Lotta al riciclaggio di denaro sporco

Per “denaro sporco” si intendono i mezzi di pagamento (moneta legale, moneta bancaria) che sono il risultato (il ricavo) di un’attività lucrosa, ma illegale, e sono destinati a essere investiti in patrimoni legali, o provenendo da affari leciti o illeciti, sono destinati a essere investiti in imprese criminali. Il loro riciclaggio è il loro trattamento finalizzato al conseguimento degli scopi citati. Nel caso di moneta “sporca” a causa del suo processo di acquisizione, il trattamento punta a far sparire il collegamento con gli affari criminali; nel caso di moneta “sporca” a causa della finalità che si propone chi intende acquisirla, il trattamento punta a non far comparire il destinatario finale.

L’individuazione del “riciclaggio di denaro sporco” come reato, ha avuto luogo prima di tutto per iniziativa degli Stati Uniti negli anni ’70 del secolo scorso. Il provvedimento si collocò nell’ambito dello sforzo orientato a potenziare gli strumenti utilizzabili per combattere il traffico di droga e le criminalità organizzate transnazionali a esso dedite. Perseguendo il “riciclaggio” si mirava ad accrescere il rischio cui erano esposti i trafficanti criminali (rendendo quindi minore il profitto atteso) e insieme a identificare e penalizzare almeno alcune delle tipologie dei loro fiancheggiatori.

Per rendere efficace la lotta al riciclaggio, si introdusse negli Stati Uniti un sistema di registrazione dei movimenti di moneta superiori a una data soglia (in principio 10 mila dollari, ora 15 mila). Il provvedimento, tuttora operante, fu oggetto di numerose critiche perché ritenuto molto costoso e tutt’altro che garantito anche sotto il profilo dell’efficacia.

Anche altre legislazioni nazionali, in particolare europee (tra cui quella italiana con l’adozione della legge Rognoni-La Torre nel 1982), vararono all’epoca misure orientate nella stessa direzione, prevedendo ad esempio il sequestro e la confisca dei patrimoni legali riconducibili a soggetti criminali. Non si trattava ancora di legislazioni per colpire il riciclaggio, e comunque, anche in questi casi, i limiti in termini di efficacia si rivelarono significativi.

Nel periodo successivo l’individuazione del reato di riciclaggio di denaro sporco si estese a moltissimi paesi tra cui tutti i paesi europei. Anche in questi paesi si costruirono banche dati cui dovevano affluire tutti i movimenti di moneta superiori a una data soglia (in Europa ora pari a 15 mila euro, 3 mila per alcuni tipi di transazioni o per alcuni dei soggetti coinvolti come informatori), si stabilì quali categorie di operatori legali dovevano cooperare per l’afflusso di dati o per altre segnalazioni (in principio furono coinvolti principalmente gli istituti finanziari [nell’ottobre 2001 il Comitato sulla supervisione delle attività bancarie di Basilea, ha diffuso un rapporto che detta le regole della diligenza dovuta al cliente, detto “Basel CDD paper”]; poi anche altri operatori come i casino, gli agenti immobiliari, i commercianti di gioielli, gli avvocati, i notai, ecc.), si identificarono modalità di individuazione delle cosiddette “operazioni sospette” e autorità incaricate di effettuare le relative indagini.

Le politiche antiriciclaggio restano politiche nazionali, ma esiste da tempo una struttura di coordinamento delle Agenzie finanziarie di Intelligence (FIU) che provvedono alla gestione delle banche dati, all’individuazione delle operazioni sospette e talvolta anche alla realizzazione delle successive indagini (in Italia funge da FIU l’Ufficio Italiano dei Cambi, mentre le indagini sono di competenza della Guardia di finanza).

La struttura di coordinamento è denominata Task force di Azione finanziaria (in inglese FATF). Il suo segretariato ha sede a Parigi presso l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD).

