Campagnolo, Umberto

  1. (Este 1904-Venezia 1976) dopo la laurea in filosofia teoretica conseguita a Padova nel 1931, intraprese l’attività d’insegnante nel liceo Tito Livio della stessa città. Nel 1933 l’iscrizione al Partito nazionale fascista (PNF) divenne obbligatoria per insegnare e C. lasciò l’Italia per Ginevra. In Svizzera fu allievo del filosofo del diritto Hans Kelsen presso l’Institut universitaire de hautes études internationales. Si addottorò in scienze politiche nel 1937 all’Università di Ginevra e dal 1938 al 1940 vi fu libero docente di Filosofia del diritto. In questo periodo di studi, l’attenzione di C. si diresse verso il diritto internazionale ed ebbe come obiettivo polemico la Società delle Nazioni. Nell’articolo La paix, la guerre et le droit, pubblicato nel 1938 sulla “Revue général de droit international public”, C. denunciava la fatale debolezza della Società delle Nazioni, alla quale veniva sottratta qualsiasi autorità nel momento stesso in cui lo statuto le imponeva il rispetto della sovranità degli Stati. Il tema era più ampiamente argomentato nella sua tesi di dottorato, che fu pure pubblicata nel 1938 col titolo Nations et droit, le développement du droit international entendu comme développement de l’Etat. Vi si trova la confutazione della teoria kelseniana della superiorità del diritto internazionale sul diritto statale. Lo Stato, sosteneva C., è per definizione un’autorità sovrana, non può di conseguenza accettare la sottomissione ad un’organizzazione superiore, che ne limiterebbe la sovranità. Il diritto internazionale, come comunemente inteso, è dunque intimamente contraddittorio, perché si fonda sull’idea errata che sia possibile costruire un sistema di norme sovraordinato al diritto interno. A un ordine internazionale stabilmente pacifico si può giungere di conseguenza solo tramite l’estensione dell’ordinamento statale stesso, attraverso due possibili vie: l’imperialismo e il federalismo.

Nel 1941 C. tornò in Italia accettando la proposta di Adriano (Olivetti, Adriano) e Massimo Olivetti, conosciuti durante l’esilio svizzero, di occuparsi delle pubbliche relazioni nella loro industria di Ivrea e di costituire una biblioteca di fabbrica. Gli Olivetti gli affidarono anche la progettazione delle “Nuove Edizioni di Ivrea”, che diventeranno poi le milanesi “Edizioni di Comunità”. C. continuava intanto i suoi studi e curava una traduzione commentata del Federalist, che non giunse mai alle stampe, ma che costituì probabilmente per lui un’esperienza intellettuale decisiva. La sua analisi degli articoli di James Madison, John Jay e Alexander Hamilton non rispondeva a curiosità puramente speculative, ma anche all’esigenza pratica di verificare le possibilità di trasferimento del federalismo nel vecchio continente. Che questo fosse il quesito di maggior interesse per C. era confermato anche dal Saggio sulla Costituzione dell’Europa e dalla bozza di Costituzione dell’Europa, scritti tra gli ultimi mesi del 1943 e gli inizi del 1945, ma pubblicati postumi soltanto nel 2003. Nel Saggio, C. presentava la sua interpretazione dialettica della storia europea. Al momento dell’affermazione degli Stati-nazione faceva seguito una crisi prodotta dallo stesso esaurirsi di questo modello di organizzazione politica, che poteva essere risolta solo con la creazione di una federazione continentale, all’interno della quale le nazioni avrebbero potuto riprendere il loro cammino di sviluppo culturale e materiale senza costituire una minaccia l’una per l’altra. Nel progetto di Costituzione, C. tentava di immaginare i tratti fondamentali di una carta costituzionale per l’auspicato Stato delle nazioni europee, definendone i valori fondanti e riprendendo, per gli aspetti istituzionali, il modello americano.

Dopo la caduta di Benito Mussolini, il rettore Concetto Marchesi chiamò C. all’Università di Padova a insegnare Storia delle dottrine politiche e successivamente Filosofia della politica. Dopo la Liberazione, il Comitato di liberazione nazionale (CLN) e il governo militare degli Alleati lo nominarono commissario dell’Istituto per gli studi di politica internazionale di Milano (ISPI). Nel 1950 fu chiamato a insegnare Filosofia e poi Storia della filosofia a Venezia, insegnamento che mantenne, assieme a quello di Padova, fino al 1974.

