Kok, Willem

Primo ministro dal 1994 al 2002 e consulente accreditato presso le Istituzioni comunitarie, K. (Bergambacht 1938) dopo il diploma intraprese gli studi in economia presso un ateneo privato di grande prestigio, la Nijenrode Business Universiteit di Breukelen, nella provincia di Utrecht. Conseguita la laurea nel luglio del 1958, e svolto il servizio militare, per un breve periodo fu impiegato presso la società commerciale Sembodja Malaja. Nel 1961 iniziò a militare nel principale sindacato socialista olandese, il Nederlands Verbond van Vakverenigingen (NNV), assumendo successivamente le funzioni di assistente del funzionario internazionale, consulente per gli affari economici e segretario dell’organizzazione. Apice della carriera sindacale di K., nel 1973, fu la nomina alla presidenza del NNV, conferitagli anche in virtù delle sue spiccate qualità di mediatore. In tale veste, insieme a Wim Spit, presidente del sindacato cattolico Nederlands Katholiek Vakverbond (NKV), fu promotore e artefice della fusione tra il NNV e il NKV, a seguito della quale, nel 1976, venne istituita la Federatie Nederlandse Vakbeweging (FVN).

Tra il 1976 e il 1986 K., nominato presidente della Federatie, cominciò ad affacciarsi al mondo della politica, iscrivendosi al partito socialista olandese, Partij van de Arbeid (PvdA), e partecipando all’organizzazione della campagna elettorale del 1986. Nello stesso 1986, sopraggiunta l’elezione alla Camera, abbandonò definitivamente l’attività sindacale.

Il 7 novembre del 1989, dopo aver assunto la leadership dei deputati del PvdA, come successore di Johannes M. Den Uyl, K. venne contestualmente designato ministro delle Finanze e vicepremier nel terzo governo di Franciscus Marie (Ruud) Lubbers, rappresentante del Partito cristiano-democratico (Christen-Democratisch Appèl, CDA). Al vertice del dicastero delle Finanze, il leader socialista proseguì sulla via intrapresa dai suoi predecessori, Fons van der Stee e Onno Ruding. Adottò infatti una linea politica di severo rigore finanziario, la quale mirava ad una drastica riduzione del deficit e alla stabilizzazione della pressione fiscale. Tra i suoi interventi più significativi si ricordano il massiccio taglio dei sussidi statali, il rincaro del 5,5% del canone degli affitti, il rialzo delle tariffe per i trasporti pubblici e l’aumento della tassa di circolazione per le autovetture. Benché rivelatesi efficaci nel lungo periodo, tali misure, di fatto largamente impopolari, raccolsero attorno all’operato del ministro delle Finanze una larga e generalizzata eco di critiche. Di conseguenza, K. perse progressivamente prestigio nell’ambito del suo partito, e lo stesso PvdA subì un sensibile indebolimento, poi confermato dal risultato elettorale dell’agosto del 1994. Nella circostanza, infatti, le formazioni partitiche di maggioranza, CDA e PvdA, uscirono palesemente ridimensionate, perdendo rispettivamente venti e dodici seggi.

La leadership di K. nell’ambito della frazione socialista sembrava realisticamente destinata a tramontare. Tuttavia, la pesante sconfitta subita dai cristiano-democratici – inevitabilmente relegati all’opposizione – con la quale il PvdA si affermava primo partito del paese, determinava un massiccio riassetto degli equilibri tra le forze politiche, prospettando la formazione del primo governo socialista-liberale della storia parlamentare olandese.

Il 22 agosto 1994 K. – che nonostante la deludente prova come ministro delle Finanze rimaneva il più autorevole tra i deputati del PvdA – veniva chiamato a presiedere, oltre che il ministero degli Affari generali, il primo “governo viola” (Paars Kabinet), così denominato per la compresenza dei socialisti (rossi) del PvdA e dei due partiti liberali (blu), i progressisti del Democraten ’66 (D66) e i moderati del Volkspartij voor Vrijheid en Democratie (VVD).

Nonostante i forti dubbi, largamente condivisi sia in ambito parlamentare, sia da parte dell’opinione pubblica olandese, sulla capacità di tenuta della nuova compagine governativa – nella quale si trovavano effettivamente a coesistere schieramenti politici per tradizione antagonisti – fungendo abilmente da collante K. seppe garantire coesione interna ed efficacia realizzativa. In particolare, il primo ministro individuò tre obiettivi prioritari sui quali focalizzare l’azione del governo: rilancio dell’economia nazionale, stabilizzazione del mercato del lavoro (il motto della coalizione viola, non a caso, fu “Lavoro, lavoro e ancora lavoro”) e risanamento delle finanze pubbliche. Una piattaforma programmatica di ampio respiro, elaborata tenendo conto delle reali esigenze di un paese come i Paesi Bassi, ancora convalescente dopo la pesante recessione dei primi anni Ottanta.

