Silone, Ignazio

S. nasce a Pescina (L’Aquila), il 1° maggio 1900, da una famiglia di piccoli proprietari terrieri. Rimasto orfano di padre e madre a quindici anni, comincia a frequentare la Lega dei contadini del suo paese, e si avvicina così all’ideologia socialista, che in lui convive con la formazione cattolica ricevuta presso il locale seminario, e poi in un istituto religioso di Reggio Calabria.

Animato da un profondo afflato alla giustizia sociale e all’elevazione degli umili, alimentato dalla sua esperienza del mondo rurale meridionale, S. costruisce fin dagli anni adolescenziali una visione del mondo che unisce l’ideale marxista dell’emancipazione delle classi lavoratrici a quello solidaristico cristiano.

Nel 1918, trasferitosi a Roma, aderisce alla Gioventù socialista, e negli anni del dopoguerra è coinvolto negli scontri con le neonate organizzazioni fasciste. Nel 1921 partecipa alla fondazione del Partito comunista, ed entra a far parte della direzione del partito. Nel 1922 diviene redattore del giornale “Il Lavoratore” di Trieste, e direttore de “L’Avanguardia” di Roma. Nel 1923, dopo l’avvento al potere del fascismo, S. si rifugia in Germania, e quindi in Spagna. All’estero, svolge un’intensa attività militante clandestina, e viene incarcerato in Spagna e in Francia per attività sovversive.

Una documentazione recentemente portata alla luce, seppure molto discussa in sede storiografica, indica che da questo stesso periodo S. comincia un’attività di informatore segreto della polizia fascista. Dal 1927, quando all’interno del Partito comunista dell’Unione Sovietica prevale la linea di Stalin e vengono espulsi dal partito i dissidenti Leon Trockij e Gregorij Evseevič Zinov’ev, S. (che partecipa attivamente a questa fase di dibattito, essendosi in quel periodo trasferito a Mosca) comincia a sentirsi sempre più estraneo alla linea dell’Internazionale comunista, e deluso della subordinazione a essa (nonostante le iniziali critiche di Palmiro Togliatti) da parte del Partito comunista italiano.

Stabilitosi in Svizzera, dove continua a svolgere il ruolo di responsabile dell’Ufficio stampa e propaganda del Partito comunista d’Italia, S. viene a contatto con ambienti politico-culturali di fuoriusciti e con la vivace atmosfera della democrazia federale elvetica, che stimolano in lui un percorso di profonda rielaborazione critica del suo patrimonio ideologico. Nel 1928 il fratello Romolo viene arrestato con l’accusa di aver partecipato all’attentato di Milano al re Vittorio Emanuele III. Sottoposto ripetutamente a torture nelle carceri fasciste, vi morirà nel 1932. In quel periodo S., a quanto pare, intensifica la sua attività di informatore segreto, sperando di poter così favorire la liberazione del fratello. Deluso dal mancato ottenimento di essa, ammalatosi di tubercolosi e preda di profonde crisi depressive, S. nel 1930 interrompe i rapporti con la polizia fascista, e decide contemporaneamente di abbandonare il Partito comunista d’Italia, dal quale viene espulso nel luglio 1931, e l’attività politica.

Da quel momento S. comincia a dedicarsi intensamente alla letteratura, scrivendo il suo primo romanzo, Fontamara (pubblicato nel 1933), che unisce esemplarmente la sua vena artistica ed esistenziale con la raffigurazione dei suoi ideali civili e politici. Sarà l’inizio di una lunga attività di scrittore, in cui la riflessione etico-politica continuerà a giocare una parte importante, e che vedrà successivamente altre prove importanti con romanzi come Pane e vino (1937), Il seme sotto la neve (1941), Il segreto di Luca (1956), La volpe e le camelie (1960), e con i racconti che saranno riuniti, insieme a interventi saggistici, in Uscita di sicurezza (1965).

