Bobba, Franco

B. nasce a S. Giorgio Lomellina (PV) il 2 ottobre 1913. Si è laureato in Legge e Scienze politiche ed economiche. Entrato nella carriera diplomatica, dal 1951 si è occupato della cooperazione e dell’integrazione economica europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della) ricoprendo vari incarichi: primo segretario dell’ambasciata italiana a Lussemburgo per la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), capo della sezione integrazione europea al ministero degli Esteri e membro della delegazione italiana per la negoziazione dei trattati del Comunità economica europea e della Comunità europea dell’energia atomica (CEEA o Euratom). Dal 1958 al 1967 è stato direttore generale degli Affari economici e finanziari della Commissione europea. Dal 1962 ministro plenipotenziario, nel 1983 è entrato nel servizio diplomatico consolare. Ha ricoperto le cariche di direttore generale dell’Istituto finanziario industriale, di amministratore delegato e di vicepresidente della Fondiaria SAI e di presidente della Cromodoro. Dal 1972 al 1974 ha assunto l’incarico di presidente dell’Unione industriale di Torino. Direttore generale onorario della Comunità europea, è stato uno dei membri italiani della Commissione trilaterale. Molto stimato da Alcide De Gasperi, che lo aveva coinvolto nei negoziati per la Comunità politica europea avviati nel 1953, B. rivestì un ruolo importante nel periodo in cui a Bruxelles vennero negoziati i trattati istitutivi delle Comunità europee (v. anche Trattati). Insieme ad Achille Albonetti, Roberto Ducci e Cesidio Guazzaroni, appartiene alla generazione che “ha fatto l’Europa”. Dopo la decisione presa alla Conferenza di Venezia nel maggio 1956 di avviare una serie di negoziati sulla base del Rapporto che porta il nome di Paul-Henri Spaak, durante il negoziato vero e proprio tra i governi che si svolse a Bruxelles, al castello di Val Duchesse, tra il giugno 1956 e il febbraio 1957, B. fu il rappresentante italiano nel comitato che doveva arrivare alla stesura del Trattato per il mercato comune (v. anche Trattati di Roma). Protagonista diretto dell’elaborazione delle formule che dovevano inserire l’economia italiana nell’integrazione europea, B., che faceva la spola ogni settimana tra Bruxelles e Roma per partecipare ai lavori del comitato interministeriale costituito per seguire l’andamento delle trattative, difese gli interessi italiani puntando a evitare i contraccolpi negativi derivanti dall’inserimento nella Comunità economica europea, senza però perdere mai di vista i benefici generali che sarebbero derivati all’Italia dall’adesione al progetto europeo. Nei negoziati per la creazione della Comunità economica europea l’azione della delegazione italiana tenne conto delle sollecitazioni provenienti dagli ambienti economici e dalle organizzazioni di categoria. La necessità di non trascurare i problemi di sviluppo delle regioni più arretrate del paese era ben presente ai negoziatori italiani, i quali raggiunsero gli obiettivi essenziali come la creazione della Banca europea per gli investimenti e del Fondo sociale europeo, e ottennero anche un successo più di facciata che di sostanza: un protocollo allegato al Trattato definiva la realizzazione degli obiettivi di crescita del Piano Vanoni «di interesse comune» (v. Vanoni, Ezio). Non mancarono momenti di frizione, e l’irruenza di negoziatore di B. provocò alcuni “incidenti” con Spaak e lo stesso Ducci (v. Melchionni, 1986, pp. 399-423). L’iter di formazione dei Trattati di Roma deve più all’iniziativa e alla tenacia dei funzionari che, come B., seguivano direttamente il negoziato, che non all’attenzione del governo italiano, il quale mostrò un impegno limitato e discontinuo verso i problemi legati all’istituzione di un mercato comune e alla creazione di una Comunità europea per l’energia atomica. La definizione della linea negoziale italiana, anche su questioni di cruciale importanza, fu spesso lasciata agli esperti e ai funzionari. B. ha concretamente contributo a fare della scelta europeista uno dei pilastri della politica estera italiana. Entrato nei ranghi dell’amministrazione comunitaria, tra i pochi italiani ad aver ricoperto nell’organigramma della Commissione europea l’incarico di direttore generale, nel periodo in cui fu a capo della direzione generale degli Affari economici fu molto vicino al vicepresidente della Commissione Robert Marjolin, e nell’estate del 1964 seguì la controversa vicenda della discussione e successiva archiviazione dell’idea di un prestito della Comunità europea all’Italia per fare fronte alle difficoltà della bilancia dei pagamenti.

Marinella Neri Gualdesi (2010)




Boël, René

B. (Bruxelles 1899-Cours-Saint-Etienne 1990), ingegnere civile, industriale, protagonista della costruzione europea e mecenate, nel marzo 1917 parte per la guerra come volontario; dopo la smobilitazione frequenta l’Université Libre di Bruxelles laureandosi nel 1922 in ingegneria civile mineraria. I suoi rapporti con quest’università non si interrompono, infatti vi svolge diversi incarichi, sia come docente che come membro del consiglio d’amministrazione.

Nel 1935 partecipa alla creazione e alla gestione del Centre d’étude de la réforme de l’État e si mostra interessato all’avvenire costituzionale del suo paese, un interesse che manterrà intatto nel corso di tutta la sua vita. Inoltre è attratto dalla cooperazione internazionale, in particolare nell’ambito dei lavori del Gruppo di Oslo.

Durante la Seconda guerra mondiale B. è destinato all’Ufficio approvvigionamenti dell’esercito. A Londra si occupa dei rifornimenti per l’esercito belga e della protezione dei beni del suo paese fuori delle frontiere. Nel maggio 1940 è nominato delegato presso il Comitato di coordinamento franco-inglese, di cui ha assunto la presidenza Jean Monnet. Ma è anche a capo della missione economica belga e si incarica della requisizione della flotta mercantile del suo paese al servizio degli Alleati. Nel settembre 1940 si imbarca per gli Stati Uniti e l’anno successivo, dopo un incontro con il ministro belga Gutt, viene nominato consigliere di governo. Quindi avvia un’intensa attività finalizzata alla preparazione economica del dopoguerra. Partecipa anche ai negoziati monetari preliminari al Trattato di Bruxelles e rappresenta il Belgio nelle grandi conferenze internazionali (Savannah, Atlantic City, Bretton Woods).

Dopo la guerra il barone B. (che ha ottenuto il titolo nobiliare nel 1941) ha già acquistato un’ampia esperienza negli affari, nei negoziati internazionali e nelle iniziative legate alle nuove prospettive per l’Europa, come pure dei legami con molti protagonisti o futuri protagonisti della costruzione europea.

Le attività internazionali di B. sono segnate dal suo atlantismo, con la promozione dei legami fra il Belgio e l’Europa e gli Stati Uniti (Association belgo-américaine, Institut Atlantique, ecc.), e da un profondo convincimento europeista che si dispiega soprattutto all’interno del Movimento europeo (ME) e della Lega europea di cooperazione economica (LECE). Partecipa alle discussioni che gettano le basi del ME e in seguito ne diviene tesoriere e membro del Consiglio esecutivo. Ma è nella LECE, una delle associazioni fondatrici del ME, in cui B. entra nel 1949, che la sua attività europea raggiunge l’acme. Nell’assemblea straordinaria tenuta dalla Lega il 10 novembre 1949 B. è nominato vicepresidente della sezione belga e alla presidenza Kerstens sostituisce Paul van Zeeland, diventato ministro degli Esteri. Questa riorganizzazione si rivela effimera, in quanto Kerstens non è in grado di animare realmente il movimento essendo troppo occupato altrove. A questo punto B., sulla base di un ampio consenso, è portato prima ad interim e poi definitivamente alla presidenza del comitato internazionale della Lega nel 1951.

