Del Bo, Rinaldo

Laureato in Giurisprudenza all’Università Cattolica del Sacro Cuore e in Scienze politiche all’Università di Pavia, D.B. (Milano 1916-Roma 1991) è particolarmente attratto dai risvolti filosofici delle scienze sociali. È tale interesse a spingerlo a collaborare con la rivista “Corrente”, fondata da Ernesto Treccani nel 1938, dove trova un ambiente stimolante che lo spingerà a rivedere le sue posizioni iniziali di appoggio al regime. Dal 1939 D.B. avvia infatti una riflessione profondamente critica sulla natura del fascismo, che lo trasforma in un convinto sostenitore del sistema democratico, tanto che negli anni della Resistenza partecipa alla costituzione dei gruppi giovanili della Democrazia cristiana (DC), attività per la quale sarà anche arrestato.

Intanto nel partito la sua personalità si impone rapidamente: nel 1944 è nominato membro del comitato regionale lombardo, nel 1946 viene eletto membro del Consiglio nazionale, nel 1948 diventa vicesegretario della sezione di Milano e successivamente del Comitato provinciale.

Contemporaneamente, D.B. porta avanti anche gli interessi di natura accademica, assumendo prima la docenza di Filosofia del diritto all’Università di Macerata, poi quella di Diritto dell’organizzazione internazionale a Roma. Nel corso degli anni Cinquanta pubblica diverse opere di carattere filosofico, giuridico e sociale (una delle quali, La volontà dello Stato, ottiene il premio Viareggio), e collabora con riviste specializzate di tali settori, come il mensile “Rassegna di politica e storia”, che per molti anni è sotto la sua direzione.

Deputato nelle prime quattro legislature, è sottosegretario al Lavoro nel VII governo di Alcide De Gasperi, fra il luglio 1951 e il luglio 1952, quando si dimette per assumere l’incarico di responsabile nazionale per la stampa a la propaganda della DC. Al congresso nazionale di Roma dell’anno successivo viene eletto membro del Consiglio nazionale e vicesegretario del partito. Da sottosegretario al Lavoro, incarico che assume nuovamente fra l’agosto 1953 e il gennaio 1954 nel governo di Giuseppe Pella, riesce a favorire la composizione di varie controversie sindacali in stabilimenti industriali importanti come la Breda di Sesto S. Giovanni e l’Ansaldo. Nella medesima veste, nel 1952 presiede la delegazione italiana alla Conferenza internazionale del lavoro, a Ginevra.

Nel primo governo guidato da Antonio Segni, fra il luglio 1955 e il maggio 1957, è sottosegretario agli Affari esteri con delega all’emigrazione, e in tale veste si dedica energicamente alla difesa dei lavoratori italiani all’estero, favorendo la creazione di una vasta rete di assistenza sociale presso le sedi di maggiore afflusso migratorio. A seguito di una serie di disastri minerari in Belgio, nei quali perdono la vita numerosi lavoratori italiani, pone il momentaneo divieto all’emigrazione dei minatori verso il paese nordeuropeo fin quando non siano garantite adeguate misure di sicurezza sul lavoro. Per due volte è a capo della delegazione italiana ai lavori del comitato intergovernativo per l’emigrazione dall’Europa.

È ministro per i Rapporti con il Parlamento nei governi Zoli e di Amintore Fanfani, dal maggio 1957 al gennaio 1959, quando assume per un anno il portafoglio del Commercio estero, nel II governo Segni. In tale veste è il primo uomo di governo italiano a recarsi in URSS, con lo scopo di promuovere i prodotti italiani e di intensificare gli scambi commerciali bilaterali.

Dopo le dimissioni di Piero Malvestiti e un breve interim del vicepresidente Albert Coppé, l’8 ottobre 1963 D.B. viene scelto dai governi dei sei paesi membri della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA) come presidente dell’Alta autorità. Alla sua entrata in carica, D.B. trova l’organo di governo della CECA di fronte a problemi di diversa natura: non solo, infatti, le gestioni precedenti, giudicate troppo deboli, sembrano aver determinato una sorta di “ripiegamento” dell’organismo su funzioni meramente amministrative, senza un reale impatto sulla carbosiderurgia europea, ma la Comunità in generale sembra altresì essere stata messa in ombra dalla nascita della Comunità economica europea (CEE); la stessa idea di “fondere” gli esecutivi, sollecitata dal Parlamento europeo (PE) e già in discussione negli ambienti politici, ha avuto un effetto particolarmente negativo sul prestigio dell’Alta autorità. A questo va aggiunta la situazione di crisi che attraversa non più soltanto l’industria di estrazione del carbone, ma anche la siderurgia europea, che minaccia il ridimensionamento di un settore fino a pochi anni prima considerato strategico.

D. cerca quindi, fin dal primo momento, di rilanciare l’azione dell’Alta autorità e di intervenire in modo incisivo sulle difficoltà economiche. Innanzitutto si schiera per fondere gli esecutivi delle tre comunità non sulla base di un pieno allineamento sul Trattato CEE (v. anche Trattati di Roma), ma cercando invece sia di mantenere gli aspetti sopranazionali del Trattato CECA (v. anche Trattato di Parigi), sia di salvaguardare l’autonomia finanziaria dell’Alta autorità, puntando anzi su un rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo in materia di spesa. In realtà tali posizioni, sulle quali gli altri membri dell’organo si schierano compatti, saranno quasi completamente disattese dai governi degli Stati membri e, se l’Alta autorità manterrà le sue prerogative di azione, e quindi anche un livello adeguato di autonomia finanziaria, la parte di bilancio relativa alle spese amministrative sarà accorpata al bilancio generale CEE (v. anche Bilancio dell’Unione europea), nel cui ambito il PE ha ben pochi poteri.

Quanto alle difficoltà economiche, fallito il tentativo di promuovere una politica energetica comunitaria (v. anche Politica dell’energia), l’Alta autorità di D.B. non può rispondere alla crisi carbonifera se non con incentivi a ridurre la produzione, mentre per la siderurgia si accetta un innalzamento dei dazi doganali. In entrambi i settori, inoltre, l’organismo di Lussemburgo assume un atteggiamento più morbido rispetto al passato di fronte alle operazioni di concentrazione industriale.

In ogni caso le ristrutturazioni legate a tali razionalizzazioni stimolano un aumento dell’impegno in materia sociale, obiettivo che del resto D.B. si è posto fin dalla sua entrata in carica. Quindi non solo vengono varate nuove norme per migliorare le condizioni di vita e di lavoro della manodopera, ma si potenziano anche i meccanismi già esistenti volti a favorire il ricollocamento della manodopera licenziata, mentre viene lanciato l’ennesimo programma di finanziamenti per la costruzione di alloggi destinati ai lavoratori della carbosiderurgia.

Nonostante il suo mandato scada nel settembre 1965, la mancata nomina di un successore da parte dei sei governi fa sì che D.B. rimanga in carica fino al 1° marzo 1967, quando rassegna le dimissioni per motivi di salute. Nel messaggio di saluto ufficiale, espresso dalla voce del vicepresidente Coppé, gli altri membri dell’Alta autorità gli tributano un omaggio estremamente lusinghiero, indicandolo come «il presidente politico per eccellenza», che ha restituito all’organo della CECA un prestigio che sembrava aver perduto con l’uscita di scena dei primi due presidenti, Jean Monnet e René Mayer.

Lorenzo Mechi (2010)