Pujol I Soley, Jordi

P. (Barcellona 1930) dopo gli studi liceali consegue la laurea in Medicina presso l’Università di Barcellona. Attivo politicamente fin dall’adolescenza e animato dal desiderio di riaffermare l’identità catalana, in quel periodo negata dal regime franchista, P. frequenta gli ambienti catalanisti. Entra a far parte di gruppi antifranchisti legati al nazionalismo catalano come il Grupo Pere Figuera, come la Cofradía de la Mare de Déu de Montserrat de Virtèlia o il Grupo Torras i Bages, dove milita il socialista Joan Raventós. Nel 1954 partecipa alla creazione di un movimento culturale clandestino chiamato Crist Catalunya (CC), in cui si mescolano catalanismo, cultura progressista e ideologia cristiana. Compie azioni dimostrative contro il regime di Franco come la collocazione di bandiere catalane in luoghi pubblici, la diffusione di pubblicazioni antifranchiste o scritte murali inneggianti alla Catalogna. Risale a quest’epoca l’organizzazione della riuscita campagna di boicottaggio contro il periodico catalano “La Vanguardia” e il suo direttore, il franchista e anticatalano Luis de Galinsoga. Nel 1960 conosce la durezza della repressione franchista a seguito degli “avvenimenti del Palau de la Música” di Barcellona. Quel giorno, 19 maggio, durante le celebrazioni del centenario della nascita del poeta catalano Joan Maragall, P. e altri militanti, sfidando le autorità e di fronte a quattro ministri di Franco, lì presenti, intonano il proibito Cant de la Senyera (Il canto della bandiera), un inno all’emblema catalano. Qualche giorno dopo P. è arrestato e torturato. Giudicato da un tribunale di guerra, accusato di essere l’autore del pamphlet antifranchista Us presentem el general Franco, è condannato a 7 anni. Ne sconta due e mezzo nel carcere di Torrero, presso Saragozza, fino a quando, nel dicembre 1962, viene liberato. Una volta scarcerato e trascorsi nove mesi di confino nella città di Gerona, P. riprende il proprio impegno a favore della Catalogna. Lo slogan “Fer país” (“Fare paese”) riassume la sua strategia d’azione: promozione della lingua e della cultura catalana con l’obiettivo di costruire una società consapevole e cosciente della propria identità. All’impegno politico si somma l’attività economica e finanziaria quando, nel 1959, P. è tra i fondatori, insieme al padre, della Banca catalana. L’istituto di credito, oltre ad avere come compito quello di migliorare e potenziare l’economia della ragione, incentiva e promuove iniziative legate alla cultura catalana.

Distante da dogmatismi e da posizioni rigidamente ideologiche, P. cerca di coinvolgere nei suoi progetti persone con sensibilità politiche differenti, ma unite sotto il segno dell’antifranchismo e della volontà di riaffermazione dei diritti e della specificità della Catalogna rispetto al resto della Spagna. Risalgono a questi anni le campagne per l’insegnamento e l’uso del catalano nelle scuole e in chiesa, per avere vescovi catalani, il finanziamento a riviste, dizionari, case editrici e case discografiche che utilizzano la lingua catalana o a progetti culturali di più largo respiro come la Gran enciclopèdia catalana, la Institució pedagogica Rosa Sensat o l’Estudis i investigacions SA (EISA), in vista di un futuro centro di studi universitari catalani. Molte di queste iniziative vengono promosse dal Centre d’informació, recerca i promocions (CIRP), un organismo creato da P. nel 1964.

Negli anni Settanta, P. decide di fare politica in forma più diretta, costituendo nel 1972, i Grupos de acción al servicio de Cataluña (GASC) e, nel 1974, fondando clandestinamente Covergència democrática de Catalunya (CDC), partito nazionalista catalano di tendenza moderata e progressista. Alla costruzione di questo progetto politico partecipano – fra gli altri – Miquel Roca (uno dei “padri” della Costituzione del 1978), Miquel Sellarès, Miquel Esquirol, Roser Capell e Anton Cañellas i Balcells e Josep Miró i Ardèvol, questi ultimi due rappresentanti di un’altra formazione nazionalista, l’Unió democràtica de Catalunya (UDC).

