Partito della sinistra europea

Il partito della Sinistra europea (SE), fondato a Roma l’8 e il 9 maggio 2004, riunisce 17 partiti membri e 8 partiti “osservatori”, tutti appartenenti alla sinistra non socialista.

La SE non può essere definita un partito europeista, perché nasce dalla volontà di fornire proposte alternative al modello attuale di Unione europea (UE). Lo scopo non è rovesciare l’UE, ma influenzarne le politiche, in modo tale da compiere un passo verso la creazione di «un altro mondo possibile» (slogan coniato dai partecipanti al primo Forum sociale mondiale, svoltosi a Porto Alegre nel 2001). La nuova formazione si colloca nel solco della politica “altermondialista”, evoluzione della linea precedentemente adottata dal cosiddetto movimento “no global”, nato nel 1999 in risposta a un tipo di globalizzazione considerato dai sostenitori del movimento troppo liberista e quindi nocivo per gli strati più poveri della popolazione mondiale.

Si giunse al congresso fondativo di Roma dopo una serie d’incontri preparatori, iniziati nel 2002 nell’ambito del Forum della Sinistra europea (FSE). Le linee guida del nuovo progetto furono adottate definitivamente a metà marzo 2003. Circa un anno dopo, al termine di un’importante riunione svoltasi a Berlino (10-11 gennaio 2004), fu redatto un appello per fondare il partito prima delle successive elezioni europee (v. anche Elezioni dirette del Parlamento europeo), vale a dire quelle previste nel giugno 2004. L’appello iniziava con un’esortazione a formare una “Europa solidale”, che racchiudesse tutti i valori tipici della sinistra antagonista, quali la difesa della pace, l’eguaglianza tra uomini e donne, la lotta al razzismo e la tutela dell’ambiente. Nel testo si auspicava una maggiore trasparenza nel campo istituzionale, soprattutto per quel che riguarda l’attività del Consiglio dei ministri e della Commissione europea, oltre che una partecipazione più ampia e attiva dei cittadini, attraverso il rafforzamento dei parlamenti nazionali e di quello europeo. L’appello non si rivolgeva solo ai partiti, ma anche ai singoli individui, a tutti i movimenti e alle associazioni che si riconoscevano in quei valori. L’ultimo incontro tra i partiti promotori dell’iniziativa prima del congresso di Roma si svolse il 14 e il 15 febbraio 2004 ad Atene; ne conseguì un documento finale che gettava le basi per l’assemblea costitutiva.

Al congresso fondativo parteciparono oltre 300 delegati in rappresentanza di 15 partiti di sinistra, comunisti, socialisti e rosso-verdi, provenienti non solo da Stati membri dell’UE, ma anche da alcuni paesi associati. In quell’occasione, Fausto Bertinotti venne eletto presidente all’unanimità. Fu inoltre approvato lo statuto, da cui emerge come la prospettiva del nuovo partito non fosse limitata ai confini europei, ma avesse piuttosto una vocazione mondiale e internazionalista. Era implicito il riconoscimento del fatto che lo scenario europeo fosse il più adatto per cominciare a riformare la società e il mercato, per poi “esportare” gli eventuali risultati ottenuti al resto del mondo. L’assemblea decise di dare alla nuova formazione una struttura aperta e flessibile, basata su un sistema di network. Si intendeva così garantire un’organizzazione paritaria, nella quale i diversi attori, organizzati in gruppi di lavoro, potessero collaborare facilmente. L’obiettivo era quello di creare un “luogo” d’iniziativa aperto anche ai singoli cittadini, oltre che ai partiti.

Il 9 maggio 2005 fu firmato il “Manifesto del Partito della sinistra europea”, avente i compiti d’illustrare gli obiettivi della nuova formazione e di porsi definitivamente come punto di riferimento per tutta la sinistra alternativa europea.

Il primo congresso della SE (Atene, 29 e 30 ottobre 2005) si svolse dopo la vittoria del “no” ai referendum francese e olandese sul Trattato costituzionale europeo (TCE) (v. anche Costituzione europea). Dalla dichiarazione finale di Atene emerge chiaramente la soddisfazione per la vittoria del “no” in Francia, dovuta soprattutto all’elettorato di sinistra e vista quindi come un successo delle idee promosse dalla SE, molto impegnata nella campagna referendaria. La sconfitta subita dal TCE è considerata l’occasione per costruire un’Europa diversa, partendo dall’interpretazione del voto come un rifiuto tout court dell’attuale modello comunitario.

Giulia Devani (2006)