I suoi esordi in quest’incarico non sono privi di tensioni a causa degli attriti con il segretario generale Lucien Sermon. All’epoca nella Lega esisteva un’opposizione fra le varie correnti. Una tendenza marcatamente liberale, quella di Sermon, rifletteva il punto di vista di un patronato poco disposto ad autorizzare l’influenza dell’elemento istituzionale o politico nella sua concezione dell’Europa. Quella di B. invece rispecchiava una visione maggiormente federalista e sociale. Sermon non esita a denunciare il Movimento europeo e il suo tesoriere B. accusandoli di essere troppo federalisti e a sinistra. Il segretario generale non è il solo a disapprovare le posizioni di B., tant’è che negli anni Cinquanta alcuni dei finanziatori della Lega si irritano per la sua politica.

B., presidente attivo, che rimane per trent’anni a capo della Lega – fino al 1981 – è un “progressista” nella sua concezione dei rapporti fra ambienti economici e integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). Modifica lievemente l’orientamento dell’organizzazione la cui natura era intrinsecamente liberale. Appartenendo sia alla Lega che al ME combina due tipi d’azione e può anche assicurare un ruolo di moderatore fra coloro che fanno da cassa di risonanza troppo zelante al federalismo nel ME o al patronato nella LECE. Dumoulin e A.-M. Dutrieu definiranno la LECE un «movimento di padroni» e «di ispirazione liberale», mettendone però anche in risalto anche il carattere di «movimento di studio e di azione in materie europee» (v. Dumoulin, Dutrieu, 1992, p. 257) che ha difeso l’Europa e la sua costruzione con risolutezza. A questo livello B. è stato un protagonista molto attivo.

Se durante la presidenza di B. la Lega si è preoccupata, fra l’altro, dell’apertura all’Est europeo e dello sviluppo dei paesi del Sud, incoraggiando in tal modo un equilibrio infraeuropeo, è soprattutto nelle questioni monetarie che ha svolto un’attività pionieristica. B. è un fervente difensore della moneta unica e la Lega, nei trent’anni del suo mandato, è stata una protagonista fondamentale dell’integrazione monetaria europea (v. anche Unione economica e monetaria), sia sul piano dei principi enunciati che dei mezzi e delle istituzioni proposti per realizzarla. B. è, fra l’altro, il relatore monetario alla Conferenza economica di Westminster nel gennaio 1954.

Nel corso della sua presidenza B. si adopera per attuare il suo ideale: integrare il Belgio in un’Europa democratica e solida. In un discorso pronunciato nel maggio 1964 fa riferimento a un’Europa sovranazionale e a un’Europa politica che possa andare oltre l’Europa economica. Come aveva annunciato nel 1980, B. nel 1981 lascia le sue funzioni di presidente della Lega per incoraggiarne il rinnovamento. Quindi ne diventa il presidente onorario.

A fianco della LECE e del ME, B. continua a lavorare per l’Europa all’interno di diversi organismi: è membro del Comitato d’onore di Eurospace, del Comitato della Fondazione europea della cultura, del Fondo culturale del Consiglio d’Europa, del Gruppo dei presidenti delle grandi imprese europee.

Gaëlle Courtois (2010)




Bolis, Luciano

Terzogenito di una famiglia della media borghesia milanese, studente di Lettere dell’Università di Pavia e di violino all’Istituto musicale Vittadini, B. (Milano 1908-Roma 1992) ha appena vent’anni nel 1938 quando la ferocia delle persecuzioni razziali gli impongono una scelta di vita che lo porta, nel 1942, alla condanna a due anni di carcere inflittagli dal Tribunale speciale fascista. Liberato dal reclusorio di Castelfranco Emilia il 28 agosto 1943, sceglie la via dell’esilio in Svizzera, dove si dedica all’attività organizzativa e di proselitismo del Partito d’azione (PdA), cui aveva aderito in nome della continuità ideale e politica con il movimento Giustizia e libertà (GL). Qui viene in contatto con Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, gli autori del Manifesto di Ventotene e compie, così, la scelta federalista (v. Federalismo) divenendo il responsabile del Movimento federalista europeo (MFE) per la Svizzera tedesca.

Rientrato in patria nell’ottobre del 1944, viene mandato da Ferruccio Parri e Leo Valiani in Liguria a riorganizzare le file dell’azione partigiana. Molteplici i contributi di B. alla Resistenza, per i quali verrà decorato di medaglia d’argento al valor militare. Il 6 febbraio 1945 viene fermato da un gruppo di brigatisti in piazza De Ferrari, a Genova, e riconosciuto come il partigiano “Fabio”. Sottoposto ad atroci torture perché riveli i nomi dei compagni, decide di sacrificare la propria vita per non mettere a repentaglio quella dei compagni. Nel suo libro confessione Il mio granello di sabbia (1946) B. racconta la tragedia di quei giorni fra le leggi sacre e naturali che vietano il suicidio e quelle etiche che impongono la lealtà e la carità verso l’esistenza degli altri. Agonizzante viene portato all’Ospedale San Martino di Genova, dove viene liberato da un commando di partigiani il 18 aprile 1945, grazie alle trame tessute con l’esterno dall’allora infermiera Ines Minuz, che sarebbe diventata sua moglie dopo la Liberazione.

Nel febbraio 1946 B. torna alla politica con l’assunzione della carica di vicesegretario nazionale del PdA. In settembre rientra a Genova, dove svolge un ruolo di rilievo nella vita politica cittadina: segretario provinciale e regionale del PdA, direttore dell’Ufficio stralcio del Comitato di Liberazione nazionale ligure, tra i fondatori dell’Istituto ligure per la storia della Resistenza, di cui diviene direttore sino al giugno 1953.

Dopo lo scioglimento del PdA, il suo impegno politico s’incentra nel tentativo di dar vita a un socialismo autonomo, in contrapposizione al socialismo di stampo nenniano (v. Nenni, Pietro) allora su linee di aperto frontismo. Azione socialista GL, Unione dei socialisti, Partito socialista unificato, Partito socialdemocratico, sono le tappe principali del cammino di B. al fianco di quei gruppi di socialisti cosiddetti “eretici”. Ma, soprattutto, continua a occuparsi di federalismo.

Il 6 giugno 1948 il Comitato direttivo nazionale del MFE elegge la segreteria Spinelli-Bolis. Mentre Spinelli, cui è affidata la segreteria politica, vive e lavora a Roma, Bolis viene mandato a Milano a gestire la segreteria organizzativa. Quando, nel dicembre del 1948, anche la segreteria organizzativa viene trasferita a Roma e Spinelli ne assume l’esclusiva responsabilità, B. torna a Genova. Segretario provinciale e regionale del MFE ligure, lavora senza risparmiarsi alla diffusione del federalismo nella regione, portando Genova e la Liguria alla testa dell’azione federalista nel paese.

Il 18 gennaio 1953, B. viene eletto segretario nazionale aggiunto del MFE e si trasferisce a Roma, dove, fino al 1959, lavora in modo esclusivo come vice di Spinelli. Con l’impegno e la dedizione che gli sono proprie partecipa alla battaglia per la Comunità europea di difesa e, quando il progetto di un esercito europeo fallisce, resta al fianco di Spinelli gettandosi anima e corpo nell’azione del Congresso del popolo europeo (CPE). Prima a Roma, poi a Milano e, quindi, a Parigi, B. si dedica, dal 1958 al 1961, all’azione che, attraverso elezioni dirette e per mezzo di una macchina elettorale composta solamente da cittadini volontari, intende esprimere l’esigenza di costruire un’assemblea parlamentare che sia espressione diretta della volontà degli europei, prefigurando quello che sarà poi il Parlamento europeo.

Fallita l’esperienza del CPE, B. lavora a Parigi quale corrispondente per la RAI, svolgendo la propria attività – la sua professione ufficialmente dichiarata fu sempre quella di giornalista – a sostegno delle proprie idee, in cui primeggia l’impegno federalista. Egli vanta al suo attivo oltre mille pezzi su quotidiani e riviste nazionali ed estere.

Nel 1964 viene nominato alto funzionario presso il Consiglio d’Europa, dove gli vengono affidate impegnative responsabilità come vicedirettore, poi direttore, dei servizi di stampa, informazione e documentazione, e caposervizio alla direzione dell’insegnamento e degli affari culturali e scientifici, con particolare riguardo al settore giovanile, nonché responsabile della Conferenza dei ministri europei dell’educazione. Dirigente del MFE francese, ricopre anche la carica di presidente della sua organizzazione alsaziana dal 1970 al 1975, per rimanerne poi presidente onorario. Continua, inoltre, a far parte, degli organi dirigenti del MFE sovranazionale e, poi, di quelli dell’Unione europea dei federalisti (UEF).

