Honecker, Erich

H. (Neunkirchen 1912-Santiago del Cile 1994) milita sin dall’adolescenza in organizzazioni del Deutsche kommunistische Partei (DKP) ricoprendo incarichi direttivi e, dopo il 1933, di azione clandestina, sino al suo arresto nel 1935 e la condanna nel 1937 a dieci anni di reclusione. Evaso dal carcere di Brandenburg-Goerden, il 6 marzo 1945, alla fine di aprile si costituisce ed è liberato poco dopo dall’Armata sovietica: una vicenda non molto limpida. Segue una parentesi, piuttosto oscura, sino al luglio, quando riprende la sua attività, d’intesa con le autorità sovietiche di occupazione e con Walter Ulbricht reduce dall’URSS: Segretario giovanile del Comitato centrale e poi presidente del Comitato giovanile della zona sovietica sino alla costituzione della Freie deutsche Jugend (FDJ) nel marzo 1946, al Congresso di unificazione KPD-SPD dell’aprile diventa membro del Comitato centrale del nuovo partito. Nel primo parlamento della FDJ (maggio 1946) il discorso di H. richiama l’attenzione: criticando il passato nazionalismo di cui sono colpevoli i grandi gruppi economici, lancia un vibrante appello ai giovani affinché lottino per l’unità della nazione. H consolida la sua posizione con il suo discorso nel secondo Parlamento della FDJ a Meissen nel maggio 1947. Ad attestare la rilevanza della FDJ una delegazione di cinque persone, con Honecker, è invitata a Mosca nel luglio 1947 (Friedensflug nach Osten), un avvenimento giudicato significativo nel clima dell’epoca. H intende fare della FDJ la riserva di quadri per la Sozialistische Einheitspartei Deutschlands (SED), un partito di nuova formazione di impronta stalinista. La stalinizzazione della SED trova conferma nelle elezioni del maggio 1949 a liste bloccate. H. diventa membro del Volksrat, che nell’ottobre proclama la Deutsche Demokratische Republik (DDR). La morte di Stalin sarà un duro colpo, cui si aggiungono l’insurrezione a Berlino e altrove nel giugno 1953. Per H. si tratta di una “provocazione fascista”, interpretazione cui si attiene sino alla fine. Una insurrezione delle masse contro il potere dei lavoratori non è concepibile: lo ribadisce con energia il 21 agosto 1953 al Consiglio centrale della FDJ. La concomitante crisi di potere a Mosca (eliminazione di Berja) salva Ulbricht e rafforza il rapporto con H., investito anche lui da critiche per non aver capito in tempo l’umore della gioventù. Ne esce indenne e Ulbricht nel riprendere in mano la SED ne prende le difese.

Nel quinto Parlamento della FDJ nel maggio 1955 H. conclude la sua attività di leader della gioventù. Dall’agosto 1955 al luglio 1956 frequenta la Scuola del Partito a Mosca. Al rientro gli viene affidata la responsabilità della sicurezza (Forze armate e di polizia). Affronta la crisi nel blocco sovietico dell’autunno 1956 attaccando con violenza ogni voce critica sensibile a quanto avviene in Ungheria e Polonia e appoggia Ulbricht nella lotta interna alla SED (eliminazione di Schirdewan). Sostegno alla dirigenza, capacità di adattamento alle esigenze dei sovietici, fermezza contro ogni deviazione vengono premiati: nel luglio 1958 diventa membro del Politburo e nel 1960 segretario del Consiglio nazionale di difesa. Oramai è il numero due della gerarchia. La costruzione del Muro di Berlino nell’agosto 1961 è coerente con la visione di H, che dirige l’opera, da lui ritenuta indispensabile difesa antifascista per salvare la pace e permettere lo sviluppo della DDR. Lo stesso vale per l’intervento militare della Forze armate della DDR in Cecoslovacchia nel 1968.

Nella seduta del 3 maggio 1971 il Comitato centrale della SED ratifica all’unanimità la decisione del Politburo di nominare H. primo segretario, accettando le dimissioni di Ulbricht motivate da ragioni di salute, ma in realtà risultato di un colpo di mano da H. attentamente preparato con l’appoggio di Mosca. Nel giugno 1971 H. diventa presidente del Consiglio nazionale di sicurezza e nell’ottobre 1976 presidente del Consiglio di Stato (in sostanza capo dello Stato), assommando la totalità dei poteri.

