Carretero Jiménez, Anselmo

C.J. (Segovia nel 1908-Città del Messico 2002) si diplomò a León e in seguito compì i suoi studi universitari di ingegneria industriale a Madrid, dove visse in un pensionato per studenti. In quegli anni entrò a far parte della Federación universitaria escolar, un gruppo studentesco di opposizione alla dittatura di Primo de Rivera. Si iscrisse quindi alle Juventudes socialistas e alla Unión general de trabajadores (UGT), diventando membro, nel 1933, della direzione del Sindicato nacional de arquitectura e ingeniería. Entrò infine nella Dirección general de pesca, ottenendo una borsa di studio in Germania negli anni iniziali del nazismo al potere.

Sposato con una delle figlie di un uomo politico della Unión Republicana, Félix Gordón Ordás, quando questi fu nominato ambasciatore in Messico si trasferì nella repubblica iberoamericana. Allo scoppio della guerra civile C. si trovava pertanto in Messico, ma non rinunciò comunque a partecipare, in rappresentanza del Partido socialista obrero español (PSOE), ad alcune riunioni politiche organizzate dalla Confederación de trabajadores e dal Frente popular. Rientrato in Spagna, per conto del ministero degli Esteri si occupò di controspionaggio e lavorò presso l’Ufficio informazioni diplomatiche. Dopo l’esperienza della guerra civile, dalle sue iniziali simpatie per l’ala sinistra del socialismo e per l’Unione Sovietica, si avvicinò ai seguaci di Juan Negrín nel PSOE.

Alla fine della guerra civile attraversò la frontiera catalana per raggiungere la Francia. Riuscì a imbarcarsi a Cherbourg e andò in esilio in Messico. Fu professore di fisica nelle scuole fondate dai repubblicani spagnoli, come l’Insituto Ruiz de Alarcón, l’Instituto Luis Vives e l’Academia hispano-americana. Nel 1943 decise di partire alla ventura per le terre dello Stato del Campeche, dove lavorò come tecnico in una piantagione gestita da nordamericani. Dalla foresta messicana pubblicò sul giornale governativo “El Nacional” il suo primo articolo dall’esilio sul millenario della Castiglia. Nel 1948, dopo un’altra permanenza nello Stato di Oaxaca, ritornò a Città del Messico.

Collaborò attivamente alla rivista “Las Españas”, fondata in Messico da José Ramón Arana e Manuel Andujar nel settembre del 1946, ed entrò poi a far parte del comitato di redazione, scrivendo in particolare saggi storici sulle origini della Castiglia, dei popoli e delle nazionalità spagnole. Abbracciò l’idea delle due Spagne e la visione romantico-progressista del passato spagnolo come lotta per la libertà dei popoli della penisola iberica in opposizione a una sovrastruttura monarchica, assolutista e centralista. Nel 1949 il gruppo “Las Españas” diffuse il manifesto Por un movimiento de reconstrucción nacional, che promuoveva il dialogo con gli spagnoli rimasti in Spagna, la riconciliazione nazionale e il superamento delle ferite della guerra civile. La rivista, ribattezzata “Diálogo de Las Españas”, promosse nel 1957 la cooperazione con i movimenti europeisti e l’opposizione clandestina. C. collaborò inoltre con i socialisti di Negrín della Unión socialista española e manifestò simpatie per la Jugoslavia di Tito. Difese una visione pluralista della nazione spagnola, coniando la nozione di Spagna come “nazione di nazioni” o “comunità di popoli differenti”.

Nel 1948 adattò in forma di libro Las nacionalidades españolas, pubblicato da “Las Españas” e composto dalle conferenze tenute da suo padre, Luis Carrettero Nieva, Panorama de las nacionalidades españolas, del 1943, e El rescate de Castilla, del 1944. Nel 1957 pubblicò La integración nacional de las Españas e nel 1960 La personalidad de Castilla en el conjunto de los pueblos hispanicós, il testo di una conferenza organizzata da Pedro Bosch Gimpera dell’Institut Catalá de cultura presso l’Orfeó Catalá di Città del Messico nel luglio del 1957 (ripubblicata poi a Madrid e Valencia rispettivamente nel 1966 e nel 1968). Nel 1962, su invito del gruppo anarco-sindacalista della Confederación nacional del trabajo (CNT) guidato da Fidel Miró, tenne una conferenza su Las nacionalidades ibéricas: hacia una federación democrática de los pueblos hispánicos, anch’essa pubblicata, quello stesso anno, da “Las Españas”.

Tenne inoltre alcune conferenze di contenuto europeista, che anche in questo caso sarebbero state poi pubblicate: España, Europa y los caminos hacia el Socialismo (México, Las Españas 1963), Los pueblos de España y las naciones de Europa (México, Editores Mexicanos Unidos 1967) ed España y Europa (Valencia 1971). Di particolare interesse risulta la conferenza Los pueblos de España y las naciones de Europa, tenuta all’Agrupación europeista de México nell’Orfeó Catalá, nell’agosto 1966, poiché contiene, in questo passaggio, la sintesi della sua proposta europeista: «L’Europa delle patrie, sì: quella delle nazionalità; ma non quella dei nazionalismi e degli Stati sovrani non solidali […] se vogliamo salvare le nazioni europee, bisogna finirla con le sovranità assolute degli Stati nazionali e dar vita all’Unione federale dei Popoli d’Europa. […] Per la Spagna di tutte le Spagne nell’Europa di tutti gli europei al servizio dell’umanità».