Nel 1978, raggiunta l’età della pensione, torna in Italia per gettarsi di nuovo, a capofitto, nell’attività federalista. Riprende l’azione a favore della federazione europea attraverso le Case d’Europa, essendogli stata offerta la presidenza di quella romana. Altre ne fonda, poi, un po’ ovunque in tutto il paese, e, nel 1981, costituisce la Federazione italiana delle Case d’Europa, dirigendone anche l’organo di stampa: il trimestrale «L’Avvenire degli europei».

Rientrato a pieno titolo nel MFE, nel 1980 B. viene eletto vicepresidente del MFE, carica che ricopre in modo continuativo sino alla scomparsa. È, inoltre, tra i dirigenti delle più importanti associazioni europeiste e federaliste: l’UEF, il Consiglio italiano del Movimento europeo, l’Associazione europea degli insegnanti, l’Associazione italiana per il Consiglio dei comuni e delle regioni d’Europa (v. Consiglio dei comuni d’Europa), il Centro italiano di formazione europea, l’Associazione dei giornalisti europei, l’Associazione stampa europea, il Comitato del ministero della Pubblica istruzione per il Centro di educazione europea, l’Associazione mazziniana italiana, la Conferenza permanente europea degli enti locali e regionali del Consiglio d’Europa. Presidente del Movimento socialista liberale italiano, vicepresidente del Consiglio di presidenza della Federazione italiana delle associazioni partigiane e del Consiglio del Museo della Liberazione di Roma, membro del Comitato d’onore dell’Istituto di studi federalisti Altiero Spinelli, della Fondazione Riccardo Bauer e del Movimento Gaetano Salvemini, nonché del Comitato consultivo dell’Association to unite the democracies e del Comitato per lo sviluppo del federalismo nel Mediterraneo, oltre che presidente della Federazione italiana delle Case d’Europa.

Nel 1983, con quel che aveva guadagnato a Strasburgo, tolto il poco che gli era servito per vivere con i suoi, in pieno accordo con la moglie Ines, dà vita alla Fondazione, cui gli amici vollero giustamente dare il suo nome. A essa si devono numerose iniziative di promozione della cultura e della milizia federalista, quali il sostegno finanziario alla rivista “Il Federalista” e a una collana, la “Biblioteca federalista”, in cui vengono ripubblicati i “classici” del federalismo.

Cinzia Rognoni Vercelli (2010)




Bombassei, Giorgio

B. nacque a Firenze il 29 giugno 1910. Il padre, Alfredo Bombassei Frascani de Vettor era colonnello di cavalleria. Dopo aver conseguito una laurea in diritto e scienze economiche, politiche e sociali presso l’Università di Firenze, B. vinse il concorso per la carriera diplomatica nel 1933. Durante i successivi quindici anni, prestò ininterrottamente servizio alle dipendenze del ministero degli Affari esteri, ricoprendo importanti ruoli presso sedi diplomatiche italiane in Egitto, Ceylon francese, Unione Sovietica, Svizzera e Brasile.

Particolarmente significativa fu l’esperienza compiuta tra il 1945 e il 1946 in veste di segretario dell’Ufficio di collegamento con le autorità alleate presso il ministero degli Affari esteri. Oltre a preoccuparsi di valutare il grado di consenso angloamericano verso il nuovo governo italiano, B. ebbe infatti il compito di occuparsi direttamente delle trattative per la restituzione delle province settentrionali all’autorità italiana, e dei negoziati che precedettero i trattati di pace con l’Italia. Successivamente, ricevette la carica di segretario generale della delegazione italiana presso l’Organizzazione europea per la cooperazione economica.

La nomina di B. coincise con una fase particolarmente delicata nei rapporti tra Italia e Stati Uniti, soprattutto in tema di riorganizzazione della difesa europea. Tra il novembre 1950 e il luglio 1951 andavano infatti aumentando le pressioni statunitensi per un maggiore sforzo finanziario da parte dell’Italia in vista di un piano di riarmo nell’ambito della Comunità europea, e in coincidenza con la guerra di Corea. Tuttavia, i politici italiani più accorti, come Alcide De Gasperi, e i diplomatici italiani più avveduti, come Egidio Ortona e come lo stesso B., percepivano chiaramente la netta opposizione dell’opinione pubblica nazionale verso i propositi statunitensi di un rapido e massiccio riarmo europeo, e di un conseguente aumento delle spese militari italiane. Nel tentativo di trovare un compromesso tra le esigenze statunitensi e gli orientamenti dell’opinione pubblica italiana, il Presidente del Consiglio italiano De Gasperi diede vita a un comitato di alti funzionari presieduto dal sottosegretario al ministero del Tesoro Piero Malvestiti, e assistito da una segreteria diplomatica di cui lo stesso B. fece parte.

La presenza ai lavori del comitato, che si conclusero con l’approvazione di un importante memorandum impresse, per una breve fase, una più chiara impronta alla sua carriera. Dopo aver ricoperto il ruolo di direttore generale aggiunto della Cooperazione internazionale tra il 1951 e il 1953, B. svolse infatti importanti compiti nell’ambito di organizzazioni e negoziati di natura prettamente militare.

Tra il 1953 e il 1956 assunse la carica di consigliere presso la rappresentanza permanente dell’Italia all’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (North Atlantic treaty organization, NATO). Parallelamente, tra il 1952 e il 1954, rivestì invece la carica di presidente della delegazione italiana presso il Comitato provvisorio della Comunità europea di difesa. In questa veste, oltre a sostenere l’intuizione degasperiana della Comunità politica europea B. si impegnò soprattutto a salvaguardare gli interessi politici e militari italiani in una trattativa che rischiava di consumarsi tutta in un compromesso tra le istanze francesi, le richieste tedesche e le esigenze statunitensi.

Dopo la fine del progetto di Comunità europea di difesa decretato dall’Assemblea nazionale francese nel 1954, e dopo la nascita dell’Unione dell’Europa occidentale ratificata dai governi britannico, francese, tedesco, italiano, olandese, belga e lussemburghese nel 1955, B. tornò per un breve periodo al ministero degli Affari Esteri dove, tra il 1955 e il 1956, ricoprì il ruolo di direttore generale aggiunto agli Affari politici. A questo punto la sua carriera tornò a indirizzarsi in modo sempre più netto verso l’assunzione di responsabilità a livello europeo e comunitario.

Tra il 1956 e il 1961 B. svolse infatti il compito di rappresentante permanente dell’Italia presso il Consiglio d’Europa, prima di essere nominato per un breve periodo membro permanente della delegazione italiana al Consiglio speciale dei ministri della Comunità europea del carbone e dell’acciaio.

Successivamente, dopo aver ricoperto le cariche di ambasciatore in Lussemburgo tra il 1961 e il 1965 e di ambasciatore nei Paesi Bassi tra il 1965 e il 1967, venne invece scelto come rappresentante permanente dell’Italia presso le Comunità europee (v. anche Comunità economica europea). Questa carica, che B. ricoprì fino al 1976, fu il punto più alto della sua lunga e fortunata carriera diplomatica. In questa veste, infatti, giocò un ruolo da protagonista in tutti i delicati snodi politici che le Comunità europee dovettero affrontare tra la fine degli anni Sessanta, e la prima metà degli anni Settanta.

In particolare, secondo tutti i soggetti coinvolti, il contributo di B. fu determinante nella soluzione dei negoziati che nel 1973 portarono all’adesione di Gran Bretagna (v. Regno Unito), Irlanda e Danimarca, e al primo allargamento delle Comunità europee. Favorevole all’ingresso britannico fin dalla prima richiesta del 1961, B. sfruttò abilmente la sua posizione di presidente della Conferenza dei viceministri per creare un clima disteso e favorevole al raggiungimento di un compromesso tra le parti.

