Manuel, Giménez Fernández

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G.F. (Siviglia 1896-ivi 1968) fu educato dai gesuiti in base ai principi del cattolicesimo militante e del ripudio del liberalismo. Nel 1918 conseguì la laurea in Lettere e filosofia; questi studi erano stati portati avanti sin dall’anno accademico 1913-1914 insieme a quelli di Diritto presso l’Università di Siviglia. Nel 1922 si laureò con una tesi sul diritto elettorale, pubblicata nel 1924, che conteneva prima di tutto una requisitoria contro il cacicchismo, cioè contro il sistema di privilegi dei notabili locali. Da giovane subì l’influenza del tradizionalismo attraverso Manuel Fal Conde, ma presto iniziò a collaborare con il quotidiano “El Correo de Andalucía”, visionato dalla Asociación católica nacional de propagandistas (ACNP). Quindi, venne in contatto con il sindacalismo cattolico ed entrò nella Liga católica sevillana, nelle cui liste fu eletto consigliere comunale nel 1922; a partire dal 1924, durante la dittatura di Primo de Rivera, rivestì inoltre la carica di vice sindaco del Comune di Siviglia. In quegli anni partecipò all’esperienza del Partido social popular di Ángel Ossorio y Gallardo, che faceva riferimento al Partito popolare italiano ed era influenzato dal “rigenerazionismo” politico, avvicinandosi pertanto a José María Gil-Robles, suo futuro leader politico. Nel 1930 G.F. vinse per concorso la cattedra di Diritto canonico all’Università di Siviglia e inoltre, a partire dal 1944, fu professore di Storia della Chiesa e delle istituzioni canoniche indiane nella facoltà di Lettere e Filosofia.

Dopo la proclamazione della Seconda repubblica G.F. comparve tra i fondatori del partito Acción popular (AP) e della Confederación española de derechas autónomas (CEDA), dove finì per rappresentare l’ala più repubblicana e socialmente avanzata, scontrandosi, di conseguenza, con la componente di maggioranza, attestata su posizioni reazionarie e clericali. Favorevole al decentramento amministrativo e al regionalismo andaluso, nel 1933 partecipò all’assemblea regionale di Cordova che doveva fissare le basi di una bozza dello Statuto di autonomia dell’Andalusia. In quello stesso anno, nelle elezioni di novembre, venne candidato dalla CEDA per la provincia di Badajoz e fu eletto. Nel Parlamento repubblicano difese la dottrina sociale e il provvisorialismo nei confronti delle forme di governo, respingendo l’identificazione tra cattolicesimo e monarchia allo stesso tempo in cui egli dava consulenza al ministro degli Esteri nei rapporti con la Santa Sede. Ministro dell’Agricoltura nel Gabinetto formato nell’ottobre 1934, dopo l’ingresso della CEDA nella compagine di governo G.F. approvò la legge per la protezione degli aratori e dei piccoli agricoltori al fine di legalizzare le occupazioni di terreni che si erano verificate nel 1932 nel sud della Spagna, un decreto sugli insediamenti provvisori, la legge per gli affitti rurali e la legge di accesso alla proprietà per coloni e fittavoli.

Tutte queste leggi cercavano di applicare la dottrina sociale cristiana alla questione agraria, una delle più importanti questioni che aveva posto la Repubblica, per arrivare ad una armonizzazione della società indirizzata verso il “bene comune” e alla formazione di una classe media di proprietari agricoli che formasse la base sociale del nuovo regime. Ma questo portò G.F. a scontrarsi con i grandi latifondisti e con l’estrema destra, nonostante si fosse sempre ispirato alla dottrina vaticana, fino al punto che un deputato tradizionalista arrivò ad affermare, durante una sessione del Parlamento, che «siccome il ministro dell’Agricoltura continua[va] a citare encicliche papali per difendere i suoi progetti, io le assicuro che finiremo per diventare scismatici greci». Venne contestato persino all’interno del proprio partito e ormai senza neanche l’appoggio del suo leader, José María Gil Robles, terminò la sua esperienza come ministro a seguito della crisi di governo del maggio 1935. Poco dopo la formazione di un nuovo governo, G.F. fu nominato primo vicepresidente del Parlamento, incarico che gli permise di svolgere un ruolo di primaria importanza su temi quali la riforma agraria o quella della legge elettorale, così come nell’opera di mediazione tra il suo partito e il Presidente della Repubblica, che stavano attraversando una fase caratterizzata da rapporti difficili. In questa complessa congiuntura maturò il pensiero politico di G.F., notevolmente influenzato da Jacques Maritain con una più marcata attenzione per la questione sociale, perché, a suo avviso, le ansie rivoluzionarie fra il popolo non erano nient’altro che il prodotto logico del materialismo capitalista e dell’egoismo dei privilegiati, ivi inclusi coloro che si dichiaravano cattolici. Alle elezioni del febbraio 1936 G.F. ebbe un successo personale, ottenendo un seggio parlamentare nella città di Segovia, nel mezzo dell’insuccesso generale del suo partito, la cui pesante sconfitta egli attribuì all’assenza di contenuto sociale del suo programma e all’inadempimento dei provvedimenti riformisti che egli stesso aveva promulgato quando aveva ricoperto l’incarico ministeriale. La guerra civile lo sorprese nella sua residenza di Chipiona (Cadice), dove restò confinato durante tutta il conflitto dinanzi alle minacce dei falangisti e all’abbandono da parte dei suoi compagni di partito cattolici, i quali non gli avevano perdonato il suo passato repubblicano nonostante egli avesse aderito fin dal primo momento alla sollevazione militare contro la Repubblica.

