López-Rodó, Laureano

L.-R. (Barcellona 1920-Madrid 2000) proveniva da una famiglia della borghesia catalana. Terminati nel 1942 gli studi da perito mercantile, si laureò in Diritto a Madrid e a soli venticinque anni ottenne la cattedra di Diritto amministrativo presso l’Università di Santiago de Compostela, dove avrebbe insegnato sino al 1958, quando si trasferì all’Università di Madrid. Dal 1941 fu membro dell’Opus Dei, congregazione nella quale arrivò a rivestire ruoli di un certo rilievo. La sua appartenenza a questa associazione religiosa avrebbe influenzato anche il suo lavoro accademico, professionale e politico, che egli intese quasi come un dovere, una sorta di servizio consacrato a Dio.

Universitario, politico e uomo di Stato, per circa vent’anni esercitò una grande influenza sul franchismo. Pur senza essere un democratico, si impegnò per far sì che l’azione del governo e dell’amministrazione di Franco procedesse nel rispetto delle leggi, e a tal fine partecipò all’elaborazione di varie leggi costituzionali e di importanti leggi di procedura e decreti di applicazione. Negli anni Sessanta fu inoltre il supervisore alla pianificazione economica e industriale del paese. Attraverso la sua stretta relazione con l’ammiraglio Carrero Blanco, braccio destro di Franco, influenzò tra la fine degli anni Cinquanta e il 1973 i cambi di governo del franchismo e promosse il progetto di restaurazione della monarchia nella persona di Juan Carlos di Borbone, come unica possibile via d’uscita politica dal franchismo.

La carriera politica di L.-R. iniziò presto. Il suo brillante lavoro iniziato nel 1952 come organizzatore amministrativo del Consejo superior de investigaciones científicas (istituzione dipendente dal ministero dell’Istruzione, ma sotto il controllo dell’Opus Dei) fece sì che nel 1956 il ministro di Giustizia, il tradizionalista Antonio Iturmendi, sollecitasse la sua consulenza per alcuni progetti di legge, in particolare per la riforma delle Leggi fondamentali, discussa in quello stesso anno. La bozza ufficiale del progetto, su iniziativa di José Luis de Arrese, ministro-segretario del Movimento (vale a dire del partito unico franchista Falange Española de las Juntas de ofensiva nacional-sindicalista, FE-JONS), prevedeva di rafforzare di nuovo il potere del partito, ma una simile prospettiva era rifiutata dalle altre famiglie politiche del regime (tradizionalisti, cattolici, monarchici e militari), nonché da Carrero Blanco. Il parere che L.-R. scrisse per quest’ultimo, fece sì che l’ammiraglio decidesse di nominarlo suo consigliere politico. Nel dicembre del 1956 egli fu pertanto nominato segretario generale tecnico della presidenza del governo. A partire da quel momento L.-R. affrontò la riforma dell’amministrazione.

Il suo progetto consisteva nel modernizzare l’apparato dello Stato attraverso il decentramento, la creazione di organi di coordinamento politico-economici e amministrativi per garantire l’unità d’azione governativa e una maggiore efficacia della burocrazia statale, ottenuta applicando alla sua gestione metodi e concetti derivati dall’impresa privata, e nel contempo interessandosi alla formazione dei funzionari pubblici. Fu il promotore di una legislazione che rivoluzionò la burocrazia franchista, con particolare riferimento alla legge che creava la Segreteria generale tecnica della Presidenza del governo (1956) e alla legge che nel 1957 riorganizzava i dipartimenti ministeriali, e istituì le Commissioni delegate del governo e l’Ufficio di coordinamento e programmazione economica, embrione di quel dicastero dal quale L.-R. avrebbe diretto le trasformazioni economiche alcuni anni più tardi. Di fronte all’arbitrarietà preesistente, egli si preoccupò di assicurare ai cittadini le garanzie giuridiche basilari. Gli stessi propositi erano presenti nelle leggi sul Regime giuridico dell’amministrazione dello Stato (1957), sul procedimento amministrativo (1958), sul regolamento delle procedure economico-amministrative (1959), sulla legge che regolamentava il diritto di petizione (1960), nelle leggi che riformavano l’amministrazione municipale (1962), in quella sulle basi dello Statuto dei funzionari civili dello Stato e infine nella legge quadro sui contratti dello Stato (1963). Alcune di queste norme vennero mantenute anche dopo la fine della dittatura. Inoltre L.-R. promosse la fondazione della Scuola nazionale di pubblica amministrazione (1958) per la formazione dei funzionari e l’Istituto di Studi economici (1963).