Nel novembre 1975 muore il generale Franco e la Spagna incomincia a intraprendere quel delicato processo di transizione e cambiamento che la condurrà alla democrazia. Il 1977 è un anno importante per il ristabilimento delle libertà politiche in Catalogna: il 29 settembre il governo di Adolfo Suárez ripristina la Generalitat (nome del governo autonomo catalano) che Franco aveva disciolto dopo la vittoria del 1939. A reggere le sorti del governo provvisorio è chiamato Josep Tarradellas, presidente della Generalitat in esilio, di ritorno in Catalogna dopo trentotto anni. Il 1977 è anche l’anno delle prime elezioni democratiche generali: il partito di P., legalizzato nel mese di febbraio – quello comunista di Santiago Carrillo lo sarà solamente nell’aprile – partecipa al voto del 15 giugno. Fa parte di una coalizione di partiti denominata Pacte democràtic per Catalunya che comprende oltre alla stessa CDC, anche il Partit socialista de Catalunya-reagrupament (PSC-R), il Front nacional de Catalunya (FNC) e l’Esquerra democràtica de Catalunya (EDC) di Ramón Trias Fargas. Obiettivo comune di queste forze è l’approvazione di uno statuto d’autonomia per la regione sul modello di quello approvato nel 1932, durante gli anni della Seconda repubblica. P., capolista, è eletto deputato alle Cortes. Nominato capogruppo del suo partito, ricopre il ruolo di vicepresidente della commissione Difesa dal 1977 al 1979. Nel dicembre, il presidente Tarradellas lo chiama al governo del Generalitat in qualità di consigliere.

Intanto, nel mese di luglio 1977, il congresso dei deputati, con un accordo fra i vari gruppi parlamentari, istituisce una commissione, formata da sette membri, con il compito di elaborare una bozza di Costituzione: il problema delle autonomie e del decentramento politico e amministrativo è uno fra i più largamente trattati e dibattuti. L’obiettivo è quello di dare risposte alle rivendicazioni di autogoverno là dove sono maggioritarie, più forti e radicate nella popolazione, come nel caso della Catalogna, dei Paesi baschi e, anche se in misura minore, della Galizia. L’articolo 151 concede a queste tre regioni – nel testo costituzionale (art. 2) si usa il termine “nazionalità” – una serie di facilitazioni nell’ottenimento dell’autonomia e più larghe competenze a livello di governo locale. Le altre regioni spagnole che, in futuro, desidereranno accedere all’autogoverno, dovranno rivolgersi all’art. 143 che prevede una procedura più lenta e una meno ampia concessione di competenze. Nel mese di giugno la commissione incaricata di redigere la bozza costituzionale termina il proprio compito. Il testo, una volta discusso, è votato e approvato dal Parlamento e dalla maggioranza degli spagnoli, che, chiamati a esprimersi attraverso un referendum popolare, si esprimono a favore della nuova Costituzione (87,7%). Anche P. invita i propri elettori a votare per il “sì”.

Intanto, in vista dell’appuntamento elettorale del 1979, la composizione del quadro politico muta: il Pacte democràtic per Catalunya si sgretola. Il PSC-R e il CDC abbandonano la coalizione e imboccano strade politiche differenti, cercando nuove alleanze. Nel settembre 1978, il partito di P. si accorda con la Unió democratica de Catalunya (UDC), formazione politica nazionalista moderata d’ispirazione socialcristiana. Nasce Convergència i unió (CiU), un’alleanza politica che si dimostrerà salda e durevole negli anni, restando unita fino a oggi. Nel 1979, gli abitanti della Catalogna sono chiamati tre volte alle urne. Il 1° marzo si vota per le elezioni legislative indette dopo l’entrata in vigore della carta costituzionale: se la vittoria va all’Unión de Centro democrático (UCD) – il partito del primo ministro Suárez –, CiU ottiene il 2,7% a livello nazionale e P. è rieletto deputato. Nelle consultazioni municipali del 3 aprile, CiU consegue buoni risultati nei piccoli centri, mentre nelle grandi città e a Barcellona sono le forze di sinistra (socialisti) a vincere. Infine, il 5 ottobre, i catalani approvano con un 88% di voti a favore, lo statuto di autonomia.