Dopo aver lasciato la rappresentanza permanente dell’Italia presso le Comunità europee, B. accettò la carica di vicepresidente della Banca europea per gli investimenti, attraverso la quale cercò soprattutto di assicurare ulteriori opportunità di sostegno finanziario al Mezzogiorno d’Italia. Nel 1983 divenne infine vicepresidente onorario della stessa Banca europea per gli investimenti.

Simone Paoli (2010)




Bonino, Emma

B. (Bra 1948) rappresenta una delle principali figure politiche italiane che ha legato la sua esperienza e attività politica e istituzionale all’Europa.

Esponente di spicco del movimento radicale e delle battaglie per i diritti civili in Italia, nel 1976 fu eletta deputata al Parlamento italiano per la prima volta a soli 28 anni, nelle liste del Partito radicale, ruolo che ricoprirà con continuità per le legislature successive, in seguito alla sua rielezione avvenuta alle elezioni politiche del 1979, 1983, 1987, 1992 e 1994. Verrà rieletta nelle elezioni del 2006 nelle file della Rosa nel pugno e nel 2008 tra quelle del Partito democratico.

Dopo aver concluso gli studi presso l’Università Bocconi di Milano, dove consegue la laurea in Lingue e letterature moderne nel 1972, B. muove i suoi primi passi nei movimenti per la difesa dei diritti civili e lega il suo nome a significative battaglie, in particolare a quelle legate alle tematiche dell’aborto, contribuendo nel 1975 alla nascita del Centro informazione sulla sterilizzazione e l’aborto (CISA), che si renderà promotore del referendum per la regolamentazione legislativa in tema di aborto, svoltosi in Italia nel 1981.

L’attività referendaria rappresenterà una peculiarità dei primi anni dell’esperienza politica di B., la quale ricoprirà un ruolo di primo piano nella promozione, e la conseguente vittoria, dei referendum sul finanziamento pubblico dei partiti (1978) e sul nucleare (1985).

Nel 1979 sarà eletta al Parlamento europeo per la prima volta, e successivamente nel 1984, nel 1999 e nel 2004. Convinta federalista e sostenitrice degli Stati Uniti d’Europa (v. Federalismo), la sua esperienza europea coinciderà con un forte impegno sui temi dei diritti dell’uomo a livello internazionale. Nel 1981 fonda l’associazione Food and disarmament international, volta a sensibilizzare i governi nazionali sul tema della fame nel mondo, promuovendo la realizzazione di un Manifesto sottoscritto da 113 premi Nobel. L’attivismo di B., fondato sulla pratica della non violenza, la porterà nel 1986 a intraprendere iniziative per la difesa dei diritti civili e politici nei paesi dell’Est europeo facenti parte della sfera d’influenza sovietica. In particolare, significativa sarà la campagna condotta a favore dei refuznik, gli ebrei sovietici ai quali era negato il diritto di emigrazione in Israele, e le manifestazioni di protesta contro le dittature comuniste promosse dal movimento radicale nelle principali capitali dei paesi aderenti al Patto di Varsavia, e che ne determinarono nel 1987 l’arresto a Varsavia e l’espulsione dalla Polonia in occasione di una manifestazione contro la dittatura del generale Jaruzelski e a favore del movimento democratico Solidarność.

L’impegno per la difesa dei diritti civili sarà una peculiare dell’attività politica di B. Il suo interesse e le sue iniziative si concentreranno sulla proposta di istituire il Tribunale penale internazionale sui crimini commessi nella ex Iugoslavia, attraverso la raccolta di 25 mila firme in tutto il mondo e consegnato nelle mani del segretario generale delle Nazioni Unite, Boutros Ghali nel 1993, nonché, nell’anno successivo, sulla proposta di realizzazione del Tribunale penale internazionale permanente per i crimini contro l’umanità.

Il 1995 rappresenterà un anno di significativa importanza nella carriera politica e istituzionale di B. Il governo di Silvio Berlusconi la designerà quale rappresentante italiana nella Commissione europea presieduta da Jean Jacques Santer, e B. ricoprirà, pertanto, per cinque anni il ruolo di Commissario europeo, con delega agli aiuti umanitari, la politica dei consumatori e la pesca. Il lavoro svolto da B. nel quinquennio le varranno un’unanime approvazione internazionale per le sue capacità politiche e diplomatiche e per i risultati ottenuti, nonché riconoscimenti importanti quali il titolo di Personalità europea dell’anno, nel 1996, da parte del settimanale cattolico francese “Le Vie”, e nel 1997 il conferimento dell’European commmunication award, il premio rilasciato dalla rivista inglese “PR Week” al comunicatore europeo dell’anno.

Nel corso del suo mandato B. si ritroverà ad affrontare numerose e spinose questioni legate alle sue deleghe. Sul fronte degli aiuti umanitari, il suo impegno sarà rivolto in modo significativo alla situazione generata nella ex Iugoslavia dallo scoppio della guerra nei Balcani e dal dilagare di fenomeni di pulizia etnica nella regione, e alle questioni calde aperte sul territorio africano, dalle conseguenze del conflitto etnico in Zaire, alle vicende che flagellano realtà quali la Somalia, l’Eritrea e la Sierra Leone, coordinando e garantendo gli aiuti umanitari dell’Unione europea (UE) e la difesa delle minoranze etniche perseguitate. Di pari grado sarà il lavoro svolto a difesa dei diritti civili e politici in America Latina, in particolare l’iniziativa assunta nei confronti di Cuba, che permetterà nel maggio del 1995 la liberazione di sei detenuti politici da parte del regime castrista in seguito all’azione diplomatica di B. Nei Paesi arabi, B. ha svolto missioni umanitarie in Iraq e l’Afghanistan, promuovendo iniziative in difesa dei diritti delle donne in seno al Parlamento europeo, in particolare “Un fiore per le donne di Kabul”, volta a denunciare la condizione delle donne in terra afgana e consentire loro l’accesso agli aiuti umanitari.

Sul fronte della politica dei consumatori, B. si troverà a fronteggiare la gestione della crisi generata dalla diffusione dell’epidemia della cosiddetta “mucca pazza”, esplosa nel marzo del 1996. In seguito a tale evento, il presidente Santer amplierà le competenze e le deleghe della B., conferendole quelle della protezione della salute dei consumatori e della sicurezza alimentare. B. promuoverà in modo incisivo le iniziative volte ad armonizzare e ampliare la consultazione tra i diversi soggetti coinvolti nella politica dei consumatori (v. anche Armonizzazione), attraverso la valorizzazione di nuovi strumenti comunitari, quale il Forum europeo la comunicazione e l’informazione del consumatore.

In merito alla delega sulla pesca, in qualità di commissario europeo, B. si renderà artefice della sottoscrizione di importanti accordi bilaterali con paesi quali Canada, Marocco e Norvegia, strategici ai fini degli interessi dei paesi comunitari, risolvendo contenziosi sorti nel corso del suo mandato.

Nel 1999, in occasione della elezione del Presidente della Repubblica italiana, il Partito radicale darà vita a una campagna per l’elezione a tale carica di B. L’iniziativa, intitolata “Emma for President”, sebbene non raggiungerà l’obiettivo fissato, rappresenterà un volano per le contestuali elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, tenutesi nel giugno del 1999, e alle quali i Radicali si presenteranno come Lista Emma Bonino e raggiungeranno lo storico risultato dell’8,5% dei voti, determinando l’elezione di sette deputati radicali.

Negli anni successivi, B. concentrerà il suo impegno politico principalmente sul fronte della difesa dei diritti civili nei paesi del Medio Oriente e in Africa. Trasferitasi al Cairo, dove si dedicherà allo studio della lingua e della cultura araba, si renderà promotrice della campagna internazionale “StopFgm”, contro le mutilazioni genitali femminili praticate in numerosi paesi africani e mediorientali.

Alle elezioni politiche del 2006 B. si candiderà e sarà eletta nelle liste della Rosa nel Pugno, alleanza politico-elettorale composta dai socialisti e dai radicali. In seguito alla vittoria della coalizione di centrosinistra, sarà nominata ministro delle Politiche europee nel governo presieduto da Romano Prodi. A questa delega, affiancherà anche quella di ministro per il Commercio internazionale.

