Astensione Costruttiva

Il principio dell’astensione costruttiva si inserisce nel quadro della Politica estera e di sicurezza comune (PESC), volta a incentivare una maggior cooperazione tra gli Stati membri dell’Unione europea in materia di politica estera, sicurezza militare e predisposizione di una difesa comune. In via introduttiva, conviene ricordare che soltanto con il Trattato di Maastricht tale cooperazione è entrata a far parte a pieno titolo degli obiettivi dell’Unione europea (titolo V del Trattato sull’Unione europea, TUE) e che solo con il successivo Trattato di Amsterdam del 1997 sono state apportate modifiche nell’ambito del sistema decisionale (v. Processo decisionale).

Vista la delicatezza della materia, al primo paragrafo dell’art. 23 del Trattato sull’Unione europea si stabilisce che «le decisioni a norma del presente titolo sono adottate dal Consiglio all’unanimità», previsione che potrebbe comportare, nella maggioranza dei casi, la paralisi dell’azione del Consiglio (v. Consiglio dei ministri). Il Trattato di Amsterdam ha introdotto un nuovo istituto: l’astensione costruttiva quale elemento di flessibilità nell’ambito della rigida regola del Voto all’unanimità. L’obbiettivo di questo istituto è il rafforzamento della PESC, allo scopo di velocizzare e snellire le procedure decisionali in tale ambito.

L’essenza dell’istituto in parola è contenuta nella seconda parte del primo paragrafo del primo comma dell’art. 23 TUE, ai sensi del quale: «Le astensioni di membri presenti o rappresentati non impedisce l’adozione di tali decisioni»; in altre parole, l’astensione di uno Stato membro in occasione del voto presso il Consiglio non ostacola il raggiungimento dell’unanimità.

Lo stesso comma stabilisce inoltre che lo Stato che si astiene «può motivare la propria decisione con una dichiarazione formale», nel qual caso la decisione presa non lo obbliga «ad applicare la decisione, ma accetta che essa impegni l’Unione». Il Trattato sull’Unione europea prevede, inoltre, che «in uno spirito di mutua solidarietà» lo Stato membro che ricorra all’istituto in parola deve astenersi da qualsiasi comportamento che possa essere in contrasto con l’azione dell’Unione che ha come fondamento la decisione stessa; mentre gli altri Stati membri hanno l’obbligo di rispettare la posizione di quello Stato.

Nel caso in cui vi siano più Stati membri che ricorrano all’astensione costruttiva, entra in gioco il meccanismo di ponderazione di cui all’articolo 205 paragrafo 2 del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE) (v. Ponderazione dei voti nel Consiglio), il quale stabilisce che se gli Stati rappresentano più di un terzo dei voti, «la decisione non è adottata». In quest’ultima ipotesi si parla di astensione di blocco.

Il meccanismo di cui all’art. 205, paragrafo 2 TCE è quello previsto per la procedura di voto della maggioranza qualificata. Nell’attuale sistema di ponderazione, gli Stati con maggior popolazione beneficiano di un numero di voti fra 27 e 29, i paesi mediamente popolosi si sono visti assegnare dai 7 ai 14 voti e gli Stati “più piccoli”, dispongono di 3 o 4 voti. Una decisione deve necessariamente raccogliere almeno 255 voti su 345 per poter essere approvata. La ponderazione dei voti rappresenta il frutto di un compromesso tra Stati membri che, pur eguali in diritto, presentano caratteristiche diverse. Il numero dei voti attribuito a ciascuno Stato membro è determinato soprattutto dal loro peso demografico e da un adeguamento che determina una relativa sovrarappresentazione degli Stati meno popolosi.

L’astensione costruttiva, così come è stata prevista dal Trattato di Amsterdam, è concepita come una forma di flessibilità specifica per la PESC alternativa alla cooperazione rafforzata. Tuttavia, è opportuno precisare che la cooperazione rafforzata, rispetto all’astensione costruttiva, opera in senso inverso. Se, infatti, la prima permette a gruppi di Stati di utilizzare il quadro istituzionale dell’Unione per approfondire la costruzione europea raggiungendo livelli di integrazione più elevati rispetto a quelli previsti nel Trattato, la seconda permette a Stati che non vogliono partecipare a determinate attività dell’Unione di rimanere al di fuori, indebolendo tale costruzione.

Infine, si può osservare che l’obbligo di cooperazione leale previsto dall’art. 23 TUE è, in realtà, in contraddizione con il principio di astensione costruttiva, e questo contribuisce anche a spiegare come mai tale meccanismo finora non sia mai stato utilizzato. Risulta difficile, infatti, immaginare che in tali materie l’Unione possa prendere decisioni anche di fronte a una formale dichiarazione di astensione di uno Stato che si presume sia ricorso a tale meccanismo per ragioni estreme.

Monica Mattone (2007)