Václav Havel




Václav Klaus




Vaira Vike




Valdas Adamkus




Valéry Giscard d’Estaing




Van den Broek, Hans

V.d.B. (Parigi 1936), politico olandese di grandissimo spessore, membro del partito cattolico (Christen-democratisch Appèl, CDA), ministro degli Esteri dal 1982 al 1993 e commissario europeo dal 1993 al 1999, crebbe in un ambiente cattolico ed estremamente stimolante sotto il profilo intellettuale. Dopo il diploma, studiò giurisprudenza alla Rijksuniversiteit di Utrecht, specializzandosi altresì in gestione aziendale presso l’Istituto superiore “De Baak”, a Noordwijk.

Tornato a Rotterdam, dal 1965 al 1968 esercitò, con serietà e rigore, la professione di avvocato. Estremamente versatile e intellettualmente vivace, nel 1968 si avvicinò al mondo degli affari. Entrato in servizio presso l’Enka-Glanzstoff (ora Akzo-Nobel), ad Arnhem, dal 1969 al 1972 fu impiegato come segretario presso la direzione generale della società, per poi assumere la funzione di direttore commerciale, che svolse fino al 1976.

Il 1970 segnò l’avvio della carriera politica di v.d.B. Già attivo nell’ambito del partito cattolico (Katholike Volspartij, KVP), fu eletto membro del consiglio comunale di Rheden, la sua città di residenza. Nel 1976 era eletto nelle liste del KVP alla Camera bassa del Parlamento. Due anni dopo entrava nella dirigenza del partito. In tale ambito, oltre a occuparsi delle principali questioni giuridiche e di politica estera, con particolare riferimento al problema della cooperazione allo sviluppo, partecipò attivamente al processo di riforma interna del KVP, contribuendo alla fondazione, l’11 ottobre del 1980, del nuovo partito cristianodemocratico, il Christen-Democratisch Appèl, CDA, nato dalla fusione tra i cattolici del KVP, i protestanti-democratici dell’Anti-revolutionaire Partij (ARP) e i cristiano-democratici del (Christelijk-historische Unie (CHU).

L’anno successivo, v.d.B assumeva il suo primo incarico presso il ministero degli Esteri. Designato segretario di Stato dal secondo governo del cattolico Andreas A.M. Van Agt, si occupò essenzialmente delle problematiche dell’integrazione europea (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della), acquisendo una vasta conoscenza dei meccanismi di funzionamento dell’apparato istituzionale comunitario (v. Istituzioni comunitarie), nonché delle dinamiche negoziali dell’Europa dei Dieci.

Il 4 novembre 1982, con l’insediamento della prima coalizione governativa guidata dal leader del CDA, Ruud Lubbers, il quale era peraltro legato a v.d.B. da una profonda amicizia, iniziava la lunga permanenza del giurista cristiano-democratico al vertice del dicastero degli Esteri, conclusasi il 3 gennaio 1993.

La vicenda ministeriale di v.d.B. non si caratterizzò soltanto per l’eccezionale longevità. In effetti, il suo mandato si sviluppò in un quadro europeo e internazionale in forte evoluzione, segnato dagli ultimi sussulti della Guerra fredda, dal collasso sovietico e dalla nascita dell’Unione europea (UE). Ciononostante, il ministro degli Esteri non volle uniformare la propria politica, essenzialmente impiantata sulla più rigorosa fedeltà all’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), alle progressive trasformazioni dello scenario mondiale. Al contrario, si irrigidì in una sostanziale soggezione alle direttive di Washington, nell’intento precipuo di guadagnare al “piccolo” alleato olandese ampio prestigio nell’ambito della NATO.

Una linea di condotta che, pur rispondendo alle esigenze di sicurezza progressivamente e variamente avvertite sia nei Paesi Bassi, sia nel più ampio contesto occidentale, almeno fino al 1989, portò il giurista cristianodemocratico a scontrarsi in diverse occasioni con i leader dell’Aia, in primo luogo con Ruud Lubbers, nonché a perdere progressivamente popolarità. Non che tali frizioni inducessero v.d.B. a una maggiore flessibilità di orientamenti. Al contrario, a partire dal novembre 1989, seppur di fronte alla fine del bipolarismo e in opposizione ai progetti per la creazione di una politica estera e di difesa prettamente comunitaria, prese a sostenere con rafforzato vigore la necessità della presenza americana in Europa, la quale, nella sua ottica, rappresentava l’unica effettiva garanzia per la sicurezza continentale.

