier hebdomadaire”, n. 1503-1504, 1995.

Mouton O., Vanpeteghem B., Guy Verhofstadt: itinéraire d’un Premier, Racine, Bruxelles 2003.

Mouton O., Vanpeteghem B., Guy Verhofstadt weg naar de top, Lannoo, Tielt 20032.

Verhofstadt G., Les États-Unis d’Europe, Luc Pire, Bruxelles 2006.