Il suo arrivo alla presidenza del governo e il suo ascendente sul franchismo attraverso Carrero Blanco, coincide con quella che è stata definita “la tappa tecnocratica della dittatura”. Dopo il periodo di fascistizzazione della Seconda guerra mondiale e dopo gli anni del nazional-cattolicesimo successivi al 1945, gli anni Cinquanta furono caratterizzati dal fallimento del progetto economico nazionalista incentrato sulla limitazione delle importazioni (fase dell’autarchia), attuato sin dal 1939: inflazione, esaurimento delle riserve di valuta, scarsità di capitali, impianti e tecnologia, caos fiscale e finanziario, stagnazione economica. Franco decise allora di inserire nel suo governo ministri più tecnici (economisti, ingegneri, ecc.), uomini cioè capaci di affrontare i gravi problemi economici e di modernizzare l’apparato amministrativo. Molti di loro provenivano dall’élite della burocrazia dello Stato e non erano legati alle classiche famiglie politiche del franchismo (falangisti, cattolici, militari e tradizionalisti); viceversa, un gruppo rilevante era composto da membri dell’Opus Dei, che condividevano la stessa visione etica di L.-R. Si trattava di una nuova mossa della dittatura per puntellarsi, cercando di adattarsi ai nuovi tempi. Così, nel nuovo governo designato da Franco nel febbraio 1957, la direzione economica del paese venne affidata agli economisti Mariano Navarro Rubio (Finanze) e Alberto Ullastres (Commercio), che avviarono quel processo di razionalizzazione e liberalizzazione dell’economia, culminato nel Piano di stabilizzazione del 1959, che permise sia l’ammissione della Spagna negli organismi economici internazionali – Fondo monetario internazionale, Banca mondiale (1958) e Organizzazione europea per la cooperazione economica (OECE) (1959) − sia il riassestamento dell’economia: controllo dell’inflazione, diminuzione dell’intervento statale, miglioramento della bilancia dei pagamenti, svalutazione e convertibilità della peseta, misure restrittive di riequilibrio del bilancio e graduale liberalizzazione delle importazioni e degli investimenti stranieri.

L.-R. ebbe inoltre un ruolo rilevante nel processo di stabilizzazione economica, dapprima nell’ambito del già menzionato Ufficio di coordinamento e programmazione economica, e poi, dopo lo scontro tra questo organismo e il ministero delle Finanze nella definizione delle rispettive competenze, del nuovo Commissariato al Piano di sviluppo, creato nel gennaio 1962, di livello amministrativo superiore ma sempre legato alla presidenza del governo. Il Commissariato avviò infatti un cambio radicale di strategia economica: si adottò il modello concertato di pianificazione indicativa che era stato adottato dalla Francia sin dal 1948 e consigliato alla Spagna dalla Banca mondiale e dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nel 1961; un mese più tardi, il governo spagnolo avrebbe sollecitato l’apertura di negoziati per essere associato al Mercato comune. L.-R. fu il responsabile della nuova politica come commissario del Piano dal febbraio 1962 al giugno 1973: in un primo tempo con la carica di sottosegretario, quindi, dal 1965 al 1974, come ministro. Nel rispetto delle leggi del mercato, cercò di eliminare l’improvvisazione e l’arbitrarietà in economia, nonché di introdurre rigore e programmi coerenti attraverso una pianificazione generale che diventava norma obbligatoria per il settore pubblico e un indicativo punto di riferimento per gli operatori economici del settore privato. Allo stesso modo venivano via via soppressi organismi inutili e interventi superflui, ed erano progressivamente liberalizzate le importazioni e gli insediamenti industriali. In accordo con il nuovo pensiero, le imprese pubbliche dovevano avere carattere subalterno rispetto all’iniziativa privata e sarebbero perciò entrate solamente in quei settori di alto interesse nazionale non coperti dall’iniziativa privata. Lo Stato avrebbe potuto però attuare la modernizzazione o il risanamento di settori specifici, facilitare il finanziamento e l’assistenza tecnica alle imprese e avviare un programma di investimenti pubblici nelle infrastrutture. Lo scopo era quello di risolvere il problema della scarsa produttività del sistema economico spagnolo, stimolare gli investimenti (soprattutto stranieri), promuovere il turismo, incentivare una politica di industrializzazione competitiva, orientata verso l’esportazione, e affrontare una politica di sviluppo regionale a favore delle zone a basso reddito pro capite. Così si sarebbero prodotti miglioramenti nelle politiche agrarie (politiche di estensione delle aree coltivate, sistemi di irrigazione, concentrazione degli appezzamenti) e si sarebbe incentivata la localizzazione di industrie: nacquero quindi i cosiddetti Poli privilegiati di localizzazione industriale e agraria, e i Poli di promozione e sviluppo industriale nelle città di Burgos, Huelva, La Coruña, Siviglia, Valladolid, Vigo e Saragozza.