Al là del pervicace atlantismo, v.d.B. seppe sovente dar prova di straordinaria lucidità politica ed efficacia realizzativa. Non solo, infatti, svolse un ruolo di primo piano nell’ambito del conflitto iugoslavo, allorché promosse e patrocinò la cosiddetta dichiarazione di Brioni, la quale poneva fine alle ostilità in Slovenia, riconoscendo ufficialmente l’indipendenza del paese; ma soprattutto offrì un contributo decisivo sia nelle discussioni sull’unione politica europea, sia durante la conferenza al Vertice di Maastricht (v. Vertici), nel dicembre del 1991, partecipando attivamente, insieme al premier Lubbers, alla stesura del Trattato di Maastricht, istitutivo dell’Unione europea.

Proprio in virtù di tali apporti, nonché delle indiscusse competenze tecniche e politiche, il 6 gennaio 1993 il ministro olandese veniva nominato commissario europeo nel discusso collegio brussellese presieduto da Jacques Santer. Ottenuto il portafoglio della politica estera e dell’Allargamento, v.d.B. si impegnò concretamente nel promuovere e nel coordinare l’ampliamento dei confini dell’Unione, sia presentando strategie e programmi dettagliati di sostegno economico e finanziario per agevolare il processo di convergenza politico-economica dei candidati dell’Europa centro orientale, tra i quali il Technical assistance for the commonwealth of independent States (TACIS), nel luglio del 1996, sia partecipando in prima persona ai negoziati per l’adesione, sia favorendo l’apertura alla Turchia.

Per quanto contraddistinta da prestazioni di altissimo livello sotto il profilo dell’iniziativa e dell’azione, l’esperienza comunitaria di v.d.B. si concluse, ex abrupto, nel marzo del 1999 – di fatto il 15 settembre dello stesso anno –, quando il funzionario dei Paesi Bassi fu costretto a rassegnare le dimissioni dall’incarico, assieme agli altri colleghi europei, a seguito delle accuse di frode e corruzione che avevano investito la Commissione europea presieduta da Santer.

Ritiratosi definitivamente dalla scena politica europea e nazionale, dal marzo del 2000 v.d.B. è presidente dell’Istituto olandese per le relazioni internazionali (Clingendael) e, dal maggio dello stesso anno, direttore dell’emittente “Radio Nederland Wereldomroep”. Il 25 febbraio del 2005, all’Aia, a consacrazione e riconoscimento della lunga e feconda esperienza al servizio delle istituzioni olandesi ed europee, il tenace e discusso politico olandese ha ottenuto la nomina a ministro di Stato, un titolo onorifico conferito a personalità distintesi nella politica.

Giulia Vassallo (2007)




Van Helmont, Jacques

V.H. (Parigi 192-ivi 1996) studia legge ed economia politica, prima di completare la sua formazione all’École des sciences politiques. La sua stretta collaborazione con Jean Monnet inizia nel 1946, quando Van Helmont entra a far parte del Commissariat au Plan de modernisation et d’équipement français, un’inedita struttura francese di cui Monnet è il promotore. Di fronte alle carenze e alle distruzioni provocate dalla Seconda guerra mondiale, lo Stato francese cerca di orientare l’economia per evitare lo spreco delle modeste risorse disponibili e ridurre gli squilibri regionali e sociali. Questo organismo ex nihilo promuove una pianificazione indicativa, stimolante e concertata. Nel 1946 V.H. partecipa all’elaborazione del rapporto sul primo piano di modernizzazione e di infrastrutture. Nel 1947 è uno degli autori del programma francese per gli aiuti del Piano Marshall, che hanno fornito gli investimenti necessari al risanamento dell’economia francese e quindi i finanziamenti per poter realizzare il Piano di modernizzazione e di infrastrutture. Infine, nel 1948-1959, partecipa alla creazione del bilancio economico nazionale.

