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Klestil, Thomas

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K. (Vienna 1932-ivi 2004) si orientò verso le discipline economiche: iscrittosi alla facoltà di Economia dell’università di Vienna, completò il suo percorso di studio nel 1957.

Grazie alla padronanza della lingua inglese e per il suo interesse verso le problematiche internazionali, trovò agevolmente collocazione in ambito diplomatico. Dal 1959 al 1962 fu membro della missione austriaca presso l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Dal 1962 al 1966 fu presso l’ambasciata austriaca a Washington. Ritornato in patria, divenne segretario del cancelliere federale, Josef Klaus. Questo incarico lo portò a stretto contatto con molti esponenti di primo piano della Österreichische Volkspartei (ÖVP), i quali gli sarebbero tornati utili successivamente. Mutati gli equilibri di governo a danno del partito popolare, K. riprese la via dell’estero, andando a ricoprire, dal 1969 al 1974, l’incarico di console generale a Los Angeles. Lasciata la guida del consolato, ricevette dal nuovo cancelliere socialista, Bruno Kreisky, l’incarico di coordinare il trasferimento di alcuni uffici dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e di alcune organizzazioni internazionali nella nuova sede di Vienna. Tale attività ebbe la sua naturale continuazione con l’affidamento a K. dell’incarico di rappresentare l’Austria alle Nazioni Unite. Dopo aver tenuto questo incarico dal 1978 al 1982 rimase negli Stati Uniti: accreditato come ambasciatore a Washington, K. sviluppò una proficua interazione con l’amministrazione di Ronald Reagan. Nel 1989 tornò a Vienna dove divenne segretario generale del ministero degli Affari esteri.

Candidato alle elezioni presidenziali per la ÖVP, fu eletto Presidente della Repubblica per la prima volta nel 1992 e successivamente nel 1998. Al momento della sua elezione l’autorevolezza della figura presidenziale era fortemente erosa: lo scandalo seguito alle rivelazioni circa la condotta tenuta durante la Seconda guerra mondiale dal presidente uscente, Kurt Waldheim, aveva gettato ombre pesanti sull’intero paese. Pur non essendo noto al grande pubblico, K. fu in grado di ristabilire un legame con la popolazione e di ridare lustro all’istituzione da lui rappresentata.

La sua aspirazione ad assumere un ruolo attivo nella vita politica del paese lo portò in più di una occasione a oltrepassare il limite delle competenze attribuitegli dal dettato e dalla prassi costituzionali. Già in occasione dell’ingresso dell’Austria nell’Unione europea K. aveva preteso di partecipare alla riunione dei capi di stato e di governo (v. anche Vertici) e di apporre la sua firma al trattato di adesione, obbligando il governo guidato da Franz Vranitzky a respingere formalmente tale intromissione. Nonostante queste intemperanze, bisogna rilevare comunque come durante i suoi due mandati presidenziali K. abbia dato un contributo fattivo alla politica estera austriaca, in particolare attraverso le frequenti e fruttuose visite negli Stati dell’ex blocco sovietico; non bisogna poi dimenticare il ruolo da lui svolto nella normalizzazione dei rapporti con Israele: nel suo discorso alla Knesset del 1994, K. fu il primo presidente austriaco ad ammettere la corresponsabilità dell’Austria nella perpetrazione dell’Olocausto.

Durante il secondo mandato presidenziale K. accrebbe ulteriormente i suoi contrasti con l’esecutivo. Il confronto prese avvio in seguito alle elezioni del 1999, quando il partito liberale guidato da Jörg Haider si affermò come seconda forza politica del paese. In quella occasione K., preoccupato delle ricadute negative sul piano internazionale che sarebbero potute scaturire dell’attribuzione della responsabilità di governo agli esponenti di un partito giudicato di estrema destra, si era espresso chiaramente in favore di una grande coalizione di governo tra popolari e socialisti. Allo scontro frontale si giunse però nel 2000, quando il cancelliere Wolfgang Schüssel decise di aprire il governo alla partecipazione dei liberali. Di fronte a tale scelta K. si spinse ad affermare il suo diritto a dimissionare il governo, quand’anche questo fosse stato supportato dalla maggioranza del parlamento, qualora serie motivazioni lo avessero indotto a operare in tal senso. Si profilò una crisi istituzionale che rimase in potenza solo per l’inazione della massima carica dello stato.

Dopo le elezioni politiche del 2002 K. si espresse ancora una volta invano in favore di una grande coalizione con l’esclusione dei liberali. La sua tendenza a imporsi sulla normale dialettica politica lo pose in contrapposizione con il suo stesso partito e, con l’aggravarsi del suo stato di salute, fu progressivamente relegato sullo sfondo della scena politica.

Federico Niglia (2010)