H. rinnova il Politburo con persone di sua fiducia e rivela una nuova personalità: più comunicativa, pragmatica e senza ambizioni teoriche. Cercando di rendere più efficiente l’apparato burocratico intende imprimere un clima più disteso e permissivo nei costumi, assicurando una più ampia disponibilità di beni di consumo e di abitazioni e migliorando il sistema sociale e sanitario, nonché l’istruzione. I risultati sembrano incoraggianti.

Riprende i colloqui con la Repubblica Federale Tedesca (v. Germania) secondo linee politiche non dissimili da quelle rimproverate a Ulbricht. L’insoddisfazione fra gli intellettuali e la crisi economica erodono il consenso interno di H., che invece guadagna prestigio nei rapporti internazionali dopo la visita di Schmidt (v. Schmidt, Helmut) (dicembre 1981). Nel settembre 1987 H. si reca in visita ufficiale a Bonn.

Nei confronti del nuovo corso nell’URSS H. pretende che la DDR abbia già raggiunto quanto Gorbačëv (v. Gorbačëv, Michail Sergeevič) vorrebbe conseguire nell’unire sviluppo economico e politica sociale. Mentre si deteriora ulteriormente la situazione economica (indebitamento crescente verso l’estero e riduzione delle forniture sovietiche di energia). H. continua a non condividere l’orientamento di Gorbačëv (che definisce “un ingenuo”): si dice convinto che lo Stato e il partito siano in grado di rappresentare gli interessi di tutti, e che la DDR può esistere solo grazie al suo ordinamento socialista diverso da quello della Repubblica federale. La manipolazione dei risultati delle elezioni comunali del maggio 1989 acuisce la sfiducia della popolazione, che protesta in piazza e fugge in massa in Occidente. H. non si rende conto del precipitare rapido degli eventi neppure dopo i colloqui nell’ottobre 1989 con Gorbačëv, per il quale la sopravvivenza della Russia è oramai più importante del destino della DDR. Alcune proposte all’interno del Politburo di prendere atto della gravità della situazione urtano contro l’immobilismo ideologico di H., sofferente per i postumi di una grave operazione. Il 17-18 ottobre 1989 il Politburo e il Comitato centrale decidono di sostituire H. con Egon Krenz. H. rassegna le dimissioni per motivi di salute da tutti gli incarichi con un discorso in cui ribadisce la sua fede nella ideologia marxista-leninista e nella ragion d’essere di uno Stato socialista tedesco. La nuova dirigenza viene travolta dagli eventi del 9-10 novembre (caduta del Muro di Berlino) (v. Germania).

Il 23 novembre inizia a carico di H. un procedimento di accertamento della Commissione di Controllo della SED per distrazione di fondi. La stessa accusa viene mossa il 25 novembre dalla Procura generale della DDR. H. contesta vivacemente, le accuse, ammettendo soltanto errori politici: carenze democratiche in seno al partito; inadeguatezza della politica dei media; burocratizzazione della libertà di movimento dei cittadini. Segue un procedimento per alto tradimento: arrestato e assegnato agli arresti domiciliari, il 3 aprile H. viene accolto insieme alla moglie nell’ospedale militare sovietico presso Potsdam. Prosciolto da quei capi di imputazione ne vengono notificati altri il 10 agosto (ordine di uso delle armi alla frontiera contro cittadini in fuga). I sovietici, in intesa tacita con le autorità di Bonn, lo trasferiscono in agosto in ospedale a Mosca, ove H. chiede asilo politico, dichiarando che un processo in Germania sarebbe una messa sotto accusa della DDR. Le autorità sovietiche gli notificano il 10 dicembre un provvedimento di espulsione, ma lo stesso giorno l’ambasciatore del Cile, Almeyda, che era stato accolto dalla DDR dal 1976/1987, lo ospita sotto copertura diplomatica. Revocata la condizione di “ospite” il 29 luglio dietro pressioni tedesche, H. viene tradotto in carcere a Berlino. Nonostante le perizie mediche attestanti la gravità delle condizioni di salute, i magistrati insistono celebrazione affinché venga svolto il processo, che inizia il 12 novembre 1992 in condizioni umilianti per un imputato infermo. Dopo la decisione della Corte suprema di Berlino, H. viene rilasciato il 13 gennaio 1993 e trasferito in aereo a Santiago del Cile.