Il 20 giugno 1950, in seguito alla Dichiarazione Schuman, a Parigi si apre la conferenza sul Piano Schuman sotto la presidenza di Monnet. V.H. è il segretario della delegazione francese e della conferenza. Il 18 aprile 1951 i negoziati sfociano nella firma del Trattato di Parigi, che dà vita alla Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA). Nel 1952, dopo la creazione delle nuove Istituzioni comunitarie, V.H. è nominato direttore di gabinetto del belga Paul-Henri Spaak, primo presidente dell’Assemblea della CECA. Tuttavia, malgrado le sue funzioni ufficiali lo allontanino da Monnet dal giugno 1952 al settembre 1954, V.H. non smette di essere legato tanto all’uomo quanto alla sua azione. Dietro consiglio di Monnet, Spaak incarica V.H. di seguire dal 15 settembre 1952 al 10 marzo 1953 i lavori della commissione che si è costituita dall’Assemblea ad hoc. Questa commissione, presieduta da Heinrich von Brentano, è incaricata di elaborare lo statuto della futura Comunità politica europea (CPE). Dal giugno 1954 al settembre 1954, V.H. è chargé de mission presso Alcide de Gasperi, successore di Spaak alla presidenza dell’Assemblea comune della CECA. Nel settembre 1954 entra a far parte del gabinetto di Monnet, presidente dell’Alta autorità della CECA. Svolge quest’incarico finché Monnet non lascia l’Alta autorità nel giugno 1955 e lo aiuta a scrivere la sua lettera di dimissioni. Monnet ritiene che un’azione tramite un organo non ufficiale possa servire meglio alla causa europea. V.H. lo segue: prende parte alla creazione del Comitato d’azione per gli Stati uniti d’Europa, al quale poi dedica due periodi della sua vita di militante europeo, prima dal 1955 al 1958, poi, dopo un periodo trascorso all’Euratom, come segretario generale dal 1963 fino al suo scioglimento nel 1975.

Nel febbraio-marzo 1955, V.H. partecipa alla creazione del Comité d’action pour les États Unis d’Europe, la cui prima sessione si tiene in ottobre: è incaricato di informare l’opinione pubblica sulle opzioni adottate da Monnet. In questo quadro mette a punto i documenti elaborati sulla base delle note e degli appunti manoscritti di Monnet, mentre quest’ultimo prende contatto con diverse personalità europee. Il Comité d’action è costituito dalla maggioranza dei partiti politici e dei sindacati non comunisti europei. Cerca di difendere la pace promuovendo un’Europa forte e integrata, in grado di impegnarsi su un piano di uguaglianza nella partnership atlantica. Dopo aver contribuito alla sua creazione, V.H. entra ovviamente a far parte del Comité d’action.

L’influenza del Comité d’action è particolarmente importante durante i suoi primi anni di vita. Monnet ne è il presidente, ma l’azione del gruppo si fonda in parte sul lavoro instancabile di alcuni suoi fedeli collaboratori. Con Max Kohnstamm, Richard Mayne e François Duchêne, V.H. appartiene al nucleo centrale del comitato. È difficile individuare il singolo apporto dei collaboratori di Monnet all’interno del comitato. In generale, avendo una notevole facilità di scrittura, V.H. ha il compito spesso ingrato di redigere e di rivedere, talvolta fino a trenta volte, le versioni successive delle dichiarazioni e risoluzioni del Comité d’action, dato che Monnet si sforza di ottenere il consenso dei suoi membri. Inoltre V.H. è incaricato, in particolare, dei contatti con l’Italia. Il Comité d’action si impegna per far approvare la Risoluzione di Messina (v. Conferenza di Messina) e in seguito per ratificare i Trattati di Roma che istituivano la Comunità economica europea (CEE) e soprattutto l’Euratom, nel quale Monnet credeva profondamente. È un successo, coronato dalla firma e dalla ratifica dei due Trattati. V.H. decide di unirsi alla Commissione europea dell’Euratom fin dalla sua entrata in funzione nel 1958. Dal giugno 1958 al gennaio 1963, è alla guida della Direzione di controllo della Commissione Euratom. In questa veste elabora e fa adottare dei regolamenti per definire le informazioni che le installazioni nucleari dei Sei devono fornire alla Commissione in merito alle loro caratteristiche, agli stock e alle transazioni. Negozia e applica le clausole di controllo degli accordi Euratom/Stati Uniti ed Euratom/Regno Unito, relative alle materie e alle attrezzature importate. Dal novembre 1959 al dicembre 1962, è consigliere speciale del presidente della Commissione Euratom per il progetto di università europea.

Nel 1963, su richiesta di Monnet, V.H. rientra di nuovo nel Comité d’action, di cui diviene segretario generale. Le sue prese di posizione interessano a varie riprese l’ambito istituzionale. In occasione della crisi della “sedia vuota”, il 15 agosto 1965, annota nel suo diario: «L’integrazione economica fornisce all’unità politica l’amalgama delle politiche economiche, dei mercati, delle imprese, come pure un’esperienza istituzionale e un’azione solidale. È molto, non è abbastanza». V.H. crede che l’integrazione economica prepari e agevoli l’integrazione politica, ma è convinto che non possa crearla (v. Integrazione, teorie della; Integrazione, metodo della). Per questo motivo non è favorevole ad una commissione che trascenda i poteri che le sono stati conferiti e quindi non approva l’azione di Walter Hallstein, presidente della Commissione CEE. V.H. delinea il piano dell’agosto 1973 in cui si propone l’istituzionalizzazione e la regolarizzazione dei Vertici dei capi di Stato e di governo, a suo avviso la sola via che possa condurre all’unione economica europea programmata al vertice dell’ottobre 1972. In precedenza, negli anni Sessanta, V.H. ha lavorato alla fusione degli esecutivi comunitari, che avrà luogo nel 1967. Nel 1975 il Comité d’action si scioglie per iniziativa di Monnet e V.H. non svolgerà più funzioni ufficiali.