Il 20 marzo 1980 si celebrano le elezioni per la presidenza della Generalitat catalana. P. diventa presidente e CiU si afferma come la forza politica con il maggior numero di consensi (752.943 voti), ottenendo 43 seggi. Non avendo che la maggioranza semplice, per governare servono i voti dell’Esquerra repubblicana de Catalunya, partito catalanista, repubblicano e di sinistra che ha conquistato 14 seggi. Tuttavia, il successo di misura, non impedisce a P. di formare un governo monocolore. La maggioranza assoluta è ottenuta da P. nelle elezioni del 1984, quando CiU raggiunge il 47% dei consensi, nonostante le voci, sempre più insistenti, di un suo presunto – e mai provato – coinvolgimento negli scandali seguiti al fallimento della Banca catalana del 1982. Da quel momento in poi P. reggerà le sorti della Generalitat, vincendo le elezioni per la presidenza nel 1988, 1992, 1995, 1999 e governando, dunque, per ventitré anni di seguito, fino al 2003, anno in cui decide di ritirarsi dalla politica attiva. Il peso politico di P. si fa sentire anche a livello nazionale, dato che sia il governo socialista di Felipe Màrquez González, nel 1993, sia l’esecutivo popolare di José María Aznar, nel 1996, non avendo maggioranze parlamentari autosufficienti, devono richiedere l’appoggio di CiU per poter governare. Abilmente, P. utilizza tutto il potere negoziale che gli deriva dall’essere politicamente indispensabile, per ottenere maggiori competenze e più autonomia per la Catalogna.

Considerando le linee guida della sua azione politica non solamente è chiaro il tentativo di proiettare a livello internazionale la cultura, il territorio, le capacità imprenditoriali e le potenzialità economiche della regione catalana, ma anche la volontà di promuovere l’idea di una Catalogna come entità autonoma, con sue proprie peculiarità, ben diversa e distinta, da un punto di vista culturale, politico ed economico, dal resto della Spagna. È soprattutto in Europa che la Catalogna, storicamente aperta e rivolta a quanto accade nel resto del continente, può reperire gli spazi necessari per ampliare i propri scambi commerciali, può trovare nuovi mercati dove esportare i propri prodotti culturali, nuove occasioni e opportunità per farsi conoscere e riconoscere come realtà indipendente.

Europeista convinto e attento ai rapporti del governo catalano con l’estero, P. fonda, nel 1982, il Patronat català pro Europa (PCPE). Anticipando, di fatto, di 4 anni l’ingresso della Spagna nella Comunità economica europea (CEE), questo consorzio pubblico, composto da camere di commercio, comuni, università e istituti bancari, si propone l’obiettivo di preparare e introdurre la società civile, il mondo della cultura e dell’economia catalane all’interno delle dinamiche, delle strutture e delle Istituzioni comunitarie. Con l’entrata della Spagna nella CEE, il PCPE può ampliare il proprio campo d’azione e le proprie competenze, aprendo un ufficio a Bruxelles e disponendo di una delegazione con il compito di difendere gli interessi della Catalogna e di garantire un legame permanente tra società civile e istituzioni europee. Dal 2006, in base alle disposizioni del nuovo statuto di autonomia catalano, questa rappresentanza a Bruxelles può ufficialmente essere definita come “Delegació del govern de la Generalitat de Catalunya davant la Unió europea”.

Com’è facile prevedere, l’Europa che ha in mente P. è anche, e soprattutto, quella delle regioni e dei popoli. Egli si adopera affinché la Comunità europea diventi un luogo in cui non solamente gli Stati nazionali, ma anche le regioni, come la Catalogna, con proprie e forti radici storiche e culturali, possano avere un accesso diretto allo spazio comunitario, agendo in piena autonomia, da protagoniste e sviluppando iniziative proprie. P. partecipa e dà impulso a progetti politici in ambito europeo in cui è marcato il contenuto regionalista, collaborando, nel 1985, con il francese Edgar Faure nel Consiglio delle regioni d’Europa (v. Consiglio dei comuni d’Europa) e, dal 1992 al 1996, diventando presidente dell’Assemblea delle regioni d’Europa, che del Consiglio delle regioni è la prosecuzione. Nel 1987, alle elezioni per il Parlamento europeo, il partito guidato da P. ottiene 3 seggi.

Nel 2003 P. è presidente della Comunitat de Treball dels Pireneus, organismo interregionale di cooperazione economica nato nel 1983 con lo scopo di favorire i legami, gli scambi e l’integrazione delle 8 collettività territoriali (3 francesi, 4 spagnole più il principato di Andorra) situate nella zona pirenaica. Più recentemente, P. ha dato vita all’Institut català d’estudis mediterranis, istituzione che si occupa delle problematiche politico-economiche del bacino del Mediterraneo con una particolare attenzione per il Nord Africa e il Maghreb. Il 2003 segna anche il suo ultimo anno alla guida della Generalitat: P. abbandona la scena politica attiva, designando come suo successore Artur Mas. Pur ottenendo buoni risultati elettorali, il candidato di CiU non è eletto presidente. Nelle due ultime consultazioni elettorali, la vittoria è andata ai canditati socialisti Pascual Maragall (2003) ex sindaco di Barcellona e a José Montilla (2006), ex ministro dell’Industria, commercio e turismo nel governo di José Luis Rodríguez Zapatero.