La figura di H. esprime la devozione al comunismo sovietico di una generazione di tedeschi convinti che con il comunismo la DDR potesse essere la migliore risposta alla storia tedesca, sebbene autoritaria. Tuttavia H. non seppe comprendere che l’evoluzione nell’URSS avrebbe segnato il destino della DDR, mettendone in luce la precarietà.

Luigi Vittorio Ferraris e Chiara Tamponi (2010)




Howe, Geoffrey

H. (Port Talbot 1926) è un eminente politico conservatore britannico che ha svolto un ruolo molto costruttivo durante i governi di Margaret Thatcher. Fatto forse più significativo, ha dato le dimissioni nel 1990 dopo alcuni disaccordi con il primo ministro riguardo all’orientamento della politica sull’Europa. Si ritiene che il suo discorso di dimissioni nel novembre 1990 abbia fatto precipitare la serie di eventi che ha portato subito dopo alla caduta della Thatcher. H. considerava con orgoglio il Partito conservatore come “il partito dell’Europa” nella politica britannica, diverso dal Partito laburista che aveva invece assunto una posizione più ostile al progetto europeo in alcune fasi della sua storia.

Dopo aver esercitato per un periodo la professione di avvocato, H. intraprese la carriera politica. Deputato al Parlamento per Bebington dal 1964 al 1966, venne eletto deputato per Reigate nel 1970 e rimase deputato fino al 1992.

Entrato la prima volta nel governo nel 1972 come ministro al Dipartimento del Commercio e dell’Industria, partecipò a tutte le fasi dell’iter parlamentare per l’approvazione del disegno di legge sulle Comunità europee che portò all’adesione del Regno Unito alla Comunità economica europea (CEE).

H. sviluppò la sua visione dell’Europa lavorando per Edward Heath, durante il cui premierato il Regno Unito aderì alla CEE. A partire dal momento in cui il paese si candidò alla CEE, negli anni Sessanta e sotto la leadership di Harold Macmillan, H. si convinse dell’importanza di questa causa. Come affermò in seguito nelle sue memorie: «Se la Gran Bretagna dovesse mai, usando le parole crudeli di Dean Acheson, trovare un proprio ruolo, sono sempre più convinto che questo dovrebbe essere in Europa».

I conservatori dovettero attraversare un periodo di cinque anni all’opposizione, dal 1974 al 1979, per poi riorganizzarsi sotto Margaret Thatcher, divenuta leader del partito nel 1975. H. in realtà concorse al ballottaggio nelle elezioni per la leadership del partito conservatore, ma fu sconfitto. Alla fine delle elezioni, la Thatcher lo nominò cancelliere ombra e fu in questo periodo che H. sviluppò parte della teoria del libero mercato che avrebbe permeato il pensiero dei conservatori quando ritornarono al governo nel 1979.

Dal 1979 al 1989 H. ricoprì le cariche di cancelliere (1979-1983), segretario per gli Affari esteri (1983-1989) e vice primo ministro (1989-1990). Nel ruolo di cancelliere adottò un approccio radicale per ridurre l’inflazione, diminuire il carico delle imposte dirette e liberalizzare l’economia. Svolse altresì un ruolo decisivo al Vertice di Fontainebleau (v. Accordi di Fontainebleau) nel negoziare la compensazione relativa al contributo britannico al bilancio comunitario (v. Bilancio dell’Unione europea) e partecipò come segretario degli Esteri al Vertice di Lussemburgo nel 1985 (v. anche Vertici), il cui risultato fu l’Atto unico europeo (AUE). H. e il governo sostennero l’allargamento del Mercato unico europeo dove fosse necessario per il suo effettivo funzionamento. In realtà il governo britannico considerò l’AUE come una rivoluzione del libero mercato in Europa e adottò lo slogan “Thatcherismo su scala europea”.

