Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

Proclamata dai presidenti del Parlamento europeo, della Commissione europea e del Consiglio dei ministri il 7 dicembre 2000 in occasione del Consiglio europeo XX di Nizza, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (UE) rappresenta il principale documento giuridico – di natura codificatoria e con funzione ricognitiva – contenente un complessivo elenco dei diritti, libertà e principi fondamentali riconosciuti e salvaguardati dall’Unione europea.

I lavori preparatori della Carta

Il Consiglio europeo di Colonia (giugno 1999) decise di elaborare una Carta dei diritti fondamentali garantiti dall’Unione europea avente l’obiettivo di rafforzarne la tutela e la visibilità. La Carta doveva ricomprendere tre categorie di diritti: i diritti di libertà e di uguaglianza, così come previsti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri (v. Convenzione europea dei diritti dell’uomo); i fondamentali diritti dei cittadini europei come il diritto di voto e la libertà di movimento e stabilimento negli Stati membri; i diritti economici e sociali così come garantiti nella Carta sociale europea.

A tal fine venne prevista l’istituzione di una commissione ad hoc (denominata Convention), incaricata della redazione del progetto di Carta e composta da 62 membri: 15 rappresentanti degli Stati membri, 30 membri dei parlamenti nazionali, 16 membri del Parlamento europeo e 1 rappresentante della Commissione europea, mentre la Corte di giustizia e il Consiglio d’Europa avrebbero partecipato in qualità di osservatori. Altri organismi, gruppi sociali ed esperti furono invitati a esprimere il loro parere, tra cui il Comitato economico e sociale, il Comitato delle regioni e il Mediatore europeo.

Il compito della Convenzione venne quindi precisato nelle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere (ottobre del 1999) e in seguito specificato in occasione della prima riunione della Convention il 17 dicembre 1999. Per quanto riguarda la preparazione del progetto, il presidente della Convenzione Roman Herzog (già Presidente della Repubblica federale di Germania e presidente della Corte costituzionale tedesca), propose un piano di lavoro, in stretta concertazione con i vicepresidenti.

Rilevante innovazione (rispetto alle passate negoziazioni diplomatiche in sede UE) fu il rispetto e l’estensione del principio di accesso e trasparenza dei documenti: venne difatti stabilito che le discussioni in seno alla Convenzione e i documenti redatti sulla base dei suoi lavori sarebbero stati resi pubblici (anche attraverso la predisposizione di un apposito sito Internet). Inoltre, vennero accolti i contributi provenienti da organizzazioni non governative (ONG), centri studi, associazioni della società civile e istituiti gruppi di lavoro ad hoc. Riguardo alla redazione del documento, sulla base del piano di lavoro concordato con la Convenzione, un Comitato composto dal presidente, dal vicepresidente e dal rappresentante della Commissione, assistito dal Segretariato generale del Consiglio, fu incaricato dell’elaborazione di un progetto preliminare di Carta, tenendo conto delle eventuali proposte di redazione presentate da qualsiasi membro della Convenzione.

Quanto al procedimento di elaborazione del contenuto della Carta, venne previsto che, qualora il presidente, in stretta concertazione con il vicepresidente, avesse ritenuto il progetto di Carta elaborato dalla Convenzione pronto per essere sottoscritto, lo avrebbe trasmesso al Consiglio europeo.

La Convenzione concluse i suoi lavori in nove mesi di riunioni e il 2 ottobre 2000 adottò un progetto di Carta dei diritti fondamentali che venne sottoposto (e approvato) dal Consiglio europeo di Biarritz il 14 ottobre dello stesso anno. Dopo l’ulteriore approvazione e adozione da parte della Commissione europea e del Parlamento europeo, la Carta venne solennemente proclamata a Nizza, prima dell’inizio dei lavori del Consiglio europeo che si svolse dal 7 al 9 dicembre 2000.

Struttura normativa della Carta

Il progetto di Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea consta, dal punto di vista strutturale, di un preambolo e 54 articoli, divisi in 7 capi, che coprono l’insieme dei diritti politici, sociali, civili ed economici garantiti dall’Unione europea. Tali diritti non sono suddivisi secondo i criteri tradizionali ma in base a capitoli corrispondenti ciascuno ai seguenti temi: la dignità della persona, la libertà, l’uguaglianza, la solidarietà, la cittadinanza, la giustizia, principi enunciati anche nel Preambolo in cui si proclama che «l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza, di solidarietà». L’ultimo capitolo contiene disposizioni di portata generale riguardanti l’ambito applicativo e la portata dei diritti garantiti dalla Carta.