Nuovamente B. incrocia la sua strada e il suo impegno istituzionale con l’Europa. Nel corso del suo mandato, durato due anni per il prematuro scioglimento della legislatura, B. si troverà a mettere in campo iniziative volte al perseguimento degli obiettivi fissati dalla cosiddetta Strategia di Lisbona. Sotto il ministero Bonino diventerà operativo il Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei (CIACE), istituito nel 2005 con l’obiettivo di consentire l’approfondimento delle tematiche riguardanti la partecipazione dell’Italia all’Unione europea; sarà realizzato l’archivio informatico nazionale delle procedure di infrazione, chiamato EUR- Infra, al fine di rendere più efficiente la trattazione dei casi di non conformità dell’ordinamento italiano rispetto al diritto comunitario; infine, l’esperienza ministeriale di B. coinciderà con la ricorrenza del cinquantesimo anniversario della firma dei Trattati di Roma del 1957, e per tale circostanza B. promuoverà numerose iniziative e manifestazioni, tra le quali una campagna di sensibilizzazione per i cittadini italiani sull’importanza dell’Europa nella vita pubblica e istituzionale dell’Italia, intitolata “Vivi italiano. Cresci europeo”.

Alle elezioni politiche del 2008 sarà eletta senatore della Repubblica nelle file del Partito democratico e sarà nominata vicepresidente del Senato della Repubblica. Sarà, inoltre, candidata come capolista delle liste radicali alle elezioni europee del 2008, ma il mancato raggiungimento del quorum non le consentirà di essere eletta. Dal 2009 è componente del Board e del Council dell’European council on foreign relations.

Michele Affinito (2009)




Bosco, Giacinto

Tra gli italiani impegnati nella realizzazione e nella guida delle strutture dell’Unione europea B. (Santa Maria Capua Vetere 1905-Roma 1997) rappresenta un caso forse unico, in quanto egli poté operare sia nel ruolo di studioso che in quelli di politico e di membro della Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea).

In sintesi estrema, la figura dello studioso risalta da questi dati. Vincitore di concorso, presta servizio al ministero degli Esteri quale vicesegretario dal 1927 al 1932. Professore di diritto internazionale all’Università di Roma nel 1929, dal 1933 al 1940 fu professore ordinario di diritto internazionale pubblico e privato all’Università di Firenze, e dal 1940 al 1975 alla facoltà di economia e commercio dell’Università di Roma. Dal 1966 fu direttore della “Rivista di Studi Europei” e promotore della Scuola di perfezionamento degli studi europei della facoltà di economia e commercio. Tra le principali pubblicazioni di B. in qualità di studioso dei problemi europei ricordiamo: La pluralità degli ordinamenti giuridici nell’unità del diritto delle genti, Firenze 1961; Lezioni di diritto internazionale pubblico, Firenze 1972; Il mercato interno della Comunità economica europea, Milano 1990; Lezioni di diritto internazionale: commento all’Atto unico europeo del 17-28 febbraio 1986, commento al trattato sull’Unione Europea del 7 febbraio 1992, Milano 1992. Eletto al Senato per la Democrazia cristiana dal 1948 al 1972, B. diede sempre una forte impronta europeista al lavoro svolto in qualità di sottosegretario alla Difesa; vicepresidente del Senato; ministro della Pubblica istruzione, della Giustizia, del Lavoro, delle Finanze, delle Poste e telecomunicazioni. Dal 1972 al 1976 ricoprì l’incarico di vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, che lasciò per assumere quello di giudice della Corte di giustizia delle Comunità europee (v. Corte di giustizia dell’Unione europea), che svolse sino al 1988.

B. volle che anche il discorso di congedo dalla Corte del 6 ottobre di quell’anno avesse una impronta, per così dire, operativa. Dopo aver ricordato che durante la sua lunga carriera aveva partecipato attivamente al processo di formazione e di sviluppo della. Comunità economica europea avendo avuto la fortuna di poterne conoscere il funzionamento dall’interno, essendo stato membro del Parlamento europeo, del Consiglio dei ministri e della Corte di giustizia, B. di disse lieto di aver concluso la sua vita professionale «come giudice di una Corte cui spetta il merito di aver elevato il complesso della normativa comunitaria alla dignità di ordinamento giuridico distinto tanto di diritto internazionale quanto di diritto degli Stati membri. Quell’insieme che viene definito con il termine di acquis communautaire si fonda, in larga misura, sui grandi principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte, quali l’applicabilità diretta di talune disposizioni del diritto comunitario, la prevalenza di quest’ultimo sulle norme nazionali con esso compatibili e l’esigenza della sua applicazione uniforme in tutti gli Stati membri» (v. anche Diritto comunitario; Acquis comunitario). Con acuta preveggenza B. osservò poi che mentre in tutti gli Stati membri fiorivano le iniziative per adottare, sul piano economico e sociale le strutture interne all’apertura del Mercato unico europeo, era doveroso constatare che lo stesso non accadeva «in relazione ai problemi giuridici e di organizzazione giudiziaria derivanti dall’aumento del contenzioso comunitario», che se non fosse stato contrastato in modo efficace avrebbe creato problemi crescenti, di diritto e pratici, alla vita della Comunità. Bosco concludeva affermando: «Quale fautore convinto dell’idea europea, io mi auguro che essa possa progredire anche nel campo giuridico, nel quale un importante capitolo della nuova cultura europea è già stato scritto dalla giurisprudenza della Corte di giustizia».

Nicola Guiso (2010)




Bottai, Bruno

B. (Roma 1930), figlio dell’ex ministro fascista Giuseppe, laureatosi in Giurisprudenza nel 1952, inizia la sua carriera diplomatico-consolare nel 1955, assegnato alla Direzione generale Affari economici del ministero degli Affari esteri (MAE). Nel gennaio 1956 viene inviato a Tunisi per adempiere i suoi doveri consolari. Lasciata la Tunisia il 12 maggio 1958, da quell’anno fino al 1962 B. è a Bruxelles come secondo segretario della rappresentanza italiana. Dall’autunno 1966 all’autunno 1968 è a capo del settore europeo presso l’ambasciata italiana a Londra. Nominato Consigliere d’ambasciata nel 1969, è distaccato presso la Santa Sede fino al 14 agosto 1970, quando viene chiamato dal capo del governo Colombo (v. Colombo, Emilio) a ricoprire l’incarico di consigliere diplomatico presso la Presidenza del Consiglio. Dal 1° luglio 1972 diventa ministro plenipotenziario di seconda classe e dal 3 giugno 1977 di prima classe. Dal 1979 al 1981 è ambasciatore presso la Santa Sede, mentre il 13 agosto 1981 passa a ricoprire le funzioni di direttore generale degli Affari politici presso il MAE. Il 25 novembre 1985 viene nominato ambasciatore a Londra. Rientrato in Italia il 9 ottobre 1987, diviene segretario generale del MAE. Il 3 marzo 1994 ottiene la nomina di ambasciatore presso la Santa Sede. Nel maggio 1996 diventa presidente della “Dante Alighieri”, carica che ricopre tutt’ora.

Oltre ad essere apprezzato commentatore di vicende internazionali, tra i vari incarichi B. fa parte della Commissione nazionale per la promozione della cultura italiana all’estero (1° dicembre 2003-30 novembre 2006), è segretario onorario della Commissione nazionale italiana per i collegi del mondo unito, presente nella Commissione governativa per l’attuazione delle disposizioni dell’Accordo tra Italia e Santa Sede del 18 febbraio 1984, e fa parte delle commissioni scientifiche di molti organismi internazionali italiani quali la Società italiana per l’organizzazione internazionale (SIOI), l’Istituto affari internazionali (IAI), e l’Istituto diplomatico del ministero degli Affari esteri.

