Politica dell’istruzione

La politica educativa non venne inserita nei Trattati di Roma del 1957. Il settore della formazione generale veniva considerato di esclusiva competenza nazionale. Le ragioni di tale scelta possono essere ricondotte a quattro ordini di fattori.

In primo luogo la Comunità economica europea, che nasceva con finalità marcatamente economiche, improntò essenzialmente a tale prospettiva sia la scelta sia la concezione delle proprie politiche.

A questa condizione si sommavano il modello e il ritmo di sviluppo economico, caratterizzato da crescita sostenuta, da una modalità di organizzazione aziendale di tipo fordista e da un basso tasso di innovazione tecnologica e di richiesta formativa. Questa situazione determinava un generalizzato scarso interesse verso l’istruzione intesa come veicolo di promozione della capacità e della disponibilità da parte del lavoratore nei confronti dell’adeguamento e della riconversione a nuove collocazioni nel ciclo o nel settore produttivi.

La modesta attenzione per la dimensione sociale e la negazione di una direttrice culturale comunitaria, tuttavia traevano origine anche da una scelta di principio. La promozione sociale e civile dei lavoratori sarebbe stata il frutto della crescita economica, a sua volta prodotto del libero gioco delle forze di mercato.

A questo presupposto ideologico di fondo si aggiungeva la contrarietà da parte degli Stati membri a cedere sovranità in un settore considerato di valenza simbolica e politica fondamentalmente nazionale.

Tuttavia, soprattutto sulla scorta delle riflessioni compiute nell’ambito della Commissione europea, e su impulso del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale (CES), prese presto avvio il tentativo di introdurre una cooperazione comunitaria in materia di istruzione attraverso le possibilità offerte dalla politica comune di formazione professionale (v. Politica della formazione professionale) prevista dall’articolo 128.

Infatti, sia la raccomandazione relativa allo sviluppo dell’orientamento professionale del 1966, sia, soprattutto, la decisione relativa alla determinazione dei principî generali per l’attuazione di una politica comune di formazione professionale del 1963, ponevano i presupposti teorici di un’azione formativa complessivamente intesa.

Dopo il fallimento del Programma d’azione in materia di politica comune di formazione professionale, l’occasione per un rilancio d’interesse e d’iniziativa in tema di politica dell’istruzione giunse dalla Conferenza dei capi di Stato e di governo dell’Aia, tenutasi tra il 1° e il 2 dicembre 1969.

Le premesse create nel corso degli anni Sessanta poterono finalmente trovare un’accelerazione nel quadro del mutato equilibrio internazionale, di una grave recessione economica, della prospettiva ormai ineludibile del primo Allargamento comunitario e della condizione di fragilità in cui vennero a trovarsi le democrazie europee a seguito dei moti di rivolta del biennio 1968-1969.

Su sollecitazione belga, infatti, il 16 novembre 1971 venne convocato, per la prima volta, il Consiglio dei ministri della Pubblica istruzione, con gli obiettivi dichiarati di porre le basi per completare l’azione comunitaria in materia di formazione professionale, anche attraverso una accresciuta cooperazione nel campo dell’istruzione generale, di creare a Firenze un Centro universitario europeo e di dare vita a un Centro europeo di sviluppo dell’educazione.

La riunione si concluse con la nomina di un gruppo di riflessione che, sostenuto politicamente dal commissario Ralf Dahrendorf, preparò il terreno ideale e progettuale per la risoluzione sulla cooperazione nel settore della Pubblica istruzione del 1974.

Stabilendo i settori prioritari e i principî della collaborazione e istituendo un Comitato per l’istruzione composto dai rappresentanti degli Stati membri, la risoluzione ispirò il programma d’azione nel campo dell’istruzione del 1976, contenente gli obiettivi della nuova impostazione politica comunitaria e, con essi, anche il meccanismo per procedere alla loro attuazione. Si provvide a istituire i primi due strumenti nel settore dell’istruzione: “Eurydice”, diretto a migliorare la diffusione dell’informazione concernente lo sviluppo dell’istruzione nella Comunità attraverso l’impiego di una rete informatica europea, e “Arion”, per l’organizzazione di visite di studio per specialisti dell’istruzione.

Tuttavia, nonostante la messa in atto di progetti pilota e di studio e la predisposizione di una rete informativa a livello comunitario, il processo sembrò rallentare, sia per le crescenti resistenze degli Stati membri, sia per problematiche emerse all’interno delle stesse Istituzioni comunitarie.

Nel frattempo, gli sforzi comunitari vennero in particolare indirizzati a facilitare il passaggio dagli studi alla vita lavorativa, a promuovere le pari opportunità nell’accesso formativo, a integrare ragazzi con handicap e figli di migranti nelle scuole, a sviluppare l’insegnamento delle lingue (v. anche Lingue), a combattere l’analfabetismo, a favorire scambi tra i sistemi nazionali e ad aggiornare i contenuti formativi e la preparazione iniziale e permanente degli insegnanti.