Il Preambolo rimarca il retaggio spirituale e morale al quale l’Unione europea ispira la propria azione, nella condivisione di un futuro di pace fondato su valori comuni. Accanto ai principi umani universali già consacrati, si affermano i principi della democrazia e dello Stato di diritto. Si afferma quindi che l’Unione europea «pone al centro della sua azione la persona istituendo la cittadinanza dell’Unione (v. Cittadinanza europea) e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia». Si garantisce il rispetto del Principio di sussidiarietà e dei diritti riconosciuti dal Trattato sull’Unione europea (v. Trattato di Maastricht) e dai successivi trattati comunitari (v. anche Trattati), dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea e da quella della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Il capo I (artt. da 1 a 5) si apre consacrando icasticamente il principio del rispetto della dignità di ogni individuo: «la dignità umana è inviolabile». Ne derivano i diritti fondamentali quali il diritto alla vita (e la condanna della pena di morte), il diritto all’integrità della persona, così come il rispetto del «consenso libero e informato» del paziente, i nuovi diritti della genetica che impediscono ogni esperimento sugli esseri umani, ai quali si garantisce integrità fisica, genetica e psichica. Si pone anche il divieto di fare del corpo umano una fonte di lucro nonché il divieto della clonazione. Gli articoli 4 e 5 sanciscono la proibizione della tortura e di pene umane degradanti, della schiavitù, del lavoro forzato e della tratta degli esseri umani (v. Diritti dell’uomo).

Il capo II (artt. da 6 a 19) è dedicato alle libertà. Accanto ai diritti tradizionalmente riconosciuti nelle costituzioni degli Stati membri dell’Unione europea, quali la libertà personale, il rispetto della vita privata e familiare, la libertà di pensiero, coscienza o religione, la libertà di stampa e di opinione, di riunione e di associazione, della scienza e delle arti, sono previsti nuovi diritti, come il diritto all’obiezione di coscienza, la protezione dei dati personali o l’estensione del diritto di proprietà alle opere intellettuali. Si prevede il riconoscimento del diritto a sposarsi e del diritto di costituire una famiglia. L’articolo 14, relativo al diritto all’istruzione, introduce il diritto alla formazione professionale e continua, la gratuità dell’istruzione obbligatoria, seguito dal diritto di libertà di creare istituti di insegnamento e, per le famiglie, di scegliere il tipo di istruzione da impartire ai loro figli. Due articoli (15 e 16) disciplinano la libertà professionale e il diritto per ogni cittadino di circolare, risiedere liberamente e lavorare in tutto il territorio dell’Unione (v. Libertà di circolazione e di soggiorno e diritto alla parità di trattamento dei cittadini dell’Unione europea). Questo diritto si applica anche ai cittadini di paesi terzi che siano autorizzati a lavorare negli Stati membri. Seguono il riconoscimento della libertà d’impresa, del diritto di proprietà, del diritto d’asilo e il principio che proibisce le espulsioni collettive, nonché l’estradizione di persone verso paesi in cui esista il rischio di tortura o pena di morte (v. Politiche dell’immigrazione e dell’asilo).

Il capo III (artt. da 20 a 26) della Carta è incentrato sull’uguaglianza. Dal diritto fondamentale dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge deriva il divieto di ogni forma di discriminazione di genere, razza, estrazione sociale od origine etnica, religione o convinzioni, handicap, età od orientamento sessuale (v. Principio di non discriminazione; Lotta al razzismo e alla xenofobia). Di contro, si afferma il rispetto di ogni diversità culturale, religiosa e linguistica e il diritto per tutti a un pari trattamento e a pari opportunità in ogni settore della vita e del lavoro, indipendentemente dal genere. Una parte rilevante è dedicata ai diritti dei bambini (art. 24): oltre al riconoscimento del diritto fondamentale alla protezione e alla cura, si afferma il diritto dei bambini a esprimere liberamente le proprie opinioni e a intrattenere regolarmente relazioni con entrambi i genitori; si individua un preminente interesse superiore del bambino in tutti gli atti che lo riguardano. Seguono due articoli dedicati ai diritti degli anziani e dei disabili, per promuoverne l’inserimento sociale e la partecipazione alla vita della comunità.

