Comunità politica europea

Progetti di costituzione europea furono elaborati durante la guerra e nell’immediato dopoguerra dai vari Movimenti europeistici e federalisti (v. Federalismo): furono accolti nell’indifferenza, voli pindarici di cui sorridere, mere esercitazioni accademiche di utopisti dell’età contemporanea. Dopo il lancio del Piano Marshall e il prudente avvio del processo di unificazione europea, le iniziative a favore della convocazione di una Costituente europea – promosse in particolare dall’Unione parlamentare europea e dal Movimento federalista europeo – si fecero più audaci e, nel contempo, concrete.

Il Congresso dell’Aia, nel maggio del 1948, e la creazione del Consiglio d’Europa, l’anno successivo, erano a loro volta l’espressione di quanto la volontà di dar voce all’unità politica dell’Europa cominciasse ad emergere anche a livello governativo.

Su queste prime, limitate, tappe dell’Europa politica s’innestavano azioni sempre più efficaci per la convocazione di un’Assemblea costituente europea, promosse dai movimenti per l’unità europea, di cui si faceva fervido animatore soprattutto Altiero Spinelli: dal tentativo di trasformare l’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa in Costituente, alla Campagna per un patto di unione federale europea. Si trattava però pur sempre di pourparlers ristretti agli ambienti europeistici, in una sfera lontana dagli effettivi centri del potere.

Il tema della Costituente era destinato a svilupparsi solo all’inizio degli anni Cinquanta, in stretta connessione con la nascita della Comunità. Tra l’autunno del 1951 e l’inverno del 1952, a mano a mano che la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) diventava una realtà e i negoziati per la Comunità europea di difesa (CED) si avviavano alla conclusione, il processo d’integrazione funzionalista (v. Funzionalismo), per settori, forniva argomenti sempre più validi alla lotta per l’unità politica dell’Europa e per la creazione di un’Autorità politica centrale, creando le premesse per il passaggio senza soluzione di continuità all’approccio costituzionalista. Ci si chiedeva, in particolar modo, come costruire un esercito comune che non fosse una semplice giustapposizione di eserciti nazionali, in assenza di uno Stato, e come demandarne la creazione a un’Autorità specializzata, dal momento che l’unificazione dell’esercito coinvolgeva altri importanti settori della vita pubblica quali la politica estera e di bilancio. Ci si domandava inoltre se queste Autorità specializzate avrebbero potuto rimanere isolate e prive di qualsiasi legame.

Fu il Presidente del Consiglio italiano Alcide De Gasperi a farsi paladino della Comunità politica europea, sostenendo con grande determinazione, sia in seno all’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa, il 10 dicembre 1951, sia soprattutto nelle successive riunioni dei ministri degli Esteri dei Sei, l’11 dicembre a Strasburgo e il 27 a Parigi, l’idea di affidare un potere costituente all’Assemblea della CED. Nel corso di queste riunioni, De Gasperi, concentrandosi esclusivamente sugli aspetti politici dell’integrazione militare, chiese con grande determinazione e riuscì a ottenere che nel progetto di trattato della CED fosse inserito un articolo – l’art. 38 – che affidava all’Assemblea provvisoria della CED il compito di studiare la creazione di un’Assemblea rappresentativa della Comunità, eletta “su base democratica”, e i poteri di cui sarebbe stata investita. Soprattutto, esso definiva i principi ai quali l’Assemblea avrebbe dovuto ispirarsi, stabilendo che l’Assemblea dovesse costituire «uno degli elementi di una struttura federale o confederale ulteriore, fondata sul principio della separazione dei poteri e comportante, in particolare, un sistema rappresentativo bicamerale».

Non si trattava, certo, di un articolo perfetto; in particolare, la procedura prevista non valutava nella prospettiva corretta il fattore tempo, indulgendo a un ottimismo, forse comprensibile, ma ingiustificato. La cesura determinata dal suo inserimento nel progetto di trattato della CED era tuttavia profonda e tale da mettere in moto un processo di natura costituente.

