Associazione Italiana per il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa

L’Associazione italiana per il Consiglio dei Comuni d’Europa (AICCE, dal 1984 AICCRE, Associazione italiana per il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa) fu fondata a Roma, il 26 e 27 gennaio 1952, come Sezione italiana del Consiglio delle Comunità europee (CCE), di cui rispetta integralmente le stesse finalità: favorire la creazione di una Federazione europea, basata su autonomi ed efficienti enti locali e regionali. In analogia con l’organizzazione sovranazionale, ha successivamente preso la denominazione di Associazione italiana per il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa.

Al congresso costitutivo parteciparono numerosi sindaci e amministratori locali, convocati da un Comitato promotore composto dai delegati che avevano partecipato all’Assemblea costitutiva del CCE a Ginevra (28-30 gennaio 1951) (v. Comunità economica europea).

Il Congresso, presieduto dall’assessore del Comune di Milano, Lamberto Jori, si svolse sulla base delle relazioni di Umberto Rossi, sindaco di Ivrea, Renato Brugner, della giunta provinciale di Roma, e Umberto Serafini, che aveva tenuto la segreteria per incarico del CCE. Egli ricordò la storia dell’organizzazione, sottolineando in particolare l’importanza, per la nascita dell’AICCE, della collaborazione dell’Unione europea dei Federalisti e del Movimento federalista europeo che, nella sua risoluzione del Congresso nazionale di Torino (6-8 dicembre 1952), infatti, aveva affermato: «Constatata la concreta politica federalista che l’AICCE […] ha svolto […] sul terreno nazionale ed europeo, combattendo in entrambi campi per l’immediata costituzione di un’autorità politica europea e per la convocazione di un’Assemblea costituente, impegna il Comitato centrale e tutti i federalisti […] a dare la loro opera senza riserve per l’adesione dei consigli comunali, provinciali e regionali […] all’Associazione italiana per il Consiglio dei Comuni d’Europa».

All’origine dell’unità di intenti tra l’AICCRE e i federalisti vi era il sostegno dato dai sindaci alla campagna per un Patto federale per l’Unione federale, lanciato a livello europeo da un comitato internazionale, del quale facevano parte i massimi esponenti del mondo politico, economico, culturale e scientifico dei paesi della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA). La petizione era importante non solo per il valore dei promotori, ma anche perché il suo successo convinse il Presidente del Consiglio, Alcide De Gasperi, a sostenere rigorosamente la concezione federalista, dopo un periodo di incertezza in cui si dichiarò indifferentemente per una confederazione o una federazione, posizione che qualificherà tutta la sua azione politica, dalla Comunità europea di difesa (CED) fino alla fine dei suoi giorni.

Nell’ambito delle numerose iniziative del CCE, l’azione della Sezione italiana ha spesso rivestito un’importanza decisiva, come per le sessioni degli Stati generali tenute in Italia a Venezia (1954), a Roma (1964) e a Torino (1984).

In particolare, la VII sessione, svoltasi dal 14 al 17 ottobre al Palazzo dello Sport di Roma, dove, sotto lo slogan “Per l’Europa dei popoli”, campeggiavano i ritratti di eroi della Resistenza europea, a ricordare lo stretto legame tra il federalismo europeo e la lotta armata contro il nazi-fascismo (v. Federalismo). Presenti 5000 amministratori locali e regionali delle varie Sezioni del CCE, nonché 2000 dirigenti delle organizzazioni europeiste e federaliste (tra cui Altiero Spinelli) e delle forze vive europee (rappresentanti di organizzazioni politiche, sindacali, culturali e scientifiche), parteciparono alla sessione anche esponenti della Comunità europea, sia del Parlamento europeo che della Commissione esecutiva (v. Commissione europea), guidata dal presidente Walter Hallstein, e il Presidente del Consiglio italiano, Aldo Moro. Assistevano ai lavori 8000 giovani delle scuole romane.

La manifestazione era stata preceduta da una serie di riunioni, a livello europeo, di tutti i più importanti movimenti europei e federalisti (v. Movimenti europeistici) e delle organizzazioni sindacali, che si erano dichiarati d’accordo con l’idea lanciata dalla Sezione italiana del CCE, di un «Fronte democratico europeo».