La fitta agenda governativa richiedeva un impegno sistematico e una chiara definizione degli strumenti politici da adottare. K., pertanto, intenzionato a proseguire sulla linea dell’austerità intrapresa quando era al vertice del ministero delle Finanze e altresì deciso a scongiurare un improvviso inasprirsi delle tensioni sociali – presumibile conseguenza dell’attuazione della riforma del mercato del lavoro predisposta dal governo – risolse di coinvolgere direttamente le parti sociali nella fase di formazione delle strategie politiche. Introdusse infatti un sistema di decision-making fondato sulla ricerca del consenso e sulla reciproca responsabilizzazione delle organizzazioni dei datori di lavoro e dei sindacati, il cosiddetto “modello polder”. Tale modello consentì di avviare una trasformazione profonda della struttura tradizionale del welfare, la quale contribuì in primo luogo a porre fine alla lunga fase di ristagno dell’economia olandese e in secondo luogo a ridurre il disavanzo pubblico e a ridare impulso agli investimenti e all’occupazione. Si trattò, oltre che di uno strumento originale ed efficace di politica socio-economica, di un metodo largamente apprezzato oltre i confini nazionali, al punto da guadagnare al premier dell’Aia ampi riconoscimenti, in primis da parte dell’allora presidente americano Bill Clinton, nonché dal leader britannico Tony Blair (v. Castronovo, 2004, pp. 136-137).

Sul piano internazionale, con particolare riferimento al contesto dell’Unione europea (UE), a fronte di premesse non certo incoraggianti, il clima comunitario essendo allora dominato dall’incertezza e dalla carenza di volontà politica, la coalizione viola offrì un apporto determinante al bilancio positivo del semestre di presidenza olandese del Consiglio europeo (v. Presidenza dell’Unione europea). Dopo due giorni di discussioni infatti, 16-17 giugno 1997, il Vertice di Amsterdam approvava il progetto di Trattato predisposto dalla presidenza dei Paesi Bassi (v. Trattato di Amsterdam), concludendo con ciò i lavori della Conferenza intergovernativa (CIG) (v. Conferenze intergovernative) apertasi a Torino nel marzo del 1996. Firmato il 2 ottobre del 1997, il Trattato di Amsterdam apriva importanti prospettive per l’approfondimento dell’integrazione comunitaria (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della) in settori essenziali quali la Giustizia e affari interni, la Politica estera e di sicurezza comune e la Libera circolazione delle persone all’interno dell’UE, e prevedeva altresì un ampliamento delle Competenze del Parlamento europeo in campo legislativo (v. Olivi, Santaniello, 2005, p. 242).

Gli importanti risultati conseguiti dal Paars I resero quasi scontato l’esito delle consultazioni elettorali del maggio 1998, le quali, di fatto, riconfermarono K. alla presidenza del Consiglio e attribuirono ulteriori cinque seggi alla coalizione viola.

Al suo secondo mandato, il primo ministro perseguì l’indirizzo politico-economico che era stato alla base del suo successo, beneficiando peraltro di un larghissimo sostegno da parte dell’opinione pubblica. Tuttavia, fin dalle prime battute, fu evidente che il secondo governo K. avrebbe incontrato maggiori difficoltà, rispetto al primo, nel portare avanti la propria iniziativa politica. In effetti, la faticosa gestione degli squilibri creatisi attorno alla riforma del welfare, con particolare riferimento ai settori dell’assistenza sanitaria e dell’istruzione, nonché alcuni importanti episodi di attrito verificatisi nell’ambito della coalizione – con il D66 che minacciò una crisi di governo – furono segnali inequivocabili sia di un progressivo allentamento della coesione interna, sia di un certo affievolimento dello slancio propositivo della dirigenza liberal-socialista.

Pur nella sostanziale instabilità del clima politico, K. riuscì, quasi per l’intera durata del suo mandato, a mantenere intatto il prestigio di cui godeva nel paese. Sia gli importanti provvedimenti adottati per incrementare la liberalizzazione economica, sia la legalizzazione dell’eutanasia e del matrimonio omosessuale, sia infine il prezioso intervento diplomatico con il quale scongiurò l’esplosione di una crisi interna alla Casa reale – causa, nel 2001, il fidanzamento ufficiale del principe ereditario Willem Alexander con Máxima Zorreguieta, figlia di uno tra i principali collaboratori del dittatore argentino Jorge Videla – raccolsero intorno al primo ministro il consenso della nazione.