Nella primavera del 1952, le forze favorevoli all’Europa valutarono la possibilità di anticipare la convocazione dell’Assemblea. In maggio, Paul-Henri Charles Spaak, che si era precedentemente concordato con Jean Monnet, proponeva che i compiti previsti dall’art. 38 fossero affidati all’Assemblea della CECA (opportunamente allargata, in modo da renderla coincidente con quella della CED), di cui era imminente la convocazione dal momento che le ratifiche del Piano Schuman stavano per essere ultimate.

La proposta incontrava immediatamente importanti adesioni, fino a essere assunta nel giro di pochi giorni come modello di un’iniziativa governativa franco-italiana in base alla quale, il 10 settembre 1952, a Lussemburgo, i sei ministri chiedevano formalmente all’Assemblea comune della CECA, nel giorno stesso del suo insediamento, che assumesse l’incarico di elaborare un progetto di trattato istituente una Comunità politica europea (CPE). L’Assemblea accoglieva favorevolmente la richiesta e si metteva al lavoro – con il nome di Assemblea ad hoc – redigendo, entro il termine prescritto del 10 marzo 1953, un progetto di Statuto. Esso prevedeva la creazione di cinque istituzioni – Parlamento, Consiglio esecutivo europeo, Consiglio dei ministri nazionali, Corte di giustizia, Consiglio economico e sociale – e l’elezione a suffragio universale diretto di una delle due Camere del legislativo comunitario, la Camera dei popoli, demandando alla Comunità europea non solo le competenze della CECA e della CED, ma anche il potere di levare imposte direttamente sui cittadini e quello di realizzare progressivamente un mercato comune, cioè la libera circolazione di beni, servizi, persone e capitali (v. Comunità economica europea).

Il contesto che aveva fatto da sfondo alla vicenda era tuttavia ormai mutato. La morte di Stalin, con le prospettive di distensione che essa apriva, e le crescenti difficoltà della Francia in Indocina rendevano la ratifica ardua. Durante una prima riunione dei Sei, a Parigi, il 12 maggio, in cui ancora una volta De Gasperi dimostrava di essere il vero elemento propulsore della Comunità, i ministri riconoscevano unanimemente la necessità di creare una Comunità politica e proseguire a questo scopo i lavori in corso. Ma il 21 maggio il governo Mayer (v. Mayer, René), in Francia, era rovesciato e ciò aveva immediate ripercussioni: la Conferenza prevista a Roma dal 22 giugno al 1° luglio veniva rinviata, così come la riunione dei Sei in un primo tempo fissata per il 10 luglio all’Aia. Nel frattempo, anche De Gasperi, avendo subito alle elezioni del 7 giugno la sconfitta che lo avrebbe portato in breve tempo ad essere estromesso dal governo, stava per lasciare la scena. La riunione dei Sei, tenutasi a Parigi il 22 giugno per le forti pressioni italiane e tedesche, ma a fronte di non trascurabili e comprensibili perplessità francesi, non sortiva alcun risultato. Durante una nuova riunione a Baden-Baden, il 7 agosto, i ministri raggiungevano l’unanimità sulla necessità di costruire una Comunità politica dalle caratteristiche quantomeno ambigue: una “Comunità di Stati sovrani”. Dopo mesi di tergiversazioni, i ministri rimettevano il progetto di Statuto a una conferenza di supplenti (che si sarebbe tenuta a Roma dal 22 settembre al 9 ottobre). Lo Statuto veniva largamente rimaneggiato e perdeva via via i suoi caratteri federali. A una nuova riunione tenutasi all’Aia in novembre, i ministri, consapevoli dell’impossibilità di ottenere risultati in un contesto storico che ormai non spingeva più con urgenza verso l’unificazione, ma nel contempo desiderosi di non troncare bruscamente i lavori intrapresi e di non assumersi la responsabilità di un fallimento, decidevano di rinviare l’ulteriore approfondimento delle questioni relative alla CPE a una Commissione, nel vano tentativo di riavvicinare le posizioni delle varie delegazioni procedendo in maniera informale. I lavori della Commissione si trascinavano stancamente finché, a fine giugno, venivano aggiornati sine die.

Il destino della Comunità politica veniva così legato a quello della CED e, il 30 agosto 1954, ne seguiva, seppur indirettamente, la sorte.

Daniela Preda (2008)