Lepsius, Mario Rainer

L. (Rio de Janeiro 1928) è uno dei maggiori intellettuali tedeschi contemporanei. Figura di primo piano nel dibattito sociologico tedesco, L. si distingue come intellettuale di respiro europeo per il retroterra culturale e per i temi affrontati. Principale studioso dell’opera di Maximilian Weber e della storia contemporanea, i suoi pensieri sono di grande rilevanza per la riflessione sulla realtà e sul futuro dell’Europa.

Nel 1950 consegue la laurea in scienze socio-economiche presso l’Università di Monaco, e nel 1955 il dottorato di ricerca. Dal 1955 al 1956 vive negli Stati Uniti, dove si specializza nello studio della sociologia all’Università Columbia di New York grazie a una borsa di studio. Dopo il suo rientro in Germania, ricopre il ruolo di assistente presso l’Istituto di Sociologia all’Università di Monaco. Nel 1963 discute la tesi di abilitazione a una cattedra universitaria. Nello stesso anno ricopre l’incarico di professore ordinario di sociologia all’Università di Mannheim. Dal 1981 al 1993 è professore ordinario di sociologia all’Università di Heidelberg dove gli viene conferito il titolo di professore emerito nel 1993.

Presidente della Deutsche Gesellschaft für Soziologie, nel 1977 L. è entrato a far parte dell’Accademia delle scienze a Heidelberg e nel 1992 è divenuto membro dell’Accademia bavarese delle scienze. Nel 2004 è nominato socio straniero della Classe di Scienze morali, storiche e filologiche dell’Accademia delle Scienze di Torino.

Al centro dell’analisi sociologica di L. è l’avvento della dittatura di Hitler all’interno di un paese occidentale sviluppato, che rivela la fallacia dell’ottimismo modernizzatore e le potenzialità autodistruttive di una società moderna; la separazione della Germania e la Riunificazione tedesca; il declino dello Stato nazionale e la costruzione istituzionale dell’Unione europea. L. si è confrontato in numerosi dibattiti analiticamente serrati e idealmente appassionati con diversi dei più significativi storici, giuristi e scienziati tedeschi e italiani, tra cui Giuliano Amato e Gian Enrico Rusconi. Ha discusso sul peso del passato che continua a condizionare la coscienza collettiva benché la maturazione democratica della Germania e dell’Italia appaiano oggi un dato acquisito e sulle varie problematiche che affliggono la società civile in Europa. Gran parte dei pensieri di L. scritti in forma di saggi nell’arco di quasi quaranta anni sono raccolti nel libro “Il significato delle istituzioni”, pubblicato nel 2007 a cura di Alessandro Cavalli.

Il principale ambito di interesse di L. è il pensiero di Max Weber. Infatti, egli è coeditore dell’edizione completa dell’opera di Weber, la prima e la più dettagliata raccolta delle opere del sociologo tedesco.

Inoltre, L. ha sviluppato le teorie del settore dell’analisi sociologica strutturale storica e contemporanea e ha influenzato fortemente la ricerca (Politische Kulturforschung) reintroducendo e reinterpretando il concetto di milieu (ambiente) coniato da Émile Durkheim.

A latere dello studio molto accurato delle opere di Max Weber, L. si è da sempre interessato alla politica e soprattutto alle problematiche legate all’integrazione europea. Nel corso dei suoi studi sull’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della), L. Ha posto al centro della propria ricerca il tema dell’identità culturale dell’Europa. Essa, sostiene il sociologo tedesco, nasce dal riconoscimento collettivo di tutti i soggetti di un insieme di essere parte di una comunità cosciente che, fondata su certi valori condivisi, si pone in una relazione di confronto con gli “altri”: «lo sviluppo di un’identità presuppone un soggetto che capisca di essere un’unità, si differenzi dagli altri e descriva se stesso come tale» (v. Lepsius, 2001). Per L., quindi, diviene essenziale ai fini di cogliere le ragioni profonde del processo storico dell’unificazione europea, definire l’identità stessa dell’Europa che non è data solo da presunti confini geografici ma deriva principalmente dall’assunzione della consapevolezza della propria specificità storico-culturale. Tuttavia è compito fondamentale delle Istituzioni comunitarie rafforzare questa consapevolezza “embrionale” attraverso gli strumenti della politica comune che col definire gli interessi collettivi, suscita la percezione di un destino condiviso. L., inoltre, non considera il particolarismo della cultura europea un ostacolo, bensì un punto di forza su cui fondare una comune coscienza identitaria; in quanto la contrapposizione storica tra le identità nazionali ha promosso la diversificazione e, quindi, l’arricchimento della cultura continentale. Anche in questo caso, però, spiega il sociologo tedesco, resta alle istituzioni europee la responsabilità e il compito di integrare le differenze nel sentire comune, confermando nei fatti il principio dell’unità nella diversità che costituisce il vero presupposto dell’identità culturale europea. Solo così, infatti, l’Unione europea riuscirà a rimpiazzare quel sentimento peculiare che gli stati nazionali sono ancora in grado di esercitare in via esclusiva sul piano dell’appartenenza identitaria.

In varie occasioni, L. ha dibattuto a lungo sulle problematiche che affliggono l’Europa con politici, accademici e intellettuali di cultura e nazionalità diverse. Secondo L., l’Unione europea è un Herrschaftsverband sui generis con varie prospettive di sviluppo sia per la sua estensione territoriale sia per la struttura organizzativa e le competenze che la rendono un’associazione dotata di sovranità, un “sodalizio con poteri sovrani”. L’Unione europea nella sua complessità deve necessariamente chiedersi come conquistarsi la fiducia dei cittadini e agire il prima possibile per realizzare una riforma istituzionale adeguata al proprio peso politico e agli obiettivi che si è posta. L., infine, sostiene che è necessario continuare sulla strada delle riforme per imprimere all’Unione un ulteriore salto di qualità nella direzione di una maggiore legittimità democratica, coinvolgendo nel meccanismo della politica comunitaria anche quei settori, particolarmente sensibili, ancora soggetti al principio della politica intergovernativa. In questo modo, l’Europa potrà divenire un’entità politica competitiva a livello internazionale, forte di una propria identità e dotata di un’architettura istituzionale in grado di affrontare le sfide del nuovo millennio.

Elisabeth Alber (2012)