Durante la dittatura franchista G.F. intensificò le sue attività di opposizione politica e, allo stesso tempo, definì il suo pensiero nell’ambito di una linea democratico-cristiana e personalista, sebbene ciò lo costringesse a scontrarsi con il collaborazionismo cattolico e quindi a dimettersi nel 1943 dalla ACNP stessa. Dal 1957 guidò l’Unione democratico-cristiana, partito clandestino fondato l’anno precedente da un gruppo di studenti madrileni, che nel 1959 prese il nome di Izquierda demócrata cristiana (IDC) e partecipò alla formazione della Unión de fuerzas democráticas (UFD) insieme al Partido socialista obrero español (PSOE), ai repubblicani e ai nazionalisti baschi dell’esilio. Durante questi anni G.F. accentuò anche il suo europeismo, le cui origini risalivano almeno al 1950, quando tenne una celebre conferenza su “Coyuntura europea y mentalidades españolas”. In quel periodo per G.F., così come per molti altri membri dell’opposizione antifranchista, l’Europa ricopriva una funzione politica chiave, in particolare dopo la fondazione, nel 1955, dell’Asociación española de cooperación europea (AECE). Nel 1960 G.F. fu pertanto tra gli organizzatori del Comitato spagnolo del Movimento europeo assieme a José María Gil-Robles, allora presidente dell’AECE, dove nel 1962 fu invitato a partecipare a un seminario universitario su “Il cattolicesimo e l’Europa”, durante il quale emerse chiaramente l’importanza che egli attribuiva alla Democrazia cristiana nella nascita e nello sviluppo dell’ideale europeo. G.F. non partecipò al congresso di Monaco del 1962, nonostante fossero presenti in quell’occasione diversi esponenti del suo partito, mentre culminavano di fatto allora gli sforzi di G.F. in favore di una riconciliazione tra gli spagnoli e un’unione delle forze democratiche che escludesse solo i comunisti e i franchisti ortodossi. Inoltre, egli pensò alla possibilità di celebrare una nuova riunione a Monaco nel 1964, con la partecipazione di rappresentanti dei sei paesi membri della Comunità economica europea (CEE). Nei mesi successivi ricoprì la presidenza dell’AECE, come conseguenza dell’esilio di Gil Robles, nonostante G.F. ritenesse che le riunioni dell’associazione risultassero poco utili fino a quando non ci fosse stata libertà di espressione e riunione e non si potessero escludere le persone vicine al regime franchista, requisiti previ affinché si potessero convocare assemblee regionali e «approvare un’autentica dichiarazione libera di principi tra i delegati liberamente eletti». Durante gli ultimi anni della sua vita, tra il 1964 e il 1968, seguì con speciale interesse il rinnovamento del mondo cattolico promosso dal Concilio Vaticano II e lavorò, dalla presidenza dell’IDC, alla sempre difficile unione dei gruppi democristiani spagnoli e all’integrazione del partito nelle strutture federali della Democrazia cristiana europea.

Javier Munoz Soro (2012)

Bibliografia

Barba Prieto D., La democracia cristiana (1936-1977), Encuentro, Madrid 2001.

Braojos Garrido A., Álvarez Rey L., Manuel Giménez Fernández (1896-1968). Epistolario político, Servicios de Publicaciones del Ayuntamiento de Sevilla, Sevilla 2000.

Tusell J., Calvo J., Giménez Fernández, precursor de la democracia española, Mondadori-Diputación de Sevilla, Madrid-Siviglia 1990.