Nel 2003 erano membri della FATF, la Commissione europea, il Consiglio di cooperazione del Golfo, e 33 paesi: i 15 paesi dell’Unione europea, la Norvegia, la Svizzera, l’Islanda, la Turchia, gli Stati Uniti, il Canada, il Messico, l’Australia, la Nuova Zelanda, la Federazione Russa, il Sud Africa, l’Argentina, il Brasile, il Giappone, la Cina e Singapore.

La FATF è stata costituita dal summit G-7 di Parigi, nel 1989. La lotta al riciclaggio dopo aver avuto per circa un decennio relazioni privilegiate con il traffico di droga, dal 2001 è stata più frequentemente identificata come uno strumento essenziale per combattere il terrorismo internazionale: seguendo l’attività della FATF si colgono le linee sostanziali di questa evoluzione.

Poco dopo la sua istituzione, nel 1990, la FATF ha emesso 40 raccomandazioni finalizzate a definire le misure da assumere per combattere il riciclaggio. Queste raccomandazioni sono state aggiornata nel 1996, nel 2001 e nel 2003 (v. FAFT, The Forty Recommendations, Parigi, 20 giugno 2003). Dopo la revisione del 1996, le raccomandazioni sono state adottate da cento trenta paesi e sono divenute lo standard internazionale della lotta al riciclaggio. La revisione del 2003 dà, invece, conto del cambiamento intervenuto dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, quando la priorità della lotta al riciclaggio è passata dal perseguimento dei traffici criminali a fini di lucro – primo tra tutti il traffico di droga – alla lotta al terrorismo.

Già nell’ottobre 2001, la FATF aveva emesso una raccomandazione speciale, la numero 8, contro il finanziamento del terrorismo.

Nella revisione delle quaranta raccomandazioni effettuata nel 2003, i reati cui riconnettere il denaro sporco (i cosiddetti reati presupposto) sono ben venti, e al secondo posto, dopo “partecipazione a un gruppo di criminalità organizzata”, viene “terrorismo, incluso il suo finanziamento”.

In contemporanea con l’inizio dell’attività del FAFT, nel 1990, il Consiglio europeo aveva varato una Convenzione sul riciclaggio, l’identificazione, il sequestro e la confisca del denaro di origine criminale, emettendo il 10 giugno 1991 una direttiva (n. 308) che invitava tutti i paesi membri a varare legislazioni coerenti con l’obiettivo enunciato.

Con un’azione congiunta del 3 dicembre 1998, adottata sulla base dell’art. K.3 del Trattato, il Consiglio torna sul tema per invitare gli stati membri a intensificare la propria azione nello stesso campo. Nel 1999, il documento che conclude i lavori della riunione del Consiglio di Tampere, dichiara (parr. 51-58) che «il riciclaggio di denaro è cruciale per la criminalità organizzata, e deve essere impedito ogni qual volta ha luogo. […] Ferme restando le esigenze di protezione dei dati, la trasparenza delle transazioni finanziarie e della proprietà delle azioni delle società deve essere accresciuta e deve essere velocizzato lo scambio di informazioni tra le FIU. Indipendentemente da eventuali condizioni di segretezza previste per le operazioni bancarie o per altre attività economiche, gli apparati giudiziari e le FIU devono avere il diritto […] di ottenere le informazioni necessarie per investigare sul riciclaggio». A tal fine la Commissione è incaricata di redigere un rapporto che indichi al Consiglio i paesi che non ottemperano a queste sollecitazioni.

Il 17 ottobre 2000 una decisione del Consiglio ha raccomandato la cooperazione tra le FIU dei paesi membri.

Una decisione quadro (framework decision) che precisa ulteriormente le azioni da sviluppare, con riguardo anche alla crescente importanza delle nuove tecnologie nei movimenti di moneta, è stata adottata il 26 giugno 2001. A essa ha fatto seguito una nuova direttiva di modifica della 308 del ’91, emanata nel 2001 (n. 97), con cui si adottano le 40 raccomandazioni del FAFT.

Infine il 24 settembre 2002 il Consiglio ha presentato una proposta di regolamento per la prevenzione del riciclaggio mediante la cooperazione doganale.

Una nuova direttiva risulta, allo stato, in preparazione.

Ada Becchi