Mentre era membro del Comité d’action V.H. ha tenuto un diario (Journal), oggi conservato alla Fondation J. Monnet pour l’Europe, in cui sviluppa una riflessione sull’azione di Jean Monnet e del Comité d’action e riporta fedelmente le crisi e i progressi dell’integrazione europea. Nel 1986 ha pubblicato anche Options européennes 1945-1985. Quindi V.H. è al tempo stesso un protagonista importante e un testimone essenziale degli esordi della costruzione europea.

Anaïs Legendre (2012)




Van Miert, Karel

V.M. (Oud-Turnhout 1942) studia scienze diplomatiche all’Università di Gand (1962-1966). La sua tesi conclusiva verte sul carattere sovranazionale della Commissione europea della Comunità economica europea (CEE), un argomento che decide di approfondire iniziando un dottorato. Per perfezionare la sua conoscenza dell’Europa e della lingua francese prosegue gli studi postuniversitari al Centre universitaire européen di Nancy (1966-1967). Uno dei suoi professori, Émile Noël, che è segretario generale della Commissione CEE, gli propone uno stage al segretariato generale.

Questo stage di sei mesi (agosto 1967-gennaio 1968) è profondamente formativo. Non solo V.M. apprende i meccanismi che regolano le istituzioni europee, ma incontra anche importanti personalità europee come Sicco Mansholt. Quest’ultimo cerca un poliglotta per realizzare il suo progetto di Partito europeo progressista, il PEP. V.M. diviene segretario del partito (1968-1969). In seguito Mansholt gli propone di diventare membro del suo gabinetto ma V.M., che desidera dedicarsi alla carriera accademica, rifiuta.

Dal 1968 al 1971 lavora al Fond national de la recherche scientifique belge e contemporaneamente è assistente di diritto internazionale alla Vrije Universiteit Brussel (1972-1973). Continua anche a dedicarsi alla sua tesi di dottorato e pubblica alcuni articoli sull’argomento. Non riuscirà a concluderla per mancanza di tempo a causa del suo impegno nel Partito socialista belga (PSB).

Henri Simonet, all’epoca vicepresidente della Commissione, nel 1973 gli propone di fare parte del suo gabinetto. Fino al 1975 V.M. si occupa prevalentemente di questioni istituzionali, ma anche di fiscalità e concorrenza. Qui incontra Michel Vanden Abeele, anche lui membro del gabinetto, che V.M. sceglierà come capo gabinetto quando diventerà a sua volta commissario. Decide di non occuparsi della politica belga per dedicarsi agli affari europei.

Ma André Cools e Willy Claes, i due presidenti del PSB, vogliono che li aiuti a ringiovanire il partito e V.M. accetta a condizione di potersi occupare di questioni europee e internazionali. Nel 1976 diventa vicesegretario nazionale del partito e responsabile dei contatti internazionali.

Nel 1977 V.M. diventa capo gabinetto al ministero degli Affari economici. In questo periodo il PSB si scinde in due partiti, uno francofono e l’altro nederlandofono. A V.M. viene chiesto di diventare presidente del Socialistsche partij (SP) nel 1978, a soli 35 anni: eserciterà questa funzione fino al 1988. In questo periodo è anche vicepresidente dell’Unione dei partiti socialisti della Comunità europea (1978-1980) (v. anche Partiti politici europei) e in seguito presidente dell’Internazionale socialista (1986-1992).

Alle prime Elezioni dirette del Parlamento europeo nel 1979 V.M. è capolista del suo partito. Nel 1984 il SP raddoppia i suoi deputati e V.M. ottiene 300.000 preferenze. È membro del Parlamento europeo dal 1979 al 1985 e cercherà di «rivivificare l’organizzazione dei socialisti europei» (v. Van Miert, 2000, p. 23). Nel 1985 torna alla politica belga come membro della Camera dei rappresentanti.