B. inizia la sua carriera presso la direzione della Cooperazione internazionale, la quale, dopo la sua soppressione, era stata suddivisa tra i politici e gli economici. All’Ufficio VII degli Affari economici B. si occupa delle trattative che porteranno alla istituzione della Comunità economica europea, dell’Organizzazione europea per la cooperazione economica (OECE) e di quanto di economico e di multilaterale vi è nell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (North Atlantic treaty organization, NATO). Stimato dal suo direttore generale, Attilio Cattani, convinto assertore dell’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della) e del rapporto privilegiato con gli Stati Uniti, dopo l’esperienza al consolato di Tunisi sarà proprio Cattani che richiama B. a Bruxelles nel 1958. Nella capitale belga egli fa parte dei quattro diplomatici che costituiscono la rappresentanza italiana (rappresentante permanente Attilio Cattani, vice rappresentante Giulio Pascucci Righi, primo segretario Guglielmo Folchi, secondo segretario B.). La rappresentanza si occupa sin da subito dei problemi attuativi dei Trattati di Roma, la costituzione dei nuovi organi comunitari (v. anche Istituzioni comunitarie) e, soprattutto, la loro integrazione. La delegazione italiana deve affrontare inoltre, proprio in quel periodo, i primi momenti di crisi della costruzione comunitaria dovuta a Charles de Gaulle. Il presidente francese, infatti, non solo è un deciso assertore della rinegoziazione della Politica agricola europea (PAC) determinando le crisi della cosiddetta “sedia vuota”, ma si fa promotore di un’apposita Commissione, presieduta da Christian Fouchet (v. Piano Fouchet), per redigere un piano d’unione che prevede la costituzione di una serie di organi comunitari. Progetto che, appoggiato tendenzialmente dagli italiani e dai tedeschi, fallisce soprattutto per l’opposizione del Belgio e dell’Olanda (v. Paesi Bassi), timorosi dello strapotere francese.

La rappresentanza italiana, dunque, è al centro di questo turbinoso periodo che vede il particolare interessamento di B. sia per la concreta pianificazione della Comunità europea dell’energia atomica (CEEA o Euratom), sia per la realizzazione dell’Università europea. La scelta di Firenze come sede di quest’università è sicuramente un successo della rappresentanza italiana; scegliere Firenze significa infatti riaffermare il ruolo della cultura italiana nel continente.

Come direttore del settore europeo presso l’Ambasciata d’Italia a Londra, B., assecondando le linee della diplomazia italiana, è convinto assertore dell’ingresso del Regno Unito all’interno della Comunità economica europea (CEE). Ingresso caldeggiato non solo in funzione anti-gollista, ma anche nell’illusione che il forte europeismo mostrato da Edward Heath, futuro primo ministro, permei la società inglese.

Nell’agosto 1970 il Presidente del Consiglio Emilio Colombo vuole B. come suo consigliere diplomatico. Alla base di tale scelta vi è probabilmente il lavoro che Colombo, come ministro dell’Industria, ha svolto presso la rappresentanza italiana negli anni dell’esperienza belga di B. Durante la presidenza Colombo l’Italia è impegnata a sostenere l’entrata dell’Inghilterra nella CEE, ingresso che avviene nel gennaio 1973. Caduto il governo, B. torna alla Farnesina dove dirige dal 1972 al 1976 il servizio stampa del MAE sotto i ministri degli Esteri Aldo Moro e Mariano Rumor. In tale veste la costruzione comunitaria rimane al primo posto degli interessi di B., malgrado la difficoltà di illustrare adeguatamente agli italiani i passi avanti compiuti dalla CEE. Tali difficoltà sono dovute sia alla complessità delle riunioni ministeriali, sia ai rapporti tra giornalisti e politici, i quali difficilmente possono sperare nella “prima pagina” in quanto gli argomenti comunitari sono per lo più confinati nella stampa specializzata.

Dopo essere stato dal 1976 al 1979 vicedirettore degli Affari politici, guidati da Walter Gardini, dal 1981 al 1985 B. diventa direttore generale di tale sezione. In tale veste, pur rimanendo attento alle vicende comunitarie che sono, però, in una fase di sostanziale stasi, B. fa l’esperienza della cooperazione internazionale e asseconda le linee generali della politica internazionale italiana, attenta ai rapporti Est-Ovest e alle vicende dell’area del Mediterraneo. In tale campo contribuisce, grazie anche all’azione del presidente del Parlamento europeo Emilio Colombo (1977-79), alla stesura della Dichiarazione di Venezia (Consiglio europeo di Venezia del 13 giugno 1980) sui problemi del Medio Oriente. Tale Dichiarazione, in effetti, viene preparata nelle riunioni dei direttori generali degli Affari politici e da collaboratori particolarmente attenti alla risoluzione del conflitto arabo-israeliano. Sebbene essa determini il risentimento di Israele, che di lì a poco invaderà il Libano, e sia caratterizzata dal basso profilo tenuto dagli Stati Uniti durante il negoziato, la Dichiarazione di Venezia contribuisce a porre un punto fermo nelle discordie dei paesi comunitari sulla questione, e la posizione comune non sarà più contestata negli anni seguenti.

B. partecipa, poi, al negoziato che porterà alla Dichiarazione solenne sull’Unione europea (v. Dichiarazione di Stoccarda) firmata a Stoccarda il 19 giugno 1983, la quale ha recepito i principi contenuti nel piano di Hans-Dietrich Genscher, ministro degli Esteri tedesco, e di Emilio Colombo, presentato al Consiglio europeo di Londra del 26-27 novembre 1981 (v. Piano Genscher-Colombo).

Come segretario generale del MAE, B. ha la possibilità di seguire in prima persona i passi decisivi che portano dall’entrata in vigore dell’Atto unico europeo (1° luglio 1987) alle trattative negoziali tra i paesi europei per la firma del Trattato di Maastricht (7 febbraio 1992) fino alla crisi monetaria del settembre 1992 che rischia di scardinare il Sistema monetario europeo (SME) e che colpisce pesantemente lo Stato italiano.

Abbandonato il MAE, B. ottiene la nomina ad ambasciatore presso la Santa Sede. Nel maggio 1996 viene eletto presidente della “Dante Alighieri”. In tale veste curerà non solo il potenziamento della “Dante Alighieri” e dei suoi circoli sparsi per il mondo, ma svolge anche una concreta attività per la diffusione e la valorizzazione della lingua italiana, rivendicando la preminenza culturale dell’Italia.

Andrea Ungari (2010)




Bourlanges, Jean-Louis

B. (Neuilly 1946) ha una duplice formazione: quella letteraria (con l’ammissione al concorso per l’agrégation in lettere moderne) e quella classica dei futuri membri dell’alta amministrazione pubblica (Institut d’études politiques di Parigi, École nationale d’administration, di cui è allievo dal 1976 al 1979). Uditore, poi consigliere referendario (1983) alla Corte dei conti, continua tuttavia a dare la priorità a quello che è sempre stato al centro delle sue preoccupazioni, ossia la riflessione, la scrittura e l’azione nell’ambito politico. In modo per certi versi inatteso, la sua elezione al Parlamento europeo nel 1989 e la partecipazione ai lavori dell’assemblea gli permettono di realizzare queste ambizioni.

Dal gollismo leggermente orientato a sinistra al centrismo puro e duro dell’UDF (Union pour la démocratie française) di François Bayrou, il percorso di B. appare atipico. I suoi primi passi politici, sorprendentemente precoci, risalgono agli anni 1966-1967 e all’Union des jeunes pour le progrès (UJP, movimento dei giovani gollisti), dove è ammesso rapidamente alla dirigenza e diviene per qualche mese il presidente ad interim, nell’estate 1967. Aderisce al Club Nouvelle Frontière, creato nell’inverno 1967-1968 per iniziativa di Jean Charbonnel, che era stato segretario di Stato agli Esteri e alla Cooperazione, e presieduto da Paul-Marie de La Gorce. In quest’occasione stringe amicizia, sul piano sia politico che personale, con Charbonnel, che lo chiama al suo fianco come segretario generale quando assume la direzione di Nouvelle frontière nel 1972. Dopo la sconfitta di Jacques Chaban-Delmas alle elezioni presidenziali del 1974 e un periodo di esitazioni, B. entra nelle fila del RPR (Rassemblement pour la République), è eletto nel comitato centrale del nuovo Rassemblement (1984) e cerca di fare carriera, con modesti successi, nel suo dipartimento di Seine-Maritime: fa parte del consiglio municipale di Dieppe (1983-1989) e del consiglio regionale di Haute-Normandie (1986-1998). Deluso da Jacques Chirac, si avvicina agli ambienti legati a Barre; nell’autunno 1988 pubblica un saggio estremamente critico nei confronti del primo ministro nel periodo della prima coabitazione (1986-1988), Droite, Année Zéro, e partecipa all’avventura dei cosiddetti “rinnovatori”. Finalmente nel 1989 si candida – pare grazie all’intervento di amici barristi – alle elezioni europee nella lista di centro di Simone Veil (Centre pour l’Europe). B. si unisce quindi all’UDF tramite la componente degli “aderenti diretti” (dove occupa funzioni di vice delegato generale incaricato delle relazioni internazionali) e resta fedele a questa organizzazione al momento della creazione dell’UMP (Union pour un Mouvement populaire) e della decisione, presa da François Bayrou, di continuare a far vivere una forza centrista indipendente dall’UMP. Vicepresidente dell’UDF, B. sostiene Bayrou nella campagna per le elezioni presidenziali del 2007, non senza avanzare qualche riserva sulla strategia adottata dal candidato.