Il riavvio fu segnato dall’approvazione delle proposte elaborate dal Comitato Adonnino per l’Europa dei cittadini, avvenuta durante il Consiglio europeo di Milano del 28 e 29 giugno 1985.

La politica di istruzione, nonostante non venisse contemplata neppure nell’ampliamento di competenze operato dall’Atto unico europeo (AUE), poté giovarsi di un nuovo clima indotto da una situazione sociale ed economica difficile, dalle conseguenze dell’allargamento mediterraneo e, soprattutto, dalla prospettiva del completamento del mercato interno previsto per il 1992 (v. anche Mercato unico europeo), come esplicitato nella risoluzione concernente la dimensione europea nell’insegnamento del 1988.

Propiziata dall’azione propositiva della Commissione, supportata dall’intervento del Parlamento europeo, del Comitato economico e sociale e delle parti sociali, e resa possibile dalla copertura giuridica offerta dalle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee (CGCE) (v. Corte di giustizia dell’Unione europea), prese dunque avvio la stagione dei programmi di azione in materia di istruzione.

Con decisione del 15 giugno 1987, dopo un lungo e difficile percorso legislativo, venne adottato dal Consiglio il programma ERASMUS con gli obiettivi di conseguire un notevole aumento del numero di studenti universitari con un periodo di studi integrati in un altro Stato membro, di promuovere un’ampia cooperazione tra gli atenei, di valorizzare il potenziale intellettuale delle università grazie a una maggiore mobilità del personale docente, di rafforzare le relazioni fra i cittadini per consolidare l’idea di un’Europa dei cittadini, e infine di preparare diplomati in possesso di un’esperienza diretta di rapporto intracomunitario.

Una seconda iniziativa comunitaria, denominata “Azione Jean Monnet. L’Europa nei programmi universitari” (v. Azione Jean Monnet), fu invece adottata il 28 giugno 1989 al fine di promuovere l’istruzione degli studenti universitari in tema di integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della).

Un ulteriore programma di cooperazione in ambito di istruzione venne adottato con la decisione di Consiglio del 28 luglio 1989 che istituì un programma d’azione, denominato “Lingua”, inteso a promuovere e migliorare la conoscenza delle lingue straniere nella Comunità.

Infine, nell’ambito del Programma di aiuto comunitario ai paesi dell’Europa centrale e orientale (Pologne Hongrie aide pour la réconstruction economique, PHARE), il 7 maggio 1990 il Consiglio varò il programma di mobilità transeuropea per studi universitari denominato “Tempus” (v. Programma transeuropeo di cooperazione per l’istruzione).

Il successo dei programmi comunitari, ma anche la volontà degli Stati membri di tutelarsi contro un’interpretazione considerata eccessivamente sovranazionale della politica educativa, determinarono la scelta di distinguere l’istruzione dalla politica di formazione professionale e di darle una base legale separata nell’articolo 126 del Trattato sull’Unione europea (v. Trattato di Maastricht).

Ricompresa nella strategia generale indicata dalla Commissione nel Libro bianco (v. Libri bianchi) Crescita, competitività, occupazione, la politica dell’istruzione poté trovare una chiara definizione nel Libro bianco Insegnare e apprendere – verso la società conoscitiva del 1995 e una consacrazione formale nell’“Anno europeo dell’istruzione e della formazione lungo tutto l’arco della vita” indetto nel 1996.

A fronte dell’avvento di una società dell’informazione e di un’estensione a livello mondiale degli scambi, le politiche educative e formative avrebbero dovuto essere congiuntamente mirate a rivalutare la cultura generale e a sviluppare l’attitudine all’occupazione.

In particolare, gli obiettivi delineati nel Libro bianco Insegnare e apprendere furono l’incoraggiamento all’acquisizione di nuove conoscenze, l’avvicinamento della scuola all’impresa, la lotta contro l’esclusione sociale, la promozione della conoscenza di tre lingue comunitarie e la collocazione su un piano di parità degli investimenti materiali e degli investimenti formativi.

Nel periodo 1997-1998, inoltre, la Commissione adottò il piano d’azione “Apprendere nella società dell’informazione”, al fine di promuovere il collegamento fra scuole primarie e secondarie della Comunità attraverso l’impiego di reti elettroniche e di strumenti multimediali. In questo contesto si provvide alla creazione della banca dati Ortelius, volta a offrire una fonte centralizzata di informazioni concernenti l’insegnamento superiore in Europa.

Lo strumento principale per dare corso ai nuovi orientamenti e al rinnovato impegno in tema di politica dell’istruzione fu il Programma Socrates di durata quinquennale, adottato il 14 marzo 1995, poi prorogato, nella sua seconda fase adottata il 24 gennaio 2000, fino al 31 dicembre 2006. Fu inoltre adottato il programma “Gioventù per l’Europa”, lanciato nello stesso anno nell’intento di garantire l’accesso all’istruzione agli studenti meno favoriti (v. Strategia di Lisbona).

Simone Paoli e Francesco Petrini (2006)