Bottai, Bruno

B. (Roma 1930), figlio dell’ex ministro fascista Giuseppe, laureatosi in Giurisprudenza nel 1952, inizia la sua carriera diplomatico-consolare nel 1955, assegnato alla Direzione generale Affari economici del ministero degli Affari esteri (MAE). Nel gennaio 1956 viene inviato a Tunisi per adempiere i suoi doveri consolari. Lasciata la Tunisia il 12 maggio 1958, da quell’anno fino al 1962 B. è a Bruxelles come secondo segretario della rappresentanza italiana. Dall’autunno 1966 all’autunno 1968 è a capo del settore europeo presso l’ambasciata italiana a Londra. Nominato Consigliere d’ambasciata nel 1969, è distaccato presso la Santa Sede fino al 14 agosto 1970, quando viene chiamato dal capo del governo Colombo (v. Colombo, Emilio) a ricoprire l’incarico di consigliere diplomatico presso la Presidenza del Consiglio. Dal 1° luglio 1972 diventa ministro plenipotenziario di seconda classe e dal 3 giugno 1977 di prima classe. Dal 1979 al 1981 è ambasciatore presso la Santa Sede, mentre il 13 agosto 1981 passa a ricoprire le funzioni di direttore generale degli Affari politici presso il MAE. Il 25 novembre 1985 viene nominato ambasciatore a Londra. Rientrato in Italia il 9 ottobre 1987, diviene segretario generale del MAE. Il 3 marzo 1994 ottiene la nomina di ambasciatore presso la Santa Sede. Nel maggio 1996 diventa presidente della “Dante Alighieri”, carica che ricopre tutt’ora.

Oltre ad essere apprezzato commentatore di vicende internazionali, tra i vari incarichi B. fa parte della Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all’estero (1° dicembre 2003-30 novembre 2006), è segretario onorario della Commissione nazionale italiana per i collegi del mondo unito, presente nella Commissione governativa per l’attuazione delle disposizioni dell’Accordo tra Italia e Santa Sede del 18 febbraio 1984, e fa parte delle commissioni scientifiche di molti organismi internazionali italiani quali la Società italiana per l’organizzazione internazionale (SIOI), l’Istituto affari internazionali (IAI), e l’Istituto diplomatico del ministero degli Affari esteri.

B. inizia la sua carriera presso la direzione della Cooperazione internazionale, la quale, dopo la sua soppressione, era stata suddivisa tra i politici e gli economici. All’Ufficio VII degli Affari economici B. si occupa delle trattative che porteranno alla istituzione della Comunità economica europea, dell’Organizzazione europea per la cooperazione economica (OECE) e di quanto di economico e di multilaterale vi è nell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (North Atlantic treaty organization, NATO). Stimato dal suo direttore generale, Attilio Cattani, convinto assertore dell’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della) e del rapporto privilegiato con gli Stati Uniti, dopo l’esperienza al consolato di Tunisi sarà proprio Cattani che richiama B. a Bruxelles nel 1958. Nella capitale belga egli fa parte dei quattro diplomatici che costituiscono la rappresentanza italiana (rappresentante permanente Attilio Cattani, vice rappresentante Giulio Pascucci Righi, primo segretario Guglielmo Folchi, secondo segretario B.). La rappresentanza si occupa sin da subito dei problemi attuativi dei Trattati di Roma, la costituzione dei nuovi organi comunitari (v. anche Istituzioni comunitarie) e, soprattutto, la loro integrazione. La delegazione italiana deve affrontare inoltre, proprio in quel periodo, i primi momenti di crisi della costruzione comunitaria dovuta a Charles de Gaulle. Il presidente francese, infatti, non solo è un deciso assertore della rinegoziazione della Politica agricola europea (PAC) determinando le crisi della cosiddetta “sedia vuota”, ma si fa promotore di un’apposita Commissione, presieduta da Christian Fouchet (v. Piano Fouchet), per redigere un piano d’unione che prevede la costituzione di una serie di organi comunitari. Progetto che, appoggiato tendenzialmente dagli italiani e dai tedeschi, fallisce soprattutto per l’opposizione del Belgio e dell’Olanda (v. Paesi Bassi), timorosi dello strapotere francese.

La rappresentanza italiana, dunque, è al centro di questo turbinoso periodo che vede il particolare interessamento di B. sia per la concreta pianificazione della Comunità europea dell’energia atomica (CEEA o Euratom), sia per la realizzazione dell’Università europea. La scelta di Firenze come sede di quest’università è sicuramente un successo della rappresentanza italiana; scegliere Firenze significa infatti riaffermare il ruolo della cultura italiana nel continente.