Dalla primavera del 1945, C. si dedicava all’impegno federalista militante. Aveva scritto il saggio-manifesto Repubblica federale europea ed era entrato nel Movimento federalista europeo (MFE). Il primo congresso nazionale del MFE (Venezia, ottobre 1946) lo elesse segretario generale e approvò lo statuto redatto a partire da una sua bozza. Nel saggio Repubblica federale europea l’unione federale era presentata come l’unica soluzione ai problemi sociali, economici e politici del vecchio continente; per questo andava attuata al più presto con la convocazione di un’assemblea costituente che avrebbe dovuto redigere la carta fondamentale di un nuovo Stato europeo unitario. L’azione del MFE doveva rivolgersi principalmente a diffondere la coscienza della necessità dell’unificazione. Alla base della creazione del nuovo Stato europeo sovranazionale doveva esserci un forte consenso popolare, che richiedeva un’operazione di educazione delle masse. Solo attraverso la mobilitazione di una forza popolare di pressione si poteva sperare di convincere i governi a cedere la loro sovranità. Un ruolo decisivo era affidato in quest’azione di propaganda agli uomini di cultura, che C. cercò di avvicinare diffondendo in tutti gli atenei italiani nel corso del 1946 un Manifesto degli universitari italiani per la federazione delle nazioni d’Europa. Alla fine della campagna il Manifesto conterà le sottoscrizioni di tutti i rettori e di 266 docenti. Nel testo, redatto da C. e dagli altri docenti universitari attivi nel MFE, si auspicava l’istituzione di un’assemblea «costituente europea quale strumento giuridico capace di completare la maturazione in senso federalista della coscienza europea e di portare, quindi, le istanze federaliste dal terreno dell’utopia a quello del possibile».

Oltre ai contributi teorici, C. curò in particolar modo la propaganda federalista e il confronto con i movimenti federalisti attivi negli altri paesi europei. Rappresentò il MFE nelle riunioni federaliste di Basilea del 27 maggio 1946, alla Riunione dei popoli europei del 15-22 settembre 1946 a Berna e Hertenstein, alla Conferenza internazionale federalista del 13-16 ottobre 1946 a Lussemburgo, e agli incontri del dicembre 1946 che portarono alla fondazione dell’Union européenne des fédéralistes (UEF) (v. Unione europea dei federalisti).

Nell’aprile del 1947 C. lasciò la guida del MFE, che sotto la sua direzione si era numericamente rafforzato e diffuso in tutte le regioni italiane, per divergenze col resto del direttivo del movimento sul ruolo del segretario e per la constatazione che il quadro politico si andava facendo sempre più ostile a un’azione autenticamente federalista. Continuò per un certo periodo a partecipare al dibattito del MFE promovendo la pubblicazione del foglio interno “Repubblica federale europea”, di cui apparvero cinque numeri tra il dicembre del 1947 e il luglio del 1948. Non condividendo la linea di Altiero Spinelli del “cominciare in Occidente”, ovvero di restringere la proposta federale ai soli Stati europei sotto l’influenza americana, approvata nel corso del II Congresso nazionale del MFE di Milano del febbraio 1948, C. lasciò l’impegno federalista. Preoccupato che l’integrazione economica della sola metà occidentale del continentale avrebbe condotto a nuove, pericolose tensioni tra i blocchi, ritenne prioritario mantenere aperto il confronto tra Est e Ovest attraverso gli intellettuali. A questo scopo fondò nel maggio 1950 a Venezia la Société européenne de culture (SEC). Con questa iniziativa C. intese richiamare gli uomini di cultura all’impegno politico. Politica e cultura erano infatti per C. legate e in tempi di crisi e trasformazioni spettava agli intellettuali interpretare gli sviluppi del corso storico. La missione dell’intellettuale nell’età della Guerra fredda diventava riaffermare l’importanza del dialogo tra Est e Ovest per contribuire al raggiungimento di una pace autentica. Sono queste le linee direttive di quella “politica della cultura” che ispira ancora oggi la SEC e l’organo di questa, la rivista “Comprendre”, dirette entrambe da C. fino alla morte.

Moris Frosio Roncalli (2010)