H. fu segretario per gli Affari esteri in un momento critico per il paese e rafforzò le relazioni con l’amministrazione americana quando la Guerra fredda era ancora al culmine. Fu, tuttavia, sulla questione europea che si affermò sempre più la sua indipendenza dal primo ministro. Margaret Thatcher, nelle sue memorie, criticò in seguito la posizione di H., improntata a un «vago europeismo […] un desiderio quasi romantico che la Gran Bretagna facesse parte di un certo grandioso accordo europeo».

Un momento critico nei rapporti tra H. e il primo ministro si ebbe quando la Thatcher pronunciò il famoso discorso di Bruges nel 1988, nel quale dichiarò la sua opposizione a «un super-Stato europeo» che avrebbe esercitato un nuovo dominio da Bruxelles.

Quando Margaret Thatcher si oppose all’adesione britannica al meccanismo di cambio europeo, H. e il cancelliere Nigel Lawson minacciarono di dimettersi prima del Consiglio europeo di Madrid, che si sarebbe svolto nel giugno 1989. H. aveva una visione dell’Unione economica e monetaria più pragmatica rispetto a quella della Thatcher e riteneva che la moneta unica avrebbe potuto avvantaggiare il Regno Unito. Nelle sue memorie afferma: «Le transazioni finanziarie in un mercato unico, dal settore commerciale a quello turistico, sarebbero senza dubbio molto più facili e più redditizie se potessero concludersi con una moneta unica, come negli Stati Uniti. In assenza di una moneta unica, sarebbe realmente vantaggioso ottenere un sistema di tassi di cambio più o meno stabili tra le diverse monete in uso nel mercato». H. illustrò la sua posizione alla conferenza dei conservatori nel 1990: «L’adesione al Meccanismo di cambio europeo non significa intraprendere un cammino che porta inesorabilmente a una moneta unica. Il prossimo treno europeo sta per partire per destinazione ancora sconosciuta ma certamente verso una sorta di unione economica e monetaria. [La Gran Bretagna] siederà nella cabina di comando? O in coda al treno?». Il Regno Unito alla fine aderì agli accordi di cambio europei nell’ottobre del 1990.

Dopo un ritorno alla politica interna come leader della Camera dei Comuni e vice primo ministro nel 1989, H. si dimise dal gabinetto nel novembre 1990 dopo che Margaret Thatcher dichiarò al Consiglio europeo che il Regno Unito non avrebbe mai aderito alla moneta unica. Nella sua lettera di dimissioni, H. criticò il governo per la sua posizione riguardo all’Europa: «Mi rattrista riconoscere l’enorme differenza che è emersa tra noi sulla questione sempre più rilevante del ruolo britannico in Europa […]. Dobbiamo essere al centro dell’alleanza europea, svolgendo un ruolo primario e costruttivo che incuta rispetto. Dobbiamo esser capaci di persuadere gli amici come di sfidare gli avversari e di avere l’ultima parola prima che si definiscano le posizioni».

Il 13 novembre 1990, nel suo discorso di dimissioni, H. si presentò alla Camera dei Comuni dichiarandosi combattuto tra la fiducia al primo ministro e l’intento di servire gli interessi del paese. Ricorse a una metafora del gioco del cricket per descrivere le relazioni della Gran Bretagna con l’Europa: «è come se inviassimo i primi battitori alla linea di battuta per poi fargli scoprire, quando vengono lanciate le prime palle, che le loro mazze sono state rotte prima della partita dal capitano della squadra». Nel giro di poche settimane, la Thatcher si dimise da primo ministro per essere sostituita da John Major, che fu rieletto alle politiche del 1992. H. stesso si dimise dalla Camera dei Comuni nel 1992. Continua a svolgere un ruolo attivo nella vita pubblica. Nel 1994 ha pubblicato un libro di memorie, Conflict of loyalty, e partecipa ai dibattiti alla Camera dei Lord su varie questioni di politica estera e riguardanti l’UE. Riveste diverse cariche di direttore non esecutivo in alcune aziende e svolge attività di consulenza per studi legali e università.

Zaki Cooper (2009)