Mandato d’arresto europeo

Introduzione, inquadramento storico e definizione

Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre del 1999 ha indicato agli Stati membri il principio del riconoscimento reciproco delle decisioni delle autorità giudiziarie quale fondamento della cooperazione giudiziaria in materia sia civile che penale (v. Cooperazione giudiziaria in materia civile; Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale). Tra le numerose iniziative volte alla creazione dello Spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel quale circolino le decisioni giudiziarie in materia penale, il Consiglio dei ministri ha adottato in data 13 giugno 2002 la decisione quadro del Consiglio Giustizia e affari interni (2002/584/GAI; “Gazzetta ufficiale delle Comunità europee” 18 luglio 2002, L 190) (v. anche Giustizia e affari interni), relativa al mandato di arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri. Tale provvedimento pone l’obiettivo di semplificare le procedure di consegna, tra Stati membri, di persone condannate definitivamente o sospettate di aver commesso un reato, superando così le norme in materia di estradizione.

Il mandato d’arresto europeo è definito dalla stessa decisione quadro all’art. 1 quale «decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro». In sostanza, si tratta di un ordine emesso dall’autorità giudiziaria inquirente o giudicante di uno Stato membro dell’Unione europea rivolto a un altro Stato dell’Unione europea, da eseguirsi con la consegna del ricercato in un termine massimo di 90 giorni (art. 17). Ciò implica un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri e il reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie.

Il mandato d’arresto europeo deve contenere tutta una serie di informazioni relative all’identità della persona, all’autorità giudiziaria emittente, alla sentenza definitiva, alla natura del reato e alla pena (art. 8). Esso deve essere tradotto nella lingua ufficiale dello Stato membro di esecuzione (v. Lingue).

La procedura si applica solo ai reati specificamente indicati nell’art. 2 della decisione quadro. Il comma 1 prevede che il mandato di arresto può venir emesso per fatti puniti dalle leggi dello Stato membro emittente con una pena o con una misura di sicurezza privative della libertà non inferiore a 12 mesi, oppure, quando sia intervenuta condanna a una pena o a una misura di sicurezza di durata non inferiore a quattro mesi. Nel comma 2 si precisa, poi, che possono dar luogo alla consegna, alle condizioni previste dalla decisione quadro e indipendentemente dalla doppia incriminazione, i 32 reati ivi elencati, come definiti dalla legge dello Stato emittente, se la pena o la misura di sicurezza privative siano in questo pari o superiore ai tre anni. Infine, nel comma 4, si stabilisce altresì che, per i reati diversi da quelli appena indicati, la consegna possa venire subordinata alla condizione che i fatti per i quali è stato emesso il mandato d’arresto europeo costituiscano reato ai sensi della legge dello Stato membro di esecuzione, indipendentemente dagli elementi costitutivi o dalla qualifica dello stesso.

Tipologia e perseguimento dei reati

Nella lista allegata alla decisione quadro i reati sono: partecipazione a un’organizzazione criminale, terrorismo (v. anche Lotta contro il terrorismo), tratta di esseri umani, sfruttamento sessuale dei bambini e pornografia infantile, traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope, traffico illecito di armi, munizioni ed esplosivi, corruzione, frode (compresa la frode che lede gli interessi finanziari delle Comunità europee), riciclaggio (v. anche Lotta al riciclaggio di denaro sporco), falsificazione di monete (compresa la contraffazione dell’Euro), criminalità informatica, criminalità ambientale (compreso il traffico illecito di specie animali protette), favoreggiamento dell’ingresso e del soggiorno illegali, omicidio volontario, lesioni personali gravi, traffico illecito di organi e tessuti umani, rapimento, sequestro e presa di ostaggi, razzismo e xenofobia (v. anche Lotta al razzismo e alla xenofobia), furti organizzati o con l’uso di armi, traffico illecito di beni culturali (compresi gli oggetti d’antiquariato e le opere d’arte), truffa, racket ed estorsioni, contraffazione e pirateria in materia di prodotti, falsificazione di mezzi di pagamento, traffico illecito di sostanze ormonali ed altri fattori di crescita, traffico illecito di materie nucleari e radioattive, traffico di veicoli rubati, stupro, incendio volontario, reati che rientrano nella competenza giurisdizionale della Corte penale internazionale, dirottamento di aereo o nave, sabotaggio.

L’eliminazione del principio della doppia incriminazione per i reati indicati nella lista comporta in capo all’autorità giudiziaria incaricata dell’esecuzione del mandato d’arresto il potere e il dovere di esaminare la condotta contestata al ricercato o al condannato onde verificare se sussistano o meno le ipotesi obbligatorie o facoltative che consentono il rifiuto dell’esecuzione del provvedimento. La predetta autorità giudiziaria è pertanto chiamata a un’opera interpretativa di non poco conto, definita, dal punto 8 del preambolo della decisione quadro, come controllo “sufficiente” per le garanzie del soggetto destinatario del mandato. Il giudice, pertanto, dovrà compiere numerosi controlli. In particolare, dovrà valutare l’eventuale presenza di motivi per i quali risulti obbligatorio rifiutare l’esecuzione del mandato a norma dell’art. 3 dello strumento giuridico: se il reato è coperto da amnistia nello Stato richiesto; se risulta un ne bis in idem o di condanna non più eseguibile per le leggi dello Stato richiedente; se la persona, per l’età, non può essere considerata penalmente responsabile dei fatti all’origine del mandato.

