Dekker, Wisse

Economista olandese, presidente della Philips dal 1982 al 1986 e cofondatore della Tavola rotonda degli industriali europei (ERT), nonché influente promotore del Mercato unico europeo e dell’approfondimento dell’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della), D. nasce a Eindhoven, nel 1924. Sin dall’infanzia manifesta un’indole ambiziosa e una tempra forte, seppur incline a eccessi di impulsività. Protestante in un piccolo centro del Brabante settentrionale per tradizione dominato dalla cultura cattolica, quasi cieco da un occhio a causa di una meningite, nonché ritenuto inizialmente inadatto per il liceo, il futuro presidente della Philips non sembrava certo possedere i prerequisiti essenziali per accedere alle alte cariche del milieu industriale olandese.

Tuttavia, terminati gli studi di economia all’università di Tilburg, nel 1948, il non ancora trentenne D. si trova ufficialmente inserito nell’organico dei dipendenti della sede centrale della Philips, a Eindhoven. Presto distintosi per capacità organizzative e per spirito di iniziativa, il giovane impiegato viene trasferito nello stesso anno presso la filiale indonesiana della società, addetto al settore commerciale. Funzione che, a partire dal 1956, continuò a svolgere in Giappone, occupandosi altresì di monitorare il ritmo di crescita economica dei paesi dell’Estremo Oriente. Tornato in Europa, si stabilisce temporaneamente nel Regno Unito dove, tra il 1972 e il 1976, assume successivamente l’incarico di direttore e di presidente della direzione della succursale britannica della Philips. Sulla base della solida esperienza acquisita nelle varie sedi internazionali della società, nonché in virtù del forte carisma personale, nel 1982 D. viene nominato presidente dell’azienda e incaricato presso la sede centrale, a Eindhoven.

La leadership di D. alla Philips, oltre a caratterizzarsi per il forte impulso impresso al processo di ristrutturazione interna della società, tale da renderla più competitiva su un mercato planetario in costante evoluzione e di dimensioni crescenti, coincide con la fase di maggiore impegno dell’alto dirigente olandese nella promozione del processo di integrazione europea, il quale, stante la “stagflazione” economica degli anni Ottanta, attraversava una fase di sostanziale immobilismo. In tale contesto, negli ambienti della grande industria e, più in generale, nel mondo economico del vecchio continente – i quali già dai primi anni Sessanta avevano cominciato a manifestare crescente scetticismo nei confronti della Comunità economica europea – comincia a manifestarsi il timore di una possibile soggezione dell’Europa occidentale al dominio economico e tecnologico nordamericano e giapponese (v. Olivi, 1995, pp. 263-264). Fosche prospettive ampiamente condivise da D., il quale inoltre, sulla base della lunga esperienza maturata in Indonesia e in Giappone negli anni Cinquanta e Sessanta, non manca di sollevare lungimiranti allarmismi rispetto alla minaccia delle potenze economiche emergenti, con particolare riferimento al pericolo di un’invasione dei mercati europei da parte dei prodotti asiatici. Nella criticità del momento, inoltre, desta più di qualche apprensione l’atteggiamento asfittico delle istituzioni della Comunità economica europea (CEE), soprattutto della Commissione europea, incapaci di trovare risposte efficaci e soluzioni di lungo periodo per rilanciare su scala planetaria la capacità produttiva dell’Ovest europeo.

Nell’ottica di D. – il quale si rende implicitamente interprete delle tradizionali aspirazioni dell’Aia al primato dell’elemento economico su quello politico nel processo di integrazione europea – è pertanto necessario che il testimone dell’iniziativa comunitaria passi nelle mani dell’economia e dell’industria, piuttosto che continuare a ristagnare nelle stanze abuliche della politica. Con determinazione e risolutezza, di conseguenza, il presidente della Philips concerta con gli omologhi della Fiat, Umberto Agnelli, e della Volvo, Pehr Gyllenhammar, la creazione della European round table of industrialist (ERT), ufficialmente fondata a Parigi, il 6-7 aprile del 1983. Obiettivo della ERT, chiaramente illustrato da D. nel discorso pronunciato in occasione della seduta inaugurale – cui peraltro partecipano anche i commissari europei Étienne Davignon e François-Xavier Ortoli – è quello di incoraggiare la ripartenza del processo integrativo sotto un profilo squisitamente economico, aprendo un cuneo tra la burocrazia tecnocratica della macchina comunitaria e l’azione politica dei governi nazionali dei dieci Stati membri della Comunità.

