Caron, Giuseppe

«A Giuseppe Caron, militante dell’unità europea sin dal primo dopoguerra, che dopo essersi battuto per lo sviluppo delle Istituzioni comunitarie, ha saputo contrapporsi al tentativo di costringere entro i limiti del Funzionalismo schierandosi sulle posizioni del più autentico costituzionalismo e della più rigorosa autonomia nei confronti di tutte le forze nazionali» (v. Caron, 1985, p. 13).

Con questa motivazione, nel 1982, il Movimento federalista europeo in occasione del suo congresso di Bologna consegnava a C. (Treviso 1904-ivi 1998) una medaglia d’oro per l’impegno trentennale profuso per la fondazione, la crescita e la promozione dell’Europa unita in Italia e all’estero.

Il 10 ottobre del 1974, intervenendo a Venezia al congresso del Centre international de formation européenne, C. tracciava un primo bilancio della sua lunga esperienza da esponente di primo piano del Federalismo europeo. Di fronte alla pesante crisi che sembrava colpire e rallentare le prospettive dell’integrazione europea egli riaffermava la propria totale fiducia nella difesa delle istanze unitarie, politicamente qualificate. Richiamando l’impegno profuso da Altiero Spinelli a partire dall’esperienza di Ventotene, C. poneva con decisione l’accento sugli errori, sulle delusioni e sulle ombre che il progressivo affermarsi della sistematica sovrapposizione di una logica di rapporti intergovernativi tra gli Stati membri rispetto alla logica comunitaria aveva gettato sull’integrazione (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della); al contempo non mancava di esprimere il proprio ottimismo per un rilancio vigoroso dell’impegno per l’Europa (v. Caron, 1958, pp. 261-266).

Nonostante le difficoltà legate allo scoppio della Prima guerra mondiale, che avrebbero segnato la sua crescita e le ripercussioni che il conflitto avrebbe avuto nelle sue zone di origine, C. riuscì a portare a termine la sua formazione conseguendo la laurea in Chimica farmaceutica presso l’università degli studi di Padova. Le competenze acquisite in questo settore, grazie anche all’esperienza maturata presso imprese minori, lo avrebbero portato ben presto a ricoprire cariche dirigenziali in alcune delle principali aziende italiane tra le quali la Squibb, di cui fu vicepresidente, la Carlo Erba e la Pierrel di cui, invece, fu chiamato ad assumere la presidenza.

La passione e l’interesse per la politica lo portarono ben presto ad affiancare alla propria professione l’impegno pubblico. Sin dalla fase di fondazione del partito decise di aderire alla Democrazia cristiana divenendone rappresentante ufficiale nel Comitato di liberazione nazionale della provincia di Treviso. Su quella scelta, con ogni probabilità, giocò un ruolo decisivo tanto la partecipazione attiva alla Resistenza, che nelle zone del Veneto avrebbe visto i cattolici svolgere un ruolo di primo piano nella lotta di liberazione dal nazifascismo, quanto il forte radicamento della subcultura cattolica nelle regioni tradizionalmente “bianche” che consentì, al nascente partito, di diffondersi con estrema facilità sul territorio.

Il suo profilo di uomo politico sarebbe, tuttavia, stato segnato solo marginalmente dalle logiche dialettiche e di potere interne alla Democrazia cristiana: uomo di “governo” e delle “istituzioni”, insomma, più che di “partito”, C. fu eletto senatore in occasione delle elezioni del 18 aprile 1948 e confermato nella carica per le sei legislature successive, fino al 1976. Tra il mese di gennaio e il mese di giugno del 1969 assunse la presidenza del Gruppo parlamentare democristiano, in concomitanza con la successione di Flaminio Piccoli a Mariano Rumor alla segreteria politica del partito.

L’interesse giovanile per le questioni riguardanti le problematiche dell’aviazione civile e dei trasporti avrebbe arricchito e specializzato le competenze di C., che avrebbe messo a disposizione dell’impegno politico la propria poliedrica professionalità. L’esperienza come presidente alla guida del Centro per lo sviluppo dei trasporti aerei, il patrocinio alla realizzazione dell’aeroporto Marco Polo di Venezia, la presidenza della Commissione per l’Industria aeronautica e la carica di amministratore della “Aeronautica Macchi” lo avrebbero naturalmente candidato all’assegnazione di dicasteri “tecnici”. Già sottosegretario ai Lavori pubblici e presidente del Consiglio di amministrazione dell’ANAS nel governo Antonio Segni (1955-1957), verrà nominato sottosegretario alla Difesa con delega all’aviazione civile dal 1957 al 1959, sottosegretario al Bilancio e alla programmazione economica con Aldo Moro, Leone e Rumor, ministro del Bilancio e della programmazione economia nel II governo Rumor e, infine, presidente della quinta commissione del Senato per il Bilancio, la programmazione e le partecipazioni statali.