Pertanto, la dichiarazione ufficiale di K., del 29 agosto 2001, di volersi dimettere dalla presidenza del PvdA in vista delle elezioni del 2002, designando Ad Melkert quale suo successore, suscitò più di qualche malumore. Tuttavia, il leader laburista percepiva chiaramente che il capitolo della sua carriera politica era giunto alle battute finali. Non solo per l’alimentarsi delle critiche da parte dell’opposizione, la quale tacciava la coalizione viola di ingiustificabile negligenza nei confronti delle già citate problematiche nei settori dell’assistenza sanitaria e dell’istruzione, ma anche e soprattutto per la violenta ondata di polemiche sugli esiti controversi della missione olandese nell’ex Iugoslavia, protrattasi dal 1993 al 1998 nel quadro dell’intervento militare patrocinato dalle Nazioni Unite. Il nodo della questione, in particolare, concerneva le possibili responsabilità del battaglione dei Paesi Bassi (Dutchbat) nel massacro di Srebrenica, consumatosi nei confronti della popolazione maschile dell’enclave (persero la vita circa sette mila uomini) ad opera delle forze serbo-bosniache. Per fare chiarezza sull’accaduto, nel settembre 1996, il governo K. affidò all’Istituto olandese per la documentazione bellica (Nederlands Instituut voor Oorlogsdocumentatie, NIOD) il compito di ricostruire i dettagli dell’operazione. Il rapporto del NIOD, uscito nell’aprile del 2002, attribuiva al governo dell’Aia la responsabilità politica dell’esito disastroso della missione in Iugoslavia, sia per non aver garantito un idoneo grado di preparazione delle truppe inviate, sia, in seguito, per aver tentato di insabbiare la verità sulla vicenda (v. http://www.srebrenica.nl/nl/perssamenvatting.htm).

Sulla base di quanto emerso, il 16 aprile del 2002 il secondo governo K. rassegnò collettivamente le proprie dimissioni. Il primo ministro uscente, come aveva annunciato, lasciò la guida del PvdA ad Ad Melkert, mentre la premiership passò al cristiano-democratico Jan Peter Balkenende.

L’allontanamento dalle sedi della politica attiva non comportò un rallentamento dell’attività professionale di K. Al contrario, oltre a ricoprire ruoli dirigenziali in alcune tra le principali società e multinazionali olandesi, non ultime la Royal Dutch Schell e la KLM, nel novembre 2002 egli iniziò a svolgere la funzione di consulente sulle problematiche dell’Allargamento dell’UE ai paesi dell’Europa centro-orientale (PECO) e mediterranea presso la Commissione europea. In particolare, su invito dell’allora presidente dell’esecutivo di Bruxelles, Romano Prodi, e del commissario europeo per l’allargamento, Günter Verheugen, fu incaricato di elaborare un rapporto sulle conseguenze e le sfide connesse con l’ingresso nell’Unione di dieci nuovi membri. Avvalendosi della cooperazione di un gruppo eterogeneo di esperti, nonché recandosi personalmente nei paesi impegnati nel processo di adesione, l’ex primo ministro dei Paesi Bassi, a seguito di un lavoro di riflessione e concertazione protrattosi per quattro mesi, presentò un interessante rapporto, “L’ampliamento: risultati e sfide”.

Dall’aprile al novembre 2003, K. presiedeva una task force per l’occupazione, prefigurata dal Consiglio europeo di primavera, tenutosi a Bruxelles il 20-21 marzo 2003, e incaricata di esaminare le problematiche del mercato del lavoro europeo, nonché di individuare le misure più idonee per incrementare l’occupazione nell’UE. La relazione conclusiva – “Posti di lavoro: creare più occupazione in Europa” – venne presentata alla Commissione nel novembre del 2003.

Le comprovate competenze e la validità dei contributi offerti, per di più su alcune tra le principali e più delicate questioni sul tavolo dei Quindici, accrebbero progressivamente il prestigio di K. all’interno delle istituzioni comunitarie. Non fu un caso, pertanto, che nella primavera del 2004 l’ex premier dell’Aia venisse designato dalla Commissione Prodi – su raccomandazione del Consiglio europeo di Bruxelles del 25-26 marzo – a presiedere un gruppo di alto livello sulla Strategia di Lisbona. Incaricato del monitoraggio sui progressi compiuti dai singoli stati dell’UE rispetto agli obiettivi definiti dalla Strategia, nonché di elaborare un piano di lavoro coerente per le economie europee, il gruppo presentò il proprio rapporto, “Affrontare la sfida – Strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione”, meglio noto come Rapporto K., nel novembre del 2004.

Dall’ottobre 2006 K. è membro del “Comitato di saggi”, creato e presieduto dal ministro degli Interni italiano, Giuliano Amato, di cui fanno parte, tra gli altri, l’ex primo ministro belga e ex vicepresidente della Convenzione europea, Jean-Luc Dehaene; l’ex premier finlandese Paavo Lipponen e i due commissari europei Danuta Hübner e Margot Wallström. Il “Gruppo Amato”, che si pone l’obiettivo di rilanciare il processo costituzionale dell’Unione europea dopo l’esito negativo dei referendum francese e olandese alla ratifica del trattato sulla Costituzione europea, intende presentare le proprie conclusioni nel primo semestre del 2007, durante il turno di presidenza tedesca del Consiglio europeo.

Giulia Vassallo (2006)