Il capo IV (artt. 27-38) richiama la solidarietà, che accanto al lavoro si qualifica come oggetto di diritto fondamentale dell’Unione. Si riconosce il diritto dei lavoratori all’informazione e alla consultazione nell’ambito dell’impresa, il diritto di negoziare e ricorrere ad azioni collettive, compreso lo sciopero, il diritto alla protezione contro il licenziamento arbitrario, a una efficace tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, alla regolamentazione degli orari di lavoro e a godere di adeguati periodi di riposo e di ferie. Si proibisce il lavoro minorile, precisando che si fa riferimento a minori in età di obbligo scolastico. Si ribadisce il diritto alla protezione giuridica, sociale ed economica per le famiglie e la tutela della maternità, con la protezione dal licenziamento in caso di maternità e la garanzia di poter usufruire di congedi per la nascita o l’adozione di un figlio. Si stabiliscono il diritto all’assistenza sociale e sanitaria e la tutela sociale e l’assistenza abitativa per tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti, in accordo con quanto previsto dalle legislazioni nazionali e dal Diritto comunitario. Si garantisce inoltre il diritto alla sanità pubblica, alla quale si richiede un livello elevato di protezione della salute umana. Il consumatore ha altresì diritto ad accedere a servizi di interesse economico generale, a godere di un’elevata protezione e qualità dell’ambiente (v. anche Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori).

Gli otto articoli del capo V (da 39 a 46) riguardano la cittadinanza. La cittadinanza europea comporta la partecipazione effettiva diretta e indiretta attraverso le Istituzioni comunitarie rappresentative; si stabilisce pertanto il diritto di voto e di eleggibilità al Parlamento europeo e alle elezioni comunali negli Stati membri (v. Elezioni dirette del Parlamento europeo). Si riconoscono anche il diritto alla trasparenza dei processi decisionali e alla libertà d’informazione, il diritto per ognuno di accesso agli atti amministrativi e altri dati che lo riguardino, il diritto di presentare una petizione al Parlamento europeo (v. Diritto di petizione), la libertà di circolazione e di soggiorno nel territorio dell’Unione e il diritto di ricorrere al Mediatore dell’Unione per casi di cattiva amministrazione.

Il capo VI (artt. 47-50), che si compone di quattro articoli, concerne la giustizia: tutti hanno diritto a ricorrere dinanzi a un giudice in caso di violazione dei propri diritti, all’assistenza legale e a una difesa gratuita, nel caso in cui non si disponga di mezzi sufficienti. È sancita inoltre la presunzione di innocenza. Di gran valore anche gli articoli sulle condanne penali che sanciscono il divieto di pene sproporzionate rispetto al reato e il diritto di non essere giudicati o puniti due volte per lo stesso reato.

I quattro articoli (da 51 a 54) del capo VII definiscono l’ambito di applicazione del testo, precisando che le disposizioni della Carta si applicano alle istituzioni e agli organi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, e agli Stati membri ma esclusivamente quando essi sono chiamati ad applicare il diritto dell’Unione europea. Per quanto concerne la portata dei diritti riconosciuti dalla Carta, l’articolo 52 prevede la possibilità di limitazione dei diritti e delle libertà riconosciute solo per legge, nel rispetto, comunque, del loro contenuto essenziale. Eventuali limitazioni possono essere apportate solo se necessarie o rispondenti a finalità di interesse generale o allo scopo di proteggere diritti e libertà altrui. Si inserisce infine una clausola in base alla quale nessuna disposizione adottata nella Carta può essere interpretata in senso limitativo dei diritti e delle libertà fondamentali riconosciute dalle Costituzioni degli Stati membri e dalle convenzioni internazionali stipulate dall’Unione (v. Convenzioni). L’ultimo articolo sancisce il divieto dell’abuso di diritto, al fine di evitare che le disposizioni della Carta possano essere interpretate nel senso di consentire attività che comportino la distruzione o limitazione di diritti riconosciuti dalla Carta stessa.