Precisate le finalità dell’organizzazione, già nel 1984 il cofondatore olandese si lancia a viso aperto nella prima campagna promossa dalla ERT in favore del Mercato unico europeo, da realizzare attraverso la riduzione progressiva degli ultimi ostacoli al libero scambio di beni, capitali e servizi entro i confini della Comunità (v. anche Libera circolazione delle merci; Libera circolazione dei capitali; Libera circolazione dei servizi). Le proposte di D. confluiscono in un progetto dettagliato, “Europe 1990: an agenda for action”, presentato a Bruxelles, davanti ad una platea prevalentemente composta da commissari europei, l’11 gennaio del 1985. Il piano D. individua quattro aree principali – facilitazione degli scambi commerciali, apertura dei mercati pubblici, armonizzazione degli standard tecnici e abolizione delle barriere fiscali – sulle quali concentrare l’azione per giungere entro cinque anni al traguardo del mercato unico. “Europa 1990” non è peraltro carente di contenuti politici, giacché contempla espressamente l’introduzione del voto a maggioranza, non meno che l’obiettivo dell’unione monetaria (v. anche Unione economica e monetaria). Si tratta, in sostanza, del primo programma, coerente e razionale, nonché costruito sulla base di un calendario ben precisato, che la grande industria ha elaborato nell’ambito del processo di integrazione continentale.

Tre giorni dopo la presentazione del progetto, il neoincaricato presidente della Commissione, Jacques Delors, indica al Parlamento europeo riunito a Strasburgo le linee guida e le priorità dell’azione che avrebbero informato l’agenda comunitaria negli anni successivi, ponendo in primissimo piano il completamento del mercato interno entro il 1992. La proposta di D., pertanto, non soltanto viene ufficialmente accolta, non senza parziali modifiche, dalle Istituzioni comunitarie, ma si traduce altresì in preciso obiettivo politico. A distanza di pochi mesi, in linea con l’indirizzo programmatico tracciato dal presidente della Philips, il commissario europeo per l’industria, Lord Arthur Cockfield, pubblica il suo Libro bianco (v. Libri bianchi) sul mercato interno. Tale documento costituirà la base del negoziato aperto a Lussemburgo nel 1985, per tradursi nella lettera dell’Atto unico europeo (AUE), firmato nella capitale lussemburghese nel febbraio 1986.

Sebbene l’AUE posponga la scadenza per l’apertura del mercato interno al 1992, anziché rispettare la data del 1990 prefigurata da D., la stessa sottoscrizione del nuovo trattato (v. anche Trattati) rappresenta un successo di grande significato per la ERT. Non soltanto perché la superlobby europea ha visto realizzate le sue priorità contingenti, ma anche e soprattutto perché è stata di fatto riconosciuta parte integrante dell’apparato decisionale europeo.

Nel 1986 D. lascia la presidenza della Philips e inizia a presiedere la Commissione vigilanza dell’azienda. A distanza di due anni, nel 1988, viene nominato presidente della ERT, funzione che ricoprirà fino al 1992, guidando l’organizzazione a configurarsi come think tank della Commissione europea in materia di politica industriale.

Interessato alla crescita e al consolidamento dell’ERT, già all’indomani della nomina D. intraprende una sistematica azione di reclutamento di nuovi membri, della quale è espressione la fusione tra la European round table e il Groupe des présidents, che dal 1967 riunisce i presidenti di grandi aziende europee. Nello stesso 1988 il neopresidente favorisce il trasferimento della Segreteria da Parigi a Bruxelles, con l’obiettivo di agevolare il dialogo tra l’ERT e le istituzioni comunitarie, con particolare riferimento alla Commissione, nonché al fine di stabilizzare i contatti tra i rappresentanti della grande industria europea e i governi nazionali dei paesi membri della CEE. D. in prima persona si adopera, in questi anni, per infoltire il suo già articolato ed esteso universo di conoscenze, il quale spazia dai grandi attori sul palcoscenico economico mondiale, alle personalità di spicco dell’establishment politico internazionale, ai coevi decision-makers a livello comunitario. In qualità di presidente della ERT, in particolare, l’alto funzionario olandese approfondisce la frequentazione con le personalità di rilievo del panorama politico europeo, tra le quali, per citare i nomi più noti, Giuliano Amato, Margaret Thatcher, Franciscus Marie (Ruud) Lubbers (v. Lubbers, Rodolphus Franciscus Marie) e Jacques Santer.