Il saggio Droite, Année Zéro, che ha fondato la reputazione di scrittore politico di B., aveva passato completamente sotto silenzio le questioni europee. Quindi è molto difficile capire se tali questioni abbiano svolto o meno un ruolo nell’evoluzione che è stata delineata finora. L’importante è che, una volta presa la decisione del 1989, il nuovo eletto europeo si assumerà pienamente le sue responsabilità, perorando con entusiasmo la causa della costruzione europea e dedicando un’attività considerevole al suo servizio. Nel quadro dei lavori dell’Assemblea di Strasburgo, B. è un parlamentare modello: redige rapporti, presiede commissioni (l’influente commissione per il controllo del bilancio nel 1993-1994, la commissione delle libertà pubbliche, della giustizia e degli affari interni nel 2004-2005), fa parte di diverse “delegazioni” del Parlamento (la delegazione per le relazioni con gli Stati Uniti, la delegazione per le relazioni con gli Stati del Golfo). Questa intensa attività consente a B. di essere rieletto senza difficoltà nel 1994, 1999 e 2004 (come capolista, di orientamento centrista, nel quadro di una grande circoscrizione interregionale creata in virtù delle nuove modalità di elezione dei deputati europei, circostanza che avrà come conseguenza l’abbandono del gruppo del Partito popolare europeo – PPE, da parte di B., per il gruppo dell’Alleanza dei democratici e dei liberali per l’Europa). Questo impegno gli procura anche la presidenza della sezione francese del Movimento europeo, un’organizzazione che aveva dato qualche segno di debolezza al momento della campagna referendaria del 1992. B. svolge queste funzioni dal 1995 al 1998. Attualmente è membro del consiglio d’amministrazione del think tank Notre Europe.

L’assiduità, il lavoro sui dossier e la presenza in numerosi posti di responsabilità rendono rapidamente B. uno dei parlamentari francesi più ascoltati, se non il più influente dell’Assemblea di Strasburgo. Raro privilegio che B. condivide con un manipolo di colleghi altrettanto impegnati sul fronte europeo, tra cui Olivier Duhamel per i socialisti, Nicole Fontaine e Alain Lamassoure nel centrodestra. La peculiarità di B. consiste nell’acutezza della sua riflessione sui problemi di fondo e nella libertà di tono piuttosto inconsueta in quella che viene chiamata la “società degli Europei”. Al contrario di molti dei suoi amici politici, B. è solito considerare con sguardo critico le insufficienze, perfino i difetti costituitivi, dell’impresa europea, con un’inclinazione a formulare moniti e raccomandazioni. Un’eccellente testimonianza di questo approccio è il discorso pronunciato nell’autunno 1996 in occasione di un convegno franco-tedesco organizzato da Joseph Rovan: il testo del discorso è pubblicato in un numero speciale della rivista “Documents” con il titolo La question institutionnelle commande l’avenir de l’Union européenne. Per lo storico, è forte la tentazione di individuare in questo scritto una sorta di eco delle sue vecchie convinzioni golliste in materia di politica internazionale.

Nel corso degli anni, B. diventa uno degli specialisti più accreditati degli affari europei. Oltre a questa crescente reputazione, la facilità di scrittura, il dono del dibattito e notevoli entrature nel mondo della stampa, gli permettono di esprimersi con regolarità, attraverso le “libere tribune” nei giornali e la partecipazione a dibattuti organizzati alla radio. Parallelamente, il deputato del Parlamento europeo diserta gradualmente la scena elettorale francese, abbandonando i suoi mandati locali e rinunciando al progetto (ufficialmente per ragioni di salute), un tempo accarezzato, di conquistare la poltrona di sindaco di Rouen. Così facendo, affronta il rischio di essere confinato nel ruolo di esperto, di apparire talvolta più come un commentatore che come un attore nel senso pieno del termine, giocando la carta dell’influenza piuttosto che quella del potere effettivo. Ma si deve riconoscere che questo tipo di atteggiamento è stato spesso, con molteplici varianti, quello di molti campioni di grande esperienza della causa europea. Forse in questo va cercata una delle ragioni della difficoltà del partito detto “europeo” di coinvolgere l’opinione pubblica quando si profilano all’orizzonte il dubbio e il disincanto.

Gilles Le Béguec (2007)




Boyer Salvador, Miguel

B. (San Juan de Luz, Francia 1939), dopo aver conseguito il diploma liceale, si interessò di storia, di arte e delle grandi civiltà antiche. Più tardi venne attratto dalla matematica e nel 1957 iniziò i suoi studi universitari a Madrid, dove si laureò in Fisica. Successivamente si laureò anche in Scienze economiche all’Università di Barcellona e, sempre nello stesso anno, divenne socio dell’Ateneo di Madrid, dove partecipò attivamente agli incontri ed ebbe modo di tessere i primi contatti politici.

B. si iscrisse al Partido socialista obrero español (PSOE) nel 1960. Nel febbraio 1962, a ventitré anni, mentre era studente di Fisica, fu arrestato dalla polizia franchista e condotto nel carcere di Carabanchel, con l’accusa di associazione illecita e propaganda illegale. Insieme a B. furono arrestati nell’occasione Miguel Ángel Martínez e Luis Gómez Llorente. Durante la prigionia conobbe altri detenuti politici di differenti ideologie: dagli anarchici, come Fidel Gorrón o Eduardo Madrona, membri del sedicesimo Comitato nazionale clandestino della Confederación nacional del trabajo (CNT), sino a Nicolás Sartorius e Carlos Zayas, reclusi a causa della loro appartenenza al Frente de liberación popular, conosciuto come “Felipe”. Miguel B. fu liberato nel giugno dello stesso anno.

Il 25 giugno 1966 B. si dedicò all’insegnamento, Sia nella Academia Krahe, centro privato di insegnamento specializzato nella preparazione di studenti di ingegneria, sia nella Escuela técnica superior de ingenieros de telecomunicaciones. In quello stesso anno fece il suo primo viaggio in Francia per incontrarsi con il leader del PSOE in esilio, Rodolfo Llopis. Durante questo incontro e in altri avvenuti più tardi in Francia, egli poté osservare di persona le differenze esistenti nella visione della situazione politica spagnola tra i militanti dell’interno e quelli esiliati. Su alcune questioni, le posizioni dei due gruppi erano radicalmente differenti, come nel caso della collaborazione con i comunisti: mentre i militanti dell’interno difendevano questa collaborazione, i dirigenti in esilio vi si opponevano. Questa situazione, associata alle tante reticenze dei giovani militanti socialisti dell’interno nei confronti degli esuli, provocò l’espulsione di B. dal PSOE nel 1968.

L’anno seguente entrò in contatto con due persone che avrebbero avuto una grande importanza nel futuro politico tanto del PSOE quanto della Spagna: Felipe González Márquez e Alfonso Guerra. Da questo momento la sua carriera politica si intrecciò al suo lavoro nella Banca di Spagna, dove aveva ottenuto per concorso un posto come economista, prima di diventare direttore degli studi presso l’Instituto nacional de industria e quindi direttore della pianificazione nell’Unión de explosivos de Río Tinto.