Nella risoluzione si leggeva: «La costruzione europea è bloccata. I governi nazionali, aggrappati a gretti egoismi e competenze sorpassate, si oppongono ad ogni sviluppo e compromettono quanto è stato costruito così faticosamente. L’Europa è gravemente minacciata nelle sue fondamenta democratiche e nella sua indipendenza economica e politica […I. L’integrazione economica europea, così felicemente iniziata dalle Comunità esistenti, potrà registrare progressi sostanziali solo se compirà un passo decisivo verso l’organizzazione federale: estensione progressiva delle competenze comunitarie nei campi della politica estera, della difesa, della cultura e, in un prossimo avvenire, costituzione di un governo federale europeo. Coscienti della gravità della situazione, i VII Stati generali del Consiglio dei Comuni d’Europa fanno appello a tutti i cittadini europei, a tutti i poteri locali, agli organismi politici, economici, sociali e culturali e ai movimenti della gioventù, affinché sia costituito un Fronte democratico per un’Europa federale […]».

Di notevole rilievo per la politica futura dell’Associazione fu il III Congresso nazionale, tenuto a Frascati dal 2 al 4 dicembre 1957, presente il segretario generale europeo, Jean Bareth. Nella risoluzione approvata si definiva il giudizio sui Trattati di Roma, che verrà fatto proprio anche da tutto il CCE: malgrado la loro inadeguatezza, i Trattati avrebbero trasferito la lotta per la Federazione europea dal piano diplomatico a quello popolare.

Sin dalla sua costituzione, l’AICCRE ha dato un’indispensabile contributo, non solo all’azione politica del CCE e alla elaborazione dei documenti fondamentali del CCE, a partire dalla Carta europea delle libertà locali, elaborata a Palermo il 1° febbraio 1953 dall’esecutivo sopranazionale, ma anche ad alcuni iniziative settoriali di primario interesse per gli enti territoriali locali, visti sempre nel quadro dell’unità dell’Europa a struttura federale. In primo luogo quello della politica regionale e della pianificazione del territorio, oggetto, tra l’altro, delle relazioni di Gaspare Ambrosini agli Stati generali di Cannes del 1960, e, soprattutto, di Gianfranco Martini, segretario generale aggiunto dell’AICCE, agli Stati generali di Londra (1970), il quale contribuì ai numerosi studi in materia (pubblicati in vari numeri del mensile “Comuni d’Europa”), facendo assumere al tema un ruolo centrale per il CCE, nella logica che tale politica è il punto di riferimento di tutte le politiche settoriali nel processo di sviluppo politico ed economico della Comunità europea. Un’attenzione continua è stata data ai fondi comunitari, soprattutto al Fondo sociale europeo (FSE), oggetto di un opuscolo curato dall’AICCE, che per prima in Italia ha dato un’informazione adeguata sul Fondo e sulla sua utilizzazione da parte dei Comuni e degli altri enti locali territoriali e regionali

In secondo luogo, ricordiamo il contributo in materia di federalismo fiscale, considerato uno degli elementi centrali di un sistema federale, a livello interno e a livello sovranazionale, basato sui principi di autonomia, coordinamento, sussidiarietà (v. Principio di sussidiarietà) e solidarietà. In particolare, l’attività si è indirizzata, oltre all’approfondimento del tema (v. Esser, 1981), a dare una soluzione alle richieste dei Comuni e degli altri enti locali di cooperare finanziariamente, al di sopra delle frontiere.

Un’altra azione importante ha riguardatogli enti locali e la scuola, ed è stata svolta in stretta collaborazione con l’Associazione europea degli insegnanti (AEDE), allo scopo, tra l’altro, di approfondire i problemi dell’educazione della gioventù europea alla sovranazionalità, di facilitare gli scambi di studenti “al di sopra delle frontiere”, di favorire una preparazione professionale atta a creare i “quadri” di una nuova Europa, per sopperire alle richieste produttive e sociali di un’Europa in via di integrazione.          

La Politica agricola comune è stata presa in esame fin dalla nascita della Comunità economica europea, spesso al centro delle critiche del CCE, che contestava la forte prevalenza del finanziamento ai prezzi, piuttosto che alle strutture.

Infine, particolare attenzione è stata data alla politica dell’ambiente, i cui principi sono stabiliti dalla Carta approvata a Bruges dal CCE, cui, tra l’altro, si afferma: «l’urgenza dell’attuazione di una politica dell’ambiente richiede una informazione e una educazione di tutti i cittadini e più specialmente degli amministratori locali e regionali […]. Una politica dell’ambiente […] deve integrarsi in un processo simultaneo di programmazione economica e di pianificazione del territorio (di cui i poteri locali sono uno dei centri decisionali) […]. L’attuazione di una necessaria politica sovranazionale dell’ambiente non potrà essere effettivamente compiuta senza un potere politico europeo» (v. Politica ambientale).

Edmondo Paolini (2008)