Attualmente P., presidente di CDC e presidente fondatore di CiU, è membro di istituzioni e organismi internazionali come Notre Europe, associazione fondata da Jacques Delors, o come il World political forum. Nel 2005, a Barcellona, ha dato vita a una fondazione privata di studi politici denominata Centro de estudis Jordi Pujol (CEJP).

Alessandro Seregni (2008)




Punset Casals, Eduardo

P. (Barcellona1936) avvocato ed economista, svolge un ruolo di spicco nella transizione verso la democrazia come segretario generale del governo formatosi dopo le prime elezioni democratiche e nell’apertura della Spagna all’estero come ministro dei Rapporti con la Comunità economica europea (CEE), un incarico che svolge dal 9 settembre 1980 al 28 febbraio 1981, durante l’ultimo governo di Adolfo Suárez.

P. si laurea nel 1958 in diritto all’Università di Madrid. Approfondisce gli studi di economia alla London school of Economics, ottenendo un master in scienze economiche. Inoltre si diploma alla sezione finanziaria dell’École pratique des hautes études di Parigi. Nel 1965 è consulente alla direzione finanziaria della Red española nacional de ferrocarriles (RENFE) in materia di pianificazione e proposte finalizzate al programma di modernizzazione negoziato con la Banca mondiale. Due anni più tardi prende servizio come direttore economico dell’edizione latino-americana del giornale “The Economist” di Londra. Nel 1969 entra al Fondo monetario internazionale (FMI) come economista, partecipando ai negoziati sui crediti tra questa istituzione finanziaria e i paesi dell’area occidentale. Nel 1971 è nominato rappresentante del Fondo monetario internazionale nei Caraibi, con sede ad Haiti. Nel 1973 entra nel Banco hispano-americano come vicedirettore generale per la pianificazione e gli studi economici e finanziari. Nel luglio 1977 è nominato segretario generale del ministero dell’Industria e dell’Energia. Nel 1979 diventa consigliere per l’economia e le finanze della Generalitat de Cataluña, partecipando attivamente alla creazione dello stato delle autonomie.

Nel dicembre del 1979 pubblica il suo primo libro, La salida de la crisis, in cui prospetta diverse soluzioni per rinvigorire l’economia spagnola. P. suggerisce che gli strumenti da impiegare per entrare nel Mercato comune sono gli stessi da adottare per uscire dalla crisi in cui è sprofondata l’economia spagnola. Il principale di questi strumenti è l’ammodernamento delle strutture produttive, soprattutto la conclusione del processo di riforma interna iniziato alcuni anni prima. Poco dopo, nel settembre 1980, P. ottiene il grado di ministro per le relazioni con le Comunità europee, un incarico che conserverà per poco tempo fino alla caduta dell’ultimo governo Suárez, il 26 febbraio 1981.

Secondo lo stesso P., il fatto di aver trascorso all’estero gran parte dei suoi anni di formazione in gioventù, immerso in realtà accademiche e d’informazione rappresentative come la London school of Economics, la BBC e “The Economist”, insieme alla sua esperienza professionale in organismi come il FMI, lo hanno dotato di ampie conoscenze sull’Europa e l’hanno messo in contatto con le grandi correnti economiche e finanziarie mondiali. Queste circostanze gli hanno consentito di affrontare in una prospettiva ampliata i negoziati con le Comunità europee. Il fatto di non provenire, come di consueto, dalle gerarchie degli alti corpi dello Stato ha permesso a P., secondo il diplomatico Nuño de Cárcer, di «[…] affrontare i suoi temi senza trionfalismi politici, né preoccupazioni burocratiche, cioè in modo tranquillo, schietto, cercando di far arrivare all’opinione pubblica spagnola un’informazione il più possibile chiara» (v. Aguirre De Carcer, 1982). Anche la sua gestione a capo della segreteria generale tecnica dell’Industria, dove dà impulso a un cambiamento nella filosofia del ministero, gli fornisce uno strumento molto utile per svolgere le sue funzioni di massimo responsabile dei negoziati della Spagna con la CEE.