Dei tre piani di sviluppo elaborati sotto la sua direzione, il primo, che si prefiggeva l’obiettivo di stimolare la crescita economica, non venne approvato fino al 1963. A tal fine L.-R. aveva previamente cercato finanziamenti stranieri negli Stati Uniti (oltre il 50%) e in Europa occidentale (soprattutto in Francia, Germania, Regno Unito, Belgio e Paesi Bassi). I risultati positivi conseguiti grazie a questo piano favorirono l’apertura dei negoziati tra la Spagna e la Comunità economica europea (CEE) a partire dal 1966. Il secondo piano, entrato in vigore nel 1969, conteneva già un programma per la razionalizzazione del settore pubblico e per la concentrazione delle imprese. Il terzo piano invece, attivato nel 1973 e finalizzato al controllo delle implicazioni sociali dello sviluppo, non fu gestito da L.-R. Nel frattempo, nel giugno 1970, la Spagna aveva firmato il suo primo accordo economico con la CEE. Egli era un convinto sostenitore dell’adesione del suo paese alla Comunità, anche se questa integrazione aveva per lui un significato meramente economico, che non implicava pertanto un parallelo processo di democratizzazione (v. anche Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della).

La pianificazione indicativa ebbe un’importanza decisiva nella crescita economica della Spagna di quegli anni. Dai 474 dollari di reddito pro capite del 1963, si passò infatti ai 1500 del 1973. In quel momento la Spagna era al terzo posto per la crescita industriale su scala mondiale con il 20,4%, dietro solamente al Giappone e alla Repubblica Federale Tedesca. Si trattò di una rapida industrializzazione che, a sua volta, favorì un’accelerazione dell’esodo dalle campagne e del processo di urbanizzazione, una maggiore mobilità sociale, e l’inizio − sebbene solo a livello embrionale − del welfare state spagnolo. C’era però un risvolto negativo: l’inflazione era alta, lo squilibrio della bilancia dei pagamenti era marcato, erano scarsi gli investimenti per l’istruzione, l’agricoltura e i trasporti, c’erano grandi differenze nello sviluppo regionale e innumerevoli sacche di povertà, ma soprattutto la liberalizzazione economica era stata molto incompleta e i piani di sviluppo avevano lasciato ampio potere discrezionale nelle mani dell’amministrazione dello Stato. Comunque, nel 1975 la Spagna aveva raggiunto quasi l’80% del reddito europeo e al conseguimento di questo risultato aveva contribuito L.-R.