Come direttore del settore europeo presso l’Ambasciata d’Italia a Londra, B., assecondando le linee della diplomazia italiana, è convinto assertore dell’ingresso del Regno Unito all’interno della Comunità economica europea (CEE). Ingresso caldeggiato non solo in funzione anti-gollista, ma anche nell’illusione che il forte europeismo mostrato da Edward Heath, futuro primo ministro, permei la società inglese.

Nell’agosto 1970 il Presidente del Consiglio Emilio Colombo vuole B. come suo consigliere diplomatico. Alla base di tale scelta vi è probabilmente il lavoro che Colombo, come ministro dell’Industria, ha svolto presso la rappresentanza italiana negli anni dell’esperienza belga di B. Durante la presidenza Colombo l’Italia è impegnata a sostenere l’entrata dell’Inghilterra nella CEE, ingresso che avviene nel gennaio 1973. Caduto il governo, B. torna alla Farnesina dove dirige dal 1972 al 1976 il servizio stampa del MAE sotto i ministri degli Esteri Aldo Moro e Mariano Rumor. In tale veste la costruzione comunitaria rimane al primo posto degli interessi di B., malgrado la difficoltà di illustrare adeguatamente agli italiani i passi avanti compiuti dalla CEE. Tali difficoltà sono dovute sia alla complessità delle riunioni ministeriali, sia ai rapporti tra giornalisti e politici, i quali difficilmente possono sperare nella “prima pagina” in quanto gli argomenti comunitari sono per lo più confinati nella stampa specializzata.

Dopo essere stato dal 1976 al 1979 vicedirettore degli Affari politici, guidati da Walter Gardini, dal 1981 al 1985 B. diventa direttore generale di tale sezione. In tale veste, pur rimanendo attento alle vicende comunitarie che sono, però, in una fase di sostanziale stasi, B. fa l’esperienza della cooperazione internazionale e asseconda le linee generali della politica internazionale italiana, attenta ai rapporti Est-Ovest e alle vicende dell’area del Mediterraneo. In tale campo contribuisce, grazie anche all’azione del presidente del Parlamento europeo Emilio Colombo (1977-79), alla stesura della Dichiarazione di Venezia (Consiglio europeo di Venezia del 13 giugno 1980) sui problemi del Medio Oriente. Tale Dichiarazione, in effetti, viene preparata nelle riunioni dei direttori generali degli Affari politici e da collaboratori particolarmente attenti alla risoluzione del conflitto arabo-israeliano. Sebbene essa determini il risentimento di Israele, che di lì a poco invaderà il Libano, e sia caratterizzata dal basso profilo tenuto dagli Stati Uniti durante il negoziato, la Dichiarazione di Venezia contribuisce a porre un punto fermo nelle discordie dei paesi comunitari sulla questione, e la posizione comune non sarà più contestata negli anni seguenti.

B. partecipa, poi, al negoziato che porterà alla Dichiarazione solenne sull’Unione europea (v. Dichiarazione di Stoccarda) firmata a Stoccarda il 19 giugno 1983, la quale ha recepito i principi contenuti nel piano di Hans-Dietrich Genscher, ministro degli Esteri tedesco, e di Emilio Colombo, presentato al Consiglio europeo di Londra del 26-27 novembre 1981 (v. Piano Genscher-Colombo).

Come segretario generale del MAE, B. ha la possibilità di seguire in prima persona i passi decisivi che portano dall’entrata in vigore dell’Atto unico europeo (1° luglio 1987) alle trattative negoziali tra i paesi europei per la firma del Trattato di Maastricht (7 febbraio 1992) fino alla crisi monetaria del settembre 1992 che rischia di scardinare il Sistema monetario europeo (SME) e che colpisce pesantemente lo Stato italiano.

Abbandonato il MAE, B. ottiene la nomina ad ambasciatore presso la Santa Sede. Nel maggio 1996 viene eletto presidente della “Dante Alighieri”. In tale veste curerà non solo il potenziamento della “Dante Alighieri” e dei suoi circoli sparsi per il mondo, ma svolge anche una concreta attività per la diffusione e la valorizzazione della lingua italiana, rivendicando la preminenza culturale dell’Italia.

Andrea Ungari (2010)