Massigli, René

M. (Montpellier 1888-Parigi 1988), dopo aver compiuto gli studi all’École normale supérieure e all’École française de Rome, intraprese la carriera universitaria. Durante la Prima guerra mondiale fu mandato a Berna per analizzare la stampa tedesca (1916-1918). Quest’incarico gli consentì di mettersi in luce con i grandi diplomatici francesi e quindi di essere nominato segretario alla Conferenza di pace del 1919. In seguito rimase in servizio al ministero francese degli Affari esteri quasi senza interruzione fino al ritiro, avvenuto nel 1956. Negli anni Venti e Trenta fu segretario generale della Conferenza degli ambasciatori a Parigi, un organismo interalleato creato per far applicare i trattati di pace del 1919-1920. Successivamente fu nominato capo del servizio francese della Società delle Nazioni, un servizio del Quai d’Orsay che assicurava il collegamento fra il ministero a Parigi e la Società delle Nazioni a Ginevra. Con quest’incarico partecipò da vicino all’elaborazione del “memorandum europeo” (Piano Briand), sottoposto dalla Francia ai governi europei nel 1930 in seguito al discorso pronunciato da Aristide Briand a Ginevra nel settembre 1929. Nel 1933 divenne vicedirettore degli Affari politici al ministero e nel 1937 direttore, vale a dire il numero due dell’amministrazione dopo il segretario generale Alexis Léger.

Durante gli anni Trenta M. fu molto più consapevole di altri responsabili francesi del pericolo rappresentato dalle ambizioni della Germania nazista e dal suo metodo di intervento internazionale dei “colpi di mano”. Nel 1936, in occasione della rimilitarizzazione della Renania e nel 1938, durante la crisi cecoslovacca, M. dichiarò che se si fosse lasciata libera la Germania di violare i trattati e la sicurezza dei suoi vicini senza reagire ci si sarebbe dovuti preparare a un’“Europa tedesca”. All’indomani degli accordi di Monaco, per essersi opposto troppo nettamente alla linea ufficiale, M. venne inviato come ambasciatore di Francia in Turchia, paese dove restò dal 1939 al 1940. Poco dopo la disfatta francese fu richiamato dal governo di Vichy e privato del suo incarico.

Pur avendo intrattenuto rapporti con alcuni membri della Resistenza francese, M. non ne fece mai realmente parte. Nel 1942 Charles de Gaulle lo chiamò a Londra, dove M. divenne commissario agli Affari esteri della Francia libera (febbraio-maggio 1943), incarico che ricoprì dal giugno 1943 all’agosto 1944 ad Algeri, nel Comité français de la libération nationale (CFLN). Dopo la liberazione della Francia chiese di essere inviato come ambasciatore a Londra, dove restò oltre dieci anni (settembre 1944-gennaio 1955). Il suo ultimo incarico fu il più elevato nella gerarchia degli Affari esteri: segretario generale del Quai d’Orsay dal gennaio 1955 al luglio 1956. In occasione degli ultimi tre incarichi ricoperti, dal 1943 al 1956, M. entrò in contatto ravvicinato con le questioni relative alla costruzione europea. Nel 1943-1944 il CLFN cominciò a riflettere su un eventuale raggruppamento dei paesi dell’Europa occidentale per il dopoguerra. In particolare, furono stabiliti contatti con i belgi. Inoltre il CLFN elaborò progetti anche per l’avvenire della Germania, ma senza arrivare a conclusioni definite.

Ambasciatore a Londra, dotato di grande esperienza e di notevole prestigio, M. occupava una postazione cruciale d’osservazione e d’azione per i rapporti bilaterali franco-britannici, ma anche per le questioni europee. Dal 1944 al 1946 sostenne a più riprese la necessità di un’alleanza franco-britannica. Alla fine del 1946 il suo entusiasmo scemò, tuttavia fu uno dei principali negoziatori francesi del trattato bilaterale di Dunkerque (4 marzo 1947) avviato da Léon Blum. Nel febbraio-marzo 1948 partecipò ai negoziati del patto di Bruxelles (Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo) in seguito al “colpo di Praga” che incoraggiò gli occidentali a unirsi.

Come membro francese della Commissione permanente del trattato di Bruxelles insediata a Londra, M. fu anche coinvolto nella creazione del Consiglio d’Europa. Dopo la dichiarazione di Georges Bidault al Congresso dell’Aia nel luglio 1948, in cui si lanciava l’idea di un’assemblea europea, la commissione avviò il lavoro concreto di messa in opera del nuovo organismo (autunno 1948), prima che il progetto passasse in mano ad un “comitato di saggi” presieduto da Édouard Herriot. Come membro della commissione M. espresse anche alcuni pareri nel corso dei negoziati per il patto atlantico (autunno 1948-primavera 1949), ma svolgendovi un ruolo di minore portata.