Tuttavia nei primi anni Trenta, sotto l’influenza tra gli altri di Carlo Rosselli ed Emilio Lussu, oltre che del socialismo gildista di matrice britannica, S. elabora anche con maggiore chiarezza le linee di una accezione libertaria, autonomista e cristiana del socialismo. Questa riflessione, i cui tratti si possono cogliere nelle opere Der Fascismus (1931) e La scuola dei dittatori (1937), e negli articoli che S. comincia a scrivere a partire dal 1932 sulla rivista dei fuorusciti “Information”, lo porterà a manifestare un interesse sempre crescente per le teorie federaliste, a livello sia infranazionale che europeo (v. Federalismo). Teorie che verranno poste per la prima volta al centro della sua riflessione nel saggio Nuovo incontro con Mazzini (1938), e nelle Tesi del terzo fronte, pubblicate nel 1942 sul quindicinale “L’Avvenire dei lavoratori”, nelle quali S. propugna come obiettivo fondamentale del movimento operaio la creazione di una federazione europea che salvaguardi a livello continentale la democrazia, impedendo una volta per sempre la concentrazione del potere statale e l’avvento di regimi autoritari e totalitari.

Nel 1938 S. era tornato intanto alla politica attiva nel Partito socialista, come direttore del Centro estero di quella formazione politica in Svizzera. Durante la guerra e la resistenza svolge attività di supporto ai partigiani e alle truppe alleate. Nel 1944 torna a Roma e aderisce al Partito socialista di unità proletaria, prendendo posizione per la corrente autonomista. Nel 1947, quando il gruppo di Giuseppe Saragat si stacca dal partito e fonda il Partito socialista dei lavoratori italiani, S. non aderisce alla nuova formazione, ma abbandona il PSIUP. Contemporaneamente, fonda la rivista “Europa socialista”, dalle cui colonne si batte per la creazione di un’Europa unita e autonoma dalle due grandi potenze. Il delinearsi della Guerra fredda accentua il suo allontanamento dal comunismo e la sua convinzione che per salvare gli ideali socialisti sia necessario innanzitutto difendere le libertà dell’Occidente contro la minaccia sovietica, combattendo al contempo contro le possibili involuzioni autoritarie dell’anticomunismo.

Nel 1950 partecipa alla fondazione del Congress for cultural freedom (CCF), associazione internazionale di intellettuali che si riunisce intorno all’obiettivo di difendere la libertà di pensiero contro ogni ideologia illiberale, contrapponendosi ai “Partigiani della pace” e ad altre organizzazioni di intellettuali della sinistra occidentale, “compagni di strada” dei comunisti e indulgenti verso il regime sovietico. Entrato a far parte del Comitato esecutivo del CCF, nel 1951 S. fonda, insieme ad altri esponenti dell’area progressista e liberale, l’Associazione italiana per la libertà della cultura (AILC), sezione italiana dell’organizzazione.

Nel 1956, grazie soprattutto al sodalizio con Nicola Chiaromonte, inizia le pubblicazioni di “Tempo presente”, rivista che rappresenterà per un verso la voce degli aderenti italiani al CCF, per un altro un’operazione culturale di ancora maggiore respiro, tesa a costruire un’area di dialogo e confronto a livello europeo tra cultura socialista, liberale e cristiana in nome della congiunzione tra modernità e valori umanistici.

Dopo un periodo di rilevante influenza culturale esercitata dall’AILC e da “Tempo presente” tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta, pur tra molte infuocate controversie, l’esplodere delle polemiche a livello internazionale sui finanziamenti della Central intelligence agency (CIA) statunitense al CCF e agli organi a esso collegati provoca una crisi irreversibile dei progetti intrapresi da Silone. Nel 1968 il CCF si scioglie per dar vita a una nuova associazione, l’Association internationale pour la liberté de la culture, dal profilo politicamente molto più neutro, e “Tempo presente” termina le pubblicazioni.

Il crescente senso di delusione per l’esito controverso delle sue ultime iniziative politico-culturali spinge S. a dedicarsi prevalentemente, negli ultimi anni della sua vita, all’attività di scrittore, il cui frutto più importante è il dramma L’avventura di un povero cristiano (1968). S. muore a Ginevra nel 1978.

Eugenio Capozzi  (2010)