Nel 1970, il PSOE celebrò il suo XI Congresso a Tolosa, e in tale occasione affiorarono chiaramente le differenze tra gli storici dirigenti in esilio e i nuovi militanti dell’interno. Due anni più tardi, durante i lavori del XII Congresso, la rottura fra il gruppo “storico” e quello del “rinnovamento” divenne effettiva. Ma fu solo nel 1974, nel corso del XIII Congresso celebrato nella città francese di Suresnes, che, con l’appoggio del leader sindacale Nicolás Redondo, Felipe González venne eletto segretario del PSOE. In realtà B. non partecipò a tale congresso, ma divenne comunque uno dei membri di quella nuova classe dirigente socialista che da allora avrebbe tenuto le redini del partito sino alla vittoria elettorale dell’ottobre 1982. In tale veste B., nel gennaio 1975, avrebbe preso parte anche all’incontro sul tema “La nuova Spagna e l’Europa”, organizzato a Bruxelles nei locali della Commissione europea, dal Club realités europeénes du present, insieme ad altri prestigiosi membri dell’opposizione socialista, liberale e perfino regionalista.

Alla fine del 1975, Alfonso Guerra propose a B. di diventare responsabile della Segreteria internazionale del PSOE, ma egli non accettò, considerando tale incarico incompatibile con il suo lavoro presso la Unión de explosivos de Río Tinto. Dopo la morte di Franco, partecipò però attivamente alla riorganizzazione del partito, prestando una particolare attenzione all’evoluzione della situazione politica del paese. Nel dicembre 1976, il PSOE celebrò il suo XXVII Congresso in Spagna: fu l’occasione per presentare all’opinione pubblica la nuova generazione del partito. Questi nuovi dirigenti erano sostenuti dall’Internazionale socialista, che aveva apertamente scommesso sul PSOE anziché su altre formazioni socialiste minori. Al congresso furono presenti importanti personalità politiche europee come Willy Brandt, Olof Palme o François Mitterrand. In tale occasione, B. entrò nel Comitato esecutivo, come segretario per gli Affari economici, insieme a Felipe González, Alfonso Guerra, Carmen García Bloise, Luis Gómez Llorente, Miguel A. Pino, Javier Solana, Enrique Múgica e altri ancora. Tuttavia, già nel febbraio del 1977 egli si dimise dall’esecutivo, essendo in disaccordo con le mozioni approvate durante il Congresso, che definivano il PSOE come un’organizzazione di classe, marxista e rivoluzionaria.

B. entrò quindi nel Partido socialdemócrata, fondato da Francisco Fernández Ordóñez. Quando però il partito aderì alla Unión de centro democrático, l’organizzazione guidata da Adolfo Suárez, abbandonò la nuova formazione e rientrò nel PSOE. Candidato al Senato nella regione della Rioja alle prime elezioni democratiche svoltesi in Spagna dopo la morte di Franco, non ottenne i voti necessari. Fu però eletto deputato alle elezioni del 1979, grazie ai voti conseguiti nella provincia di Jaèn, ma abbandonò il Parlamento prima del termine del mandato. Tornato al Banco di Spagna, lavorò come assessore del vice governatore Mariano Navarro Rubio.

Nel 1981, Claudio Boada offrì a B. la direzione del settore pianificazione e studi del Instituto nacional de hidrocarburos (INH), che aveva il compito di raggruppare le imprese energetiche dal settore pubblico nel nuovo istituto, che si occupava dello sfruttamento energetico, del gas e del petrolio. B. accettò l’incarico e lavorò per la INH sino al 2 dicembre 1982, quando fu nominato ministro dell’Economia, del tesoro e del commercio nel primo governo socialista presieduto da Felipe González.

Appena tre mesi dopo la nomina a ministro, il 23 febbraio 1983, B. portò a termine l’espropriazione delle imprese e delle banche del gruppo Rumasa, proprietà di José María Ruiz Mateos, imprenditore di Jerez. Più di seicento imprese formavano il gruppo Rumasa, per un totale di circa 50.000 dipendenti. In risposta a coloro che, in diversi settori imprenditoriali, temevano che questo atto costituisse l’inizio di una politica di nazionalizzazioni, B. dichiarò tempestivamente che il proposito del governo era quello di riprivatizzare il prima possibile le imprese interessate dal provvedimento, e che tale misura era stata resa necessaria dalla situazione di fallimento nella quale versavano le imprese della holding.

Più in generale, per quanto concerne il lavoro di B. in favore dell’economia spagnola, va detto che la Spagna aveva ottenuto modesti risultati economici nel 1982: il deficit pubblico aveva raggiunto il 5,4% del PIL, l’inflazione aveva toccato quota 14,4%, il deficit annuo della bilancia dei pagamenti non era sceso sotto il 2% del PIL, la piaga della disoccupazione aveva colpito circa due milioni di persone. In questo difficile contesto B. adottò una politica liberale, la cui prima misura consistette nella svalutazione della peseta, al fine di ridurre il debito estero e dare impulso all’economia.

Verso la metà del 1983, B. presentò un Programma economico per i successivi tre anni, che prevedeva un duro lavoro di risanamento. Tuttavia, anche in questo caso, i risultati conseguiti non furono particolarmente buoni. Salvo l’inflazione, che effettivamente scese di sei punti in tre anni, tutti gli altri indicatori economici continuarono infatti a essere negativi: il deficit non si ridusse, i salari persero potere d’acquisto e la mancanza di lavoro interessò altre 500 mila persone, facendo lievitare il tasso di disoccupazione addirittura al di sopra del 20% nel 1985.

Nel frattempo, il ministro dell’Industria Carlos Solchaga aveva presentato nel maggio 1983 il Libro bianco per la reindustrializzazione, contenente le linee guida della riconversione industriale. La fase più dura del programma abbracciò il periodo compreso tra la metà del 1983 e il 1987: questa fase fu caratterizzata da una forte conflittualità sociale e da un duro scontro tra governo e sindacati, che avrebbe avuto il suo momento culminante nello sciopero generale del 14 dicembre 1988.

Questa situazione coincise peraltro con i lunghi e difficili negoziati che il governo socialista portò avanti per l’integrazione della Spagna nella Comunità economica europea (CEE). B. è sempre stato un difensore ad oltranza dell’integrazione spagnola in Europa (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della), avendo partecipato sin dagli anni Sessanta all’attività della Asociación española de cooperación europea (AECE) e avendo indirizzato al conseguimento di questo obiettivo buona parte della sua attività di ministro. Parimenti, egli fu sempre un fautore della permanenza spagnola nell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), tanto da aver preso pubblicamente le distanze dal suo partito nel periodo in cui il PSOE aveva sostenuto l’uscita della Spagna dall’organizzazione militare. Com’è noto, tuttavia, dopo pochi anni il partito avrebbe cambiato posizione su questo punto.

Nel 1985, B. presentò le sue dimissioni dal governo per andare a ricoprire la carica di presidente del Banco exterior de España, rimasta vacante dacché il titolare, Francisco Fernández Ordóñez, era diventato ministro degli Esteri nel nuovo governo guidato da Felipe González. Ma nel dicembre del 1988, dopo tre anni e mezzo di presidenza del Banco exterior, B. abbandonò anche questa carica per andare a lavorare nel settore privato: fu infatti nominato presidente della Cartera Central, una delle società del gruppo Construcciones y Contratas.

Nel 1996, B. annunciò a sorpresa la sua uscita dal PSOE per poter appoggiare la campagna di José María Aznar a capo del Partido popular (PP). Dopo il trionfo di quest’ultimo alle elezioni generali dello stesso anno, B. continuò a essere legato ai centri di potere economico, andando ad occupare nel 1999 la carica di presidente della Corporación logística de hidrocarburos, facente parte del gruppo Repsol-YPF. Negli anni Novanta anche il suo europeismo era via via scemato, tanto da indurlo a dichiararsi pubblicamente contrario all’euro e soprattutto all’ingresso della Spagna nell’eurozona.

Angel Herrerìn Lopez (2011)