Nel maggio del 1950 l’annuncio del Piano Schuman colse di sorpresa sia M. sia il segretario agli Esteri Ernest Bevin, con cui M. aveva stretto buoni rapporti. Colpito dall’assenza di concertazione con gli inglesi, cercò di convincere il suo paese che la Gran Bretagna avrebbe potuto rientrare nel Piano a condizione che ne fosse ridimensionato l’aspetto sovranazionale (come l’indipendenza dell’Alta autorità rispetto ai governi). Nel maggio-giugno 1950 ingaggiò una battaglia contro il proprio governo attirandosi le rimostranze di Robert Schuman e dei suoi collaboratori, ma al tempo stesso continuò invano a far pressioni sugli inglesi perché entrassero nel Piano. A partire da questo momento cominciò a provare una certa ostilità per le idee sovranazionali, per i progetti di un’Europa federale e per lo stesso Jean Monnet. Non esitando a opporsi al proprio ministro, in questi anni importanti per la costruzione europea (1950-1954) M. divenne un araldo degli “antifederalisti” che temevano l’abbandono delle sovranità nazionali, la “piccola Europa” e il tête-à-tête franco-tedesco.

Fin dall’inizio M. diffidò del progetto di Comunità europea di difesa (CED). In alcune lettere private criticò un trattato che definiva «mostruoso», temendo che i francesi si potessero trovare un giorno a combattere a fianco dei «nuovi cavalieri teutonici» in una crociata «antislava». Ciononostante, per alcuni anni si adoperò instancabilmente con i dirigenti inglesi – soprattutto Anthony Eden – per ottenere garanzie inglesi per la CED e formule di associazione tra il Regno Unito e la CED (1951-1954). Questo lungo lavoro fu coronato da successi solo parziali e suscitò in lui un senso di frustrazione e di rifiuto ancora maggiore per le formule federaliste (v. Federalismo), come il progetto di Comunità politica europea (CPE). Quindi dal 1950 al 1954 M. fu spesso in disaccordo con la politica ufficiale francese nei confronti dell’Europa.

Quando il Parlamento francese bocciò il trattato della CED il 30 agosto 1954 M. se ne compiacque e cercò di riprendere l’iniziativa per trovare una soluzione ai suoi occhi soddisfacente al problema del riarmo tedesco. Fu in sintonia con i principi di Pierre Mendès France, presidente del Consiglio, e aveva fiducia in lui. Con altri diplomatici francesi e con i dirigenti britannici (si incontrò più volte con Eden e Harold Macmillan), contribuì a resuscitare il patto di Bruxelles e ad adattarlo alle esigenze contingenti. Fu dunque uno degli artefici della nascita dell’Unione dell’Europa occidentale (UEO) nella conferenza di Londra e negli accordi di Parigi (settembre-ottobre 1954). Il nuovo organismo corrispondeva ai suoi auspici in quanto non era nettamente federale ed includeva il Regno Unito. Dopo gli accordi di Parigi, Mendès France lo aveva nominato segretario generale del Quai d’Orsay, ma nei diciotto mesi del suo mandato M. non fu in grado di far prevalere i suoi punti di vista nelle tappe successive della costruzione europea. L’UEO non era in condizione di agire, gli inglesi se ne distaccarono, mentre la politica francese nel 1955-1956 si impegnò – a dispetto delle idee di M. – nella strada del “rilancio” dell’Europa a Sei (v. Conferenza di Messina). M. rimase molto deluso dall’insabbiamento dell’UEO nel 1955. Quindi, in seguito al suo disaccordo con i ministri Antoine Pinay e Christian Pineau, M. fu costretto a ritirarsi prima del previsto, nel luglio 1956.

M. scrisse in questo periodo un’opera molto dettagliata sulla costruzione europea, Une comédie des erreurs, in cui ai ricordi personali si intrecciano analisi puntuali e documentate sui processi degli anni compresi fra il 1943 e il 1956. Nel libro difende la tesi di un’Europa con l’Inghilterra e senza troppo Federalismo, mostrandosi amareggiato per gli sviluppi dell’Europa a Sei.

Diplomatico di alto profilo, intellettuale ma anche attore del suo tempo, M. dato diede prova di salde convinzioni nella sua ricerca di formule che permettessero alla Francia e al Regno Unito di lavorare insieme alla costruzione europea. Prima, durante e dopo la Seconda guerra mondiale fu un risoluto anglofilo; in quest’ottica forse sottovalutò la necessità della riconciliazione franco-tedesca dopo il 1950 e la forza delle idee di Jean Monnet. Nella Repubblica federale di Germania vedeva una minaccia piuttosto che un possibile partner, esagerando probabilmente il desiderio britannico di contribuire al rafforzamento dei paesi europei e di impegnarsi sul continente.

Raphaële Ulrich-Pier (2010)