In seguito alle elezioni e al cambio di maggioranza in Belgio il commissario Willy De Clercq non è riconfermato. Malgrado il sostegno che gli accorda Jacques Delors e alcuni articoli sulla stampa che mettono in dubbio le capacità di V.M., quest’ultimo sostituisce De Clercq. Vorrebbe avere l’incarico dell’Ambiente, ma Delors glielo nega a causa della sua posizione sul nucleare. Quindi gli vengono affidati i portafogli dei Trasporti, della Difesa dei consumatori e del Credito e degli investimenti. Le reticenze di Delors nei confronti di V.M. cadono di fronte al lavoro svolto dal nuovo commissario, al punto che quando il commissario in carica per l’Ambiente abbandona la Commissione sarà V.M. ad assumere questa responsabilità ad interim (luglio 1992). V.M. si rammarica di non aver potuto fare di più in questo settore, in quanto Delors privilegia le proposte che incoraggiano la messa in opera del mercato comune (v. Comunità economica europea). La protezione dei consumatori, portafoglio inizialmente leggero, grazie all’azione di V.M. entrerà nel Trattato di Maastricht. Per quanto riguarda i trasporti, anche se V.M. inizialmente è «poco esperto nelle questioni relative a questo settore» (v. Van Miert, 2000, p. 36), riuscirà a compiere dei passi avanti, in particolare nel settore ferroviario (v. anche Politica comune dei trasporti).

Il mandato di V.M. nella Commissione viene rinnovato dal 1° gennaio 1993 al 1° gennaio 1995. Ma invece di continuare a lavorare sui trasporti Delors lo destina ad altri incarichi. Si occupa della politica della concorrenza, della politica del personale e dell’amministrazione, inoltre della traduzione e dell’informatica. Dopo questo mandato la riconferma di V.M. sembra improbabile, in quanto si prevede che Jean-Luc Dehaene sia il nuovo presidente della Commissione. Invece in seguito al veto britannico contro Dehaene il mandato di V.M. è rinnovato nella Commissione di Jacques Santer. Diventa quindi vicepresidente ed è incaricato della concorrenza.

V.M., commissario alla concorrenza per sette anni, è stato definito talvolta “l’uomo più potente d’Europa”. In questi anni la Politica europea di concorrenza è una materia che si amplia, quindi vengono creati nuovi strumenti. V.M. non considera questa politica come un fine, ma come un mezzo per raggiungere gli obiettivi dell’Unione europea. È «fermamente convinto che per svolgere appieno il suo ruolo la politica della concorrenza non può essere concepita in modo isolato dal progetto politico e sociale più ampio che l’articolo 2 del trattato assegna all’Unione: la promozione del progresso economico e sociale, di un livello di occupazione elevato e duraturo». Tenta di difendere «una concezione equilibrata e rispettosa dell’interesse generale, insieme ad un’applicazione al tempo stesso flessibile, perché sia aderente alle realtà economiche, e rigorosa perché i mercati hanno bisogno di regole del gioco chiare» (v. Van Miert, 1999, p. 1).

Come commissario alla concorrenza V.M. ritiene che siano sei gli obiettivi capitali: «la liberalizzazione di settori monopolistici come le telecomunicazioni [v. anche Politica europea delle telecomunicazioni]; la difesa del mercato interno contro i cartelli e i tentativi di divisione del mercato; l’applicazione riuscita del regolamento “fusioni”; la lotta contro gli aiuti pubblici illeciti; la modernizzazione e l’attualizzazione della politica della concorrenza, sul piano sia dei contenuti che della procedura; l’adeguamento della politica della concorrenza alla mondializzazione crescente» (v. Van Miert, 2000, p. 45).

La concorrenza investe nuovi ambiti come lo sport (sentenza Bosman) o l’audiovisivo (finanziamento da parte dei settori pubblici) (v. anche Aiuti di Stato). L’attuazione dell’Euro lo porta anche a interessarsi ai servizi bancari e finanziari (dossier Crédit Lyonnais). I progressi tecnologici ampliano anch’essi il campo d’azione: televisione digitale, commercio elettronico. Parallelamente all’allargamento dei settori cresce il numero di casi notificati nell’ambito delle concentrazioni. V.M. crede anche nella dimensione internazionale del diritto della concorrenza. Rafforza la cooperazione bilaterale con gli Stati Uniti. Nel 1995 lancia il Rapporto V.M. sulla politica della concorrenza nel nuovo ordine commerciale in cui ribadisce l’esigenza di rafforzare la cooperazione e le regole internazionali.