Durante i quasi sei mesi a capo dei negoziati con la CEE, P. affronta una situazione difficile in cui le trattative con la Spagna ristagnano in conseguenze del cosiddetto “blocco Giscard”. Il Presidente della Repubblica francese Valéry Giscard d’Estaing, nel giugno 1980, dichiara che è necessario in primo luogo risolvere tutti i problemi derivanti dall’ingresso di Regno Unito, Irlanda e Danimarca prima di continuare con i nuovi negoziati di adesione. La crisi interna della Comunità era scaturita dal contenzioso finanziario con il Regno Unito, che aveva chiesto di rivedere il suo contribuito alla Comunità, obbligando a riformare alcuni aspetti della Politica agricola comune, specialmente in riferimento alle produzioni mediterranee, cosa che coinvolgeva senza dubbio a pieno titolo la Spagna. Il “blocco” significava che la Francia, senza opporsi al principio del futuro ingresso della Spagna e del Portogallo nella CEE, rifiutava però di continuare i negoziati in merito ai capitoli agricoli finché la Comunità non avesse modificato i suoi regolamenti interni in questi settori (v. Bassols, 1995, pp. 237-247).

P., come ministro delle Relazioni con le Comunità europee, si pone due obiettivi fondamentali. Il primo, sul fronte interno, consiste nello spiegare all’opinione pubblica spagnola non solo il cammino dei negoziati, ma anche la necessità dell’apertura della Spagna all’esterno, aderendo senza indugio al Mercato comune. Un compito non sempre facile, a causa dell’opposizione di alcuni settori imprenditoriali restii ad adottare gli strumenti di riforma e raggiustamento necessari per inserire l’economica spagnola nel contesto europeo. Il secondo obiettivo, in ambito comunitario, consiste nel cercare di riattivare il ritmo dei negoziati con la Spagna, che sono stati compromessi dal “blocco Giscard”. Per ottenere lo scopo, P. compie molte visite alle istituzioni europee e nelle capitali dei paesi membri, intrattenendo colloqui con varie personalità influenti in campo comunitario. Fra questi colloqui, P. considera il più fruttuoso quello con il primo ministro francese Raymond Barre, perché ritiene che sia stata la sua opinione a determinare lo sblocco del negoziato sul capitolo agricolo.

Ma l’impegno di P. con l’Europa non si esaurisce in questo breve ma intenso coinvolgimento come massimo responsabile dei negoziati della Spagna con la CEE. Nel 1982 l’ex ministro scrive Sociedad cerrada, sociedad abierta, in cui propone il suo pensiero politico di convinto europeista e liberale, che punta risolutamente sull’inserimento della Spagna nei circuiti dell’economia mondiale; dedica vari capitoli a spiegare il negoziato con Bruxelles e le possibili ripercussioni dell’adesione della Spagna alla CEE (v. Punset, 1982).

L’interesse di P. per il processo di integrazione europea lo porta a diventare membro del Parlamento europeo. Dopo l’ingresso della Spagna nelle Comunità europee, è eletto deputato nel 1987 e nel 1989 nelle liste del Centro democrático y social. In questo periodo si occupa principalmente delle relazioni con i paesi dell’Est: è presidente della Commissione per la Polonia e vicepresidente della Commissione per l’Ungheria. Si distingue non solo come deputato, ma anche come consulente e analista nello studio delle possibilità di riforma nei paesi ex satelliti dell’Unione sovietica, in campi come la materia fiscale o l’organizzazione territoriale. Si può affermare che come eurodeputato P. ha seguito parte del processo di trasformazione economica dei paesi dell’Est, dopo la caduta del Muro di Berlino, per agevolare il loro inserimento nell’Unione europea.

Negli ultimi anni ha abbinato una proficua attività letteraria con una serie di incarichi esecutivi e accademici. Come esperto in materia di impatto delle nuove tecnologie ha svolto diverse funzioni in istituti e imprese e ha collaborato con varie università: docente di innovazione tecnologica nell’Instituto de la Empresa di Madrid, coordinatore del Piano strategico per la Sociedad de la información in Catalogna, docente di politica economica nell’Università Ramón Llull. Di recente ha diretto il programma di divulgazione scientifica Redes en TVE (Televisión Española).

Berendes Heidi Senante (2012)