Bombassei, Giorgio

B. nacque a Firenze il 29 giugno 1910. Il padre, Alfredo Bombassei Frascani de Vettor era colonnello di cavalleria. Dopo aver conseguito una laurea in diritto e scienze economiche, politiche e sociali presso l’Università di Firenze, B. vinse il concorso per la carriera diplomatica nel 1933. Durante i successivi quindici anni, prestò ininterrottamente servizio alle dipendenze del ministero degli Affari esteri, ricoprendo importanti ruoli presso sedi diplomatiche italiane in Egitto, Ceylon francese, Unione Sovietica, Svizzera e Brasile.

Particolarmente significativa fu l’esperienza compiuta tra il 1945 e il 1946 in veste di segretario dell’Ufficio di collegamento con le autorità alleate presso il ministero degli Affari esteri. Oltre a preoccuparsi di valutare il grado di consenso angloamericano verso il nuovo governo italiano, B. ebbe infatti il compito di occuparsi direttamente delle trattative per la restituzione delle province settentrionali all’autorità italiana, e dei negoziati che precedettero i trattati di pace con l’Italia. Successivamente, ricevette la carica di segretario generale della delegazione italiana presso l’Organizzazione europea per la cooperazione economica.

La nomina di B. coincise con una fase particolarmente delicata nei rapporti tra Italia e Stati Uniti, soprattutto in tema di riorganizzazione della difesa europea. Tra il novembre 1950 e il luglio 1951 andavano infatti aumentando le pressioni statunitensi per un maggiore sforzo finanziario da parte dell’Italia in vista di un piano di riarmo nell’ambito della Comunità europea, e in coincidenza con la guerra di Corea. Tuttavia, i politici italiani più accorti, come Alcide De Gasperi, e i diplomatici italiani più avveduti, come Egidio Ortona e come lo stesso B., percepivano chiaramente la netta opposizione dell’opinione pubblica nazionale verso i propositi statunitensi di un rapido e massiccio riarmo europeo, e di un conseguente aumento delle spese militari italiane. Nel tentativo di trovare un compromesso tra le esigenze statunitensi e gli orientamenti dell’opinione pubblica italiana, il Presidente del Consiglio italiano De Gasperi diede vita a un comitato di alti funzionari presieduto dal sottosegretario al ministero del Tesoro Piero Malvestiti, e assistito da una segreteria diplomatica di cui lo stesso B. fece parte.

La presenza ai lavori del comitato, che si conclusero con l’approvazione di un importante memorandum impresse, per una breve fase, una più chiara impronta alla sua carriera. Dopo aver ricoperto il ruolo di direttore generale aggiunto della Cooperazione internazionale tra il 1951 e il 1953, B. svolse infatti importanti compiti nell’ambito di organizzazioni e negoziati di natura prettamente militare.

Tra il 1953 e il 1956 assunse la carica di consigliere presso la rappresentanza permanente dell’Italia all’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (North Atlantic treaty organization, NATO). Parallelamente, tra il 1952 e il 1954, rivestì invece la carica di presidente della delegazione italiana presso il Comitato provvisorio della Comunità europea di difesa. In questa veste, oltre a sostenere l’intuizione degasperiana della Comunità politica europea B. si impegnò soprattutto a salvaguardare gli interessi politici e militari italiani in una trattativa che rischiava di consumarsi tutta in un compromesso tra le istanze francesi, le richieste tedesche e le esigenze statunitensi.

Dopo la fine del progetto di Comunità europea di difesa decretato dall’Assemblea nazionale francese nel 1954, e dopo la nascita dell’Unione dell’Europa occidentale ratificata dai governi britannico, francese, tedesco, italiano, olandese, belga e lussemburghese nel 1955, B. tornò per un breve periodo al ministero degli Affari Esteri dove, tra il 1955 e il 1956, ricoprì il ruolo di direttore generale aggiunto agli Affari politici. A questo punto la sua carriera tornò a indirizzarsi in modo sempre più netto verso l’assunzione di responsabilità a livello europeo e comunitario.

Tra il 1956 e il 1961 B. svolse infatti il compito di rappresentante permanente dell’Italia presso il Consiglio d’Europa, prima di essere nominato per un breve periodo membro permanente della delegazione italiana al Consiglio speciale dei ministri della Comunità europea del carbone e dell’acciaio.

Successivamente, dopo aver ricoperto le cariche di ambasciatore in Lussemburgo tra il 1961 e il 1965 e di ambasciatore nei Paesi Bassi tra il 1965 e il 1967, venne invece scelto come rappresentante permanente dell’Italia presso le Comunità europee (v. anche Comunità economica europea). Questa carica, che B. ricoprì fino al 1976, fu il punto più alto della sua lunga e fortunata carriera diplomatica. In questa veste, infatti, giocò un ruolo da protagonista in tutti i delicati snodi politici che le Comunità europee dovettero affrontare tra la fine degli anni Sessanta, e la prima metà degli anni Settanta.

In particolare, secondo tutti i soggetti coinvolti, il contributo di B. fu determinante nella soluzione dei negoziati che nel 1973 portarono all’adesione di Gran Bretagna (v. Regno Unito), Irlanda e Danimarca, e al primo allargamento delle Comunità europee. Favorevole all’ingresso britannico fin dalla prima richiesta del 1961, B. sfruttò abilmente la sua posizione di presidente della Conferenza dei viceministri per creare un clima disteso e favorevole al raggiungimento di un compromesso tra le parti.

Dopo aver lasciato la rappresentanza permanente dell’Italia presso le Comunità europee, B. accettò la carica di vicepresidente della Banca europea per gli investimenti, attraverso la quale cercò soprattutto di assicurare ulteriori opportunità di sostegno finanziario al Mezzogiorno d’Italia. Nel 1983 divenne infine vicepresidente onorario della stessa Banca europea per gli investimenti.

Simone Paoli (2010)