Al suo arrivo alla concorrenza sono state sollevate alcune critiche contro V.M., che è stato giudicato troppo “politico” e suscettibile alle pressioni dei settori d’interesse. La sua reputazione di uomo forte della politica della concorrenza non ha smesso di aumentare nel corso dei suoi mandati, culminando nel 1997 nell’affare Boeing/Mc Donnel Douglas (v. Cinni, pp. 205-207).

Durante i suoi mandati alla concorrenza V.M. lavora a stretto contatto con la direzione generale della concorrenza e stringe buoni rapporti anche con le altre istituzioni comunitarie. Davanti al Parlamento europeo e al Consiglio dei ministri spiega a varie riprese la sua politica. Propone un accordo con la Commissione economica del Parlamento per organizzare una cooperazione sistematica e scambi regolari.

V.M., dimissionario insieme a tutta la Commissione Santer, afferma di «aver abbandonato la scena politica europea con un sentimento di profonda gratitudine e con la convinzione di essere stato un uomo privilegiato» (v. Van Miert, 2000, p. 263). Fa parte di numerosi gruppi nazionali e internazionali a vario titolo (consigliere di SairGroup, membro del Supervisory Board di Philips Electronics NV, membro del consiglio di sorveglianza di Vivendi, amministratore di Agfa-Gevaert NV ecc.).

Nell’aprile 2000 viene nominato rettore dell’Università di Nyenrode, nei Paesi Bassi, fino al marzo 2003. Qui insegna politica europea della concorrenza.

Pur avendo lasciato la scena politica europea, V.M. talvolta ha avuto occasione di esserne nuovamente coinvolto: per esempio, nel 2003 viene chiamato a presiedere il Gruppo dell’Unione europea di livello superiore sulle Reti transeuropee di trasporto. Nel 2005 Jacques Barrot, vicepresidente della Commissione europea incaricato dei trasporti, gli chiede di intervenire come mediatore sul progetto Galileo per facilitare il Processo decisionale.

V.M. ha scritto le sue memorie di commissario europeo che sono state tradotte in diverse lingue: Le Marché et le Pouvoir, Souvenirs d’un commissaire européen.

Julie Cailleau (2008)




van Zeeland, Paul

Van Z. (Soigners 1893-Bruxelles 1973) studia diritto, scienze politiche e diplomatiche, filosofia tomista all’Université catholique, poi ottiene un master in economia all’Università di Princeton. Vicegovernatore della Banque nationale de Belgique, ricopre in seguito diverse funzioni pubbliche a livello nazionale: ministro senza portafoglio (1934-1935), primo ministro (1935-1937), ministro degli Affari esteri (1935-1937 e 1949-1954) e del Commercio estero (1935-1937 e 1949-1950), ministro di Stato (1948).

Van Z. è una delle figure di maggior spicco della storia del Belgio contemporaneo. Vanta una quantità di titoli di studio ed è dotato di un’intelligenza e di un senso politico che affascinano i suoi compatrioti. Nel 1935 diventa primo ministro e ministro degli Affari esteri. In molti ritengono che all’epoca sia stato un uomo provvidenziale. Innanzitutto è artefice di importanti riforme strutturali, alcune delle quali sono ancora oggi visibili. Il suo primo gabinetto è celebre soprattutto per la svalutazione e la stabilizzazione del franco del 1935, che Keynes additava ad esempio, e che segna l’inizio del risanamento economico del Paese. Il suo secondo governo (1936-1937) è caratterizzato in primo luogo dalla campagna elettorale preparatoria alle elezioni parziali di Bruxelles, l’11 aprile 1937, che van Z., innalzato a simbolo della democrazia, vince contro il leader rexista belga Léon Degrelle.