Si tratta di una verifica che investe – quanto ai primi due punti – il “fatto”, e pertanto è da considerare strettamente legata all’esame della sua qualificazione giuridica, ossia dell’inclusione nella lista. Inoltre, l’autorità giudiziaria richiesta ha la facoltà di rifiutare l’esecuzione del mandato, anche in riferimento alle fattispecie di reato previste nella lista, nelle ipotesi indicate all’art. 4 della decisione quadro sintetizzabili nei seguenti casi: se l’azione penale o la pena sono cadute in prescrizione; se l’autorità giudiziaria ha deciso di non esercitare l’azione penale per il reato oggetto del mandato d’arresto europeo o di porvi fine (archiviazione); se è in corso un’azione penale per il medesimo fatto o, ugualmente, se la legge dello Stato membro di esecuzione non consente l’azione penale per gli stessi reati commessi al di fuori del suo territorio.

Va precisato, inoltre, che la decisione quadro ha esplicitamente previsto al punto 12 del preambolo che la stessa deve rispettare i diritti fondamentali e osservare i principi sanciti dall’articolo 6 del Trattato sull’Unione europea e contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (segnatamente il capo VI). Pertanto, è consentito all’autorità giudiziaria richiesta rifiutare di procedere alla consegna di una persona che forma oggetto di un mandato d’arresto europeo qualora sussistano elementi oggettivi per ritenere che il predetto provvedimento sia stato emesso al fine di perseguire penalmente o punire una persona a causa del suo sesso, della sua razza, religione, origine etnica, nazionalità, lingua, opinione politica o delle sue tendenze sessuali, oppure che la posizione di tale persona possa risultare pregiudicata per uno di tali motivi. Da ultimo, nello stesso preambolo si precisa che gli Stati possano applicare le proprie norme costituzionali, relative al giusto processo, alla libertà di associazione, di stampa e di espressione.

Emissione ed esecuzione del mandato

In generale, l’autorità emittente comunica il mandato d’arresto europeo direttamente all’autorità giudiziaria dell’esecuzione e può, inoltre, decidere di segnalare la persona ricercata nel Sistema di informazione Schengen (SIS) conformemente alle disposizioni dell’art. 95 della Convenzione (v. anche Convenzioni) del 19 giugno 1990, di applicazione dell’accordo di Schengen del 14 giugno 1985. Se l’autorità dello Stato membro d’esecuzione non è conosciuta, la rete giudiziaria europea fornisce assistenza allo Stato membro emittente (artt. 9 e 10).

Ogni Stato membro può adottare le misure coercitive necessarie e proporzionate nei confronti di una persona ricercata. Quando la persona ricercata è arrestata, ha diritto di essere informata sul contenuto del mandato e di avvalersi dell’assistenza di un avvocato e di un interprete (art. 11).

L’autorità dell’esecuzione ha la facoltà di decidere se tenere la persona in stato di arresto o se rimetterla in libertà a certe condizioni (art. 12). In attesa di una decisione, l’autorità dell’esecuzione (conformemente alle disposizioni nazionali) procede all’audizione della persona interessata (artt. 14 e 19). Entro 60 giorni successivi all’arresto, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve prendere una decisione definitiva sull’esecuzione del mandato di arresto europeo. Successivamente notifica immediatamente la decisione presa all’autorità emittente (art. 17).

Tuttavia, qualora le informazioni comunicate siano insufficienti, l’autorità dell’esecuzione può chiedere all’autorità emittente di fornire informazioni complementari (art. 15).

La persona interessata può esprime il suo consenso alla consegna in modo irrevocabile; in tal caso l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve prendere una decisione definitiva sull’esecuzione del mandato entro dieci giorni dal consenso.

Gli Stati restano liberi di prevedere che, a certe condizioni, il consenso sia revocabile. A tal fine, devono fare una dichiarazione all’atto di adozione della decisione quadro, indicando le modalità pratiche che permettono la revoca del consenso (art. 13).

Il periodo di detenzione relativo al mandato d’arresto europeo deve essere dedotto dalla durata complessiva della privazione della libertà eventualmente inflitta (art. 26).

La decisione quadro prevede, con una procedura atipica, di sostituire i testi esistenti in materia di estradizione, quali la Convezione europea di estradizione del 1957, la Convenzione europea del 1978, l’accordo del 26 maggio 1989 tra i 12 Stati membri sulla semplificazione delle modalità di trasmissione delle domande di estradizione, la Convenzione sull’estradizione del 1995 e quella del 1996 relativa all’estradizione fra gli Stati membri dell’Unione europea, nonché alle disposizioni dell’accordo di Schengen del 1985 che si riferiscono a tale materia. Sebbene con qualche ritardo, oggi tutti gli Stati membri hanno attuato la decisione quadro, dando comunicazione formale al Segretario generale del Consiglio e alla Commissione europea.

La decisione quadro sul mandato d’arresto europeo è stata oggetto di un’attenta valutazione da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea) che, con la sentenza del 3 maggio 2007 (causa C- 303/05), ha definitivamente affermato la validità dell’atto normativo in esame rigettando tutte le questioni attinenti alle presunte violazioni dei principi di legalità, di uguaglianza e di non discriminazione (v. anche Principio di non discriminazione) determinate dalla eliminazione del principio della doppia incriminazione per i 32 reati elencati nell’art. 2 n. 2.

Monica Mattone (2008)