Dal punto di vista politico egli giocò un ruolo importante nella restaurazione monarchica, passaggio chiave nella transizione verso la democrazia a partire dal dicembre 1975. Non fu infatti solamente un professore universitario del principe, ma contribuì anche, su incarico di Carrero Blanco, all’elaborazione e approvazione di varie leggi costituzionali che permisero la restaurazione della monarchia alla morte del dittatore: la Legge fondamentale sui principi del Movimento nazionale (1958) e la Legge organica dello Stato (1967), che limitarono l’influenza del partito unico, FET-JONS, e regolamentarono la successione del generale Franco. Al tempo stesso favorì la nomina di Juan Carlos a principe e successore al trono. A tal fine egli cercò di spingere verso questa opzione la classe politica franchista, in una fase in cui tale opzione aveva pochi sostenitori: né i falangisti, né gli antifranchisti, mentre i tradizionalisti erano divisi e affioravano dubbi nei settori cattolici, dato che alcuni di loro sostenevano Juan di Borbone, padre del futuro successore. L.-R. lavorò affinché Franco, in conseguenza della Legge organica dello Stato, nominasse un capo del governo, separando così tale carica dalla presidenza dello Stato (egli occupò entrambi i posti fino al 1973) e consentisse un certo pluralismo politico controllato. Si trattava cioè di integrare le giovani generazioni franchiste attraverso il canale delle “associazioni politiche”, onde evitare la legalizzazione dei partiti politici dopo l’uscita di scena di Franco, e nel contempo scongiurare il vuoto politico che avrebbe potuto verificarsi qualora il futuro re avesse dovuto contare solamente su un partito unico senza più vigore e sulle Forze armate. Infatti, secondo L.-R., un regime monopartitico poteva essere associato solo a un caudillo, e pertanto bisognava dare forma a questo pluralismo limitato: se Franco non avesse risolto il problema, lo avrebbe ereditato il principe. Egli ispirò anche la riforma della legge di successione, in modo da lasciare senza appigli legali i nemici di Juan Carlos sulla strada verso il trono: ridurre il potere del Consiglio del Regno, (OK) impedire che il re si potesse far interdire, rendere automatico il passaggio della Corona. La sua principale preoccupazione consisteva nel rendere semplice, al futuro re, il cambio di potere nel periodo postfranchista, un potere che peraltro egli non immaginò mai come del tutto democratico. L.-R. non esitò pertanto a scontrarsi né con coloro che continuavano a difendere le vecchie politiche della fase autarchica, né con coloro che cercavano di conservare le prerogative e il potere dell’apparato del partito unico, né, infine, con quanti auspicavano una più rapida evoluzione del regime in senso liberale. Il suo ideale politico nel 1973 era rappresentato da un governo guidato da Juan Carlos, omogeneo e unito (in contrasto con le divisioni interne dei precedenti esecutivi), conservatore, con l’autorità necessaria per garantire la stabilità politica alla morte di Franco. Queste erano le caratteristiche dell’effimero gabinetto formato da Carrero Blanco nel giugno 1973, nel quale L.-R. fu nominato ministro degli Esteri.

Fino al dicembre del 1973, nei mesi che fu a capo della diplomazia spagnola, egli si impegnò ad eliminare quegli ostacoli internazionali che avrebbero potuto rendere difficoltosa la transizione postfranchista. Tentò perciò di ammorbidire la tensione con il Vaticano e si affrettò a preparare il negoziato con gli Stati Uniti per un accordo bilaterale (firmato nel 1953, e rinnovato negli anni 1963 e 1970), il quale sarebbe scaduto nel 1975. La Spagna desiderava una garanzia di reciproca sicurezza, simile al compromesso difensivo che implicava la presenza della Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO, alla quale la Spagna avrebbe voluto appartenere), coordinamento in materia di difesa, con piani e addestramento congiunti, appoggio logistico e crediti per i materiali di guerra. Ma il governo Nixon non poteva ottenere dal Senato un trattato di questo tipo durante la completa ritirata dal Vietnam e inoltre alcuni paesi dell’Alleanza atlantica continuavano ad opporsi alla Spagna. La limitata offerta nordamericana (una formula intermedia fra il Trattato chiesto e un semplice rinnovo) fu presentata da Henry Kissinger a Madrid il giorno precedente all’assassinio di Carrero Blanco.

Nei confronti della CEE, L.-R. provò ad adattare l’Accordo commerciale preferenziale del 1970 ai cambiamenti prodotti nell’economia spagnola dall’allargamento del 1973. Mentre erano in corso i negoziati sull’Allargamento, nel gennaio del 1973 venne infatti firmato un protocollo che manteneva lo status quo nelle relazioni commerciali tra la Spagna e i nuovi Stati membri della Comunità (Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca). L’offerta europea era però insufficiente: si voleva infatti accelerare la liberalizzazione doganale per i prodotti industriali e, viceversa, frenarla per quanto concerneva i prodotti agricoli (in virtù delle pressioni francese e italiana). Egli propose allora di creare una zona di libero scambio industriale con la Spagna a partire dal 1984 e arrivò quasi ad ottenere lo sblocco dei negoziati della Spagna con la CEE, negoziati relativi al gruppo di paesi mediterranei non europei. Ma, proprio quando la Commissione europea approvò un nuovo round negoziale con la Spagna, nel novembre del 1973 la guerra dello Yom Kippur e la crisi petrolifera interruppero sul nascere questo processo.