L’idea di un avvicinamento dei paesi europei è intimamente legata all’insieme della carriera di van Z. Nel 1931, quando la crisi economica e la grande depressione colpiscono senza pietà, scrive in Regards sur l’Europe: «La cooperazione internazionale in materia economica è il solo e necessario comportamento da adottare: abolizione degli ostacoli al commercio, garanzie per un ordine internazionale permanente, accordi di effettivo avvicinamento, in breve un’organizzazione internazionale al riparo della quale, con la libertà di movimento dei capitali e dei beni, possa rifiorire la prosperità». Nel 1937, quando è primo ministro, van Z. è incaricato dalla Francia e dal Regno Unito di studiare i metodi adeguati a ottenere una riduzione generale delle misure di contingentamento e degli altri ostacoli al commercio internazionale. Il governo che guida all’epoca dà anche impulso ai negoziati fra Belgio e Lussemburgo e alle riunioni dei governi del Gruppo di Oslo che vertono sullo smantellamento delle barriere e del nazionalismo economico, nella convinzione che l’Europa debba fondarsi sull’economia prima che sulla politica. Dopo le sue dimissioni nel 1937 van Z. percorre il mondo, durante e dopo la guerra, partecipando in particolare alla missione di buoni uffici sulla questione indonesiana nel 1947 e facendo parte dei consigli d’amministrazione di diverse imprese belghe e straniere. È anche tra i fondatori della Lega europea di cooperazione economica e si batte a favore dell’Occidente cristiano, in particolare contro la condanna del cardinale Mindszenty. «Servendo la causa dell’Occidente, […] serviamo tutta l’umanità attraverso le grandi cause con le quali si confonde l’ideale civilizzatore dell’Occidente: la pace, la fraternità umana, la crescita del livello di vita delle masse e, non da ultimo, la difesa della Personalità, contro gli attentati del totalitarismo», dichiara quando viene arrestato il primate di Ungheria. E continua: «Alla dottrina che rende l’uomo uno schiavo non vi è alternativa se non la dottrina cristiana e sociale, la civiltà occidentale, il ruolo della persona umana». In materia economica van Z. sostiene il libero scambio prendendo in considerazione già nel 1941 l’Unione doganale e monetaria dell’Europa.

Il 1949 per van Z. coincide con il ritorno alla politica: infatti è nominato ministro degli Affari esteri, un incarico che manterrà fino al 1954. A livello interno il Belgio è sempre scosso dalla questione del non ritorno del sovrano. Leopoldista della prima ora, van Z. investe tutte le sue energie per favorire il ritorno politico del re. Sul piano della politica estera è convinto che la creazione di un’Unione europea possa rappresentare la vera ricostruzione dopo la guerra. Quindi partecipa alla formazione del Benelux, del Consiglio d’Europa, dell’Organizzazione europea per la cooperazione economica (OECE), dell’Unione europea dei pagamenti (UEP). Già presidente del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa dal 1949 al 1950, nello stesso anno guida anche il Consiglio dell’OECE, nonché il Consiglio atlantico dal 1950 al 1951. È anche a capo della diplomazia belga durante i negoziati del Piano Schuman e del Piano Pleven, e a nome del suo paese sottoscrive i due Trattati di Parigi (v. Trattato di Parigi). Ma temendo che i paesi minori perdano la loro influenza sulla scena europea, van Z. ha sempre rifiutato qualsiasi delega ampia della sovranità e si è mostrato fautore di un’Europa confederale piuttosto che federale (v. Federalismo), essendo convinto, come prima della guerra, che l’Europa si costruisca con “l’economia” prima che con “la politica”. In questo senso non nasconde le sue perplessità riguardo all’articolo 9 diventato articolo 38 del trattato CED che punta alla creazione di una Comunità politica europea (CPE) (v. Comunità europea di difesa).

Van Z. partecipa anche ai lavori preparatori alla costituzione di un esercito europeo, ma lascia il ministero degli Affari esteri nell’aprile 1954, quattro mesi prima del rifiuto di ratifica del Trattato CED da parte dell’Assemblea nazionale francese. Ritenendo che l’Europa debba cooperare strettamente con gli Stati Uniti e il Canada, van Z. è anche un fervente sostenitore dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO).

Quando prende le distanze dal mondo politico nel 1956, van Z. ritrova l’ambiente degli affari che conosceva bene. È nominato consigliere generale della Banque de Bruxelles, presidente della Banque belge d’Afrique, presidente, vicepresidente o amministratore di diverse società belghe e straniere. Van Z. è stato anche docente all’Université catholique di Lovanio, dottore honoris causa di varie università straniere e membro dell’Institut de France.

Vincent Dujardin (2010)




Vandermeulen, Joseph

V. (Melsele 1914-Berchem-Sainte-Agathe 1984), studia alla facoltà di lettere e filosofia dell’Université catholique di Lovanio, dove sotto il regime nederlandofono segue un corso annuale di studi politici e sociali destinati a prepararlo a una carriera giuridica. Nel 1934 interrompe gli studi per fare il servizio militare, terminato il quale si laurea in Scienze politiche e sociali nel 1936. In seguito decide di perfezionare la sua formazione giuridica all’Università di Leida.