L’attività parlamentare e ministeriale in Italia non lo avrebbe, tuttavia, distolto da un interesse sempre manifestato per le problematiche dell’unificazione europea, altro cardine, se non addirittura condizione indispensabile, per la ricostruzione e il rilancio delle economie nazionali pesantemente messe alla prova dalle conseguenze del secondo conflitto mondiale. La conferma di un’attenzione che avrebbe preceduto il coinvolgimento diretto negli organismi comunitari si ricava dalla lettura dei numerosi interventi che, già a partire dal 1953, egli avrebbe dedicato alle problematiche europee.

In occasione del Congresso dell’Aia del Movimento europeo dell’ottobre del 1953 C. non avrebbe mancato di evidenziare quanto l’unità europea costituisse una necessità urgente e fondamentale, indicando nella sua realizzazione la condizione preliminare per l’espansione economica, per la difesa militare e per la salvaguardia dei regimi democratici e delle libere istituzioni. Da mera espressione geografica l’Europa sarebbe dovuta diventare una realtà politica alla quale, se necessario, sacrificare qualsiasi altra iniziativa. Altrettanto chiaro sarebbe stato il metodo da seguire nell’attuazione dell’integrazione: l’unità europea non poteva prescindere dalla creazione di istituzioni e organismi supernazionali e dal riconoscimento della centralità dell’unificazione economica: l’unità europea non si sarebbe affermata e consolidata se non affondando le sue radici nel campo economico: «Senza l’unificazione economica la vita della comunità già esistenti, Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) e Comunità europea di difesa (CED), sarà difficile e precaria» (v. Caron, 1958, p. 23).

Delegato al Consiglio d’Europa e membro, per pochi mesi nel 1959, dell’Assemblea delle Comunità europee, C. fece parte della Commissione europea dal 1959 al 1963, durante gli anni della presidenza Walter Hallstein, divenendone anche vicepresidente e tenne la responsabilità del Mercato interno, base del nuovo edificio nascente. Nel corso del mandato, affiancato da François-Xavier Ortoli, futuro ministro del generale Charles de Gaulle e Presidente della Commissione europea dal 1973, C. impostò un programma di lavoro finalizzato ad accelerare i tempi di attuazione dell’Unione doganale prevista dai Trattati di Roma. Grazie alle sue doti diplomatiche e di mediatore, riuscì nell’importante compito di ottenere il consenso unanime dei ministri sulla definizione delle tariffe doganali, sull’eliminazione delle barriere e sulla individuazione dei diritti comuni per i prodotti più sensibili (misure economiche volte a salvaguardare la produzione e la circolazione dei prodotti cosiddetti sensibili), già individuati nella cosiddetta “lista G” annessa ai Trattati di Roma e sui quali, a causa di interessi fortemente divergenti, gli stessi negoziatori del Trattato non erano stati in grado di raggiungere un’intesa. In vista della realizzazione del Mercato comune, altrettanto rilevante si sarebbe rivelata la battaglia per la preparazione e l’adozione da parte della Commissione e del Consiglio dei ministri, di due programmi generali finalizzati da un lato all’eliminazione delle restrizioni previste per la libertà di stabilimento e, dall’altro, a promuovere la libera prestazione dei servizi (cfr. Caron, 1958, p. 79).

Nel corso del mandato C. avrebbe poi svolto un ruolo decisivo al tavolo delle trattative per la definizione della Politica agricola comune, seguendo i lavori preparatori e le numerose sedute del Consiglio che avrebbero infine portato alla formalizzazione dell’accordo riguardante alcuni settori del mercato (cereali, frutta, verdura, uova, volatili e suini) e definito la regolamentazione dei finanziamenti comunitari alla Politica agricola comune. Denuncia della restrizione come discriminazione, tanto sulle questioni economiche quanto sulla circolazione dei cittadini comunitari, coordinamento delle legislazioni, libertà nell’esercizio delle professioni, nelle prestazioni di servizio nel settore della cinematografia, del commercio, dell’industria, tutela dell’ordine pubblico, regolamentazione della stampa e dei mezzi di informazione, sarebbero stati alcuni degli aspetti che avrebbero contraddistinto il suo impegno europeo attivo.

C. dedicò all’Europa e, in particolare al Movimento federalista europeo, una particolare attenzione nel corso di tutta la sua lunga attività politica e la sua attiva presidenza del Centro italiano di formazione europea (CIFE).

Il 10 e 11 ottobre 1981 a Ventotene C. partecipò, insieme tra gli altri a Spinelli, Hirschmann, Mario Albertini, Braccialarghe alla celebrazione del 40° anniversario del Manifesto di Ventotene, organizzata dal Movimento federalista europeo (MFE), dall’Associazione italiana per il Consiglio dei comuni e delle regioni d’Europa (AICCRE), dal Consiglio italiano del Movimento europeo (CIME) e dall’Associazione europea degli insegnanti (AEDE).

Vera Capperucci (2012)