Nell’ambito degli accordi bilaterali, L.-R. fece poi pressione sulla Francia per riuscire a ottenere la sua collaborazione nella lotta contro l’ETA e per far sì che sì ammorbidisse la sua assoluta avversione nei confronti di una Politica agricola comune della CEE più generosa verso la Spagna, ma questi tentativi non ebbero molto successo. Il suo progetto più originale fu il tentativo di creare un blocco economico con il Portogallo del suo amico Marcelo Caetano (una zona di libero commercio e cooperazione industriale attraverso imprese miste), ma l’imminente caduta del presidente portoghese ne impedì la realizzazione. L.-R. provò inoltre a rafforzare le relazioni con l’America Latina per potenziare la cooperazione economica e portare avanti la linea di apertura verso i paesi comunisti intrapresa dai suoi predecessori. Nel contenzioso per Gibilterra, i cui negoziati ristagnavano a causa della mancanza di volontà da parte britannica, egli optò per riportare la questione al foro delle Nazioni Unite, con un’offerta generosa di autonomia per gli abitanti di Gibilterra. Non scemò invece la tensione con il Marocco per il problema della pesca (Hassan II aveva ampliato le sue acque territoriali da 12 a 70 miglia nel 1973) e il Sahara. L’idea di L.-R. di accelerare la decolonizzazione sahariana e, contemporaneamente, offrire una vasta cooperazione economica al Marocco non fece tuttavia in tempo a dare i suoi frutti. Il suo maggiore successo fu quello di essere riuscito a migliorare le relazioni con la Santa Sede: si sbloccò infatti il negoziato per la revisione del Concordato e sulle nomine dei vescovi. In realtà, con solo pochi mesi di governo, dal giugno al dicembre del 1973, egli non ebbe tempo di attuare i suoi progetti diplomatici.

Dopo l’assassinio di Carrero, avvenuto il 20 dicembre 1973, il suo successore Arias Navarro non incluse L.-R. nella lista dei ministri. Come contropartita gli offrirono un’ambasciata per allontanarlo dalla scena politica. Egli avrebbe preferito città come Parigi, Washington o Lisbona, ma dovette accettare Vienna, dove operò dal settembre 1974. In quel periodo lavorò per creare un ampio fronte politico conservatore e non esitò a riconciliarsi con alcuni vecchi nemici (come Manuel Fraga o José Maria Areilza); non volle, tuttavia, unirsi alla Unión del pueblo español di Adolfo Suárez, capo di governo dal luglio 1976. In questa data, quando cioè il re Juan Carlos I costrinse alle dimissioni da presidente del governo il conservatore Arias Navarro, L.-R. si sentì defraudato, dato che il sovrano aveva scelto Adolfo Suárez come nuovo presidente, aveva messo da parte quei politici che avevano rivestito posizioni di rilievo durante la dittatura e si era schierato in favore di un processo definitivamente democratico in contrasto con lo spirito delle Leggi fondamentali del franchismo.

L.-R. si scontrò poi con Suárez nell’opporsi alla riforma del Codice penale sulle associazioni illegali, che rendeva possibile la legalizzazione del Partito comunista; per questo dovette lasciare l’incarico di ambasciatore. Tuttavia, votò a favore della Legge di riforma politica (dicembre 1976) che apriva la strada delle prime elezioni democratiche. L.-R. fu uno dei fondatori di Alianza popular, associazione politica creata nell’ottobre 1976, che raggruppava personalità politiche di rilievo dell’ultimo franchismo. In essa confluì anche il Partido de acción regional, un’altra associazione politica che egli aveva promossa (in origine, uno dei gruppi parlamentari dell’ultimo parlamento franchista), nonché una delle sette associazioni che si confederarono nel marzo 1977 per costituire il partito di Alianza popular, il primo partito politico legalizzato dalla monarchia, sotto la presidenza di Manuel Fraga, embrione del futuro Partido popular. Eletto a Barcellona deputato dell’Assemblea costituente (giugno 1977-dicembre 1978), L.-R. partecipò presentando molti emendamenti e pronunciando diversi discorsi all’elaborazione della Costituzione del 1978: cercando di salvaguardare un certo potere decisionale del re, la libertà di insegnamento e l’iniziativa privata in economia e avversando la suddivisione territoriale in Comunità autonome, il divorzio e l’aborto. Fece parte della “Commissione dei Venti” che elaborò lo Statuto di autonomia della Catalogna nel novembre 1978 e votò a favore della Costituzione del 1978. Sosteneva in quella fase l’unione delle forze conservatrici (Unión de centro democrático di Suárez e Alianza popular), per provare a frenare con l’aiuto di un governo forte i regionalismi e ad arginare l’avanzata dei socialisti. Quando alla fine del 1978 Alianza popular si trasformò in Coalición democrática, L.-R. si sentì messo in disparte e decise perciò di abbandonare la politica per esercitare dal 1979 la professione di avvocato e insegnare come professore emerito all’Università Complutense.

Rosa Pardo Sanz (2012)