Rientrato in Belgio, V. si trova coinvolto nei preparativi della Seconda guerra mondiale. È richiamato nel suo battaglione dal 7 al 17 giugno 1937, poi dall’8 al 18 maggio 1938, come luogotenente di riserva nel corpo di artiglieria. Dopo l’entrata in guerra è mobilitato di nuovo il 3 settembre 1939. Contemporaneamente è riuscito a preparare e a superare brillantemente il primo concorso all’ispettorato delle Finanze. Ottiene la nomina il 1° gennaio 1940. Durante i combattimenti del maggio 1940 si sposta in Francia con la sua unità. Fatto prigioniero, viene mandato in Germania in settembre. Il 16 gennaio seguente è rimpatriato e riprende le sue funzioni civili: il 1° giugno 1943 è nominato ispettore delle Finanze. Alla fine delle ostilità è distaccato al servizio del ministero degli Affari economici. Lavora a stretto contatto con Jean-Charles Snoy et d’Oppuers, segretario generale dell’amministrazione del ministero. In particolare, è incaricato di occuparsi dei beni confiscati dai tedeschi in Belgio. Inoltre si specializza nello studio dei problemi carboniferi.

Nella primavera del 1947 la sua carriera conosce una svolta: entra nel gabinetto del ministro degli Affari economici Jean Duvieusart, dove fa parte del gruppo diretto da Charles Roger, vecchio collaboratore di Paul van Zeeland e, come V., ex studente dell’Università di Lovanio. Un compito essenziale di questo gabinetto consiste nell’assistere le autorità economiche del Belgio nella definizione della politica che intendono adottare nei riguardi del Piano Marshall. Il 1° luglio 1949 diventa capo di gabinetto di Duvieusart, incarico che mantiene anche quando quest’ultimo nel giugno 1950 è nominato capo del governo e con i due successivi primi ministri Pholien e Van Houtte. Alla fine di questa intensa esperienza al più alto livello dello Stato è chiamato al ministero degli Affari economici come direttore generale. In questa veste, nel 1953, muove i suoi primi passi nelle Istituzioni comunitarie. Gli viene affidato l’incarico di rappresentare il Belgio nella Commissione di coordinamento del Consiglio dei ministri della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA). Nel 1955 lo nota Paul-Henri Spaak, che gli accorda la sua fiducia e lo invita a unirsi al gruppo che partecipa ai negoziati di Val Duchesse. L’entrata in vigore dei Trattati di Roma determina la contemporanea creazione di un Comitato dei rappresentanti permanenti (COREPER). In un primo tempo è designato come membro Jean-Charles Snoy, ma l’accumulo delle responsabilità e le tensioni latenti fra il ministero degli Affari economici e quello degli Affari esteri in merito alla priorità dell’esercizio dell’autorità all’interno della rappresentanza europea del Belgio, richiedono una riforma delle modalità di rappresentanza. Il mandato di Snoy è alla fine assunto il 15 gennaio 1959 da V., che in questa circostanza viene nominato ambasciatore. Manterrà questo ruolo fino al suo ritiro, nell’agosto 1979, dopo aver presieduto per sette volte il Comitato.

L’analisi degli archivi che portano il suo nome – quando compare in una particolare corrispondenza – consente di stabilire l’importanza relativa dei vari dossier di cui si è occupato, in particolare nel settore dell’energia e dell’integrazione monetaria. Le analisi di V., malgrado il suo leggendario riserbo, sono state molto apprezzate e consultate dagli ambienti sia economici che politici. Per esempio, uno dei rapporti sulle attività del Consiglio dei ministri dell’Economia e delle finanze, del 16 ottobre 1978, destinato in principio esclusivamente al ministro Henri Simonet, si ritrova negli archivi della Kredietbank. A questa data la banca sta preparando l’introduzione sui mercati capitali di prodotti finanziari innovativi, definiti in unità di conto, che avranno un impatto sul modo in cui verranno condotte all’inizio degli anni Ottanta le trattative relative ai problemi monetari europei. V. è coinvolto, anche dietro le quinte, nella crisi della “sedia vuota” e nei negoziati che accompagnano l’Allargamento dei Sei a Regno Unito, Irlanda e Danimarca. Anche Léo Tindemans si rivolge a V. per redigere il rapporto che gli è stato richiesto dal Consiglio europeo nel 1975.

V., che ha ricevuto dal re un titolo nobiliare, ha voluto rendere pubblico il suo attaccamento ai valori europei, difesi instancabilmente con le autorità politiche che si sono succedute al suo fianco: nelle sue insegne ha inserito le dodici stelle della bandiera europea e ha scelto come motto “Vitam impendere unioni” (“consacrare la propria vita all’unione”) (v. anche Simboli dell’Unione europea).

Jerome Wilson (2010)