Il valore giuridico della Carta

La Carta dei diritti è stata pubblicata nella sua versione definitiva nella “Gazzetta ufficiale della Comunità europea” (GUCE n. C 364/2000 del 18/12/2000) dopo essere stata consegnata ufficialmente il 2 ottobre al presidente francese Jacques Chirac, presidente di turno dell’Unione, discussa nella riunione dei capi di Stato e di governo il 14 e 15 di ottobre 2000 a Biarritz, approvata con una raccomandazione dal Parlamento europeo il 14 novembre 2000 (410 voti a favore, 93 contrari e 27 astenuti). Il Vertice di Nizza ne sancì l’approvazione con le seguenti conclusioni: «Il Consiglio europeo si compiace della proclamazione congiunta, da parte del Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione, della Carta dei diritti fondamentali, che riunisce in un unico testo i diritti civili, politici, economici, sociali e societali finora enunciati in fonti diverse, internazionali, europee o nazionali. Il Consiglio europeo auspica che alla Carta sia data la più ampia diffusione possibile presso i cittadini dell’Unione. In conformità con le conclusioni di Colonia, la questione della portata della Carta sarà esaminata in un secondo tempo» (doc. 400/01/2000). Benché la volontà manifestata dalla Commissione, dal Parlamento europeo e da alcuni Stati (tra cui l’Italia) fosse stata sempre favorevole all’inserimento della Carta nel corpus dei trattati comunitari e benché anche l’organo costituito per la sua redazione avesse lavorato sul presupposto della sua efficacia vincolante, il Consiglio europeo di Nizza proclamò la Carta dei diritti fondamentali senza nessuna integrazione nei trattati. Pur non essendo investita di alcuna formale efficacia vincolante, la Carta è stata da subito il fondamento di numerosi richiami nella prassi applicativa. Un riferimento alla Carta si è avuto ancor prima del 7 dicembre 2000 da parte del Tribunale costituzionale spagnolo (sentenza 292/2000 del 30/11/2000) seguito poi da altre Corti costituzionali, compresa quella italiana (fra le varie, si veda la sentenza n. 11/135 del 24/04/2002 in “Foro italiano” 2004, I, 390) (v. Corti costituzionali e giurisprudenza). Il Tribunale di prima istanza (v. Tribunale di primo grado) ha utilizzato la Carta in numerose occasioni (sentenza 30/1/2002 – causa T-54/99, in “Raccolta della giurisprudenza”, I-313; ordinanza 4/4/2002 – causa T-198/01 R, ibid., II, 2153) e ancor più ampio è stato il richiamo operato dagli avvocati generali (fra le tante, F.G. Iacobs, 21/3/2002, Union de Pequenos Agricultores c. Consiglio, causa C-50/00P; Stix-Hackl, 6/12/2001, Repubblica Italiana c. Commision, causa C-224/00). Persino un organo giurisdizionale non appartenetene all’Unione come la Corte di Strasburgo vi ha fatto riferimento (sentenza 11/7/2002, Goodwin v. The United Kingdom).

La Carta rappresenta un documento che ha fissato chiaramente i diritti fondamentali riconosciuti dall’Unione europea in maniera tale da mettere in evidenza l’articolata giurisprudenza con cui la Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea) ha affermato la tutela di tali diritti. Si è sollevato, invero, il timore che una catalogazione “rigida” dei diritti fondamentali possa comportare una riduzione delle tutele fondamentali previste nei singoli ordinamenti costituzionali degli Stati membri dell’UE. Tuttavia le disposizioni della Carta hanno un ambito di applicazione di per sé limitato agli atti delle istituzioni e degli organi dell’Unione e agli atti degli Stati membri che danno attuazione al diritto dell’Unione, così come previsto espressamente all’art. 51, paragrafo 1 della stessa Carta; il paragrafo 2 ne limita ulteriormente l’ambito applicativo affermando che essa non introduce nuove competenze per l’Unione, né apporta modifiche ai compiti definiti dai Trattati (v. Diritto comunitario). Eppure la Carta non ha richiesto modifiche da apportare nelle Costituzioni degli Stati membri, né si sostituisce a queste. Essa costituisce un ulteriore progresso – di respiro costituzionale – nella realizzazione di uno spazio giuridico europeo, denominatore comune fra tradizioni giuridiche e sensibilità diverse. In ogni caso, la Carta ha già oggi una sua valenza, a testimonianza di quel corpus giuridico europeo che è fatto di diritti e di importanti conquiste civili, manifestando così il carattere profondo di un’Europa non solo economica.

Resta aperta la questione centrale del valore giuridico della Carta: documento solenne con una sostanziale proiezione costituzionale ovvero atto atipico meramente riepilogativo di diritti rilevanti nell’ambito dell’Acquis comunitario?

Il Parlamento europeo in sessione plenaria aveva con forza chiesto una integrazione della Carta nei Trattati (risoluzione A5-00064/2000 del 16 marzo 2000 e risoluzione B5-767/2000 del 3 ottobre 2000), così come il Comitato economico e sociale (risoluzione 1005 del 20 settembre 2000).

La Commissione europea, con la comunicazione COM(2000)644 dell’11/10(2000, si pronunciò auspicando un’integrazione nei Trattati della Carta, aggiungendo che la sola proclamazione della Carta avrebbe avuto comunque un impatto sugli Stati membri, anche per la sua attitudine a diventare canone interpretativo per la Corte di giustizia. L’Italia ha invece sottolineato l’opportunità di «configurare la Carta come un documento giuridicamente vincolante, il cui inserimento nei Trattati rappresenti il segno concreto che l’Europa si pone come soggetto politico portatore di valori di civiltà condivisi, garantendo inoltre l’esito positivo del processo di allargamento» (relazione finale della XIV Commissione politiche dell’UE – Camera dei deputati, 3 ottobre 2000).

Lo status giuridico del testo si può dunque collocare a metà strada tra documento giuridicamente non vincolante e atto di rango sostanzialmente costituzionale: la sua integrazione nel Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa – quale II parte – ne ha quindi rafforzato la tensione costituzionale (v. Costituzione europea).

Vittorio Calaprice (2006)