Per C. l’europeismo non era meramente strumentale, basato cioè sulla convinzione che l’inserimento della Spagna in un’Europa unita rappresentasse una strada perseguibile per il conseguimento delle libertà democratiche, quanto piuttosto una vocazione. Si considerava un europeista sostanziale o radicale, per distinguere la sua posizione da quella dei sostenitori di un europeismo accidentale o puramente opportunistico. Riteneva che l’idea di Europa poggiasse su due grandi fondamenti: la tradizione razionalista greco-romana e il cristianesimo (per la difesa fraterna della dignità umana). A suo avviso quest’ultimo principio morale sarebbe stato il principale fondamento dell’umanesimo europeo. In questo senso concordava con Salvador de Madariaga, il quale affermava: «lo spirito europeo si è alimentato ed è fiorito da due grandi radici i cui simboli supremi sono Socrate e Cristo. […] Il primo ha fatto dell’Europa il continente del pensiero e della ragione; il secondo quello del rispetto dell’essere umano. In questi due elementi, il razionalismo scientifico e la morale cristiana, possiamo sintetizzare l’essenza dell’umanesimo europeo».

C. mise in guardia contro la confusione tra le idee di nazione e di Stato, all’origine di tanti conflitti intereuropei, riservando la prima ai diversi popoli della Spagna e dell’Europa. Questo Federalismo europeo, che concepiva l’Europa come un insieme di popoli o di nazionalità, era l’unico che avrebbe potuto realizzare la vera unità comunitaria; una Comunità europea che, oltre all’universalismo, avrebbe dovuto rispettare le diversità nazionalità che la compongono. L’Europa non avrebbe potuto essere una «grande nazione frutto della fusione delle attuali nazionalità d’Europa se non come unione nella diversità di queste nazionalità». In altre parole, da questa impostazione sarebbe derivata un’Unione senza un carattere unitario e uniformatore, poiché per C. «l’unione europea non si propone di eliminare le piccole nazionalità, ma di estirpare il nazionalismo politico, cancro delle nazioni. Non si tratta dunque di unificare le diverse nazionalità d’Europa, ma di unirle per libera volontà e proteggere con la forza dell’unione la personalità di ciascuna».

Pertanto, solo mediante il federalismo sarebbe stato possibile fare in modo che l’Europa diventasse simile a un grappolo d’uva piuttosto che agli spicchi di un’arancia, cioè determinare che nell’appartenenza a un insieme superiore ciascuna delle sue parti conservasse la sua personalità: «Il problema dell’integrazione europea è dunque politico: bisogna creare uno Stato sovranazionale che unisca saldamente tutte le nazioni d’Europa e mantenga al tempo stesso la personalità di ciascuna di loro. La sua soluzione si trova nel federalismo: non si tratta cioè di costruire una nuova grande nazione omogenea, ma federare quelle esistenti in ciò che, a lungo termine, arriverà ad essere una superiore nazionalità europea».

Negli anni Settanta C. rientrò nel PSOE, partecipando al processo di rinnovamento del socialismo a differenza della maggior parte degli esiliati in Messico. Durante la transizione democratica, la ricostituita Agrupación socialista española de México, della quale egli sarebbe diventato presidente, presentò diversi documenti ai congressi del PSOE, in cui difendeva una posizione federalista nell’articolazione territoriale dello Stato e nel modello di partito e rifiutava, nel contempo, la definizione di partito marxista.

Il maggior impegno assunto da C. fu quello della definizione della nazionalità castigliana, a suo avviso distinta da quella leonese sin dall’Alto Medioevo. Anche se la costruzione dello Stato delle autonomie presenta senz’altro un debito intellettuale nei confronti del pensiero di C. e, in generale, del gruppo di “Las Españas”, la sua attuazione, avvenuta tra il 1977 e il 1983, fu vissuta dallo scrittore ispano-messicano come un dramma. La divisione del regno storico di Castiglia in cinque comunità autonome (Castilla y León, Castilla-La Mancha, Madrid, Cantabria e La Rioja), mentre si negava una personalità giuridica differenziata alle provincie di León e Segovia, determinò infatti una serie di proteste da parte del regionalismo castigliano.

Sulla personalità “neogotica” dello storico Regno di León, C. pubblicò nel 1994, per il Centro de Estudios Constitucionales, il saggio El antiguo reino de León (País Leonés): sus raices históricas, su presente, su porvenir nacional, con una prefazione di Francisco Tomás y Valiente: si trattava di una panoramica della storia spagnola osservata dai territori dell’antico Regno di León. Tra gli intellettuali e i politici che hanno scritto le prefazioni delle diverse edizioni delle opere di C. vi sono Pedro Bosch Gimpera, Antonio Sbert, Manuel De Irujo, Miguel León Portilla, José Ramón Arana, Salvador de Madariaga, Jordi Solé Tura, Pedro Altares e José Luis Abellán. L’ultimo suo libro, Castilla. Orígenes, auge y ocaso de una nacionalidad (México, Porrúa 1996) è una sorta di compendio del lavoro di oltre mezzo secolo e il suo lascito intellettuale per tutti gli spagnoli.

Abdón Mateos López (2012)