Fiore all’occhiello della leadership di D. alla Tavola rotonda degli industriali è indiscutibilmente l’importante contributo offerto all’approfondimento dell’integrazione europea, alla realizzazione dell’unione monetaria in primis. Già all’inizio del 1989, infatti, il presidente della ERT aveva più volte richiamato l’attenzione dei membri dell’organizzazione, non meno che dei rappresentanti delle istituzioni europee, sulla necessità di una struttura monetaria centralizzata quale conditio sine qua non per l’effettivo coordinamento delle politiche economiche comunitarie. Concezione che si andrà rafforzandosi a seguito dei rivolgimenti del novembre 1989, allorché il crollo del Muro di Berlino (v. Germania), la fine della Guerra fredda e soprattutto la rapida riunificazione tedesca prospettano l’avvio di relazioni progressivamente più intense tra le due metà dell’Europa, finalmente riconciliate.

A fronte dei cambiamenti radicali che vanno segnando il panorama continentale, l’ERT, sapientemente coordinata da D., elabora puntualmente una propria strategia complessiva, destinata a informare in misura sostanziale l’agenda comunitaria. In particolare, il mondo industriale sollecita Bruxelles, e soprattutto il presidente Jacques Delors, a far ripartire il percorso dell’integrazione indirizzandolo verso un triplice traguardo: la realizzazione dell’unificazione monetaria, componente essenziale del mercato unico; l’intensificazione dei rapporti con i paesi della European free trade area (EFTA) e il sostegno alla rigenerazione economica e politica dei Paesi dell’Europa centrale e orientale (PECO). Obiettivi che saranno realizzati dal Trattato di Maastricht, nel 1992, dall’entrata nell’Unione europea (UE) di Austria, Finlandia e Svezia, nel 1995, nonché dall’ultimo, storico allargamento a Venticinque, del 1° maggio 2004, con il quale i PECO acquisteranno la membership comunitaria.

Tra il 1989 e il 1992, anno in cui D. lascia nelle mani di Jérôme Monod, della Suez Lyonnaise des Eaux, le redini della ERT, l’operato dell’ex presidente della Philips si concentra sulla massimizzazione dei benefici apportati dall’introduzione del mercato unico, nonché sul tamponamento delle ricadute negative della riconversione dell’economia comunitaria, registrate segnatamente sul mercato del lavoro. Per quanto attiene al primo aspetto, la ERT promuove una serie di iniziative per lo sviluppo di un sistema unico, piuttosto che di singoli progetti coordinati, di infrastrutture europee. Sul secondo versante, D. si impegna attivamente per indurre le istituzioni comunitarie a elaborare misure adeguate per accrescere la flessibilità del mercato del lavoro, settore in cui, tra il 1989 e il 1991, a fronte di una pur apprezzabile crescita economica, si erano riscontrati risultati decisamente modesti.

Il 1994 pone prematuramente fine alla carriera professionale di D., il quale viene di fatto forzato dai membri della Commissione vigilanza della Philips, da lui presieduta, a congedarsi in via definitiva dalla società. Uno tra i momenti più dolorosi della sua pur turbolenta vita pubblica, come lo stesso dirigente olandese ammetterà, nonché del tutto inatteso. Convinto che a segnare irreversibilmente il suo destino alla Philips fosse stata un’intervista rilasciata al “NRC Handelsblad”, nel febbraio del 1994, nell’ambito della quale aveva rivelato di ambire ad una rielezione, D. sembra non cogliere le reali motivazioni sottese all’improvviso declino della sua popolarità. Al di là dalle effettive responsabilità dell’ex presidente nella crisi della Philips tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, è proprio la condivisa volontà della dirigenza emergente di rinnovare radicalmente l’immagine dell’azienda a determinare l’allontanamento di colui che, più di chiunque altro, incarnava un modello del passato.

Ritiratosi a vita privata, D. non manca di partecipare, lucido testimone delle grandi trasformazioni della storia recente, al dibattito internazionale, interessandosi prevalentemente delle tematiche della globalizzazione e del riassetto del sistema economico-produttivo planetario.

Giulia Vassallo (2009)