Giordano, Renato

G. (Napoli, 1926-ivi 1960) si laureò a Napoli con Giuseppe Tesauro nel 1946, avviandosi agli studi di diritto pubblico. Allievo dell’Istituto di studi storici, fondato nel dopoguerra da Benedetto Croce, si legò al gruppo di giovani democratici e liberali che negli anni Cinquanta avrebbe fondato la rivista “Nord e Sud”, tra cui Francesco Compagna e Vittorio De Caprariis. La rivista aveva per tema lo sviluppo civile ed economico e il rapporto con il nord del paese, con una visuale più ampia verso l’Europa. Così in effetti fu vissuta da quei giovani intellettuali meridionali l’avvio della politica europeistica dei governi di Alcide De Gasperi, che precisavano in meditata adesione all’idea di un’Europa federale, con una relazione sempre più stretta con Altiero Spinelli (v. anche Federalismo).

La caduta del miraggio federalista, che la Comunità europea di difesa (CED) aveva per un breve tratto fatto emergere, l’attenuazione del fervore riformatore dell’epoca di De Gasperi, conduceva necessariamente verso un approccio più pragmatico. Fu Altiero Spinelli a suggerire a Jean Monnet il nome di G. come suo collaboratore per l’Italia. Ed egli svolse poi quella funzione per un decennio con grande intelligenza, tanto da meritarsi il soprannome di “occhio di Monnet” a Roma. La sua buona formazione culturale e la sua giovanile passione politica ne facevano un attento osservatore delle cose italiane, consapevole degli ostacoli che un processo di integrazione europea trovava nell’arena politica italiana (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). De Gasperi aveva reso maggioritario un indirizzo che non era tale nemmeno nella coalizione di governo che lo sorreggeva, incominciando dal suo partito, la Democrazia cristiana, in cui si riflettevano molte delle resistenze conservatrici, contrarie alla liberalizzazione degli scambi e a vincoli alla sovranità nazionale. Di contro i comunisti rappresentavano allora un muro ostile a qualsivoglia politica europea e i socialisti, a cui G. guardava con interesse, attraversavano un processo di assai lenta maturazione.

Le analisi acute di G. (assai pochi erano coloro, in quello scorcio degli anni Cinquanta, che si occupavano di questioni europee) trovano riscontro nell’intenso carteggio che egli intrattenne con Jean Monnet, che se ne fidava e lo utilizzava come tramite per le sue iniziative, a livello politico e governativo. Ne fanno fede anche i numerosi articoli che G. scrisse su riviste come “Nord e Sud” e “il Mulino” e sulla stampa italiana, segnatamente sul giornale del padronato “24 Ore”. Ma la testimonianza maggiore è data dal suo libro, La nuova frontiera (1959), il cui titolo era la metafora del suo meridionalismo e nel quale analizzava le tradizioni culturali e le forze politiche dei diversi paesi europei, tra vecchie remore e nuovi impulsi sulla strada dell’Europa.

Piero Craveri (2012)